RIANNODERÒ PER TE
Riannoderò per te
smarrita altrove
fra l'ombra del pozzo
dove il cielo tende
l'arco nuvoloso
fin sul convolvolo rampicante
le tue parole disperse
come petali leggeri
sul fiato di perla della sera.
L'arsura del secchio vuoto
è immensità chiara
dei pensieri a tessere trame di cielo
col filo di seta.
Tenera erba novella
fra i bruni rovi d'albaspina
non ti piegherai
nella bocca del vento,
stilla di rugiada
muoverai le tue braccia trasparent
ali tremule di farfalla
nella brezza della primavera
ad abbracciare il tuo sposo e i tuoi figli.
Tornerà il tempo dell'amore
a battere sulle vene azzurre
delle tempie imbiancate.
Ora in fuga come fasci di dardi
in delirio feriscono obliati ricordi
d'agra tristezza.
Riannoderò per te
con dolci anelli di corolle
il sostare delle rondini
sui tralicci della luce
prima del grande viaggio
il carro e le miti vacche al lavoro,
i campi di grano
e l'incolto maggese.
Accenderò nei tuoi
grandi occhi castani
in fuga come tortore
la bellezza piena
dello stupore
e sul carminio di gemma
il tremore commosso
delle stelle.
Come fiabe narrate
a fare addormentar fanciulli
scriverò memorie quiete
d'affetti sereni
promesse di versi eterni.
Per te, madre.
(pp. 44-47)
Cara mi sei quando
un che di testardo
intristisce le tue labbra sottili
premute strette con vezzo infantile
ad incurvare il mento sfuggente.
M'appari allora
più gracile e delicata
volitiva e disobbediente.
Nella strana staticità
solo i tuoi occhi bruni
seri e saccenti si muovono
crepitanti intorno
come accese braci.
Quando al silenzio
segue improvviso parlare
rapido ed incomprensibile
sono con te un'altra bambina
che t'osserva con profondo stupore
Madre!
(p. 48)
Il dono
Ora che hai disimparato a parlare
a cantare a mangiare da sola
ad allacciarti i bottoni e le scarpe
a lavarti a salire e scendere le scale
ti resta quello che hai insegnato:
si possiede veramente solo ciò che si dona.
(p. 49)
COSA DIMENTICATA
Penso che il tuo cuore
sia leggero come piuma tenera
di passerotto smarrito
che incompiuto sussurra
l'ignoto sulla coppa del sole.
Nessuna fatica ti è mai
sembrata eccessiva
nessun dolore incomprensibile
mai l'ozio ha corrotto
i tuoi giorni di tedio.
La tua vita, la mia
trame aggrovigliate
da non districare:
non c'è filo di piombo
a discernere il mio dal tuo.
Pallidissima affisa
al lume del giorno
chiudi il cestino
del laborioso tempo
con leggeri fili d'erba.
La stanchezza curva sulle spalle
tornate esili e graziose
come quelle di fanciulla
germoglia all'ombra gemme di pace.
Distratta da una sorta
d'annoiato distacco dal mondo
trascini negli occhi il piglio smarrito
e svagato di monello
accovacciato da solo
in un angolo appartato.
Ora che annotta
più non vedono
i tuoi offuscati occhi
l'agucchiare veloce
del filo sulla tela
nel tempo insonne.
Cosa dimenticata
coccinella addormentata
con le ali chiuse a croce
attendi materna
l'istante eterno di memorie
che ignora sazietà
d'antico affetto.
(pp. 50-51)
MADRI DEL SUD
Madri gelosi lari del focolare
dalla malinconia senza speranza
e dalla pena senza conforto
stanno in piedi sulla terra
con voce notturna.
Madri dai baci desolati
affondati nelle guance dei fanciulli
curvi sui quaderni
a sillabar ignoti suoni
con inedite emozioni.
Dove s'ode un lamento
piangono accasciate:
non on asciugate le loro lacrime
son lacrime d'amore
cadute come foglie ottobrine
sulla veste tessuta
dai giorni che furono
e da quelli che verranno.
Tu chiedi che ne è ora
del gaio loro sorriso?
Rammento solo un abbraccio tenero
sotto un giovane oleandro
gemmato di screziato rosa.
