Il presente contributo è la ristesura della lezione sull'argomento tenuta al Centro di Studi sul Classicismo di San Gimignano. I riferimenti bibliografici sono essenziali, scelti tra quelli che per cronologia e contenuto credo debbano essere ritenuti tra i più rappresentativi per la tematica in oggetto. I riferimenti invece al miei scritti precedenti sull'argomento, qui trattato in modo sintetico ed esposto mediante formulazioni abbreviate, intendono rinviare il lettore ai luoghi dove le singole parti e le specifiche conclusionì del presente contributo sono state ampiamente elaborate e, soprattutto, via via documentate mediante una lettura analitica della produzione letteraria (edita ed inedita) di Lorenzo Valla (1407-1457).
Alcune considerazioni s'impongono prima di addentrarci nel tema specifico del presente contributo. Esse serviranno ad introdurre oltre che a riformulare la questione, storica e teorica ad un tempo, espressa dall'enunziato che qui si è assunto a titolo dell'intervento.
Anzitutto cercherò di dare una definizione piuttosto formale, e però sufficientemente illustrativa, del termine 'teologia': una definizione, cioè, che sia in funzione immediata del discorso, qui riproposto (in quanto già trattato in altri miei scritti), circa le origini d'una 'teologia umanistica' nell'opera valliana.
Intendo per 'teologia' la riflessione culturale in genere e/o storica in particolare, di carattere esegettco-filologìco oppure teorico-speculativo sulle Sacre Scritture, ritenute dai credenti i 'testi sacri' della Rivelazione ebraicocristiana: il Vecchio ed il Nuovo Testamento.
Nel Cristianesimo, dalle origini sino ad oggi, quella riflessione si elabora e rielabora in continuazione lungo i secoli, in modi multiformi e talvolta estremamente differenziati, se non addirittura in contrapposizione critica degli uni verso gli altri. Di qui il fatto che si è data e si dà tuttora una storia plurisecolare della teologia cristiana. Di conseguenza, la teologia cristiana può essere studiata lungo il suo percorso e secondo diversi approcci: sia storicistico che dottrinario, oppure l'uno e l'altro assieme. In alcune temperle storiche si è verificato anche che ci si è limitati a definire delle singole teologie soltanto il 'metodo' specifico con i relativi approdi sia speculativi che effettuali.
La storia del pensiero e della ricerca teologica, infatti, è contraddistinta e come diacronizzata sia dal contesti culturali mediati e/o immediati, sia - ed in modo ancora più specifico - dalle diverse metodologie messe in atto dalla riflessione da parte del credente. In tal senso si è prodotta una teologia 'agostiniana' oppure una teologia 'origeniana', un periodo di teologia 'patristica' e un altro di teologia 'scolastica'; così come si ha una teologia di Lutero e di Calvino, di moderni come Karl Barth e Rudolf Bultmann, oppure di un contemporaneo come Gustavo Gutiérrez («teologia della liberazione»).
La 'teolgia umanistica' prende l'abbrivo con l'avvento dell'umanesimo rinascimentale e viene ampiamente sviluppata in quel periodo storico, che possiamo indicare (ai fini del nostro discorso) come lo spazio culturale che va dalla fine del '300 agli inizi del '500, e più precisamente da Lorenzo Valla ad Erasmo da Rotterdam.
Con la presente comunicazione s'intende offrire alcune considerazioni sulle origini della 'teologia umanistica', ed in particolare di quella 'teologia umanistica' che il Valla non soltanto venne elaborando ampiamente, ma anche, e forse per primo, giunse a formulare con esattezza, definendone lo statuto. Il Valla infatti formulò in termini espliciti i presupposti epistemologici e i fondamenti metodologici della 'teologia umanistica'; e nel medesimo tempo la propose come alternativa critica alla 'teologia scolastica', storicamente egemone nella Cristianità dal '200 in poi.
Voglio infine precisare che le suddette puntualizzazioni verteranno non tanto sulla ricerca teologica del Valla in genere (contenuti raggiunti e specificità dottrinali) quanto sugli strumenti operativi (metodo) e sui presupposti conoscitivi (epistemologia) di quella ricerca: fu in realtà con quegli strumenti e con quei presupposti che il Valla pose le fondamenta della 'teologia umanistica' nel contesto culturale del primo umanesimo rinascimentale.
I testi valliani, che a mio avviso risultano maggiormente significativi in rapporto ad una specifica concezione d'indagine teologica e dei correlati strumenti operativi, sono i seguenti, enumerati non solo nella loro successione cronologica, ma anche (e soprattutto) ponendo attenzione alla loro natura epistemologica e metodologica.
