4.3

Accenno per ultimo al rapporto tra astanza pittorica del Beato Angelico e le espressioni verbali di santa Caterina da Siena, contravvenendo alla linea cronologica, perché, come ho accennato, gli scritti della Benincasa sono il referente principe non solo dei dipinti di fra Giovanni ma e delle opere di fra G. Dominici e di sant’Antonino. Mi è sembrato opportuno quindi ‘ricapitolare’ nel presente paragrafo i punti essenziali della spiritualità degli ‘osservanti’ domenicani, facendola correre direttamente tra le ‘parole’ di Caterina da Siena  e le ‘immagini’ dell’Angelico.

Santa Caterina, d’altronde, ha avuto importante risalto iconografico nelle figurazioni del Beato Angelico. Nel dipinto «in fresco» (descritto da Vasari), San Domenico, Santa Caterina da Siena, e San Pietro martire, che si trovava «nel tramezzo di Santa Maria Novella  [...], accanto alla porta dirimpetto al coro»[1], suor Caterina ‘prendeva il posto’ di fra Tommaso nel consueto trio-esemplare della storia dell’Ordine: Domenico-Pietro Martire-Tommaso: e tale ‘trasformazione’ di schema iconografico sembra confermare la ‘mediazione-cateriniana’, cui ho accennato, tra Tommaso e il Beato Angelico.

Inoltre, quando si leggono le tre lettere di suor Caterina a «Maestro Andrea di Vanni dipintore» (Siena 1332-1414), si ha l’impressione che Guido- ‘dipintore’ (e poi fra Giovanni Angelico) le abbia meditate ed assimilate. Esse, infatti, costituiscono quasi un ‘trattatello’ sulla ‘formazione del dipintore’.

A ‘maestro Andrea’ Caterina insegna che deve osservare tre precetti: «Ordina la memoria a ritenere i benefici di Dio. Ordina l’intelletto a vedere l’amore [...] e cognoscere la verità [...]. Ordina la volontà ad amare l’infinita bontà di Dio». E questo fu il programma di Guido-’dipintore’ quando entrò nel noviziato del convento di San Domenico di Fiesole[2].

Al ‘maestro dipintore’ suor Caterina indicava anche i ‘media visionis’, cioè la Iunzione-dell’occhio, proporzionata alla ‘forma persona’, regolata dai suoi ‘ordini’. «Se l’uomo vuole servire e amare Dio, l’occhio dell’intelletto s’apre, ponendoselo per obietto». Perché: «Ponetevi sempre Dio dinanzi agli occhi», esortava la Mistica senese; aprite «l’occhio dell’intelletto vostro, col lume della santissima fede»[3].  E questo fu il programma pittorico — cioè, e con termine più appropriato, la poetica — del Beato Angelico, attuato con coerenza spirituale-artistica (forma persona-forma arte), sì che l’opera sua si presenta come ‘iconoteologia’.

Ed è ‘mirabile’ la coerenza (di cui dicevo) del Beato Angelico, con se stesso ‘pittore’ e con se stesso ‘domenicano’. Egli ha difatti ‘fuso’ (e non confuso) l’‘organon’ del suo pitturare, la luce’[4], con la caratteristica dell’ordine dei frati Predicatori, che è allo stesso tempo ‘lucere-illuminare’, diceva Tommaso[5], e che suor Caterina esplicava con acume storico puntuale. «E se tu raguardi la navicella del padre tuo Domenico, diletto mio figliuolo, egli l’ordinò con ordine perfetto, ché volle che attendessero solo a l’onore di me e salute dell’anime col lume della scienza. Sopra questo lume volse fare il principio suo»[6].

Ora il ‘lume della scienza’ del domenicano è rivolto essenzialmente al mistero-di-Dio. Ed il mistero di Dio era ‘immaginato’ da suor Caterina come «Sole». «Io so’ quello sole, Dio eterno, unde è proceduto il Figliuolo e lo Spirito Santo»[7].  E fra Giovanni, pittore-(teologo-) domenicano, riduceva a schemi formali il mistero di Dio-Sole nell’Annunciazione del Prado (Madrid). Nell’angolo sinistro di questo dipinto, il Sole-divino si manifesta con splendore abbagliante. Esso può essere descritto con il linguaggio tecnico di Lorenzo Ghiberti: Corpo lucido di sua natura diffusivo e espansivo di lume[8].

Le ‘coincidenze’ continuano.

