Argante Ciocci

Luca Pacioli, Leonardo da Vinci
e la divina proporzione

Museo di Capodimonte, Napoli, fine XV: fra Luca Pacioli e Guidobaldo da Montefeltro

L'autore stesso ha tratto per noi il saggio e riadattato da:
A. Ciocci, Luca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Rinascimento, Bari, Cacucci Editore 2003

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Introduzione

Museo di Capodimonte, Napoli, fine XV: fra Luca Pacioli e Guidobaldo da MontefeltroNel Museo di Capodimonte, a Napoli, è conservato un dipinto che raffigura un frate matematico, affiancato da un giovane uomo con lo sguardo fisso verso l’osservatore. Il frate francescano sta illustrando la proposizione 8ª del XIII libro degli Elementi di Euclide: con l’indice della mano sinistra segue il testo euclideo; con la destra disegna su una lavagna la figura geometrica relativa al teorema, un triangolo equilatero inscritto nel cerchio. Il frate è Luca Pacioli, il giovane alla sua sinistra è probabilmente Guidubaldo da Montefeltro, duca di Urbino e suo mecenate. Sul tavolo trova spazio anche un ponderoso volume dalla coperta rossa, sormontato da un dodecaedro regolare di legno. Si tratta della Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità, una delle opere matematiche più importanti del Rinascimento, dedicata proprio a Guidubaldo da Montefeltro e stampata a Venezia nel 1494, dodici anni dopo l’altro incunabolo presente nel ritratto: gli Elementa in artem geometriae et Campani commentationes editi a Venezia da Erhard Ratdolt nel 1482.

In alto a destra, appeso ad un filo quasi impercettibile c’è un corpo semiregolare, costituito da 24 basi, delle quali 16 sono quadrati e 8 triangoli equilateri. Il solido è riempito a metà d’acqua e su di esso si riflette per tre volte il palazzo ducale di Urbino.

Il ritratto di Luca Pacioli è uno dei rari dipinti dedicati ad un matematico e testimonia, oltre che la perizia pittorica del suo autore, anche la fama del frate di Sansepolcro alla fine del XV secolo. Le sue opere matematiche, anche grazie alla larga diffusione che ricevettero per mezzo della stampa, costituirono del resto il punto di riferimento di matematici, artisti  e tecnici del Rinascimento.

Luca dal Borgo, che nel corso della sua vita fu un noto e celebre docente di matematica, ambìto dalle più illuminate corti e dalle migliori università italiane, dopo la sua morte ha avuto una fortuna alterna nel giudizio che ne hanno dato gli storici. La fama del frate di Sansepolcro cominciò infatti ad essere intaccata, oltre che dalle critiche di Cardano e Tartaglia, soprattutto dalle accuse di plagio che gli mosse Giorgio Vasari, quando nelle sue Vite imputò a Luca Pacioli la colpa di aver copiato e pubblicato a suo nome i trattati matematici del pittore suo conterraneo Piero della Francesca ((G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri: descritte in lingua Toscana da Giorgio Vasari Pittore Aretino. Con una sua utile et necessaria introduzzione a le arti loro, Firenze, 1550, pp. 366-67). Ciò nonostante fra’ Luca dal Borgo restò comunque una figura di primo piano della matematica rinascimentale, come testimoniano peraltro le Vite de’ matematici di Bernardino Baldi. L’opera storica di Baldi, che costituisce per molti versi un prototipo della biografia scientifica, fu scritta alla fine del XVI secolo, e dedica appunto alla biografia del frate di Sansepolcro uno spazio pari alla fama dei suoi libri e in particolare della Summa (Sulle Vite de’ matematici di Bernardino Baldi cfr. l’edizione critica a cura di E. Nenci, Le vite de’ matematici di Bernardino Baldi (1553-1617). Edizione annotata e commentata della parte medievale e rinascimentale, Milano, Franco Angeli 1998).

