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4. La preziosa copia di Une école (biblioteca San Domenico di Pistoia XXXIII-c-12), a suo tempo posseduta dal Cordovani e da lui annotata, porta, incollato nella seconda pagina in bianco, il ritaglio de «L’Osservatore Romano» che dava il decreto di condanna del Sant’Uffizio 4 febbraio 1942, l’approvazione del medesimo da parte di papa Pio XII in data 5 febbraio, e la pubblicazione ufficiale 6 febbraio notificata dal notaio del Sant’Uffizio Giovanni Pepe.

Le note del Cordovaní sono di diverso genere: sottolineature a matita rossa o nera, tratti verticali in margine a matita rossa (talvolta nera), frecce, rinvii a luoghi paralleli con indicazione del numero della pagina, annotazioni marginali, prevalentemente a matita nera, talvolta a penna. Quest’ultime non sono vere e proprie glosse ma richiami di lemmi principali su cui verte il relativo brano del testo.

Non sono poche le semplici sottolineature senza alcun’altra segnaletica. In tal caso non è facile interpretarne il significato. Conoscendo il temperamento teologico del Cordovani, verrebbe da pensare che talune sottolineature, oltreché marcare un brano ritenuto importante dal lettore, indicassero anche consenso. E bisogna dire che non pochi spunti del libro di Chenu - là dove non siano implicati i nodi decisivi del discorso del teologo francese - potevano incontrare non solo il consemso ma perfino la simpatia d’un Cordovani. Così il caso - mi sembra - della critica alla teologia dei «pii corollari» (fr. 71-72, it. 56) che evoca alla memoria del Cordovani il nome del teologo secentesco Guillaume de Contenson. Una sola volta il consenso è inequivocabilmente consegnato al margine della pagina; riguarda il brano (cap. V, Gli studi medievali) in cui Chenu, abbozzata la riforma degli studi superiori di teologia, conclude: «La soluzione, qui come altrove, sta nel giusto equilibrio tra le esigenze dell’insegnamento con i suoi fini scolastici (di qui le sue garanzie d’ortodossia) e il lavoro di ricerca secondo la verità dei metodi. In questo modo, qui come altrove, cultura generale e tecniche speciali debbono vicendevolmente compenetrarsi» (fr. 99, it. 80). In margine barre incrociate e annotazione «bene».

Negli altri casi, là dove sottolineature (o altri segni neutri) concorrono con punti interrogativi, si può ragionevolmente ritenere che il brano non risultasse gradito al lettore; frecce e rinvii a luoghi paralleli costruiscono una rete di richiami a temi specifici di Une école su cui lo stesso Cordovani espresse riserve altrove (ad esempio nella conferenza Per la vitalità...) o su cui le dieci proposizioni del ’38 riversarono seccamente i sospetti.

La lettura dunque e la valutazione delle annotazioni del Cordovani vanno condotte sincronicamente con i dati del dossier. Qua e là sussiste qualche incertezza sul reale valore che il lettore annetteva alle proprie reazioni marginali. Ma nell’insieme non vi sono dubbi sul fatto che il Cordovani svolse un ruolo di primo piano nella condanna di Une école.

5. Ed ecco i brani dello scritto di Chenu su cui vertono gl’interventi censori del Cordovani. Trascrivo i brani strettamente necessari a intendere il testo di Chenu. Va da sé che l’esatta valutazione della portata dei singoli brani e del valore degli interventi censori suppone la lettura integrale e lo studio di Une école. In corsivo è riprodotto quanto sottolineato dal Cordovani; a fine brano indico le annotazioni marginali. A inizio del singolo brano do il numero di pagina dell’originale francese (fr.) e della recente edizione italiana (it.). Laddove il testo si scosti dalla traduzione italiana, s’intenda rivisto sull’originale. Nell’insieme l’edizione italiana offre una traduzione accurata d’un testo difficile e controverso. Non si capisce, semmai, perché ai «maestri generali» dell’ordine domenicano (fr. 7, 18, 19...) la traduzione faccia indossare surrettiziamente il saio francescano rendendo con «ministri generali».

