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La terra e gli altri

Così ricordo ogni particolare, l’eccitazione, l’agitazione che la festa non potesse riuscire bene e tutti i pensieri che può avere per la testa una diciottenne che pensa ormai di avere il mondo in mano.

Qualsiasi cosa mi venga detta, una sola è la mia risposta “tanto ho diciotto anni”, quando mi si vieta qualcosa, ancora “ma io ora ho diciotto anni, sono maggiorenne”.

Che bello non dover più dipendere da nessuno, non dover più stressare i miei per accompagnarmi o venir a prendermi. Sono la prima delle mie amiche a prendere la patente, il mondo sembra nostro.

Mi piace tanto guidare, mi rilassa, mi fa sentire libera. Ho sempre invidiato gli uccelli perché prendono e partono. Quando sono stanchi di un posto, volano via…lontano…altrettanto faccio con la mia macchinina e con la fantasia.

Spesso vado in Germania con mio padre ( lui ha un auto-import) e io lo aiuto volentieri nel lavoro. È bello tornare insieme, attraversare in lungo lo stivale, sfrecciare davanti a papi con la mia auto, giochiamo un po’, ci sorpassiamo a vicenda ma poi si posiziona dietro di me come la mia ombra.

Nonostante la mia libertà non vedo l’ora di andar via da Avezzano, di cambiare aria, ho voglia di vivere da sola, di crescere e imparare a cavarmela, senza genitori sempre lì pronti in mio aiuto.

La cittadina in cui vivo è abbastanza tranquilla, si sta bene, la gente è sempre disponibile per qualsiasi cosa. Il buonumore, la solarità, il sorriso sulle labbra contraddistingue gli abitanti della mia città.

Gli abruzzesi sono sempre molto ospitali e accoglienti. Capita spesso che vengano a trovarmi delle mie amiche che non vivono in Abruzzo e restano stupefatte dal calore della gente del posto. Alcune persone sono prevenute, pensano che siamo grezzi e un po’ buzzurri perché veniamo dalle montagne, al contrario, dicono che i popoli di mare abbiano la civiltà nel sangue, ma alla fine tutti si ricredono dopo aver sperimentato coi propri occhi e ognuno resta sbalordito dalla gentilezza inaspettata.

L’antico detto ‘Abruzzo forte e gentile’ non si smentisce, nonostante ciò che solitamente la gente pensa di noi, che siamo burberi e anche un po’ ignoranti, almeno questo è ciò che spesso mi sono dovuta sentir dire da persone che invece l'educazione non sapevano nemmeno cosa significasse. Siamo persone di sani ed onesti principi che ancora, considerano la famiglia, i parenti, gli affetti le uniche cose veramente importanti.

È opinione comune che dal momento che viviamo fra le montagne siamo tutti selvaggi inoltre, essendo l'Abruzzo una regione il cui sostentamento è dato soprattutto dall'agricoltura è scontato che i suoi abitanti siano cafoni. Sì, perché si pensa che gli agricoltori siano privi di cultura. E invece coltivare i campi è un’occupazione onesta, ben più faticosa e difficile di molti altri lavori ed è per questo motivo che ultimamente viene svolto dagli extra comunitari che non riuscendo a trovare nient’altro si cimentano nel lavoro dei campi.

I ragazzi del posto non vogliono fare questo tipo di lavoro, perché considerato degradante e perché è dura passare l'intera giornata sotto il sole cocente, con la schiena curva a seminare e raccogliere gli ortaggi.

La cosa negativa è che con gli introiti dell'agricoltura e dell’artigianato, non si pensa a investire in nuove tecnologie, o comunque nel terziario, ma solo al futuro immediato, acquistando appartamenti e seconde case, macchinoni, fare le mega vacanze e questo non porta affatto alla competitività. Stando così le cose è chiaro che non andremo mai avanti e resteremo sempre un passo indietro rispetto alle regioni del nord, che non hanno nulla più di noi. Anzi, la forza- lavoro, la voglia, la tenacia, la grinta che caratterizza noi abruzzesi non ha rivali, bisognerebbe solo avere una mentalità differente, lungimirante e comprendere che la nostra, è una grande ricchezza, perché senza le materie prime nessuna industria reggerà.