Sulla scia del Baldi di svilupparono nel corso del Settecento e dell’Ottocento una serie di studi storici, come quelli di Pietro Cossali e Luigi Pungileoni (Di Pietro Cossali cfr. Elogio di Fra’ Luca Pacioli in Scritti inediti del P.D. Pietro Cossali chierico regolare teatino pubblicati da Baldassarre Boncompagni, Roma, Tipografia delle belle arti, 1857, pp. 63-110; Cfr., inoltre, L. Pungileoni, Commentario sopra le vite e le opere di fra' Luca Paciolo, conosciuto ancora sotto il nome di Luca dal Borgo, in "Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti", 1834-1835), che condussero infine alle meticolose e storiograficamente meritorie indagini di Baldassarre Boncompagni, lodevoli per aver contribuito a delineare con maggiore nitidezza i dettagli biografici e bibliografici relativi a Pacioli (B. Boncompagni, Intorno alle vite inedite di tre matematici (Giovanni Dank di Sassonia, Giovanni de Lineriis e Fra’ Luca Pacioli da Borgo San Sepolcro), in «Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche» 1879, pp. 352-438).

Dopo gli studi di Girolamo Mancini, che all’inizio del XX secolo dimostrarono la fondatezza delle accuse di Giorgio Vasari, la figura di frate Luca dal Borgo è stata dipinta alla luce dei plagi che volta a volta venivano riconosciuti nell’esame delle sue opere (G. Mancini, L'opera «De corporibus regularibus» di Piero Franceschi detto Della Francesca usurpata da fra' Luca Pacioli, in “Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche”, serie 5, XIV 1915, pp. 446-580.). Le ricerche degli storici dell’arte e degli storici della matematica sono state quindi orientate più all’individuazione delle fonti delle quali si è servito Luca Pacioli, che allo studio analitico dei suoi scritti e alla valutazione dei contenuti matematici e culturali in essi esposti. Ne è risultata un’analisi frammentaria dell’opera matematica e della sua importanza storica, peraltro condizionata il più delle volte dal giudizio morale sulle appropriazioni indebite di scritti altrui da parte del frate di Sansepolcro.

Gli storici della matematica si sono soffermati soprattutto ad esaminare singole parti dell’opera di Pacioli con l’intento di dimostrarne la scarsa originalità. E’ stato così rilevato che gran parte dell’algebra contenuta nell’ottava distinzione della Summa non solo non rappresenta un avanzamento rispetto alle soluzioni trovate dalla migliore tradizione abachistica, ma in taluni casi costituisce una semplificazione delle tecniche di calcolo adoperate dai grandi maestri d’abaco del XV secolo (Cfr., ad esempio, R. Franci e L. Toti Rigatelli, Towards a history of algebra from Leonardo of Pisa to Luca Pacioli, in “Janus”, 72 (1985), pp. 17-82). Per quanto riguarda la geometria, invece, gli studiosi si sono limitati a ricondurre l’opera di frate Luca  alle sue fonti dirette: cioè al codice Palatino 577 della Biblioteca Nazionale di Firenze e ai due trattati matematici di Piero della Francesca sui corpi regolari (Si consideri, ad esempio lo studio di E. Picutti, Sui plagi matematici di frate Luca Pacioli, in “Le Scienze”, 1989, pp. 72-79.).

Gli storici della ragioneria, da parte loro, pur riconoscendo l’importanza dell’opera di frate Luca nella codificazione della partita doppia, hanno rintracciato l’origine del metodo di registrazione contabile descritto nella Summa nella pratica quotidiana dei mercanti e quindi hanno ridimensionato l’originalità dell’opera di Pacioli. Gli storici dell’arte, infine, hanno valutato i testi di Luca dal Borgo per lo più in funzione del rapporto con Piero della Francesca, Leonardo da Vinci e Albrecht Dürer, evidenziando soprattutto il ruolo dei tre artisti nella diffusione del genere dei poliedri regolari e nell’influenza sulle arti della cosmologia platonica ad essi connessa (Cfr. M. Dalai Emiliani, Figure rinascimentali dei poliedri platonici. Qualche problema di storia e autografia, in C. Marani (a cura di), Fra Rinascimento, Manierismo e Realtà. Scritti in memoria di Anna Maria Brizio, Firenze 1984, pp. 7-16; J.V. Field, Rediscovering the Archimedean Polyhedra: Piero della Francesca, Luca Pacioli, Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer, Daniele Barbaro and Johannes Kepler, in “Archive for History of Exactes Sciences”, 50 (3-4) 1997, pp. 241-289).

