Il Beato Angelico:
come la pittura, così la predicazione; come la predicazione, così la pittura

1.0  Il ‘giovane’ Guido di Piero ‘laico-pittore’ e le prime esperienze con i domenicani di S. Maria Novella 

    1.1 

Il 31 ottobre 1417 Guido di Piero si recava nella Chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze per iscriversi alla Compagnia di S. Niccolò di Bari, fondata nel 1334. Egli era accompagnato dal pittore miniaturista Battista di Biagio Sanguigni (1393-1451), che come   membro della Compagnia (vi era entrato circa due anni prima, il 5 ottobre 1415) ‘presentava’  il nuovo candidato. Guido veniva segnato nel regiistro della Compagnia con la qualifica di “dipintore”, che abitava nel “popolo di Santo Michele Bisdomini”[1].

Questa prima documentazione ci fa conoscere Guido non solo quale ‘laico’ che esercitava  la professione di ‘pittore’ in Firenze ma anche - ed è quanto ora preme far notare - quale giovane aspirante a vivere in un’associazione che promuoveva la formazione cristiana dei confratelli sotto la direzione dei frati dell’ordine Carmelitano, e dava loro opportunità di compiere esercizi di pietà ed opere caritatevoli[2], e talvolta li iniziava nel cammino spirituale che conduceva allo stato religioso.

È infatti significativo che nello stesso foglio del registro delle iscrizioni alla Compagnia (folio 18r) venga annotato che altri due confratelli erano divenuti religiosi, e cioè: Battista di Matteo Antinori, che poi “feciesi frate  di santo Agostino”, e Cappone o Capponcino di Bastiano Capponi, il quale “feciesi frate dell’Osservanza di san Franceso”[3].

È vero che questo indizio è molto debole se considerato in se stesso; acquista però - per noi che conosciamo ‘il poi’ del curriculum vitae dell’Angelico - valore di ‘segno’ prezioso per scorgere nel giovane Guido di Piero quella Sehnsucht, cioè quell’aspirazione e quel profondo desiderio della ricerca-di Dio e delle cose-di Dio, che troverà stabile approdo nella professione religiosa nell’ordine Domenicano.

Del resto, in questo primo documento, una mano posteriore, che conosceva bene lo sviluppo della vita di Guido, aggiunse - quasi profezia post eventum - “Feciesi frate di santo Domenicho”[4].

Anzi, fu ‘forse’ proprio in qualche riunione dei confratelli di questa Compagnia di San Niccolò che Guido di Piero ebbe occasione d’incontrare il fondatore del convento di San Domenico in Fiesole fra Giovanni Dominici, entrato nella Compagnia il 29 luglio del 1407[5].

         1.2

Sulla fine del 1417 - lo stesso anno in cui era divenuto confratello della Compagnia di San Niccolò - i Capitani di Orsamiche affidavano a Guido di Piero l’esecuzione di una tavola per la Cappella Gherardini della Chiesa di Santo Stefano al Ponte in Firenze, e che egli il 13 febbraio del 1418, data dell’ultimo pagamento, aveva certamente portata a termine[6].

Pertanto anche la prima committenza (che si conosca), fatta al laico-pittore Guido di Piero, mostra che egli esercitava  la sua arte  in forme visive, che venivano collocate sugli altari per la venerazione dei fedeli. 

  Il lavoro della Tavola della Cappella Gherardini - della quale purtroppo non si ha più notizia - conferma l’annotazione di Giorgio Vasari, cioè che Guido quando ‘stava al secolo’ le “arti [miniatura  e pittura] ancora giovinetto benissimo sapeva fare”: altrimenti non si spiega come mai i Capitani di Orsamichele affidassero tale opera ad un pittore appena diciasettenne (stando alla data di nascita documentata da S. Orlandi); ed inoltre che egli poteva (continua Vasari) “guadagnarsi ciò che avesse voluto”: per la tavola gli furono pagati 12 fiorini d’oro[7].