Al nord, invece, pensano a fare investimenti stratosferici. Innovazione, altissima tecnologia, specializzazione sono le parole chiave.

Un’altra cosa fuori dal normale è che, nonostante la mia città viva soprattutto di agricoltura, non c’è una cooperativa di agricoltori.

Da noi incomincia il cosiddetto 'mezzogiorno' termine a mio parere usato con un certo sprezzo soprattutto dagli abitanti del nord. Eppure mezzogiorno è il punto centrale, focale della giornata, ora in cui la maggior parte della gente ha già fatto mezza giornata di lavoro e, benché in proporzione alle ore del giorno, non indichi esattamente la parte in cui le dodici ore diurne vengono spaccate a metà, è così chiamato perché si rende molto più dall'alba a mezzogiorno che il resto della giornata, nonostante numericamente le ore siano superiori. E, mezzogiorno è proprio il punto nevralgico, in cui la gente cerca di rendere il più possibile, perché è felice, manca poco al riposo dell'atteso pranzo, della meritata sosta dopo tante fatiche.

Mezzogiorno è anche l'ora più calda della giornata e il sole da qualunque punto lo si cerchi di osservare è esattamente perpendicolare all'asse della superficie terrestre, perpendicolare a noi.

Quando mi va l'occhio alle lancette dell'orologio e sono esattamente sovrapposte alle 12 mi sento più sollevata, manca poco all'intervallo. Sono felice perché ho dato il massimo fino a quel momento, ho lavorato e non ho alzato mai la testa. Spesso la prima volta che guardo l'orologio o noto l'ora sul margine in basso del pc sono le 12 spaccate, che coincidenza, non so se è una cosa inconscia ciò che è certo è che mi sento meglio, perché finora è andato tutto bene e ho svolto il mio dovere. Altre volte invece, in particolare la domenica che approfitto per dormire, mi capita di aprire gli occhi a mezzogiorno, mi sento male perché sembra che l'intera giornata sia andata perduta.

Il mio Abruzzo ha tutto: monti, colline, mare, per non parlare del celeberrimo Parco Nazionale d'Abruzzo nel quale regna incontrastato il famoso orso bruno ormai in estinzione. Ci sono dei posti davvero splendidi e ce n'è per tutti i gusti, dagli appassionati di sci alpino agli amanti delle piste nere. L'Aquila annovera alcune fra le facoltà più note; Ingegneria ad esempio è conosciuta in tutta Italia per la sua fama.

Ciononostante la routine non ha mai fatto per me, e forse frustrata non dalla vita che conduco, visto che mi sono sempre divertita e ho avuto la libertà di scegliere, ma stretta dalla morsa inevitabile del micro- cosmo provinciale,  dopo aver ottenuto non  brillantemente il diploma di maturità scientifica ho scelto di continuare i miei studi  per mettermi alla prova e vedere se riuscivo a farcela da sola, perché non ho mai voluto accontentarmi di nulla.

Ottobre è vicino, e devo affrettarmi a decidere la città nella quale trasferirmi e che abbia la facoltà che ho deciso di prendere. Ho già fatto la mia scelta, mio padre è titubante. Pensa che a Roma non concluderei nulla, perché qui vanno anche tutti i miei amici. Dopo giorni di discussioni comprendo che forse ha ragione lui. E poi, pensandoci bene Roma è splendida da visitare, un po’ meno per vivervi; inizio a riflettere sul caos e sul traffico e già mi sembra di impazzire. Per una persona nervosa come me, non è proprio la città adatta, soprattutto pensando allo stress di dovermi alzare alle cinque del mattino per prendere minimo un paio di autobus, e poi correre contro il tempo per arrivare puntuale a lezione, per poi stare a casa nel tardo pomeriggio perché si resta imbottigliati nel traffico infernale. No, non è per me visto che già m’innervosisco nella mia cittadina se trovo più traffico del solito e per giunta ho la mia auto e quindi sono libera e indipendente. No, non se ne parla dover dipendere dai mezzi pubblici anche per andare a fare la spesa e metterci casomai l’intero pomeriggio.

