Riccoldo da Monte di Croce

catechesi

 

Riccoldo da Monte di Croce, di fatto cittadino fiorentino del popolo San Pier Maggiore; il padre Pennino era originario di Monte di Croce (castello distrutto, sito a monte di Pontassieve) immigrato in Firenze. Frate domenicano di SMN dal 1267, muore il 30.X.1320. Viaggia e risiede in medioriente (a lungo nella valle mesopotamica, attuale Irâq) negli anni 1288-1299.

 

 Libellus ad nationes orientales (1300)

che cosa bisogna sapere prima d'andare in oriente? come dev'essere il predicatore?

In SMN fra Riccoldo, rientrato dall’oriente, mette per iscritto intorno all'anno 1300 la propria esperienza in opere di grande interesse: Epistole ad ecclesiam triumphantem, Liber peregrinationis, Contra legem Sarracenorum e Libellus ad nationes orientales. Il medesimo copista, che trascriverà la maggior parte delle opere di fra Remigio dei Girolami, copia per Riccoldo il Liber peregrinationis (Berlin, Staatsbibliothek lat. 4°.446, ff. 1r-24r) e il Libellus ad nationes orientales (BNF, Conv. soppr. C 8.1173, ff. 219r-244r); Riccoldo corregge e integra di proprio pugno (MD 1986, V-XL, 1-144).

ASMN I.C.102 E 203v Ecce ego mitto vos (resp. comune degli Apostoli)Qui di seguito, la sezione finale del Libellus ad nationes orientales: le istruzioni che Riccoldo si sente di dover dare ai giovani frati domenicani destinati missionari in oriente. Che cosa devono sapere? come comportarsi? come dev'essere il predicatore?

 

 

 

 

lo chiamavano volgarizzamento

Recapitulatio

Riassumendo

Hec igitur, que de nationibus orientalibus rudi et simplici stilo descripsi, conversando cum eis pluribus annis per experientiam ita esse cognovi. Notavi autem sub compendio ut darem aliqualem occasionem proficiendi fratribus qui volunt ire nec possunt portare libros nec sciunt motiva et positiones incognite nationis.

Ecco quel che avevo da raccontare sui popoli d'oriente, in parole semplici. Frutto d'esperienza diretta; ho infatti vissuto tra loro per molti anni [1288-1299]. Il tutto scritto concisamente per offrire un vademecum ai frati che volessero andare in missione in oriente; visto che non dispongono di libri e sono all'oscuro delle credenze e costumanze di paesi sconosciuti.

Regule generales

Norme generali

Ultimo ponende sunt quedam regule generales que sunt valde necessarie fratribus qui mittuntur ad exteras nationes quascumque. Quas regulas ego per experientiam didici cum dispendio peregrinationis mee et sociorum. Non enim sciebam que scire oportet quando ivi, sed more imperfecti medici processi qui praticando conatur discere medicinam.

ASMN I.C.102 F 20v Adaperiat Dominus (corale F, f. 20v (resp. dom. I oct.)E a conclusione, ecco alcune norme generali, ma indispensabili per i frati destinati ai variagati popoli d'oriente. Apprese per via d'esperienza, con dispendio di peregrinanza mia e dei compagni di viaggio. Partii che non sapevo nulla. Mi son lasciato guidare dalla pratica quotidiana, come fa un medico autodidatta.

Regula prima

Prima regula est quia scire oportet quod nullo modo expedit predicare vel disputare cum extraneis de fide per interpretem. Nam interpretes communes, quantumcumque bene sciant linguas et sufficienter quantum ad vendendum et emendum et ad comuniter convivendum, nesciunt tamen fidem et ea que sunt intima fidei exprimere per verba propria et convenientia. Et verecundantur dicere "Ego non intelligo" vel "Nescio dicere"; et ideo pervertunt verba et dicunt alia pro aliis. Non enim sciunt quid est natura vel ypostasis vel persona vel forma vel materia et alia multa enuntiabilia incomplexa, sicut accidens substantia accidentaliter substantialiter dimensionaliter et cetera talia huiusmodi. Minus etiam sciunt quasdam enunciationes; nesciunt enim dicere "Pater est alius a Filio, non aliud", et alia huiusmodi. Unde oportet quod fratres bene discant linguam. Et oportuit me inter arabes non solum discere linguam sed etiam dyalecticam.

