Arte della memoria locale (1595)

#

Quarta regola «Linea retta»

#

Quinta regola
    ë  

[f. 30] [Quinta illustrazione:]

«Quarta regola da me detta “linea retta e(t) nominativo primo”»

[f. 31] Quarta regola generale nominata da me «linea retta» e «capitano primo» o «nominativo primo». Si dice «linea retta» perché una linea comincia al capo de l’huomo et arriva infino a’piedi, come si vede in questa figura dipinta. Secondariamente, nomino «capitano primo» perché con questi tre capitani il re ha la vittoria, così chi sa far conbattere; harà la vittoria ch’inparerà a mente tutto quel che vorrà. Si dice «nominativo» da me «primo» perché chi saperà declinar questo nominativo primo, con due altri che io pongo in questo libro, potrà con questi nominativi, potrà le migliaia declinare perché qui sta fatta l’inportanza della memoria locale: saper declinar benissimo. Però da me si mettono molti esempi detti con facilità grande per insegnare a quei che non sanno; a quei che sanno gioverà loro e sarà spasso grande l’intendere la varietà che si tiene a locare, così si ricorderanno delle cose locate da loro con molta satisfazione e contento.

Pongo un esempio nel primo capitano, detto ancora «linea retta»: fingo un capitano ch’abbia un morione in capo e sopra detto morione vi è un grande spennacchio. Nella punta dello spenachio vi è un bel diamante; prima lo lego sopra la punta dello spennachio e dico «diamante»; nel secondo luogo dico «spennacchio» perché detto spennacchio sta fitto nel morione ch’ha in capo il capitano; terzo dico «morione» che seguita; quarto ne viene i capelli del capo, però io dico «capelli d’oro»; quinto, dipingho nella testa un giglio bianco a l’huomo e dico «giglio»; sesto, ne vengono i cigli et io gli nomino «dui capelli neri»; settimo, all’occhi v’attacco due perle bianche, però dico «due perle»; ottavo, al naso vi metto un paio d’occhiali che gli tiene chi ha corta vista e però dico «occhiali»; nono, seguita all’andare in giù la punta del [f. 31v] naso et io vi metto sopra detta punta del naso una zanzara, però dico «zanzara»; decimo, io ho due buchi nel naso, gli turo con due gioie dette «turchine» e però dico «turchine»; undicesimo, al labbro che seguita fingolo tutto di giallo e così dico «giallo»; duodecimo, fa che un huomo apra la bocca bene e cava anco la lingua fuora; ma i denti sopra la lingua tu gli inbianchi con bianco che si inbiancono i muri e così tu di’ «bianco». Terzo decimo, metti sulla lingua del veleno e di’ «veleno»; quarto decimo, i denti sotto la lingua fa conto che sieno d’avvorio bianco e però nominagli «avorio»; quinto decimo, il labbro che seguita perché è rosso ordinariamente tu debbi nominarlo «rosso» e dir «rosso»; sesto decimo, al mento che vi suol venire la barba, però tu dirai «barba»; decimo settimo, alla gola vi debbi cignere un vezzo di perle e di’ «vezzo di perle»; decimo ottavo alle due mammille vi hai da mettere un serpe che mordino le poppe e così di’ «serpi»; decimo nono, al bellico v’hai a attacare un granchio con le sue bocche e così dir «granchio»; vigesimo, alli fianchi da una banda mettivi una spada, dal lato destro un pugniale e però di’ «spada e pugnale»; vigesimo secondo, alle tasche che sono ne’ braconi ci hai a mettere assai scudi e così dir «scudi»; vigesimo terzo, a’ginocchi vi hai da legare due becche rosse e dir «becche rosse». Seguita il numero vigesimo quarto, che ne viene la gamba: tu debbi attacare due bel’ sonagliere, come s’usa quando si fà le maschere, e dire «due sonagliere»; vigesimo quinto, tu sai che s’affibbia le scarpe con le stringhe, però tu piglierai due stringhe verde inmaginatoriamente e dirai «due stringhe verdi»; vigesimo sesto, le scarpe le hai a far di velluto bianco e però di’ «due scarpe di velluto bianco»; vigesimo settimo, tu sai che i piedi si posano sopra della terra, però tu debbi dir «terra».