In tutti i casi l’immagine di Luca Pacioli che emerge dalla storiografia viene illuminata da una luce riflessa e non acquisisce una sua fisionomia se non in relazione ai personaggi di primo piano sullo sfondo dei quali solitamente viene collocata. Lo scopo di questo contributo, pertanto, è quello di mettere a fuoco in maniera più nitida la figura del frate di Sansepolcro e analizzare e valutare l’importanza delle sue opere per gli sviluppi della cultura del Rinascimento. Nel perseguire questo obiettivo, peraltro implicito anche nei due volumi su Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, pubblicati dopo la mostra e il convegno organizzati in occasione del cinquecentenario dell’edizione della Summa (I due volumi, che peraltro portano lo stesso titolo, sono i seguenti: Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, a cura di E. Giusti e C. Maccagni, Firenze, Giunti 1993 e Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento. Atti del convegno internazionale di studi. Sansepolcro 13-16 aprile 1994, a cura di E. Giusti, Città di Castello, Petruzzi 1998), si è scelto di disegnare un profilo del frate Luca dal Borgo alla luce due idee centrali che ricorrono con una certa insistenza sia nella Summa che nella Divina proportione: la centralità della teoria euclidea delle proporzioni nella diffusione del sapere matematico a tutte le arti e le scienze e il rapporto tra matematica pratica e matematica teorica che caratterizza sia lo stile che i contenuti delle opere di Pacioli.

Sono proprio queste due idee a costituire il nucleo del programma di matematizzazione delle arti e delle scienze intrapreso da frate Luca nella sua infaticabile opera di insegnamento e diffusione della cultura matematica tra i “litterati” e i “pratici vulgari” suoi contemporanei. E sono proprio queste due idee a costituire il terreno di incontro tra il matematico di Sansepolcro e Leonardo da Vinci.

 

1.Peregrinando per diversi paesi”:
la vita di Luca Pacioli
(Sansepolcro 1445 ca. - Roma 1517)

Nel vasto panorama intellettuale del Rinascimento italiano la figura di Luca Pacioli, sebbene a volte sia stata relegata in secondo piano dalle ricerche storiche, rivestì un ruolo di notevole rilevanza (Per la biografia di Luca Pacioli sono fondamentali due testi: B. Boncompagni, Intorno alle vite inedite di tre matematici (Giovanni Dank di Sassonia, Giovanni de Lineriis e Fra’ Luca Pacioli da Borgo San Sepolcro), in «Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche» 1879, pp. 352-438; ed E. Ulivi, Una biografia scientifica in Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, (a cura di C. Maccagni, e E. Giusti) Firenze, Giunti, 1994). Il frate di Sansepolcro, infatti, oltre ad essere, insieme a Piero della Francesca, il più importante matematico italiano della seconda metà del XV secolo, fu uno dei pochi rappresentanti del mondo dei dotti che apprezzò e valorizzò la cultura dei tecnici, affrancandola dal disprezzo con il quale era stata generalmente considerata dal mondo delle università medioevali. Conteso come insegnante di matematica da repubbliche, signorie e ducati di tutta la penisola, Pacioli fu in contatto con i più importanti centri del Rinascimento italiano ed ebbe modo di conoscere i migliori pittori, scultori, ingegneri, architetti, artigiani, abachisti, esperti dell’arte della guerra, del secondo Quattrocento. Piero della Francesca, Leonardo da Vinci, Leon Battista Alberti, Albrecht Dürer, Franchino Gaffurio, Gian Giacomo Trivulzio, Antonello Sanseverino, Camillo Vitelli furono soltanto alcuni dei più celebri interlocutori del frate di Sansepolcro. Pacioli instaurò con essi uno stretto rapporto di collaborazione: i tecnici e gli artisti, infatti, nutrivano stima per il matematico francescano che insegnava loro la geometria di Euclide e l’algebra di Leonardo Pisano. Pacioli, da parte sua, considerava le discipline tecniche e artistiche come forme di conoscenza degne del massimo rispetto, sia per l’utilità pratica che da esse deriva, sia – diremmo oggi - per il loro status epistemologico, fondato sull’uso della matematica.

