pubblicazioni di Eugenio Marino OP

 

 

 

 

 

Eugenio Marino,
ll Beato Angelico. Saggio sul rapporto
persona-opere visive ed opere visive-persona
,
«Memorie domenicane» 31 (2000) 135-338;
estratto ed. Prov. Rom. dei FF. PP., Pistoia 2001, pp. 232.

 

qui solo succinta presentazione
dell'A. stesso

            Ne "Il Beato Angelico. Saggio sul rapporto  persona-opere" visive ed opere visive-persona l’Autore ha inteso ricostruire il percorso della vita e delle opere di fra Giovanni Angelico nel loro attuarsi e nel  loro divenire, nella loro unità  di ‘volere morale’ e di ‘volere artistico’.

            Vengono distinti accuratamente la ‘persona’ e le ‘opere’ dell’Angelico quand’era nello stato laico e ‘ancora giovanetto’ (per usare un’espressione di G. Vasari) ed abitava nel Popolo di San Michele in Visdomini  di Firenze, s’ iscriveva il 31 ottobre 1417 (è questa la prima data certa che si ha dell’Artista) alla Compagnia di San Niccolò istituita presso la Chiesa fiorentina del Carmine, e produceva  le prime opere, ad esempio: la Madonna della Cappella Gherardini, commissionatagli tra la fine del 1417 ed il febbraio del 1418 (attualmente nel Museo di San Marco di Fi); la  Madonna di Cedri (Pisa,  Museo Naz. di S. Matteo); alcuni minii del ms. Laur. Corale 3 (Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana).

            Tra il 1421-22 ca (o 1422-1423ca) Guido di Piero (era questo il suo nome di laico) entra poco più che ventenne nel noviziato del Convento di San Domenico di Fiesole prendendo il nome di ‘fra Giovanni’ - in ricordo del Dominici Fondatore del Convento, morto nel 1419 -, e pittura (con tutta probabilità) il primo dei quattro ‘Tabernacoli Masi’, detto “Madonna della Stella” (Museo di S. Marco), che presenta - quasi a qualificare le sue nuove raffigurazioni di frate ‘domenicano’ - il trio esemplare della vita dei frati Predicatori: san Domenico, san Pietro M. e san Tommaso d’Aquino.

            Ad un anno di distanza (1423ca) fra Giovanni emette la professione della vita religiosa ed inizia gli studi di filosofia e teologia, che si protrarranno per circa cinque anni (1427ca), arricchendolo della dottrina dogmatica e spirituale di san Tommaso, di santa Caterina da Siena e di fra Giovanni Dominici, mediati dalla cultura del priore fra Antonino Pierozzi, e che trova puntuale espressione nella produzione di questo periodo: si guardi la  Pala di Fiesole (Fiesole, Chiesa di San Domenico), l’Annunciazione (Madrid, Museo del Prado), il Trittico di San Pietro Martire, da datare fra il 1428-1429, forse la sua prima opera di fra Giovanni da ‘sacerdote’.

            Tra il 1428 ed il 1445 fra Giovanni propone la ‘devotio’ che aveva nel cuore: ai monaci Camaldolesi pitturando il Giudizio universale (1431ca; Firenze, Museo di San Marco); ai Confratelli dell’Arte dei Linaiuoli eseguendo il Tabernacolo dei Linaiuoli (a. 1433; Firenze, Museo di San Marco); ai suoi Confratelli di Fiesole miniando il Messale 558 (aa. 1428-1430; Firenze, Museo di San Marco); ai Confratelli del Convento di San Marco gli affreschi che commentando-abbelliscono (o, se si preferisce, ‘abbelliscono-commentando) i vari luoghi conventauali, dal Capitolo alle celle (1438-1445).

            Nel 1445 papa Eugenio IV chiama a Roma fra Giovanni e gli fa affrescare la Cappella del Sacramento nel Palazzo Vaticano (andata perduta). Nel 1447 il nuovo Papa Niccolò V  affida all’Angelico la decorazione della propria Cappella. In questo stesso anno, e precisamente dal 10 giugno al 28 settembre 1427,  fra Giovanni lavora nel Duomo di Orvieto ove dà inizio ad un ciclo di pitture nella ‘Cappella Nova’ (o Cappella della Croce), che doveva in qualche modo rimandare alla venerazione del Popolo di Dio che si radunava nella Cappella del Corporale.

            Nel suo ultimo periodo di attività, quello che va dal 1450ca al 1455, che trascorre a Firenze e poi a Roma, fra Giovanni ‘esprime’ la sua alta spiritualità. Capolavoro assoluto dell’arte del Frate pittore sono i 35 riguadri dell’Armadio degli Argenti. Questo ciclo della storia della salvezza, è da ritenere quale Summa angelichiana, modellata con la stessa ‘maestria’ dei trattati della Legge antica (I-II, qq. 93-105)  e della Legge nuova (I-II, q.106-108) e della Terza parte della Somma di san Tommaso.

            L’Autore ha infine ricapitolata la valenza dell’arte di fra Angelico nella storia dell’estetica: la pittura come ‘poesia’ e/o ‘retorica’; del dogma: la pittura quale espressione visiva della lettura dei Vangeli e/o della predicazione della Parola di Dio; della pratica pastorale: la pittura incontro con Dio nella visione degli atti salvifici concepiti (direbbe Platone) nella bellezza.