Suor Caterina fa conoscere una sua esperienza-visione. «Io [Dio-Padre] manifestai me a te, vedendo tu uscire dal petto mio uno lume, come il raggio che esce dalla ruota del sole non partendosi da esse ruota. Nel quale lume veniva una colomba»[9]. E fra Giovanni nell’Annunciazione del Prado applica lo schema formale del raggio — «linea luminosa la quale nasce nel corpo luminoso, o vero lucido, e spargesi dell’illuminare», com’è definito da Ghiberti’[10] —, ed esprime (‘ad modum visionis’ di santa Caterina) il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, fondendo il ‘racconto’ di Luca I, 35: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te [Maria; si veda la ‘Colomba-Spirito Santo’ portata dalla fascia dei raggi d’oro]; su te stenderà la sua ombra [o ‘gloria di Dio’] la potenza dell’Altissimo», con la ‘immagine fantastico-ideale’ della Mistica senese.

Il testo di santa Caterina, ‘rirnemorato’ dalla ‘mimesi’ della ‘species expressa: Sole-Dio’ del dipinto dell’Annunciazione, fa cogliere dunque, e con proprietà anche ‘formale’, gli stilemi simbolici del Beato Angelico[11].

Altra esemplificazione, e significativa, del rapporto ‘pittura angelichiana’ e ‘cultura-cateriniana’ si ha nelle Crocifissioni dipinte da fra Giovanni.

Santa Caterina  proclama, per rivelazione di Dio-Padre, «l’unigenito mio Filiuolo [...]   ò posto per obietto all’occhio dell’intelletto vostro [...], a lume dell’intelletto, il quale specula nell’amore cordiale di me, in Cristo crocifisso»[12]. E l’immenso Crocifisso del chiostro di San Marco, alto più di tre metri — come quello della cella n. 37 e del corridoio del primo piano del convento di San Marco, alti circa due metri — appare davvero, secondo la ‘visione’ di santa Caterina, ‘ponte levato in alto, che tiene dal cielo alla terra’, e scala con tre ‘scaloni’: «i piedi confitti  sono scalone acciò che tu possa giugnere al costato, il quale ti manifesta il segreto del cuore»[13].

L’immagine ricordo si estende, poi, e fa-vedere nella fantasia e nella figurazione dell’Angelico coloro che abbracciano la croce, ché «debbi abbracciare la croce»; o che intrepidi stanno sotto la croce, ché «debbi stare fermo e stabile [...], conficcando il cuore e la mente in lui»[14].

* * *

L’Angelico, dunque, ha esteso la ‘pttura’  - suo primigenio carisma che egli aveva esercitato da laico e fin dalla sua adolescenza - a ‘predicazione-domenicana’, che è stata la ‘vocazione’ deliberatammente ricercata quand’egli nel convento di San Domenico di Fiesole fece professione di vivere secondo le Costituzioni dell’Ordine.

Non solo.

Fra Giovanni Angelico ha  ha arricchito con il suo particolare dono di artista la ‘predicazione’ dei suoi confratelli; ha dato ad essa cioè una nota caratteristica, quella di porla sotto i nostri occhi come visione-bella, piena di ‘sentimento lirico’ e  di fascinazione.

Le ‘pitture’, che il Beato Angelico ha creato con sottomissione all’ascolto della “Parola di Dio” e con penetrazione contemplativa di Colui che è “Immagine di Dio”, ci fanno ‘vedere’ realizzata la direttiva di san Tommaso: “i religiosi propongano la parola di Dio con eleganza (di stile) e con grazia (bellezza): religiosi verbum Dei ornate et gratiose proponant.

Guardando le raffigurazioni dell’Angelico  noi possiamo rimucinare nel nostro cuore e aconsentire alle parole che Gesù rivolgeva a quanti lo vedevano ed ascoltavano: “Beati i vostri occhi che vedono e  i vostri orecchi che odono !” (Matteo 13, 16).

Il Beato Angelico in quanto pittore (domenicano) continua a far ‘beati i nostri occhi’ perché ci fa intuire il mistero della salvezza;  ed in quanto frate predicatore (pittore) contribuisce a far ‘beati i nostri orecchi’ perché nelle sue splendenti figurazioni risuona la Parola di Dio.

Eugenio Marino


 

[1] ANTONINUS ARCH . FLOR., Summa moralis, cit., pars I, tit. III, cap. Il,  § I, col. 231-232.

[2] ANTONINUS ARCH. FLOR., Summa moralis, cit., pars I, tit. Il, cap. III, § Il, col. 162.

[3] ANTONINUS ARCH. FLOR., Summa moralis, cit., pars I, tit. 11, cap. III,  § III, col. 167.

[4] ANTONINUS ARCH. FLOR., Summa moralis, cit., pars I, tit. Il, cap. III,  § III, col. 170.