Ecco il primo nominativo, detto con le figure et i luoghi [f. 32] insieme. Adesso voglio dir le figure sole senza i luoghi cominciandomi dal capo dell’huomo e dico prima «diamante», secondo «spennacchio», terzo «morione », quarto «capelli d’oro», quinto «giglio biancho», sesto «dui peli neri», settimo «due perle bianche», ottavo «un par d’occhiali», nono «una zanzara», decimo «due turchine», undecimo «giallo», duodecimo «bianco», tredecimo «veleno», quarto decimo «avorio», quinto decimo «rosso», sesto decimo «barba», decimo settimo «un vezzo di perle», decimo ottavo «due serpe», decimo nono «un granchio», vigesimo «una spada», vigesimo primo «un pugnale», vigesimo secundo «due menate di scudi», vigesimo terzo «due becche rosse», vigesimo quarto «due sonagliere», vigesimo quinto «due stringhe verde», vigesimo sesto «due scarpe di velluto biancho», vigesimo settimo, per ultimo dir «terra».

Adesso voglio dir il medesimo nominativo con tutti questi nomi a rovescio e mi commincio a’ piedi dell’huomo e vo in fino al capo come, per via d’esempio: vigesimo settimo «terra», vigesimo sesto «due scarpe di velluto bianco», vigesimo quinto «due stringhe verde», vigesimo quarto «due sonagliere», vigesimo terzo «due becche rosse», vigesimo secondo «due menate di scudi», vigesimo primo «spada», vigesimo «pugnale», decimo nono «un granchio», decimo ottavo «due serpi», decimo settimo «un vezzo di perle», decimo sesto «barba», decimo quinto «rosso», decimo quarto «avorio», decimo terzo «veleno», duo decimo «bianco», undecimo «giallo», decimo «due turchine», nono «una zanzara», ottavo «un paio d’occhiali», settimo «due perle bianche», sesto «due peli neri», quinto «un giglio bianco», quarto «capelli d’oro», terzo «un morione», secondo «uno spennacchio», primo «diamante».

Così tu, benigno lettore, puoi dire i medesimi nomi a ritto quando ti cominci dal capo e vai giù giù infino a’ piedi e a dire a rovescio [f. 32v] tu debbi cominciare a dire i nomi da’ piedi e andare sù sù ordinatamente infino al capo dell’huomo, sopra questo esempio: puoi locare tutti i nomi diversi che tu vuoi, o di pietre, o animali, o piante e brevemente tutto quel che ti piace perché questo ti serve come un nominativo che, come sanno i grammatici, che su un nominativo, verbi grazia «hic poeta», ne vanno duamila e più; così dico io in questo primo mio nominativo, basta che a’luoghi tu metta le sue figure ch’habbino qualche somiglianza o che rappresentino la cosa che vi poni, come s’è detto nell’esempio di sopra e lungamente.

