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7. Piero dei Macci inventore della cronica fratrum

Torniamo alla nostra cronica fratrum. Anzi al suo inventore. L'omologazione con libri d'ordinanza, mentre oscurava l'originalità della cronica (SOPMÆ III, 236: 3261; mira a riequilibrare i valori SOPMÆ IV, 231-32), inibiva la domanda "chi l'ha inventata?". Al contrario i primi continuatori di Cr SMN serbano intatta la sorpresa, e la riversano in lessico inconsueto: fra Piero di Galligaio dei Macci huius libelli et cronice compilator extitit et inventor; che il cronista al lavoro negli anni 1382-84 rilancia in cima alla carta d'avvio, huius libelli compilator et inventor extitit fr. Petrus de Macchiis (Cr SMN f. 3r), quasi in luogo della mancata iscrizione all'intero libro.

Compilator et inventor, non necessariamente copista, benché Piero fosse anche scriptor gratiosus; ché lo studio delle grafie intrecciate sulle prime carte del codice non dà per certo che fra Piero trascrivesse in forma quanto veniva redigendo. Laddove, in sintonia distintiva di campi semantici, Scolaio di Squarcia d'Oltrarno (OP 1277, † 8.X.1320) «scriptor pulcer ornatusque dictator[2] presentem cronicam ex parte plurima compilavit» (Cr SMN n° 221), e il cronista di Cr Ov si dichiara autore (dictans) e copista (scribens): «Hanc cronicam dictans et scribens humiliter eius sine intermissione efflagitat pratrocinium, et se ipsum cum suis benefactoribus et legentibus et audientibus que scripta sunt, tota devotione commictit» (Cr Ov 53, ed. 82); e sul finire del proprio lavoro quasi parafrasandosi: «et ideo ne sua exempla sancta obllivioni [sic] tradantur, merito sunt in hac cronicha apponenda, quam scribens et dictans humiliter eius sine intermissione efflagitat patrocinium» (ib. 96, ed. 129). Binomio dictator et scriptor, non endiadi; ricorrente per i soci dei provinciali, redattori e calligrafi delle lettere ufficiali (Un vademecum..., MD 28 (1997) 387-88). Mentre «scribere et notare curavi» del cronista pisano intendeva delega di copia a un professionista della penna (Cronica di Santa Caterina in Pisa, MD 27 (1996) 222/2, 235-36).

Piero di Galligaio dei Macci da Firenze

Leggiamo l'articolo biografico dedicato all'inventore della cronica fratrum dal cronista di turno, entro la collaudata cornice dell'elogium.

Frater Petrus filius Galigai de Macciis. Sacerdos et predicator, cantor bonus, scriptor gratiosus, conversatione quietus et fratribus gratus, ingeniosus circa mechanica et ad edificia construenda industrius. Fuit supprior in conventu florentino[6]. Insuper consolationi et recreationi fratrum nostrorum studiose invigilans, et aliorum etiam pauperum hospitalitati intendens, hospitale de Fighino sibi a fratre Pagano, de quo dictum est supra[7], commissum, ad quem principaliter pertinebat, sua edificavit industria, lectos ibidem et alia ad hoc[8] necessaria cum multa diligentia procurando; et qualiter fratres nostri omnes ibidem sufficientem refectionem haberent tam discrete quam provide ordinavit, ad quod[9] pleniori ferebatur affectu. Fratre autem Pagano predicto viam universe carnis ingresso, cura hospitalis ipsius est ei principaliter a magistro ordinis[10] credita. Qui de superexcrescentibus possessionibus sepedicti hospitalis, utpote «fidelis dispensator et prudens»[11], territorium emit in Sancto Cassiano et locum pro fratribus simili modo recipiendis cepit edificare ibidem; quem morte preventus non potuit consumare. Hic huius libelli et cronice compilator extitit et inventor. Vixit in ordine circa annos xlj. Obiit autem anno Domini M°ccc°j°, xj° <* *>[12] (Cr SMN n° 179, f. 12v).

In religione fin dal 1260. Ceppo familiare d'ascendenze ghibelline, con contatti catari negli anni '40 e '60, di recente fortuna mercantile.