[5] S. ANTONINO , Opera a ben vivere, Firenze 1923, p. 21. — Tralascio per brevità altre referenze, che l’Opera a ben vivere contiene, sul rapporto vita spirituale (o ‘forma-persona’) ed espressioni artistiche che sant’Antonino dà a Dianora Tornabuoni, sposa di Tommaso Soderini, sul luogo e sul come ‘meditare’ la passione di Cristo, che sono indicazioni che sembrano rispecchiare il luogo-conventuale, cioè le celle di San Marco, e le espressioni visive con le quali il Beato Angelico propone la ‘meditazione’ del Crocifisso. «Quando avete udito messa o innanzi, o volete in camera vostra, inginocchiatevi dinanzi ad un Crocifisso, e cogli occhi della mente, più che con quelli del corpo, considerate la faccia sua. Prima alla corona delle spine [...]; poi gli occhi; poi il naso [...], la bocca [...]; poi la faccia [...]. E a reverenza di tutte queste cose, direte un paternostro con l’avemaria». Cfr. Ivi, p. 149. Vedi tav. 11, XV.

[6] ANTONINUS ARCH. FLOR., Summa moralis, cit., pars I, tit. III, cap. 11,  § I, col. 233.

[7] S.. CATERINA DA SIENA, Dialogo, a c. di CAVALLINI G., Roma 1980, pp. 99, 192, passim. La referenza delle pagine è soltanto indicativa; è tutto il linguaggio di Caterina che si basa sull’ analogia ‘intelletto-occhio’ / ‘intellezione-visione’

[8] S.. CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., pp. 2, 104 e passim.

[9] S CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., pp. 11, 36, 99.

[10] S. CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., p. 288: «Questi miei dolci ministri [...] ministrano attualmente e ministrando [il corpo e il sangue di Cristo] mentalmente cioè rendendo lume nel corpo mistico della Santa Chiesa: lume di scienza soprannaturale col colore d’onestà e santa vita, cioè seguitando la dottrina della mia Verità, e ministrando il caldo de l’ardentissima carità». — Ho riportato il testo perché si ponga mente sul ‘come’ il linguaggio pittorico di santa Caterina era proporzionato ad essere metamorfosato dal Beato Angelico in schemi-/ormali (significativi): luce, colore, calore (o tono o timbro).

[11] Santa Caterina pone espressamente in rapporto il linguaggio-di-lede che ella ‘insegna’ con quello di san Tommaso. Cfr. (ad esempio) Dialogo, cit., p. 192: «Con questo lume [cioè: vedere per grazia infusa], il quale è posto ne l’occhio de l’intelletto, mi vide Tommaso, unde acquistò il lume della molta scienza». — Si ponga questo testo a raffronto con le numerose ‘raffigurazioni di san Tommaso’ del Beato Angelico. Vedi tav. XIV.

[12] È’, questo accenno, solo una esemplificazione. Tralascio infatti molti altri aspetti della intersecazione della cultura cateriniana con la cultura angelichiana. Non tratto (ad esempio) della immagine: Trinità-Sole’, espressa per verba da Caterina e per visionem dal Beato Angelico. Si osservi la pala dell’Annunciazione del Prado, angolo sinistro (v. tav. I e IV), e si rifletta sulle molte espressioni solari (insite negli schemi formali), dalla Trasjigurazione della cella n. 6 del convento di San Marco (v. tav. XIII), alle ‘mandorle’, e alla ‘partecipazione solare’ nel costante ‘attributo’ di Tommaso d’Aquino. Tuttavia sulla ‘immagine Trinità uguale Sole’ attiro l’attenzione di coloro che cercano i rapporti della cultura umanistica fiorentina (e del Beato Angelico) con la celebrazione del ‘Concilio Fiorentino’ (in Firenze a.1439). Tale ‘immagine’ sarà esaminata e discussa nelle sessioni del Concilio, e negli ambienti teologici (ed umanistici) verrà difesa ad oltranza (e con argomentazioni che ‘sanno’ del linguaggio di Caterina da Siena e della figurazione del beato Angelico) da Lorenzo Valla. Cfr. CAMP0REALE SI., Lorenzo Valla. Umanesimo e teologia, cit., pp. 238-239. — Cito soltanto un testo del Dialogo: «Il quale corpo [del Figlio] è uno sole, perché è una cosa con meco vero Sole. E tanto è unito, che l’uomo non si può separare da l’altro nè tagliare, se non come il sole, che non si può dividere, né il caldo suo da la luce né la luce dal suo calore, per la sua perfezione de l’unione. [...] La potenzia mia non è separata dalla sapienza sua, né il calore, fuoco di Spirito santo, non è separato da me Padre, né da lui Figliuolo, perché egli è una medesima cosa con noi, perché lo Spirito santo procede da me e da lui Figliuolo, e siamo uno medesimo sole». Cfr. S. CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., p. 264. — Cfr. quanto dico nel cap. III, 4.c.

[13] S. CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., p. 265.

[14] S. CATERINA DA SIENA, Dialogo, cit., p. 191.