  Molte altre opere Guido di Piero deve avere eseguito prima della sua entrata nel convento di S. Domenico di Fiesole.

  Allertata infatti la  “disattenzione critica” - come la giudica Miklòs Boskovits[8] -, sono state attribuite a Guido di Piero varie composizioni.

  Cito, ad esempio, dal “catalogo completo” approntato da Giorgio Bonsanti, tre opere che si ritiene create nel 1420ca: la Madonna col Bambino e quattro Angeli (cm. 80 x 51) custodita a San Pietroburgo nel Museo dell’Hermitage; la Tebaide (cm. 75 x 208) esposta nella Galleria degli Uffizi di Firenze; la Madonna col Bambino, detta “Madonna di Cedri”,  (cm. 102 x 58), in possesso del Museo Nazionale di San Matteo di Pisa[9].

  Per il p. Stefano Orlandi anche la Madonna col Bambino e quattro Angeli (cm. 16, 2 x 9, 7), del Museo Institute of Arts di Detroit - sconosciuta fino all’anno 1956 - è da datare 1420ca  e da ritenere, anzi, “l’opera più giovanile dell’Angelico e, forse, la sua prima ingenua espressione. [...] Uno studio del giovane artista, o al più, un progetto per qualche tavola di maggiori dimensioni”[10].

  Anche in Santa Maria Novella sono da ritrovare opere del ‘giovane’  e ‘laico’ Guido di Piero. Ad esempio, il cero pasquale, ricordato da G. Vasari, che Guido dipinse di “storie piccole”[11].

  Il cronista di Santa Maria Novella, il domenicano fra Modesto Biliotti (m. 1607), specifica  le “storie piccole”  - alle quali (lo si è appena detto) fa cenno il Vasari - ed afferma che egli “lo adornò com’era suo costume con figure angeliche: angelicis more suo ornavit figuris[12].

 Questa pittura ornamentale del cero pasquale per la chiesa di S. M. Novella del giovane Guido di Piero viene a confermare significativamente quanto era affermato nella storiografia anteriore a Vasari, cioè ne “Il libro di Antonio Billi” (scritto sembra tra il 1516-1530) e ne “L’Anonimo Magliabechiano” (scritto post 1544). Gli autori  dei due documenti concordano nell’indicare che “Frate Giovanni” (essi non danno il nome del domenicano quand’era ‘laico’) frequentava Santa Maria Novella: “quando era giovanetto” (Il Libro di Billi), o (ed è lo stesso): “quando era giovane” (L’Anonimo).

  E si noti che questo riferimento alla ‘giovane età’ è affermato dai due storici soltanto quando descrivono le opere che il Mugellano ha eseguito per la chiesa di Santa Maria Novella[13].

La frequentazione di Guido di Piero del convento di Santa Maria Novella è da tener presente per intuire la sua ‘formazione’ e la conseguente  ‘scelta definitiva’ del suo stato di vita. Egli infatti sperimentò in S. Maria Novella un ambiente culturale che provocava le ‘inclinazioni’ della sua ’persona’ di uomo ed artista, cioè di laico-dipintore’ che volle essere ‘domenicano-pittore’: e questo esito è l’unica prova che si possegga per determinare storicamente il suo curriculum vitae.

In realtà, il giovane Guido rivisse suo modo e ad un altro livello l’esperienza del  fanciullo Giovanni Cimabue, che, racconta Giorgio Vasari, «mandato, acciò si esercitasse nelle lettere, in Santa Maria Novella, ad un maestro suo parente, che allora insegnava grammatica ai novizi di quel convento, [...] in cambio di attendere alle lettere, consumavasi tutto il giorno [...] in dipingere su’ libri ed altri fogli. [...].  Fuggendosi spesso dalla scuola, stava tutto il giorno a vedere lavorare que’ maestri» [“pittori di Grecia”, c.d., che stavano affrescando la cappella de’ Gondi][14].