Per maggior intelligenza voglio formar un altro nominativo ma più breve e dire in quanti modi si possono annestare gl’alberi e frutti e questo nominativo sia pur per linea retta. Ma piglio manco luoghi ch’io non feci nel nominativo di sopra e dico ch’in prima «s’annesta a corona», per questo io metto una corona in capo a un huomo e dico «corona»; seguito e vo alli occhi e vi metto dui occhi d’argento e dico «s’annesta a occhio»; vo poi alla punta del naso e vi attacco uno scudo d’oro con un poco di cera rossa e dico «scudo»; alla bocca vi metto una vermena d’albero della quale si fa la marza e dico «a marza»; al mento vi si attacca una tavoletta piccola da dipintori con un poco di colla e però si dice «a tavola»; la mano destra pongho sopra le mammelle e in detta mano vi sono più bocciuoli ch‹e› s’usano il maggio e l’aprile scorticare le vermene de’castagni e si fanno quelli zufoli che son buoni a sonare e però dico «s’annesta a bocciuolo»; la mano sinistra si pone sopra il bellico, ma habbi in dito un bell’anello d’oro, però si dice «s’annesta a anello»; hai a mettere un gran succhiello su il fianco sinistro dove sta la spada del soldato e così hai a dire «succhiello»; va poi alle ginocchia e di’ [f. 33] «a pezze» per questa similitudine che la madre, a’figlioli piccoli suoi, mette le pezze di cuoio o di panno perché non si consumino le calze tanto quanto fanno, però dirai «a pezza»; si dice poi che «s’annesta vivo con vivo», modo nuovo a noi, e però hai a mettere una gamba sopra l’altra, che sono tutte anbedue vive, e dir «vivo con vivo»; a’ piedi ci hai a mettere vari semi d’erbe et dire che «s’annesta a semenza» per la similitudine de’semi.

Hor voglio nominar questo nominativo di linea retta senza luoghi e dico che s’annesta primieramente «a corona», secondario «a occhio», terzo «a scudetto», quarto «a marza», quinto «a tavola», sesto «a bocciuolo», settimo «a anello», ottavo «a succhiello », nono «a pezza», decimo «vivo con vivo», undecimo «a semenza».

Diciamo adesso il medesimo nominativo a rovescio cominciandoci da’piedi e andare infino al capo. S’annestano gl’alberi in più modi: undecimo s’annestano «a semenza», decimo «a vivo sopra vivo», nono «a pezza», ottavo «a succhiello», settimo «a anello», sesto «a bocciuolo», quinto «a tavola», quarto «a marza», terzo «a scudetto», secondo «a occhio», primo «a corona».

Il terzo nominativo è questo ch’io metto qui: pur seguita la medesima linea retta e voglio nominare dodici segni del zodiaco e mi comincio dal capo de l’huomo e vo infino a’piedi, come s’è fatto ancora ne’ dui nominativi di sopra, e però dico «ariete» perché io metto in sù il capo de l’huomo un ariete inmaginatoriamente, poi vo seguitando secondo e dico, pigliando la fronte dell’huomo e vi dipingo un toro nero con l’inchiostro, però dico «toro»; terzo, metti dui diti agl’occhi che gemano lacrime e dico con questa similitudine «gemini»; quarto, alla punta del naso vi fo venire un canchero grande et dico [f. 33v] «cancer»; quinto, fingo che un mangi un lioncino di zucchero però dico «lione»; sesto, vo al collo e vi metto un vezzo di gioie che si suol mettere alle belle vergine e però dico «virgo»; settimo, alle due manmelle vi metto un paio di bilance che pesino una libbra d’oro e però dico «libbra»; ottavo, al bellico vi metto uno scorpione che lo morde, però dico «scorpio»; nono, metto un turcasso pieno di frecce a cintola a l’huomo, come gli portano i Turchi, e dico «sagittario»; decimo, a’ginocchi m’inmagino ch’un capricorno mi voglia cozzare le ginocchia, però dico «capricorno»; undecimo, fo conto d’esser nell’acqua infino al fornire delle scarpe, però dico «aquario»; duodecimo e ultimo, fo che i pesci piccoli nuotino terra terra appresso a mia piedi e dico «pisces».

Adesso nomino tutti i detti segni senza luoghi e dico, cominciandomi dal capo dell’huomo e arrivo in fino a’piedi: primo «ariete», secondo «tauro», terzo «gemini», quarto «cancer» quinto «leo», sesto «virgo», settimo «libbra», ottavo «scorpio», nono «sagittario», decimo «capricorno», undecimo «aquario», duodecimo «pisces».