La matematica, infatti, appariva all’autore della Summa (1494) e della Divina proportione (1498) come lo strumento impiegato dal Creatore per plasmare l’universo ed ordinarlo in numero, pondere et mensura. Essa doveva costituire pertanto anche il linguaggio universale delle scienze e delle arti inventate dall’uomo. Su questo assunto metafisico poggiava il processo di matematizzazione del sapere presentato da Luca Pacioli nelle lettere dedicatorie delle sue due maggiori opere. La matematica veniva qui presentata come il fondamento delle scienze e delle arti ed era quindi applicata a tutti i campi del sapere: all’astronomia, alla musica, alla pratica commerciale, alla medicina, alla scultura, all’architettura civile e militare, all’arte della guerra, alla perspectiva artificialis e alla pittura, alla medicina, alla giurisprudenza, alle arti del trivio (grammatica, retorica, dialettica), alla filosofia, alla teologia e alle speculazioni più esoteriche sulla divina proporzione e sui cinque corpi regolari. Allo studio e all’insegnamento di questa disciplina universale Luca Pacioli dedicò gran parte della sua vita, convinto di poter rendere un omaggio, oltre che alla gloria di Dio, anche alla nutrita schiera di mercanti, artigiani, agrimensori, maestri d’abaco, ingegneri, idraulici, cartografi, maestri d’artiglieria, e tecnici che utilizzavano (o avrebbero utilizzato) i suoi libri di matematica.

            Nato a Borgo Sansepolcro intorno al 1445 da una famiglia di modeste condizioni economiche, Luca Pacioli, dopo aver portato a termine il curriculum di studi delle scuole d’abaco, fu chiamato a Venezia (1464) come precettore della famiglia dei mercanti Rompiasi e qui ebbe modo di frequentare la scuola di Rialto, dove perfezionò le sue conoscenze matematiche. Nel 1471 si trasferì a Roma, ospitato da Leon Battista Alberti, al tempo del pontificato di Paolo II, e dopo qualche anno, tra il 1471 e il 1478, Luca dal Borgo diventò frate francescano e conseguì il titolo di magister theologiae. In questo periodo la formazione intellettuale di Pacioli si arricchì, quindi, del contributo della lingua latina e del vasto bagaglio di conoscenze filosofiche e scientifiche ad essa connesso. Il maestro d’abaco divenne così anche maestro di teologia e alla cultura “volgare” dei tecnici, alla quale era stato educato da giovane, aggiunse la cultura “latina” dei dotti, acquisita negli anni di studio necessari a diventare magister. La sua preparazione matematica, perciò, oltre alla tradizione dell’abaco, poteva avvalersi tra l’altro anche della lettura degli Elementi di Euclide, tradotti in latino dall’arabo in una edizione del XIII secolo risalente a Giovanni Campano, e delle opere di Fibonacci, il Liber abaci (1202) e la Practica geometriae (1220), anch’esse in lingua latina. In breve tempo il frate di Sansepolcro diventò un insegnante di matematica ambìto da università e corti di tutta l’Italia. Cominciò così il suo lungo girovagare, attraverso le città di Perugia, Zara, Firenze, ancora Perugia, Roma, Sansepolcro, Napoli, Assisi, Urbino, Venezia – dove pubblicò la Summa (1494)e Milano.  Nella città sforzesca Pacioli trascorse tre anni (1496-1499) di grande fervore intellettuale. Il frate, infatti, portò al termine il Compendium de divina proportione (1498) dedicato a Ludovico il Moro e si servì della collaborazione di Leonardo da Vinci per la realizzazione dei disegni in prospettiva dei poliedri regolari e delle tavole annesse all’opera. Leonardo, da parte sua, imparò l’algebra e la geometria dalla Summa di maestro Luca, e in seguito ai suoi incontri col frate cominciò ad occuparsi con maggiore interesse ed assiduità di questioni matematiche. Dopo la cacciata del Moro, Pacioli si trasferì a Firenze per qualche anno ed insegnò matematica nello studio pisano. Tenne corsi anche a Bologna, dove con ogni probabilità andò ad ascoltarlo Dürer, e a Venezia, dove nel 1508 insegnò gli Elementi di Euclide. Dopo un nuovo ritorno a Perugia, fu chiamato ad insegnare matematica a Roma nel 1514 e qui concluse la sua carriera di docente e la sua vita nel 1517.

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