[1] La data veniva determinata in base alla ‘notizia’ di G. Vasari, cioè che fra Giovanni “mori d’anni sessantotto nel 1455”. Cfr. Vasari G., Frate Giovanni da Fiesole dell’ordine de’ frati Predicatori, in “Le opere di G. Vasari”, a c. dì Milanesi G., Pirenze i1906, t. Il, p. 520.

[2] Orlandi S., Beato Angelico. Note cronologiche, in “Memorie Domenicane”, a. 72 (1955), pp. 3-37. Cfr. di S. Orlandi  la biografia:Beato Angelico. Monografia storica della vita e delle opere con appendice di nuovi documenti, Firenze 1964, p. VIII.

[3] Cohn W., Il Beato Angelico e Battista Sanguigni, (estratto dalla “Rivista d’Arte”, vol. 30: Annuario 1955), L. S. Olschki, 1955, pp. 207-216.  - Di W. Cohn si consulti ancora: Nuovi documenti per il Beato Angelico (1418, 1423), in “Memorie Domenicane” a. 73 (1956), pp. 218-220.

[4] VASARI G., Frate Giovanni da Fiesole..., cit., in “Opere di G.V.”, p. 505: “Frate Giovanni Angelico da Fiesole [...], sebbene arebbe potuto comodissimamente stare al secolo, ed oltre quello che aveva, guadagnarsi ciò che avesse voluto con quell’arti che ancor giovinetto benissimo far sapeva; volle nondimeno, etc.”.  - G. C. Argan, che si atteneva alla data di nascita dell’Angelico propagata da Vasari, per la mancanza di opere giovanili, era costretto a ritenere il pittore domenicano per nulla “un peintre précoce” - che è eufemismo per dire che fra Angelico appariva un ‘pittore ritardatario’-; riconosceva infatti “nous n’en [delle opere] connaissons pas qui soient sûrement antérieures à 1425”. Cfr. G. C. Argan, Fra Angelico, Skira éd., Genève 1955, p. 13. Tra gli  storici, che hanno ricercato le opere giovanili del B. Angelico, nomino (ma la mia è indicazione solo orientativa): M. Boskovits, Un’adorazione dei Magi e gli inizi dell’Angelico, Abegg.Stiftung, Bern 1976; L. Berti, Un foglio miniato dell’Angelico, in “Bollettino d’Arte” del Ministero della Pubblica Istruzione, n. II-III 1962, pp. 207-215; V. Alce O.P., Angelicus pictor. Vita, opere e teologia del Beato Angelico, Ed. Studio Domenicano, Bologna 1993; G. Bonsanti, Beato Angelico. Opere complete, F. Contini ed., Firenze 1998. Bonsanti  afferma che  “l’ Angelico premasaccesco” fu “autore in proprio di dipinti straordinariamente affascinanti e significativi quali la Tebaide degli Uffizi” (p. 10),  che egli data al 1420 ca

[5] J. T. Spike, Angelico, Fabbri ed.,Milano 1996, p. 22. -E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, G. Einaudi ed., Torino 1962, pp. 31 e ss. . - Cfr. E. Marino O. P., Critica d’arte ed iconoteologia, in “Sapienza” vol. 39 (1986), pp. 257-273.

[6] Accenno solo ad alcuni testi, che sono la fonte delle considerazioni svolte sul processo di produzione dell’artista in quanto artista. Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 19, a. 7, in co. :”Initium artis secundum eius effectum est unde incipit ars operari”; Idem, II-II, q. 57, a. 1, ad 2m: “Ratio que est in mente artificis praeexistit, dicitur regula artis”; Idem, I p., q. 44, a. 3, in co.: L’artefice “producit determinatam formam in mmateria propter exemplar ad quod inspicit”; I p., q. 33, a. 3, ad 1m: “[Artificiatum] producitur ad similitudinem verbi cconcepti in mente artificis”.

[7] M. Heidegger, Der Ursprung des Kunstwerkes, Ph. Reclam Jun., Stuttgart 1982, p. 7.