Hora gli nomino a rovescio cominciandomi da’ piedi dell’huomo et arrivo al capo di dett’huomo e dico: duodecimo «pisces», undecimo «aquario», decimo «capricorno», nono «sagittario», ottavo «scorpio», settimo «libbra», sesto «virgo», quinto «leo», quarto «cancer», terzo «gemini», secondo «tauro», primo «ariete».

Avertisci, benigno lettore, che questi tre nominativi ch’io ho detto lungamente per linea retta, tutti variano e luoghi e figure: tu debbi adumque pigliar quel nominativo che più ti piace o che habbi assai luoghi o pocchi; ma i miei discepoli gli piglian tutti a tre questi nominativi e dicono molto bene e sopra questi tre nominativi declinano le migliaia de’ nomi et dicono per memoria tutto quello che vogliano.

[f. 34] [Sesta illustrazione:]

«Quinta regola da me detta “linea circulare e(t) nominativo secondo”»

 [f. 35] Quinta regola è detta «linea circulare» e «capitano secondo» e «nominativo secondo» da me. Ho fatto fare un huomo dipinto in un cerchio con le braccia larghe così con le gambe et è nominato «linea circulare» perché si comincia a locare dalla pianta del piede ritto, poi il secondo luogho si piglia il ginocchio, terzo alla cintura, quarto sotto il braccio dove stanno quei peli, quinto alla mano destra, sesto a mezzo il braccio sopra il cubito, settimo su la spalla destra, ottavo sopra il capo, nono su la spalla sinistra, decimo a mezzo il braccio sinistro sopra il cubito, undecimo alla mano sinistra, duodecimo sotto il braccio sinistro, che vi son molti peli, tredecimo alla cintura sinistra, quarto decimo al ginocchio sinistro, quinto decimo al piede sinistro.

Ecco rigirato tutto l’huomo cominciando dal piede mancino, che son quindici luoghi, et in questi luoghi voglio mettere le sue figure, cioè i quattro elementi e gl’undici cieli e dico primo «Terra», perché tengo il piede destro in terra, però dico «Terra»; secondario, al ginocchio dico «Acqua» perché vi attaccho un fiaschetto d’acqua rosa, legalo con un nastro di seta rossa e per questo dico «Acqua»; terzo, alla cintola sul fianco destro vi attacco una gabbia che vi entra l’aria però dico «Aria»; quarto, sotto il braccio dipingo una fiamma di fuoco però dico «Fuoco»; quinto, alla mano destra dico «Luna» con dui diti delle mano; sesto, nel mezzo del braccio vi loco una statua d’argento di mercurio e però dico «Mercurio»; settimo, su la spalla vi metto Venere et dico «Venere»; ottavo, sul capo scoperto fo che vi sia i razzi solari, però dico «Sole»; nono, su la spalla sinistra vi metto a cavalcioni vi metto un giovanne bravo e lo nomino «Marte»; nel mezzo del braccio vi lego una statua piccola d’oro che è nominata da me «Giove»; undecimo, alla mano sinistra gli metto un gran serpe ch’avolgendosi per l’aria fa un’esse «S» per questo dico «Saturno», [f. 35v] perché Saturno comincia per «S»; duodecimo, sotto la spalla sinistra vi dipingo cimque stelle, però dico «Cielo Stellato»; terzo decimo, alla cintola vi lego un nastro si seta verde, quattro bicchieri di cristallo, però dico «Ciel Cristallino»; quarto decimo, al ginocchio sinistro vi sta appresso i bottoni de’calzoni di velluto et io piglio un di quei bottoni con le dita e lo squoto forte e scotendolo scuoto i calzoni et sotto questa similitudine dico «Primo Mobile», che movendosi muove molti cieli; quinto decimo, sotto il piede sinistro dico «Paradiso» perché il peccator ne fa poco conto e se lo mette, così a dire, «sotto il piede», però dico «Paradiso» o «Cielo Inpirio».