F. Tocco, Quel che non c'è nella Divina Commedia o Dante e l'eresia, Bologna 1899, 37: moglie e figlia di Cavalcante dei Macci, 1245, dal fondo diplomatico SMN. R. Manselli, Per la storia dell'eresia catara nelle Firenze del tempo di Dante. Il processo contro Saraceno Paganelli, «Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo» 62 (1950) 131, 136, 137 (Giovanni dei Macci, 1260-66 ca.). Circa Saraceno di Paganello da Firenze, integra con ASF, Corporaz. relig. soppr., S. Iacopo a Ripoli 1, n° 77 (Firenze 10.X.1307) «domina Lippa, domina de Penitentia de vestitis habitus ordinis fratrum Minorum, vidua uxor olim Cini Noççi de Burgho et filia olim Saracini Paganelli..., in testamento dicti Saracini patris sui scripto per ser Ridolfum Phylippi de Pretasinis de Florentia... sub M°ijc lxxxxviiij° indictione xiij° die veneris penultimo mensis octobris [= 30.X.1299]  sub hiis verbis...». Si noti l'intrigante ricorso: qui Cinus Noççi de Burgho (= Borgo San Lorenzo, per fonti fiorentine) genero di Saraceno, è fratello di dnus Lapus filius Nozzi de Burgo (21.V.1294, sotto tra qualche nota) socio in affari con i Macci.

Ghibellini i due Macci che giurano la pubblica pace di febbraio 1280. Due fratelli di fra Piero, Berto e Bindo di Galligaio del popolo San Michele in Orto, tra i ghibellini (o tali ritenuti dal partito avverso) banditi da Firenze nel 1268; rientrano e restano in scena anche durante la susseguente stagione di predominio guelfo e di frenetica crescita cittadina.

I. Lori Sanfilippo, La pace del cardinale Latino a Firenze nel 1280, «Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo» 89 (1980-81) 231 sesto Porta San Piero: «Orlandinus Caponsacchi de Macciis, Gianni Gratta de Macciis».

Ildefonso di S. Luigi, Delizie degli eruditi toscani, Firenze 1770-89, VIII, 278a (ghibellini exbanniti, sesto Porta San Piero, popolo San Michele in Orto): «filii Manni Uscelletti de Macciis; Guiduccius et Scolarius filii Rainerii Uscelletti de Macciis; Bertus et Bandus (= Bindus) filii Galigarii de Macciis; Galigarius filius Tignosi de Macciis»; altri Macci confinati fuori (276a) o entro città (277b). ASF,  Notar. antecos. 4111, f. 143v (21.V.1294): «dnus Lapus filius Nozzi de Burgo et Scolaius condam Rinieri et Neri condam Guidi de Macciis et Taldus Iannini de populo Sancti Michaelis in Orto» confessano d'aver ricevuto in accomandigia da Berto condam Galigay de Macciis lire 100 di fiorini piccoli; 2964, ff. 98v-99v (17.I.1313/4), f. 119r-v (6.V.1314) «Bertus filius olim Galigai et Schiatta et Gualteronus olim Tignosi de Macciis». AA. VV., I notai fiorentini dell'età di Dante. Biagio Boccadibue (1298-1314), Firenze-Pisa 1978-1986, I/III, 162 (20.XII.1308, proprietà dei Macci in Via Ghibellina, popolo Sant'Ambrogio).

Transizione all'area politica guelfa, almeno di taluni membri della famiglia: Bindo (di Galligaio?) è dei priori cittadini nel bimestre febbraio-aprile 1287 per il sesto Porta San Piero. Case e proprietà dei Macci in San Michele in Orto.

Stefani, rubr. 170. C.C. Calzolai, Il «Libro dei morti» di Santa Maria Novella (1290-1436), MD 11 (1980) 33a: un Bindo dei Macci, senza specificazione patronimica. ASF,  Notar. antecos. 13363, f. 96v (24.III.1295/6): Masinus et Caponsacchus fratres filii condam Iannis Gratte de Macciis populi Sancti Michaelis in Orto; segue testamento di Masino (24.III.1295/6); 3140, f. 111v (8.VI.1303).

Famiglia notabile ma non delle grandi andate soggette alle restrizioni antimagnatizie degli anni '90. Nelle lotte politiche di primo Trecento schierati con i guelfi di parte bianca; le loro case date alle fiamme dalla fazione nera nelle violenze del 1304.

