precedente successiva

Estraneo, fra Piero, all'attività didattica degli studia provinciali. Il suo nome mai compare nelle liste di lettori, pressoché sistematiche dal 1287 negli Atti dei capitoli. Nel 1292 assegnato ad Anagni (MOPH XX, 108/4). Spicca per doti amministrative e direttive nel convento d'origine, nel cantiere edilizio così come nei servizi comunitari; in risposta ai bisogni materiali d'una comunità multiforme, al traguardo della massima espansione demografica (1300-1320).

Le prime avvisaglie di calo della popolazione conventuale sono anteriori alla mortalità 1340: MOPH XX, 235/34-37 (1325), 257/7-11 (1331). Calo del ritmo di crescita e primi segni di regressione nella demografia cittadina anteriori alle pesti: E. Fiumi, Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina, Firenze 1977, 85-89 (Demografia e movimento urbanistico).

Ars mechanica: abilità del lavoro manuale sulla materia, che si prolunga al manufatto, sua progettazione ed esecuzione, nonché all'organizzazione del lavoro fabrile; a distinzione dalle discipline "teoriche" (dirette alla conoscenza pura) e dall'agire pratico dell'atto etico. Così insegnavano i dotti confratelli negli studi conventuali, di regola nelle lezioni introduttive alla filosofia. Senza idiosincrasie con la vita terrena: «sono dette arti meccaniche perché destinate al bene del corpo» (Remigio dei Girolami da Firenze † 1319, Divisio scientie 15, 12; ed. MD 12 (1981) 101). Senza mortificare intelligenza e fantasia dell'artigiano: «il primo luogo ove <arte> si fa è mistieri che ssia ne la mente dentro, quivi s'ordina e fabricasi prima» (26.III.1306 in SMN, Giordano da Pisa, Quaresimale fiorentino 364/21-23). Nel fervore edilizio della città-comune l'operarius vale direttore della fabbrica e delle maestranze di cantiere, man mano che va disegnando il suo ruolo col superstes (soprastante, soprintendente) e col capomastro.

AA. VV., Opera. Carattere e ruolo delle fabbriche cittadine fino all'inizio dell'Età Moderna, a c. di M. Haines e L. Riccetti, Firenze 1996, IX-XXIII, 233 ss, 386-92 (Opera, operarius, superstes ecc.), 268-69 (committenza dell'Opera alle corporazioni delle Arti). L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria apostolica di Perugia e Umbria, Perugia 1901, 61: (2.VI.1451) «fr. Petrus Cole ord. fratrum s. Dominici de Perusio superstes fabrice ecclesie dicti s. Dominici».

In Cr SMN il termine operarius compare espressamente la prima volta con fra Iacopo di Banco Passavanti (OP 1317, † 1357): «propter suam industriam factus fuit operarius ecclesie nostre, quam tantum promovit... ut nullus unquam operarius tantum fecerit in eadem» (Cr SMN n° 413); ma non primo operaio in assoluto, il Passavanti, insinua la consecutiva ut nullus unquam in redazione contemporanea. Tenuta aperta una possibile delega alle Arti o ai frati dell'ordine della Penitenza (questi avevano amministrato i beni di Santa Maria Novella fino al 1304: Dal bene comune..., MD 16 (1985) 22, 44-45), la carica d'operaio potrebbe attraversare un lessico in formazione o sinonimico; digià distinto dal frate carpentarius, magister lapidum, eccetera. Prima del Passavanti, il nostro fra Piero dei Macci (OP 1260, † 1301) è detto ingeniosus circa mechanica et ad edificia construenda industrius (Cr SMN n° 179); fra Lotto da Settimello (Calenzano, OP 1285, † 1331) in operibus ecclesie et aliorum edificiorum promovendis utilis (Cr SMN n° 265). In sorprendente intreccio temporale, da Piero a Lotto a Iacopo, fra entrata in religione e decesso.

Successione già notata da Davidsohn III, 221; VII, 528. Da ignorare l'iterpolazione Cr SMN n° 133 Ristorus de Campi.