Nel giardino segreto
lacera il rigoglio della memoria
il pallido chiarore lunare
dove l'assenza s'annuncia
s'allontana come ninfa
che danza sulla spuma
disfatta delle nubi.
Le donne del sud
non fanno rumore
assorte cantano
con la voce del mare
il naufragio dei figli
ad impietosir gli dèi.
(pp. 52-53)
LA BADANTE
Nata nella casa paterna
n
on mi portaste a balia.O madre!
Eppure il tuo seno cieco
di latte avaro
non mi dissetò più del tuo amore
sorriso novello di ragazza
dono stupendo di vita
fiducia innocente
nella promessa di felicità.
Ricordo!
So che ancora hai memoria.
Inganna la luce del mattino
l'attesa che già sa di sera.
Quante generazioni accarezzasti
con ruvide mani avvezze
ai lavori di campo
eppure capaci di tessere
sottili trame con fiori smerigliati
di trine stupende su tele di lino.
Quanti figli non solo tuoi
per naturale generosità
colmasti di carezze
grazia abbondante di tenerezza
senza mai impoverirti.
Non ho mai trovato lo scrigno d'oro
della tua vita nunziale [= nuziale?] dove
nascondevi lo strazio
dei giorni empi e funesti
tra il giallo lucente delle spighe
trionfo di chicchi di speranze.
Sola seduta nella calura
del cortile antico
col fazzoletto bianco cingevi
le tempie azzurrate
a gustare il tepore dell'aprica estate
sorseggiando felice il tuo caffè nero.
Ora perduta nei sconnessi pensieri
malinconia struggente di gesti familiari
laica liturgia d'affetti domestici
a spegnere i tuoi occhi che seppero
essere nel dolore sempre ridenti.
E tutt'attorno raggomitolata
tra le tue stanze è sceso il buio
che attanaglia con ferocia
lucertole al laccio
a soffocare il respiro sulla gola.
Verrà a vegliare sulle tue disperse ore
per noi ostaggio del travaglio odierno
gente straniera di parole e sentimenti.
Donne a te indifferenti a noi sconosciute
a leggere sembianze sulle tue rughe
per rendere più lieta la permanenza.
Sognano il ritorno nei paesi dell'Est
ad abbracciare i cari che ogni giorno
t'assomigliano un po' di più.
Tu ancora preoccupata a benedire
il nostro lavoro
i nostri bambini
nuovi virgulti del tuo esistere.
Ad ascoltare nella contesa
i nostri affanni
a liberarci dal penoso esilio
a custodire quel che resta
della tua serenità
nello sguardo struggente
tra palpebre socchiuse
a costruire la pace
che tu non hai
per noi.
(pp. 54-57)
Spazio immenso e vuoto
ab
isso spalancatoè il tuo dolore
madre!
Stupore e mistero
su cui aleggia
per fine a me sconosciuto
il provvido spirito di Dio
a far del male
bene arcano
e dell'indistinto caos
ordinato cosmo.
Solo tu che hai scelto
di rinascere nel grembo mortale
in seconda natura
puoi clemente innamorarti
del materno esistere.
Separando la luce dalle tenebre
illumini di candida grazia
il suo amato volto
con pietà divina.
Oh! Io so che lei
ti è stata così cara
che il paradiso hai posto
ai suoi piedi.
(pp. 58-59)
VITA DI VICOLO
Lenzuoli ricamati
saccheggio di vergin
i sposestesi a festeggiar
l'amato patrono
fiori su sgabelli di roccia
licheni aggrappati
alle grondaie di latta
con chiari corimbi
infiorescenze insaziabili di cielo.
All'ombra delle nubi
poesie in frantumi disperse
nella conca del vento;
intonaci corrugati come
tronchi antichi e chiome luminose
d'ampi loggiati;
labirinti di gradinate
geometrie tra solchi di selci
e tralicci di ferrate
rigonfie su gerani sanguigni
rosso carminio.
Qui la vita scorre
tra giorni annodati l'un l'altro
con rughe di papavero.
Un soffio!
E s'alluma nell'aria
come incandescenza di stelle
la fiamma accesa dei petali.
Per brevi istanti luminosa scia
sfiocca purpurei bargigli
a far tremar animali e gente.
Poi nulla!