Pescara pensai- sì è la città che fa per me, né piccola né grande.

Deciso, vado a Pescara: cittadina tranquilla, grande ma non troppo che offre un po’ di tutto e poi c’è il mare che adoro.

Che eccitazione. L’adrenalina sale e aumenta pian piano fino a raggiungere il culmine quando leggo il cartello ‘Francavilla’. Il primo anno ho abitato con Angela, una ragazza originaria di un piccolissimo paese in provincia di Foggia nel quale si parla ancora l’albanese -come in molti paesini del molisano -e, siccome per la maggior parte è abitato da persone anziane ancora viene parlato correntemente insieme al dialetto del posto.

Inizialmente- diciamo sono quasi costretta a prender casa con Angela, perché i tempi stringono e ho bisogno di una coinquilina subito.

Incontro Angela mentre sto mettendo l’annuncio nella bacheca dell’università per cercare una ragazza con cui dividere le spese dell'appartamento. L’università è una grossa caserma vuota. Ogni tanto si vede passare qualche faccia spaesata, sono anche loro matricole inesperte.

Lei si avvicina. Bassina, cicciottina, di un bianco da far paura considerando che è la fine di Agosto e abita vicinissima al mare, è una talpa tenebrosa, e poco solare. Ama l’ombra e il freddo, già non andiamo d’accordo.

Il pallore impressionante è reso ancora più chiaro dal rossore delle guance che a mala pena lasciano fuoriuscire il naso non fosse altro per le sue dimensioni, al di sopra del quale sono posizionati un enorme paio di occhiali e proprio la loro lunga permanenza qui e la pesante armatura sembra averle incurvato il naso. La forma tondeggiante degli occhiali e il modello antiquato le danno le sembianze di una signora attempata. Gli occhi spenti a malapena spuntano fuori dalle folte sopracciglia che non hanno né un senso né un verso. La fronte alta è coperta da una frangia di capellini che dal centro della zona occipitale partono a mo’ di fontana come le pettinature di quelle bambole di porcellana o di quelle donne d’epoca, coi capelli tutti arruffati e cotonati senza una forma ben determinata, che si uniscono con le sopracciglia come fosse un tutt’uno. Non le si vedono le orecchie, solo i grossi lampadari tutti d’oro che le oscillano sul collo e che fanno rumore quando si muove.

Un camicione di cotone a fiorellini con un colletto da scolaretta, che le sfiora le ginocchia, la sua figura un po’ tozza e corta non trova affatto giovamento dai jeans  larghi che non le coprono nemmeno le caviglie.

I sandali sono intrecciati, marroni e avana con un fiocco sul collo del piede, un tacchetto che termina a punta. Era da molto che non vedevo scarpe simili e benché le sue proporzioni non siano delle più leggiadre, la si nota da lontano per il ticchettio sul pavimento e il colore rosso fuoco dello smalto.

È buffa quando parla, perché si agita tutta e gesticola, muove le mani paffute in un modo particolare che sembra quasi faccia suonare le nacchere tanti sono i bracciali che indossa, per non parlare degli enormi anelli che le tempestano le dita di pietre colorate. Le unghie sembrano artigli tanto sono lunghe e a punta, lo smalto è quasi vermiglio.