Segnalo il ruolo di fra Compagno di Scarlatto da San Donato a Torri (nel piviere San Giovanni a Remole, presso Pontassieve) converso, in religione dal 1298, † 6.VII.1327, oscurato da tentata emendazione (disci in dicti) di testo sicuro, Cr SMN n° 250: «cum esset iam quasi decrepitus, in servitio disci Operis ecclesie se occupavit», ossia stava al desco dell'Opera della chiesa. Disco anche in volgare, iperetimologismo per desco, tipo vindo per vendo: Schiaffini, Testi fiorentini 45, 68/21 (stando al descho per le processioni), 263. B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze2 1960, 37, 234-35. <U. Morini>, Documenti inediti o poco noti per la storia della Misericordia di Firenze (1240-1525), Firenze 1940, 101 (stare... ad desco). F. Allegrezza, Un secolo di scrittura: il libro di ricordanze dei Corsini, «Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo» 92 (1985-86) 233 n. 21 «uno desco da scrivere». Onomastica di fra Compagno al completo in ASF, NA 3141, f. 48r-v (27.X.1308) «fr. Compagno Scarlatti de Sancto Donato, fr. Stephano Boninsegne de Caregio et fr. Lapo Reddite de OP».

Piero supplisce l'anziano fra Pagano di messer Iacopo Naso degli Adimari (in religione dal 1239) nella cura dell'ospizio San Domenico in Figline Valdarno (del tutto personale la prossimità dei due frati? oppure prolungamento della contiguità consortile dei casati Adimari e Macci?); alla morte di costui, 31 ottobre 1299, subentra nell'incarico.

ASF, SMN 13.IV.1287: «fratri Pagano de ordine fratrum Predicatorum de conventu ecclesie SMN et filio condam dni Iacobi Nasi de Adimaribus»; non Jacopo di Nero Adimari (Necr. I, 249 n. 10), che ostruisce la ricerca consortile. ASF, Dipl. Acquisto Marchi 6.VIII.1241 (data archivistica, di fatto Lucca 6.VIII.1261): dns Teglarius Aldobrandi de Adimariis de Florentia testa; nomina tutori di suo figlio fratres Ildebrandinum de Cavalcantibus et Paganum de Adimariis de ordine fratrum Predicatorum... et Adimari filium quondam dni Iacobi Nasi. Se il figlio minorenne e pupilli premorissero, istituisce eredi, eccetto nelle case e terreni in Firenze, Adimari et Benghi fratres filios quondam dni Iacobi Nasi pro equis portionibus in una medietate... «Conditum est hoc testamentum a dicto testatore Luce in capitulo fratrum Predicatorum ecclesie Sancti Romani... presentibus etiam dominis fratre Ildebrandino et Fastello et Adimari predictis, presentibus etiam testibus fr. Benvenuto de Serçano, fr. Donato de Florentia, fr. Nasceimpace de Luca, fr. Adalberto de Luca, fr. Manno de Luca, fr. Marco de Luca et fr. Genovese de Luca de OP conventus ecclesie Sancti Romani». AVF VIII.A.1, f. 36r (5.VII.1270) «Mari vocato Maruccio condam dni Iacobi Nasi de Adimaribus».

Dai beni in dotazione all'ospizio di Figline, nonché da sopravvenuti lasciti di donna Bruna dei Morandi vedova Donati e di Filippo del fu Cisti dei Carini, (ASF, SMN  12.II.1291/2 testamento; esecuzioni ib. 11.VIII.1301 e 26.VII.1305), Piero avvia un altro ospizio, in San Casciano Valdipesa; in direzione sud, tappa di ricongiungimento col grande snodo della via francigena in Valdelsa, (R. Stopani, La Via Francigena. Una strada europea nell'Italia del Medioevo, Firenze 1996, 97-102), essendo gli ospizi funzionali alla mobilità dei frati. Muore in giugno-luglio 1301, lascia l'opera incompiuta.