Hora voglio nominar quattro elementi e undici cieli senza luoghi cominciandomi dal piede destro e girando tutto l’huomo infino al piede sinistro e dico: prima «Terra», secondo «Aria», quarto «Fuoco», quinto «Luna», sesto «Mercurio», settimo «Venere», ottavo «Sole», nono «Marte», decimo «Giove», undecimo «Saturno», duodecimo «Cielo Stellato», terzo decimo «Ciel Cristallino», quarto decimo «Primo Mobile», quinto decimo «Paradiso».

Adesso dico questo nominativo a rovescio cominciandomi dal piede sinistro e rigiro tutto l’huomo infino ch’arrivo al piede destro e dico: quinto decimo «Paradiso», quarto decimo «Primo Mobile», terzo decimo «Ciel Cristallino», duodecimo «Ciel Stellato», undecimo «Saturno», decimo «Giove», nono «Marte», ottavo «Sole», settimo «Venere», sesto «Mercurio», quinto «Luna», quarto «Fuoco», terzo «Aria», second’«Acqua», prima «Terra».

Un altr’ esemplo e nominativo voglio scrivere, ma sarà più lungo, cioè piglio più luoghi adosso a un huomo pur dico per «linea circulare» e questo fo per maggiore intelligenza di quei che son desiderosi d’inparare quest’arte bene della memoria locale e dico: primo, al piede destro d’un giovane scapigliato, che si vesta per carnovale in questo modo et [f. 36] habbia una scarpa di velluto bianco; secondario, tiene nella gamba destra un calzino di setta rossa, però dico «calzino di seta rossa»; terzo, al ginocchio gli metto una becca verde che si lega la calza, però dico «becca verde»; quarto, alla tascha destra del calzone vi metto un paio di guanti, però dico «guanti»; quinto, alla cintola loco un pugnale con il pome d’oro, però dico «pugnale con pome d’oro»; sesto, sotto il braccio una guglia piccola di porfido, però dico «porfido»; settimo nella mano destra una labarda, però dico «alabarda»; ottavo, a mezzo il braccio sotto il cubito ci metto una becca ‹di› seta gialla, però dico «becca gialla»; nono, su la spalle un gallo et dico «gallo»; decimo, a l’orecchio destro ci attaco un gran diamante, però dico «diamante»; undecimo, in capo gli metto un pagone, però dico «pagone»; duodecimo, all’orecchio sinistro vi attacco un gran pezzo di perla, però dico «perla»; tredecimo, su la spalla sinistra vi mett’un’ocha, però dico «ocha»; quarto decimo, nel mezzo del braccio sinistro, sopra il cubito, vi lego una spazzola biancha, però dico «pezzuola biancha»; quinto decimo, nella mano sinistra gli loco una rotella, però dico «rotella»; sesto decimo, sotto il braccio sinistro vi loco una colonna di paragone, però dico «paragone»; sul fianco sinistro vi loco una spada, però dico «spada» et è decimo settimo; decimo ottavo, alla tascha de’ calzoni sinistra vi metto una bella borsa di setta incarnatina, però dico «borsa di seta incarnata»; decimo nono, al ginocchio sinistro vi loco una becca bigia, però dico «becca bigia»; vigesimo, nel piede sinistro gli metto un calzino d’ore, però dico «calzin d’ore»; vigesimo primo, nel piede sinistro ha una scarpa di cuoio d’oro, però dico «cuoio d’oro».

Adesso voglio dir questo nominativo a ritto, cominciandomi [f. 36v] dal piede destro dell’huomo et ire al piede sinistro rigirando il dett’huomo per linea retta, ma non dire i luoghi ma solo le figure e dico così: prima «scarpa di velluto biancho», secondo «una calza di seta rossa», terza «una becca verde», quarto «un paro di guanti», quinto «un pugnale», sesto «una guglia di porfido», settimo «un’alabarda», ottavo «una becca di seta gialla», nono «un gallo», decimo «un diamante», undecimo «un pagone», duodecimo «una perla», tredecimo «un’ocha», decimo quarto «una pezzuola biancha», quinto decimo «una rotella», sesto decimo «una colonna di paragone», decimo settimo «una spada», decimo ottavo «una borsa di seta incarnata», decimo nono «una becca bigia», vigesimo un «calzino d’ore», vigesimo primo «una scarpa di cuoio d’oro».