Prima

Non predicare né disputare in materia di fede tramite turcimanno (tarjumān=traduttore). Conosceranno bene le lingue, i comuni turcimanni, e saranno pure abili nelle transazioni e nelle faccende correnti; ma sono incapaci a tradurre con proprietà lessicale quanto spetta alla fede e ai suoi contenuti più intimi. Restii inoltre ad ammettere "Non ho capito", "Non so come tradurre", cosicché storpiano le parole e dicono una cosa per un'altra. Non sanno che cos'è natura ipostasi persona forma materia; né molti altri lessemi semplici, quali accidente sostanza accidentalmente sostanzialmente dimensionalmente eccetera eccetera. Non parliamo poi di taluni delicati asserti. Esempio: "Il Padre è persona altra dal Figlio, non altra cosa", e simili.
La lingua dunque i frati devono imparala, e bene. Presso gli arabi, io dovetti imparare e lingua e dialettica.

Regula secunda

|243v| Secunda regula est quia oportet fratres esse doctos et copiosos in textu [testu cod.] sacre scripture et non confidere de nostris expositionibus, quia non curant alieni de ipsis vel de nostris originalibus. Set christiani orientales sciunt textum [testum cod.] veteris testamenti et novi; et iudei sciunt legem veterem quantum ad litteram, et non habent multas translationes quas nos habemus, sicut supra dictum est in primo capitulo de iudeis. 

Seconda

Devono i frati avere conoscenza piena e diretta del testo biblico, e non affidarsi ai commentari che circolano da noi; i nostri intelocutori non si curano né dei nostri commentari né delle nostre collezioni patristiche. I cristiani orientali conoscono testo dell'antico e del nuovo testamento. Gli ebrei conoscono l'antico testamento, almeno in senso letterale; non usano molte traduzioni a noi familiari, come detto già nel primo capitolo dedicato agli ebrei.

Tertia regula

Tertia regula est quia oportet scire positiones eorum et motiva et causas diversarum sectarum et si errant ab essentialibus fidei [add. R in interlinea] vel non, ut sciatur qui sunt heretici vel non. Nam licet non concordent nobiscum in ritu, non est periculum, dummodo concordent in fide, quia fides christianorum est una sicut et Deus est unus; unde Apostolus Eph. 4 «Unus Deus, una fides» etc.; non dicit “unus ritus”. Fratres autem sepe contendunt cum eis inutiliter de diversitate ritus, cum habeant eos reducere solum ad unitatem fidei non ad unitatem ritus. Christiani vero orientales dicunt “Fides francorum est talis, fides nestorinorum est alia talis, fides iacobinorum est talis”; ecclesia vero catholica est universalis et una, sicut fides una. Unde oportet quod [add. R in interlinea] in essentialibus fidei omnes christiani conveniant, et dicatur fides catholica idest universalis omnium cristianorum [sic in extenso] et non fides francorum specialiter sive caldeorum, et non dividatur ecclesia in diversas fides.

Terza

Importante conoscere posizioni dottrinali e storia delle singole confessioni; se errano circa i principi essenziali della fede o no, per accertare chi sia veramente eretico e chi no. Potrebbero discordare da noi nel rito, e allora nulla di male. Decisivo invece è concordare nella fede; fede cristiana una, come uno è Dio. «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo», dice l'apostolo Paolo agli Efesini 4,5. Spesso i nostri frati battibeccano inutilmente con loro su questioni rituali; quando dovrebbero ricondurli soltanto all'unità di fede, non a quella di rito. "Questa è la fede dei franchi  -  usano dire i cristiani orientali  -, quella è la fede dei nestoriani, quell'altra è la fede dei giacobiti"; laddove la chiesa cattolica è universale e una, come una è la fede. Necessario dunqne è che tutti i cristiani convengano sui contenuti essenziali della fede; e che si parli di fede cattolica ossia universale di tutti i cristiani, non di "fede dei franchi, o fede dei caldei", quasi a scindere la chiesa in fedi diverse.

Regula quarta [add. R]

Quarta regula est talis quod in omni secta incipiendum est disputare vel conferre cum maioribus de secta illa; minores enim et simplices, etsi convincantur per fratres, non permanent nec perseverant sed faciliter seducuntur per suos episcopos et per alios maiores suos etc. Incipiendum est etiam ordine doctrine a facilioribus; nam omnes orientales incipiunt querere ardua fidei |244r| nostre ut de Trinitate, de predestinatione, de incarnatione.