Mi ha sempre fatto una brutta impressione vedere ragazze con le unghie lunghe e lo smalto rosso, perché trovo che sia volgare, inoltre quegli artigli fanno venire i brividi. Non passa inosservata, più che per le sue forme sinuose, per lo strano modo nel vestire e i colori sgargianti che non fanno altro che accentuare le sue rotondità.

No, non se ne parla io con lei non c’entro nulla, questa è la prima cosa che ho pensato, ho guardato mia madre come se avessi visto un fantasma. Con noi c’è anche mia zia, la proprietaria dell’appartamento che avremmo dovuto affittare: “sì, sì, l’appartamento è disponibile, stiamo cercando un’altra ragazza e, se a te sta bene puoi venire con noi a vederlo”. Alla ragazza non sembra vero: “Grazie, è la seconda volta che vengo dal mio paese, ho visto già un sacco di appartamenti, o non mi sono piaciuti o le ragazze che già c’erano mi hanno detto che mi avrebbero richiamata, ma niente da fare, mi sono proprio scoraggiata”.

Ti credo che le ragazze non ti hanno chiamata, dovevo capitarci io no?

Detto fatto, non ero più in me dalla rabbia. Mia madre nonostante avesse voluto che prendessi l’appartamento con lei perché sembrava proprio una brava ragazza si rendeva conto che io non c’entravo nulla con lei, e già immaginava quante ne avrei dette non appena mia zia si fosse allontanata. È una parente alla lontana, con la quale non c’è molta confidenza, quindi non avevo il coraggio di dire nulla, a maggior ragione perché continuava a ripetere: “sembra proprio una brava ragazza, così studierai per forza, si vede che non ha grilli per la testa e deve pensare solo a studiare”.

Ma che diavolo ne sai tu di me. Speravo che mia madre dicesse qualcosa, ma niente, mio padre sghignazzava sotto i baffi, sapendo bene a cosa sarebbe andato incontro durante il viaggio di ritorno.

In macchina, durante il tragitto verso Francavilla, perché qui era la casa, non ho aperto bocca; speravo solo che ad Angela non piacesse l’appartamento.

“Che bella zona, piena di alberi, fiori, è molto fresco qui, si sta bene anche nei periodi più caldi vero?” Asserisce entusiasta.

Come non detto. Entriamo nell’appartamento.

Che bello, ha una camera da letto solamente, sicuramente non ne vorrà sapere visto che fa architettura e deve mettere in camera anche il tavolo da disegno dal momento che è un monolocale molto piccolo.

“Che meraviglia, è carinissimo, piccolo ma molto accogliente. Da quando possiamo prenderlo?”

Non credo alle mie orecchie.

“Beh, anche da subito, sono sicura che vi troverete benissimo insieme” replica la mia parente.

Hanno già fatto tutto, senza che io potessi esprimere il mio parere, senza prendermi minimamente in considerazione.

Sono incavolata, perché non è giusto che una persona che a momenti nemmeno conosco abbia già deciso per me.

“Non c’è il televisore, ma non fa niente, tanto chi avrà il tempo per distrazioni simili, vero Emanuela, l’università è una cosa seria, non avremo più tempo per nulla”.

Cosa? Questa è completamente matta e con lei impazzirò anch'io me lo sento, pensa di non avere neanche il tempo per guardare la tv. Vengo distolta dai miei pensieri dalla voce di Angela, che ormai sembra perseguitarmi: “allora Emanuela, penso di venire già domani o dopodomani al massimo, il tempo di caricare tutte le mie cose. I miei saranno molto felici di sapere che finalmente ho trovato casa, per giunta carina e una simpatica amica di casa”.

“Ah, già vieni, no, io credo di venire per fine ottobre visto che le lezioni inizieranno a novembre”.

Ho visto sul suo volto uno sguardo di disapprovazione e sorpresa insieme.

“Come?” Con gli occhi sbarrati e le sopracciglia da clown. “Credevo che anche tu fossi venuta insieme a me, così, devo stare sola per circa due mesi!”