Il primo testo si ha nelle pagine introduttiVe al dialogo De libero arbitrio. Il secondo costituisce il prologo al dialogo De professione religiosorum. Il terzo - molto più esteso dei primi due e prima trattazione della 'teologia' come tema centrale d'indagine - è dato dal «proemio" al IV libro delle Elegantiae. Il quarto è l'Encomion s. Thomae del 1457: questo è il testo maggiore e fondamentale. In esso l'umanista romano traccia un ivero e proprio statuto della 'teologia umanistica', argomentando su un duplice versante: quello di opposizione critica e di conseguente rifiuto della 'teologia scolastica', e l'altro, integrale al primo, di proposta rigorosamente formulata per una 'teologia umanistica', espressamente dichiarata come alternativa nel confronti della 'teologia scolastica' sia classica (quella tomistica del sec. XIII) che contemporanea (dagli inizi del '300 alla prima metà del '400).
L. VALLA, Dialogue sur le libre-arbitre, a cura di J. CHOMARAT, Paris 1983 (Textes et Documents de la Renaissance, 5); L. VALLAE, De professione religiosorum, ed. M. CORTESI, Padova 1986; Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. GARIN, Milano-Napoli 1952, pp. 523-64, 566-93, 613-23. Il testo dell'Encomion s. Thomae è stato stampato per la prima volta dal parigino Bibl. Nat., Ms. lat. 7811 A, collazionato con il romano Bibl. Angelica, cod. 1500, a cura di M.J. VAHLEN, Lorenzo Valla über Thomas von Aquin, «Vierteljahrsschrift für Kultur und Litteratur der Renaissance», I (1886), pp. 384-96, e riprodotto in L. VALLAE, Opera omnia, II, a cura di E. GARIN, Torino, Bottega d'Erasmo, 1962, pp. 346-52. Ho collazionato il testo edito dal Vahlen con il Ms di Modena, Bibl. Estense, Cod. Alpha T 6, 5.
Con la piena consapevolezza di essere stato ufficialmente chiamato a rivolgersi ad un uditorio altamente rappresentativo della Scolastica contemporanea, e quasi mosso da incombente presentimento della sua fine imminente, Valla elabora il panegirico dell'Aquinate in un discorso che assurge, di riflesso, ad 'encomion' autobiografico del proprio iter intellettuale. Egli discorre in modo esplicito del tomismo classico e contemporaneo, ma in realtà traccia sullo sfondo le linee programmatiche sia della propria ricerca storica e speculativa per una critica radicale del pensiero tomasiano e di quello scolastico-tomista, sia della sua proposta alternativa per una speculazione filosofica e teologica, fondata sulla 'fílologia umanistica'. In tal senso l'Encomion è una sintesi comprensiva e conclusiva, in retrospettiva, dell'intera ricerca valliana, costantemente perseguita lungo la duplice dimensione storica e linguistica: storia e linguaggio, che saranno le coordinate costitutive dell'intero corpus valliano, e qui convergenti in una messa a fuoco tra le più nitide e profonde.
Il lettore moderno dell'Encomion potrà comprenderne il senso e la forza d'impatto soltanto nella misura in cui, attraverso un'analisi dell'intera produzione letteraria dell'Autore, saprà rintracciarne i molteplici tratti di percorso, ora confluenti nell'esposizione finale ed estremamente sin~ tetica del suo pensiero. 'Encomiastica' quindi - in quanto composizione di valutazioni sia positive che negative a seconda degli obbiettivi in questione - questa pagina magistrale di letteratura epidittica di metà '400, intessuta di formulazioni densissime ed argomentata in modo estremamente sistematico, offre il progetto più chiaro e assertivo di una teologia umanistica per il futuro e la critica radicale della teologia scolastica del passato. Tra gli scritti del primo Quattrocento, l'Encomion emerge indubbiamente, come ho scritto in altra sede, quale manifesto del progetto umanistico per una innovativa ricerca sia nell'ambito filosofico che in quello teologico, come autentico 'superamento' (nel senso della «Aufhebung» hegeliana) del pensiero scolastico medievale mediante la critica storico-filologica.
Il punto di partenza della critica valliana consiste nel suo tentativo di ripensamento concettuale della Scolastica, insieme ad una visione, in retrospettiva, di periodizzazione della medesima. La Scolastica in altri termini è messa a fuoco come sistema di pensiero filosofico e teologico costitutivo di una fase specifica della storia intellettuale e religiosa del Cristianesimo. Di quel blocco storico-teorico della Cristianità medievale, il Valla cerca di puntualizzare lo sviluppo e le strutture in senso sia diacronico che sincronico: dalle sue origini boeziane alla sua massima fioritura e maturità nel sec. XIII, sino alle sue manifestazioni più recenti e contemporanee.