Hora voglio dire questo nominativo a rovescio, cominciandomi dal piede sinistro e rigirare tutto l’huomo infino che si arrivi al piede destro e però dico: vigesimo primo «una scarpa di cuoio d’oro», vigesimo «un calzino d’ore», decimo nono «una becca bigia», decimo ottavo «una borsa ‹di› seta incarnata», decimo settimo «una spada», decimo sesto «una colonna di paragone», decimo quinto «una rotella», decimo quarto «una perzuola bianca», decimo terzo «un’ocha», duodecimo «una perla», undecimo «un pugnal con ‘l pome d’oro», decimo «un diamante», nono «un gallo», ottavo «una becca ‹di› seta gialla», settimo «un’alabarda», sesto «una guglia di porfido», quinto «un pugnale con il pomo d’oro», quarto «un paro di guanti», terzo «una becca verde», secondo «un calzin rosso», primo «una scarpa velluto biancho».

Un’altro esemplo voglio dare perché serva per linea circulare e questo nominativo sarà mezzo di fiori e mezzo di pietre, per dimostrare che ogni cosa si può locare chi è desideroso [f. 37] d’inparare molte cose. Adumque, sempre mi incomincio dal piede destro dell’huomo e rigirando il dett’huomo infino ch’arrivo al piede sinistro. Verbi grazia, dico sotto il piede destro: prima dico «giglio bianco» perché vi metto sotto il detto piede un giglio; secondo, dodici smeraldi cingo a mezzo il piede destro dove suole stare la sonagliera e però dico «dodici smeraldi»; terzo, al ginocchio vi loco cimque rose incarnate e però dico «cimque rose incarnate»; quarto, alla tasca de’calzoni destra vi loco un gran bicchiere di cristallo e però dico «bicchier di cristallo»; quinto, su il fiancho vi metto cimque belle vivuole o gherofani detti, però dico «cimque vivuole»; sesto, sotto il braccio vi loco una colonna di serpentino, però dico «serpentino»; settimo, in mano gli metto un bel mazzo di gelsomini di Catalonia, però dico «un mazzo di gelsomini di Catatonia»; ottavo, al braccio sinistro, cioè nel mezzo del braccio, ci lego un vaso di lapislazzeri e dico «vaso di lapislazzeri»; nono, su la spalla vi loco cimque iacinti, però dico «cimque iacinti»; decimo, all’orecchio destro vi metto un bell’e odorato fiore di musco greco, però dico «musco greco»; undecimo, in capo vi loco una bellissima corona di risplendenti diamanti, però dico «diamanti»; duodecimo, all’orecchio sinistro vi metto un mazzo ‹di› fioralisi, però dico «fioralisi»; decimo terzo, su la spalla destra vi loco una guglia ‹di› marmo bianco, però dico «una guglia ‹di› marmo bianco»; decimo quarto, nel mezzo del braccio sinistro lo rigingo di dodici fiori ranci, e però dico «dodici fior ranci»; decimo quinto, nella mano destra ci loco cimque corniole, che son gioie belle, e però dico «cimque corniole»; decimo sesto, sotto il braccio ci metto dodici narcisi e però dico «dodici narcisi»; decimo settimo, a cintola metto quattro diaspri grandi [f. 37v] e però dico «quattro diaspri»; decimo ottavo, alla tascha de’calzoni vi loco cimque guinchiglie di Spagna odorati, però dico «cimque guinchiglie di Spagna»; decimo nono, al ginocchio sinistro vi metto un nicchio di breccia di Tivoli, però dico «nicchio di breccia di Tivoli»; vigesimo, a mezzo il piede vi lego cimque fiori di sanbuco aquatico, però dico «cimque fiori di sanbuco aquatico»; vigesimo primo, alla scarpa di velluto rosso vi logo cimque turchine, e però dico «cimque turchine».