Il nome dei Macci non compare nella lista dei magnati fiorentini 1293-95: G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Firenze 1899, 376-77.

Paolino Pieri, Cronica, ed. A.F. Adami, Roma 1755, 79; Dino Compagni, Cronica III, 8. Villani IX, 71, 53; XI, 1, 32.

Spicca Tignoso di Baldo dei Macci, dell'arte del cambio, attivo nella mercatura sullo scorcio del '200; di parte bianca, bandito nel 1302; catturato, sotto tortura «fu tanto collato che morì in su la colla» in gennaio 1303. I Macci, al pari di Dante Alighieri, esclusi dall'amnistia di settembre 1311.

A. Castellani, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze 1952, 337, 538, 541, 546. R. Piattoli, Codice diplomatico dantesco, Firenze 1940, 67, 102 (Tignoso de Macciis campsori florentino). Il patronimico in ASF, Arte del cambio 6, f. 18v: Tingnosus Baldi de Macciis, con i figli Schiatta, Gualterone e Vieri, iscritto alla matricola del cambio 12.II.1299/300.

Paolino Pieri, Cronica, ed. cit. p. 75; Dino Compagni, Cronica II, 25; II, 29; Villani  IX, 59. Firenze, Arch. Opera di S. Maria del Fiore, Necrologio del cimitero della canonica fiorentina [intendi liber anniversariorum et obituum] f. 5r (viii kal. febr. = 25.I.1302/3).

R. Piattoli, Codice diplomatico dantesco, Firenze 1940, 141 (Omnes... de domo de Macciis, sesto Porta San Piero), 325-26 (rappresentante della societas Macciorum de Florentia a nome di Berto dei Macci, e di Bindo di Tignoso dei Macci, Lucca 1308).

Nipote di Tignoso di Baldo dovrebb'essere Tignoso di Gualterone dei Macci, che testa il 31 gennaio 1340 e dispone sepoltura in Santa Maria Novella; imitato da suo fratello Schiatta di Gualterone nel 1387:

ASF, SMN 31.I.1339: Tingnosus filius olim Gualteronis de Maccis, populi Sancti Bartoli del Corso de Florentia fa testamento; sepoltura in SMN «de vestitu pannis et habitu ordinis sancti Dominici»; lega 500 fiorini d'oro per costruire in SMN un cappella intitolata al santo che i commissari stabiliranno; istituisce eredi Andream, Phylippum et Schiattam fratres suos et filios olim dicti Gualteronis; tra i commissari ed esecutori taluni Bardi e Albizzi, con cui Tignoso è affine. «Actum Florentie in domo dicti testatoris sita in dicto populo...». Il «Libro dei morti» ne registra sepoltura alla data 3.III.1340/1, ed. MD 11 (1980) 47a. San Bartolo al Corso (degli Adimari, oggi Via dei Calzaiuoli), patronato dei Macci. MD 11 (1980) 80a.

Da inizio Trecento un ospizio dei Macci sul lungarno del Tempio, sede a più riprese di comunità monacali. La novellistica fiorentina narra anche d'un "albergo de' Macci": A. Benvenuti Papi, "In castro poenitentiae". Santità e società femminile nell'Italia medievale, Roma 1990, 600-01, 685a, su sfondo documentario prevalentemente compilatorio. Franco Sacchetti (1400) novella 183.


[2] Cf. Bene Florentini Candelabrum [1220-26], ed. G.C. Alessio, Padova 1983, 393b voce "dictator". Brunetto Latini, La rettorica [1260-65], ed. F. Maggini, Firenze 1968, 150.

[6] Fuit... florentino add. eadem manus marg. sin.

[7] Pagano di messer Iacopo Naso degli Adimari da Firenze (OP 1239, † 31.X.1299), Cr SMN n° 172.

[8] hoc ] hec ed. 

[9] ad quod ] ad quos ed.; verosimilmente con intento emendatorio per raccordare con fratres; già V. Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Genova 18693, I, 100n.

[10] a magistro ordinis add. eadem manus marg. sin.

[11] Luc. 12, 42.

[12] iulii scrive su rasura altra mano, alquanto tardiva (xvi-xvii). Precede decesso 2.VI.1301 (n° 178), segue decesso 30.VII.1301 (n° 180).


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