ASF, SMN  13.IV.1287: «Actum in populo Sancti Stephani de Ungnano, presentibus testibus Maso filio Bonçi et fr. Ventura de Castro Plebis de ordine Predicatorum... Cursus filius emancipatus Botti Guittonis populi Sancti Stephani de Ungnano... vendidit... fr. Pagano de OFP de conventu ecclesie SMN et filio condam dni Iacobi Nasi de Adimaribus, executori testamenti dni Pagani filii condam dni Gherardi de Adimaribus et procuratori hospitalis Sancti Dominici de Fighino,... quandam petiam terre posit(e) in populo Sancte Marie de Mantingnano plebatus Septimi in loco dicto Musciano...». Santo Stefano a Ugnano nel piviere San Giuliano a Settimo. MOPH XX, 135/19 (1299) «qui fecit fieri hospitale de Figuino».

ASF, SMN  28.VIII.1300: «dna Bruna de sororibus ordinis sancti Dominici, filia condam dni Morandi militis de Morandis de Florentia et uxor condam Simonis dni Biliocti de Donatis de Florentia» testa e lascia per la costruzione d'un ospizio in San Casciano beni immobili siti in Santo Stefano a Ugnano. Cf. Dal bene comune al bene del comune, MD 16 (1985) 22-23.

MOPH XX, 144/1-8. Cr Ov 64, ed. 95 «de pecunia sibi apropriata domum fundari fecit ad consolationem fratrum itinerantium, sed morte preventus ipsam domum seu fratrum hospitium perficere non valuit».

Piero dei Macci mette su la cronica fratrum del convento fiorentino nel 1280; tra agosto 1280 e gennaio dell'anno seguente, a stare all'incastro dei decessi. Un anno cerniera nella Firenze dugentesca. Pubblica e universale celebrazione di pace (di breve durata invero) tra i due partiti rivali, giurata in piazza Santa Maria Novella sotto l'arbitraggio del cardinal Latino d'Angelo Malabranca OP; riforma costituzionale e creazione del governo dei Quattordici (sostituito due anni dopo dal priorato delle Arti su più omogenea selezione del ceto dirigente); riorganizzazione amministrativa dello stato, non senza riflesso sugli archivi comunali se i volumi delle Consulte iniziano a partire dal 1280.

Le consulte della repubblica fiorentina, ed. A. Gherardi, Firenze 1896-98. Consigli della repubblica fiorentina, ed. B. Barbadoro, Firenze 1921-30. G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze e altri scritti, ed. Milano 1972, 232-70 (Le Consulte della repubblica fiorentina del secolo XIII), 237: «Le Consulte incominciano nel gennaio 1280 con la pace del Cardinal Latino. Fu questo un avvenimento importantissimo nella vita fiorentina...».

Eventi, in verità, carichi più di grande impatto emotivo e clamore cittadino che di progettazione politica di lunga tenuta. Un anno di svolta tuttavia, se non di costruzione, così passato alla storia e storiografia fiorentine. Fu il quindicennio a ridosso del 1280 ad occupare i classici Salvemini (Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Firenze 1899, rpt Milano 1974) e Ottokar (Il Comune di Firenze alla fine del Dugento [1926], ed. Torino 1974) su cicli decisivi della storia formativa della città. L'anno segnò i sentimenti dei fiorentini e la penna dei cronisti: «Nell'anno della incarnazione di Cristo MCCLXXX... uscì d'una piccola fonte un gran fiume» (Compagni, Cronica I, 3). Giovanni Villani intreccia in unico capitolo legazione del cardinal Latino (in Firenze da ottobre 1279 ad aprile 1280), fondazione della chiesa Santa Maria Novella, pacificazione cittadina.

Villani VIII, 56; così anche Paolino Pieri, Cronica, ed. A.F. Adami, Roma 1755, 43. Davidsohn, III, 214, 236. In Necr. I, 239; II, 419-20 («pro construenda ecclesia et aliis officinis conventus», p. 420), il doc. è ASF, Dipl. SMN 14.III.1279, non 1277.

Difficile sottrarsi alla suggestione della congruenza tra tempi della città e tempi del convento urbano; alla suggestione d'un medesimo clima dalla interattività più diffusa, e più coinvolgente, del "nesso causale".