Adesso voglio nominare i detti ventun nome senza luoghi e mi comincio dal piede destro e giro tutto l’huomo in fino ch’arrivo al piede sinistro et dico: primo «giglio bianco»; secondo «dodici smeraldi»; terzo «rose incarnate»; quarto «un bicchier di cristallo»; quinto «cimque vivuole»; sesto «una colonna di serpentino»; settimo «un mazzo di gelsomini di Catalonia»; ottavo «un vaso di lapislazzeri»; nono «cimque iacinti»; decimo «un musco greco»; undecimo «una corona di diamanti»; duodecimo «un mazzo di fiordalisi»; terzodecimo «una guglia di marmo bianco»; decimo quarto «dodici fior ranci»; decimo quinto «cimque corniole»; decimo sesto «dodici narcisi»; decimo settimo «quattro diaspri»; decimo ottavo «cimque guinchiglie di Spagna»; decimo nono «nicchio di breccia di Tivoli»; vigesimo «cimque fiori di sanbuco aquatico»; vigesimo primo «cimque turchine».

Adesso gli nomino a rovescio cominciandomi dal piè sinistro e giro tutto l’huomo in fino ch’arrivo al piè destro e dico: [vigesimo] primo «cimque turchine»; vigesimo «fior di sanbuco acquatico, cimque»; decimo nono «nicchio di breccia di Tivoli»; decimo ottovo «cimque guinchiglie di Spagna»; decimo settimo «quattro diaspri»; decimo sesto «narcisi dodici»; decimo quinto «corniole cimque»; decimo quarto «dodici fior ranci» [f. 38]; decimo terzo «una guglia di marmo bianco»; duodecimo «un mazz‹o› di fioralisi»; undecimo «una corona di diamanti»; decimo «un musco greco»; nono «cimque iacinti»; ottavo «un vaso di lapislazzeri»; settimo «un mazzo di gelsomini»; sesto «una colonna di serpentino»; quinto «cimque vivuole»; quarto «un bicchier di cristallo»; quinto terzo «cimque rose incarnate»; secondo «smeraldi dodici»; primo «giglio bianco».

Ho detto adumque più esempli acciò che possi da per te stesso locare quel che a te piace per Linea Circolare: basta che tu pigli i luoghi adosso a un huomo quanti a te piace et in quei luoghi vi metti le figure che ti rappresentino le cose stesse che luoghi. Puoi locar l’otto Beatitudine [Matt. 5, 3-10; Luc. 6, 20-22] e le sette Opere della Misericordia [Matt. 25, 35-39]; altresì i nomi di Maria Vergine e di Iesù Cristo Nostro Redentore; così puoi locare i nomi degl’appostoli e gli troverai, tutti questi nomi, nella tavola di san Thommaso d’Aquino e nella tavola di san Agostino, di sant’Antonio, di san Bernardo et in altre tavole di Dottori e scrittori di Santa Chiesa. Così puoi locare i discorsi che si fanno della Carità, Fede, Speranza, dell’Orazione, dell’Humiltà et altri discorsi che si fanno presto, chi guarda le concordanze della Bibbia: verbi grazia, alla parola Carità, Speranza, Fede, Oratione et Humiltà; ancora si guarda le tavole de’santi dottori et altri scrittori. Questo ho detto per insegnare a chi non sa; così puoi ancora locare concetti, storie et altre cose per linea circulare. Ma nota, benigno lettore, che il vero locare e più universale è il locare per linea trasversale, nominato da me «nominativo terzo» e «capitan terzo», come si dichiara nella sesta regola da me, e per maggior intelligenza l’ho fatto dipignere come si vede; ma meglio lo dipignerò e lo descriverò con la penna, poiché darò più esempi che [f. 38v] dichiareranno ogni cosa benissimo. 

precedente successiva