[8] L. Pareyson, I problemi dell’estetica, Marzorati ed., Milano  1966 (2a ed.), pp. 90-94.. -  Sul criterio critico di conoscenza dell’Angelico, cioè il rapporto circolare che esiste tra la ‘forma persona’ e la ‘forma arte’, cfr. E. Marino, Beato Angelico. Umanesimo e teologia, in “Beato Angelico. Miscellanea di studi”, a c. della Postulazione Generale dei Domenicani, Roma 1984, pp. 465-533. Cito ad esempio alcuni titoli: “L’astratto nella critica dei formalisti: separazione della ‘forma persona’ dalla ‘forma arte’” (pp. 467-471); “L’astratto nella critica dei contenutisti: separazione della ‘forma arte’ dalla ‘forma persona” (pp. 471-473); “La ‘forma persona’ Guido di Piero-fra Giovanni da Fiesole, fonte e specificazione della ‘forma arte’ del Beato Angelico” (pp. 477-500); “La verità visiva dell’espressione artistica del Beato Angelico. Il concreto ‘forma persona-forma arte” (pp. 501-533).

[9] Cfr. Cohn W., Il Beato Angelico e Battista Sanguigni, cit., “Documento I”, pp. 210-211. - Secondo Gaetano Milanesi, Zanobi Strozzi  - che  G. Vasari dichiara ‘discepolo’ dell’Angelico - “nella sua prima gioventù [era nato il 17 novembre 1412] fu compagno di Battista  di Biagio Sanguigni miniatore fiorentino”. Cfr. G. Milanesi, ‘commento’ alla  vita di “Fra Giovanni da Fiesole” di G. Vasari, in “Le opere di G. Vasari”, cit., p. 521. - L. Berti individua Battista Sanguigni tra gli ‘aiuti’ del Beato Angelico “nel quarto decennio [del 1400], e a San Domenico di Fiesole”. Cfr. L. Berti, Un foglio miniato dell’Angelico, in “Bollettino d’arte”, nn. II-III 1962, p. 208.

[10] W. Cohn non ha trovato documentazione che specificasse gli obblighi ed i privilegi che derivavano dalla iscrizione alla Compagnia di San Niccolò. Cfr. Cohn W., Il Beato Angelico e Battista Sanguigni, cit., p. 208. Quelli che io ho accennato costituivano la premessa e la trama nella quale si intrecciavano le Compagnie e le Confraternite legate ad istituti religiosi e a luoghi di culto. I membri della Compagnia di San Niccoò si radunavano “in un oratorio sotto l’altare maggiore del Carmine”, ed usufruivano della direzione dei frati dell’ordine Carmelitano; cfr. W. Cohn, l. c., p. 208).

[11] Cfr. S. Orlandi, Beato Angelico, cit, pp. 7-8, 170.

[12] Cfr. Cohn W., Il Beato Angelico e Battista Sanguigni, cit., “Documento I”, pp. 210-211.

[13] Cohn è consapevole che questo riferimento a Giovanni Dominici non è che “ipotesi”. “Purtroppo - egli osserva - ci mancano sicure documentazioni che possano confermare una tale ipotesi”. Cfr. Cohn W., Il Beato Angelico e Battista Sanguigni, cit., pp. 208-209. 

[14] Cohn W. cita la delibera dei Capitani di Orsamichele per il secondo pagamento a Guido di Piero: “deliberaverunt quod Jacobus Petri Bonaventure et socii de pecunia quam habent in deposito pro cappella domini Johannis de Gherardinis dent et solvant Guidoni Petri pictori pro residuo solutionis tabule altaris dicte cappelle quam fecit fl. septem auri”, in Nuovi documenti per il Beato Angelico (1418, 1423), Estratto da “Memorie Domenicane” a. 1956, fasc. IV, p. 2.  Cfr. anhe S. Orlandi, Beato Angelico, cit., pp. 8-9,119.