«Tempore prioratus sui <scil. fratris Pagani condam domini Iacobi de Adimariis> bone memorie dominus frater Latinus natione romanus, cardinalis et sedis apostolice legatus, fundavit ecclesiam Sancte Marie Novelle M°cc° septuagesimo ix° in festo sancti Luce» (Cr SMN n° 172).

La fundatio ecclesie, 18 ottobre 1279, quasi un secondo inizio della comunità domenicana. Piero dei Macci, ben introdotto per legami familiari tra i notabili della città, dalla spiccata consonanza con le pubbliche istituzioni, loro forza e patrimonio, non dovett'essere insensibile ai significati del segno. Come non dovette esserlo il priore in carica, Pagano degli Adimari (Priori di SMN..., MD 17 (1986) 272). L'anno dopo, 1281, Santa Maria Novella ospita il capitolo generale dell'ordine, e a ruota quello provinciale (MOPH III, 211-15; XX, 55-59).

Memoria ed esempio

«Ad utilitatem et suffragium animarum fratrum nostrorum decedentium et ad exemplum posteris et consolationem legentium visum est fratribus...» (Cr SMN prologo). Variazioni delle cronache sorelle: ad perpetuam rei memoriam, memoria patrum, non debent oblivioni tradi de memoria suorum, laudatio virtutum, consolatio legentium, utilitas fratribus, exemplum posteris, suffragium animarum. Il passato ammonisce il presente e progetta il futuro.

«Propuosi di scrivere a utilità di coloro che saranno eredi»: proemio della Cronica (1310-12) del fiorentino Dino Compagni, intenso narratore delle lacerazioni cittadine guelfo-ghibelline dal 1280 al 1312. Nell'anno 1300 «io Giovanni cittadino di Firenze»  -  il mercante cronista Giovanni Villani  -  mosso a scrivere la Nuova cronica di Firenze (di qui guarderà il resto del mondo) per fare memoria dell'origine, dare materia a' nostri successori di nonn.essere negligenti di fare memorie, dare esemplo a quegli che saranno... acciò ch'eglino si esercitino adoperando le virtudi e schifino i vizii, a bene e stato della nostra repubblica (Villani  I, 1, Prolago); «veggendo le grandi e antiche cose di Roma, e leggendo le storie e' grandi fatti de' Romani, scritti per Virgilio e per Salustio e Lucano e Paulo Orosio e Valerio e Tito Livio e altri maestri d'istorie» (Villani  IX, 36, 31-34).

Coincidenti i propositi e gli stilemi. Propiziati non da contatto letterario ma da condivisi sentimenti d'identità collettiva, maturati nella realtà civile della città-stato.

G. Arnaldi, Cronache con documenti, cronache "autentiche" e pubblica storiografia, AA. VV., Storici e storiografia del Medioevo italiano, Bologna 1984, 111-37. Non della cronica fratrum qui in questione, ma di cronache generali o cittadine scritte da mendicanti (Salimbene, Tolomeo da Lucca ecc.) trattano L. Capo, Cronache mendicanti e cronache cittadine, «Mélanges de l'École française de Rome, Moyen Âge - Temps Modernes» 89 (1977) 633-39; F. Fossier, La ville dans l'historiographie franciscaine de la fin du XIIIe et du début de XIVe siècle, ib. pp. 641-55.

Mossi a interpellare le cronice fratrum dei conventi umbro-toscani, guidati dalle piste da esse rilasciate, approdiamo al verosimile luogo mentale di nascita: identità comunitaria di convento urbano in dialogo e sintonia con l'identità cittadina in costruzione. «Il nostro movimento è pur per voi, cerchiamo la cittade e andiamo predicando pur per voi» (Giordano da Pisa, Quaresimale fiorentino 33/179-81); «il domonio è forte ne la cittade... Onde non si fa se non ai fortissimi, ai grandi campioni, ai perfetti, lo stallo de la città, acciò che ammaestrino gli altri» (ib. 41/88.104-06). Almeno finché più persuasivi tragitti non approdino altrove. Resta che legittimità e diritto all'elogium nella cronica fratrum si ricongiungono in radice con lo statuto d'appartenenza alla città-stato.

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