Non ci posso credere, che impertinente, io arrivo quando cavolo voglio. Ho dovuto contare fino a dieci per risparmiarle questa risposta, tra l’altro ben meritata.

Durante il viaggio di ritorno, ho una voglia matta di sfogarmi, ma ancora non posso, perché c’è mia zia con noi che continua ad elogiare Angela. “Eh, sì, ti è andata proprio bene, davvero non potevi scegliere di meglio”.

Sì, come se avessi potuto scegliere, prende anche in giro.

Non vedo l’ora di arrivare a casa e sfogarmi un po’, sto per esplodere.

“Adesso puoi sfogarti, sono pronta ad ascoltare le tue lamentele”, sospira mia madre.

"Mamma ti prego, non mi sembra il momento questo per prendermi in giro, è una cosa seria, e sai anche tu che non riesco a studiare e a combinare nulla se non sto bene con la gente che ho intorno, e come pensi che farò con quella chiavica? Mamma onestamente, ti sembra una cosa possibile? Io ed Angela non ci entriamo niente insieme. Hai sentito che ha detto, che non avremo più tempo per far niente, secondo lei dobbiamo rinchiuderci in casa fino alla fine dei nostri studi!”

Mio padre non ha neanche il coraggio di parlare, mi guarda e sghignazza ma in  fondo anche lui è preoccupato. Mi conosce bene e sa che quando non sto bene con una persona divento nervosa e non riesco a fare niente.

"Papà, ci provi. Anche per lei sarà difficile, se proprio vedete che la convivenza non è possibile, si troverà una soluzione, ma per il momento cerca di adattarti, ormai non possiamo tirarci indietro".

Purtroppo la fine di ottobre arriva presto e arriva anche il momento di trasferirmi a Pescara con bagagli e bagaglietti. Ora è diventato un incubo andarmene da casa mia per andare a vivere con quella mummia.

Quando apre bocca è ancora più ingenua e all’antica di quello che sembrava. Come farò.

I primi tempi sono durissimi, lei non esce mai di casa, molto timida, difficilmente si apre, non parla mai se non di studio, di scadenze di esami. Esce solo per andare a lezione e fare la spesa.

Aiutooo!! Sto impazzendo.

“Come mai ancora non apri libro e non ti metti sotto a studiare?” Inizia a farfugliare come un giradischi bloccato. Cerco di spiegarle che nella mia facoltà gli esami sono annuali, quindi inizieranno solo a giugno, finirei col dimenticare tutto ciò che studierei, ma lei continua a ripetere che è meglio organizzarsi per tempo. È petulante.

Nemmeno vivere coi miei genitori è così ossessionante.

Gli amici che vengono a trovarmi sono messi alle strette dai suoi modi. Il risultato è che mi ritrovo in una casa vuota con una perfetta sconosciuta, che ha modi e maniere totalmente diverse non dalle mie, ma da qualsiasi essere umano. Come se non bastasse, dobbiamo dividere la stessa stanza da letto.

Angela si alza puntualmente alle 6 del mattino e comodamente studia in camera con la luce accesa, ripetendo ad alta voce. Sono scocciatissima. Le lezioni per me ancora non iniziano e, mi viene da pensare che, se andare all’università significa svegliarsi tutte le mattine all’alba e studiare ininterrottamente fino a sera senza alcun tipo di rapporto con l’esterno, ci avrei rinunciato. Mi spavento sul serio.

Provo ad essere anch’io più disponibile con lei, a scherzare, iniziamo a parlare e allora capisco tante cose.

In famiglia sono nove figli, solo il padre lavora come operaio. Angela è la figlia maggiore, quindi si può immaginare con che stato d’animo ha deciso di iniziare gli studi universitari, povera piccola. Mi vengono tanti sensi di colpa per le volte che ho pensato male di lei che invece fa salti mortali per arrivare a laurearsi.

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