Omnes enim saraceni et nestorini libenter querunt, et derisive, quomodo potest esse quod Deus sit vere natus de una mulier<e> vel quod Deus sit mortuus. Ex quibus credunt conclusum esse certissime quod nec matri prefuit nec post mortem remansit. Unde non oportet statim respondere ipsis de istis, sed de aliis levioribus ex quibus facilius manuducantur ad ista. Et oportet eis loqui reverenter et humiliter; nam ipsi orientales quasi omnes sunt ypocrite et adulatores, et multum se humiliant dicentes se esse peccatores et simplices et nihil valere. Unde quando nostri magnificant se in aliquo, contempnunt nos et nostram doctrinam. 

Quarta

In ogni singola comunità di fede è opportuno disputare e trattare a cominciare dai maggiorenti di quella comunità. Persone semplici e comuni, i nostri frati potrebbero sì convincerli; ma non perseverano, e sarebbero facilmente ricondotti al gregge dai loro vescovi e capi. Bene è anche, nel discutere materie dottrinali, partire da problemi pià facili; quando tutti gli orientali partono con le domande più ardue: Trinità, predestinazione, incarnazione!

Musulmani e nestoriani son soliti chiedere, non senza ironia: come può Dio esser nato da donna? come può esser morto? E dànno scontata conclusione: Dio non poteva né preesistere alla propria madre né sopravvivere alla propria morte. Non cadete nel tranello. Riportate la conversazione su punti preliminari e più leggeri; da qui poi il percorso verso questioni alte. Parlate loro con rispetto e umiltà. Coltivano forma e buone maniere, gli orientali; fanno ripetute dichiarazioni di deferenza e modestia. Cosicché quelli dei nostri che s'abbandonano a vanterìe, suscitano solo disprezzo per noi stessi e per la nostra dottrina.

Regula quinta, qualis debet predicator [add. R]

Quinta regula est quia non sufficit predicatori qui mittitur esse illuminatum intellectu, scilicet quod sciat linguam per se proferre, scripturas intelligere, sectas et motiva colligere, discrete discernere cum quibus et a quibus debet incipere; sed summopere scire oportet qualis esse debeat in affectu, scilicet quam fervidus et constans, quod solo Dei amore et animarum salute moveri debeat. De quo sic dicit Chrisostomus in libro De laudibus Pauli:

«Eum siquidem qui officium suscipit predicandi non oportet esse mollem aut resolutum, sed fortem et per cuncta [cunta cod.] robustum. Neque enim attingere quisquam debet preclari huius muneris functionem nisi paratus sit animam milies in mortem tradere atque discrimina. Qui enim non tali animo est, multos alios suo perdet exemplo. Magisque utile est ut quiescat, sibique tantum vacet. Non ita gubernatorem, non ad bestias dimicantem, non ludo gladiatorio destinatum, non quempiam sic ad mortem sive discrimina paratam atque dispositam habere oportet animam ut eum qui officium suscipit predicandi. Profecto et adversarii seviores et graviora pericula. Nec usquam simili condicione certatur. Celum namque in premio, gehenna in supplicio preponitur». Hec Chrisostomus.

Quinta e ultima

Come dev'essere il predicatore?

ASMN I.C.102 F 30v Vidi Dominum sedentem super solium (resp. dom. I nov.)Alla fin fine non basta al predicatore inviato in missione aver buona testa, parlar lingue, padroneggiare scritture, conoscer sette e costumi, usar buone maniere e didattica. Deve anzitutto vagliare i propri intenti e ragioni di vita; esser fervente e costante; mosso solo dall'amor di Dio e dalla salvezza delle anime.

Ecco quel che dice Giovanni Crisostomo nel De laudibus Pauli:

«Chi assume l'ufficio di predicare il vangelo non dev'esser remissivo o inflessibile, bensì forte e tenace. Non deve aspirare a siffatto insigne compito se non è disposto a mettere a rischio mille volte la propria vita; la sua condotta altrimenti manderebbe molti in rovima. Meglio allora che si ritiri, e pensi solo a se stesso. Capitani di navi, lottatori d'animali, gladiatori: nessuno di loro dev'esser tanto disposto a donarsi fino alla morte come chi assume l'ufficio di predicare. Costui ha avversari più feroci, pericoli più gravi. Combatte con armi impari. Gli si promette il cielo in premio, ma gli si anticipa la geenna a supplizio».