In tale visualizzazione retrospettiva, Boezio - elogiato come «eruditorum ultimus» e al medesimo tempo fortemente criticato come «nimis philosophiae amator» - viene ritenuto dal Valla l'inventore dei paradigmi linguistici e concettuali dello Scolasticismo. Mentre Tommaso d'Aquino - maestro sommo nella Cristianità, «fulgore doctrinarum lucidissimus et fervore virtutis ardentissimus» - viene individuato dal Valla quale teorico massimo di quel linguaggio metodologico e concettuale che era stato come creato da Boezio.
L'Aquinate, sempre secondo l'umanista, avrebbe condotto a compimento i due tratti essenziali del programma boeziano: primo, il tentativo di appropriarsi dell'Organon aristotelico ai fini della ricerca teoretica nell'Occidente Latino; secondo, l'assunto epistemologico di fondare la «probatio theologiae» sulla «logica, metaphysica atque omnis philosophia». Sicché per il Valla nella storia intellettuale dell'Occidente Boezio è come all'origine di un periodo storico (Medioevo) e specifico (Scolastica) della speculazione filosofica e teologica fondata sulla metafisica classica greca e sulla rivelazione ebraico-cristiana, e Tommaso è colui che porta quella medesima speculazione a compimento insuperabile di sviluppo teorico e di sistema onnicomprensivo del sapere classico e biblico.
Siffatta periodizzazione storica della Scolastica medievale, colta simul~ tancamente nella sua sincronia strutturale e diacronia spazio-temp orale, nella quale il Valla colloca la speculazione filosofica e teologica messa in atto da Boezio e Tommaso quale teoresi grandiosa e però pur sempre emanazione storica d'una determinata epoca della Cristianità, comportava due conseguenze di estremo rilievo.
La prima conclusione metteva in luce come non mai anteriormente al Valla, che la Scolastica era assurta a teoresi esemplare di sintesi tra cultura classica (filosofica) e pensiero biblico (teologico) - sintesi, questa, specificamente unica e senza precedenti, e perciò stesso, ulteriomente difficilmente superabile.
La seconda conseguenza era altrettanto rilevante, e per di più carica di pressante attualità per i contemporanei. Infatti, il punto di vista valliano storico-retrospettivo di quella teoresi comportava, una volta accolto, che la Scolastica non potesse essere più ritenuta modello normativo in assoluto, né tanto meno dottrina perennemente valida per la riflessione cristiana filosofico-teologica.
La conclusione ultima, cui il Valla doveva necessariamente approdare ed affermare in termini inequivocabili, non poteva essere che la seguente: la Scolastica, proprio perché fase storica, singolare e specifica, della speculazione occidentale (medievale) non era per ciò stesso - nell'attualità del presente, del Valla cioè e dei suoi contemporanei - né ripetibile in quanto tale né suscettibile, in alcun modo, di recupero per l'immediato contesto culturale, umanistico e rinascimentale.
Di qui le due partizioni argomentative che compongono l'intero Encomion: una negativa, e l'altra positiva. Nella prima il Valla critica teoricamente e storicamente lo Scolasticismo (che fiorisce da Boezio in poi, e si viene affermando in modo preponderante sino ai tempi del Valla nella Scuola dei «collegia doctorum», e quindi come teologia egemone ed accademica); nella seconda, invece, il Valla argomenta circa la sua proposizione di una 'nuova' teologia, che egli definisce e connota, per metodi e contenuti, come 'teologia paolina'.
In tal senso il Valla ripropone anche una ‘nuova' rilettura della patristica greca e latina in opposizione alla Scolastica: un neo-recupero dei Padri della Cristianità greci e latini. Inoltre, introduce una terminologia, il cui principale intento era di periodizzare due fasi fondamentali del pensiero cristiano (uno 'patristico' e l'altro 'scolastico') - terminologia che tra l'altro avrà in seguito molta fortuna con Erasmo - ma che indurrà Valla a chiamare i teologi della Scuola (da Pietro Lombardo in poi) novi e/o recentes, ed i Padri greci e latini antiqui e/o veteres.
«Hic [dell'Apostolo Paolo] est verus et, ut dicitur, germanus theologandi modus, hacc vera dicendi et scribendi lex, quam qui sectantur, ii profecto optimum dicendi genus theologandique sectantur. Quare non est, ut illis veteribus, vere Pauli discipulis, hoc nomine, quod ab iis philosophia theologiae non admisceatur, aut detrahunt novi theologi aut noster Thomas sit praeponendus ». VAHLEN, Lorenzo Valla, cit., Opera, II, p. 350.