Solo la pena raggomitolata
sul lamento del gatto
in amore sotto antichi
portali di pietra scolpita
perdura a graffiare
come spina di cardo
i fiori del campo lontano
e il mio cuore.
(pp. 62-63)
Un tempo
Un tempo la fiamma
dei papa
veri coloravale mie gote fanciulle
di sfrenata allegrezza
ai chiassosi giochi
nell'ampia campagna
scherzosa.
E tu soave con cenni vaghi
e incompiute parole
invano mi invitavi
a zittire temendo
ebbrezze strane
di fuggiasca lepre.
Ora che spensieratezza
s'arrende ai giorni
con ali pesanti di catrame
ancor sorride in me
antica premura.
Oh madre mia paziente
forse non sai che la tua voce
canta lieta nell'ombra
l'oro giallo del sole.
(p. 64)
LUNGO LE ANTICHE STRADE
Rumba di vita e rumore di passi
nidi aggrovigliati di strida e grida
rulli di arnesi in opera
metalli di stoviglie nei sbeccati lavelli
sciabordio di panni e urla d'ambulante
al lieto richiamo ruzzare di bambini
dalla rupe scoscesa d'ardite salite
fino alle piazzole di ciottoli e vasi profumati.
Runa d'antiche scritture
su muri di pietra e nel ruvido
sentenziar dei vecchi seduti sui gradini
a graffiare rari silenzi.
Allo squillo del vespro
batter d'ali improvviso
serpeggiar del rutilo acceso
della fiamma del sole
meridiane di canali e grondaie sospesi
su stipiti d'archi.
Tra torri di case centenarie
minareti di sasso sapori d'autunno
stagioni trascorse d'erbe aromatiche
odori acri di fumo e stufoli di fritti
savana di vapore a sbriciolar contorni
a sbrecciar recinti d'orti e cortili
mentre la recente notte cuce ombre
negli occhielli dei lembi sugli infissi
sconnessi per rammendar la struma
disfatta del cielo come fosse
strappata rete d'antichi pescatori.
(pp. 66-67)
COME NUVOLA GREVE
Come nuvola greve
sciaborda a
ll'ariail bucato.
E l'anima mia
panno steso al vento
che dopo aver assecondato
la tempesta lunga
una notte intera
tenacemente a ritroso
per non cadere a terra
sfinita all'alba
naufraga tra i rovi
dell'aspra siepe.
(p. 68)
IL TARDO AUTUNNO
Il tardo autunno
stempera sulla campagna
grigiore sbiadito di nebbia.
Rami spogli come dita rapaci
afferrano il velo diafano
a strappar lembi di malinconia.
Furtivi raggi di sole inondano
la valle assonnata degli orti
d'accecante chiarore.
L'alba dell'orizzonte riluce
nell'aria mistero viola
di stellate serene.
(p. 69)
VORREI PARLARTI
Vorrei parlarti
nel natio dialetto
che a fatica ormai ricordo
della bellezza del cielo posato
sulla corona frastagliata
dei marsi monti
a rischiarare gli occhi
del terso aprile.
Tra argilla e aria
ti condurrei per mano
lungo sentieri silvani
a calpestar l'erba
fiorita da recente pioggia
sognando verdi paradisi
dell'infanzia che gioca.
Vorrei parlarti
ma ho solo poche
sparute frasi
ho solo esile voce
cantilena spensierata
di bimba lieta di vita.
(pp. 70-71)
Quando dietro
i nostri giorni felici
il silenzioso passo
dei vacui fantasmi
farà d'abbracci infuocati
impalpabili arie
m'aggrapperò al tuo
ricordo come tenace
agave di roccia
per sottrarmi
all'arcana forza del nulla.
(p. 72)
NON LASCIARMI ANDARE
Non lasciarmi andare
come foglia d'autunno
disperato volo senza ritorno
nella notte delle vissute stagioni.
Non lasciarmi andare
nell'oboe sommerso del vento
come angelo ribelle
cacciato dall'eliso.
Incarnato nel cuore ferito
a vincere l'allegoria del tempo
portami con te
prigioniero dell'immobilità
come un diamante
dall'eterno splendore
come un canto alato
a far di crucci e pene
leggere piume canore
assetate di vento
nell'aria immota.
(p. 77)