Posta questa distinzione di carattere storico (periodizzazione) tra i «moderni» (gli Scolastici) e gli «antichi» (i Padri greci e latini), il Valla procede alla qualificazione di carattere propriamente teorico tra la Scolastica e la Patristica.
I Padri greci e latini - dice il Valla - perseguirono l'originario «germanus theologandi modus», che non poteva comprendere alcuna «admixtio» di philosophia con la ricerca scritturistica e teologica. Infatti - e con questo l'umanista mette a fuoco il tema centrale di tutto l'Encomion - i Padri greci e latini, da Basilio a Gregorio Nazianzeno, da Ambrogio a Girolamo, «se totos ad imitandum Paulum Apostolum contulerunt, omnium theologorum longe principem ac theologandi magistrum».
«Theologi graeci, Basilius, Gregorius, Ioannes Chrysostomus ac ceteri clus aetatis (…) neque dialecticorum captiunculas neque metaphysicas ambages neque modorum significandi nugas in quaestionibus sacris admiscendas putaverunt, ac ne in philosophia quidem suarum disputationum fundamenta iecerunt (…). Doctores Ecelesiae latini reformidasse vocabula (…) quae novi theologi semper inculcant: ens, entitas, quidditas, identitas, reale, essentiale, suum esse, et verba illa quae dicuntur ampliari, dividi, componi, et alia huiusmodi. Ergo haec non minima ex parte nugatoria aut non tractanda fuerunt illis aut ignoranda, ne magna ignorarent. Neque vero hoe dico, ut recentibus theologis derogem, cur enim derogare velim praesertim sacculo meo? sed ut veteres iniuste repreliensos sugillatosque defendam, quod non sunt hunc in modum theologati, sed se totos ad imitandum Paulum apostolum contulcrunt, omnium theologorum longe principem ac theologandi magistrum, cuius is est dicendi modus, ea vis, ca maiestas, ut quae sententiae apud allos etiam apostolos lacent, eae sint apud hunc erectae, quac apud alios stant, apud hune proclientur, quae apud alios vix fulgent, apud bune fulgurare et ardere videantur, ut non ab re gladium, quod est verbum Dei, manu tenens figuretur». VAHLEN, Lorenzo Valla, cit., Opera, II, p. 350.
Per il Valla quindi la imitatio del «theologandi modus», che era stato peculiare di Paolo, assurgeva a criterio esclusivo perché la teologia contemporanea potesse ritrovare nuovi sentieri d'investigazione speculativa e scritturistica, e fosse in grado di riformulare nuovi paradigmi teologici, corrispondenti alla cultura delle «humanae litterae» ed all'unisono con le richieste evangeliche ed ecclesiali della coscienza cristiana contemporanea.
In tal senso, il neo-'paolinismo' del Valla - indubbiamente metodologico, prima ancora che tematico - fu conduttore di mutamento radicale della ricerca teologica che era stata peculiare della Scuola, principalmente per quanto concerneva la questione del metodo. Il 'paolinismo' valliano portava cioè ad una decisiva svolta nel confronti della Scolastica: svolta che conduceva direttamente - perché in questo essenzialmente essa consisteva - ad assumere nella ricerca e speculazione teologiche la retorica in sostituzione della filosofia (la «philosophia», secondo l'espressa denominazione ed il senso di tale denominazione presso il Valla), desunte sia l'una che l'altra dalla tradizione classica ed ellenistico-romana .
Più in particolare. La 'retorica' in funzione della speculazione teologica per il Valla significava: primo, mettere in atto la tecnica filologica nell'esegesi interpretativa delle Sacre Scritture, in sostituzione dell'ermeneutica biblica tradizionale (e scolastica) fondata sul «quattro sensi » della Scrittura; secondo, recuperare la letteratura teologica della Patristica, quale scrittura e speculazione normativa del discorso teologico, al posto e superamento dell'argomentazione strettamente logico-filosofica (apodittico-sillogistica), condotta secondo i dettami dell'Organon e degli Analitici aristotelici, e dei susseguenti sviluppi (da Boezio in poi) della Logica Vetus e Logica Nova.
Di qui l'implicazione di fondo dell'alternativa teologica proposta e costantemente praticata dal Valla: e cioè, l'esegesi scritturistica secondo la prassi normativa istituita da Girolamo, insieme all'investigazione filologica e storico-critica sia delle testimonianze ecclesiologiche e liturgiche, sia delle fonti patristiche ed in qualsiasi modo 'canoniche' della Cristianità primitiva e pre-nicena.