I - Da Saint-Jacques a Le Saulchoir  <Le Saulchoir, località in Kain-lez-Tournai, presso Tournai, Belgio>

(fr. 26, it. 15) [Dopo la canonizzazione di san Tommaso, 1323, la scuola di Saint-Jacques sarà per più di due secoli il centro più attivo della teologia tomísta] La resistenza dei domenicani di Saint-Jacques si eserciterà soprattutto contro la teologia nominalista; in questa il formalismo ideologico, il semi-agnosticismo e l’estrinsecismo religioso distruggevano, senza che un’alta ispirazione mistica lo proteggesse, il realismo soprannaturale incluso nella concezione evangelica della grazia, della giustificazione, dell’efficacia sacramentale: strano complesso in cui s’intrecciano un agostinismo eccessivo e un pelagianesímo inconscio. Fu la prima di una serie di esperienze insieme spirituali e teologiche in cui la Chiesa colse il valore dell’equilibrio della teologia tomista di natura e grazia.

- punto interrogativo in margine agli ultimi tre righi

(fr. 29, it. 19) Quando la Rivoluzione [francese] rovesciò il secolare convento, le mura cadevano in rovina; e i religiosi che essa espulse erano già per i loro contemporanei, socialmente e intellettualmente, degli emigrati.

- punto interrogativo al margine

II - Spirito e metodi

(fr. 37, it. 26) [Introduzione dei metodi storici nelle discipline teologiche a cavallo del XIX e XX secolo e crisi modernista] Era inevitabile, era perfino normale che l’intervento di un simile metodo razionale suscitasse di primo acchito nei credenti l’emozione di una fede la cui integra semplicità si erge prontamente contro ogni relativismo. Ma questa reazione troppo rude celava anche un conservatorismo negativo, che indugiava nella difesa abitudinaria di posizioni non più sostenibili; ben presto le si sarebbe dovute precipitosamente abbandonare, dopo vani virtuosismi apologetici e concordísmi perennemente in ritardo. Non si trattava soltanto del misconoscimento di un ordine legittimo di ricerche, sul piano storico, ma di un errore teologico, se è vero che è legge stessa dell’economia della rivelazione che Dio si manifesti attraverso e nella storia, che l’eterno s’incarni nel tempo in cui soltanto lo può raggiungere lo spirito dell’uomo.

- in margine: «Conservatisme» e tratto verticale lungo il brano

(fr. 37, it. 27) ... mentre altri [cattolici] si rituffarono per un istinto difensivo in una concezione rigida dell’immutabilità dei dogmi, più vicina alle tesi protestanti da cui Newman si era appena svincolato che alla celebre dottrina di san Vincenzo da Lérins.

- in margine: «Im(mutabilità) del Dogma»

(fr. 38, it. 27) [In riferimento al modernismo e all’encidica Pascendi del 1907] Malgrado la drammatica gravità di questa situazione, ci si trovava in realtà di fronte a una crisi di crescenza nella Chiesa e dunque, per un organismo sano, di fronte ad un avvenimento normale. Senza dubbio si accompagnavano ad essa qualche fenomeno d’intossicazione e una specie di squilibrio funzionale che richiedevano una reazione di difesa; ma erano disturbi passeggeri, e il rovescio di un’operazione spirituale di grande respiro e di magnifica profondità: la fede, e in essa la scienza teologica, nell’atto di prendere possesso di strumenti razionali nuovi.

- in margine tratto verticale e due punti interrogativi

(fr. 38-39, it. 28) Questa volta, dopo la grammatica, dopo la dialettica, dopo la scienza, era la storia a proporsi come strumento razionale alla teologia.

- in margine punto interrogativo

(fr. 40, it. 29) È accaduto, per quanto riguarda la questione sociale, che le persone di chiesa manchino d’inquietudine per la condizione degli uomini e non s’interessino che alle proprie cose; la sorte degli operai non li coinvolge effettivamente se non quando si accorgono dell’apostasia generalizzata delle classi popolari.

- in margine: «Q(uestione) S(ociale)» e punto interrogativo

(fr. 41, it. 30) Rifiutare valore scientifico alla ricerca delle leggi per attribuirlo solo allo studio delle cause è fare inconsciamente il gioco di un dualismo epístemologico in cui, per sfuggire all’empirismo, si confina la metafisica nella conoscenza di archetipi pseudo-platonici. Rífiutare alla storia la sua consistenza umana - dal momento che essa è stata il tessuto della rivelazione - vuol dire per il teologo rischiare di misconoscere le strade effettive che Dio ha precisamente scelto per rivelarsi.

- in margine ai primi due righi: «cause-leggi» e punto interrogativo

(fr. 43, it. 32) Non si tratta di diventare degli specialisti, maestri all’interno delle proprie frontiere chiuse, ma di comporre, nel senso migliore del termine, una scuola di teologia: e cioè un organismo di pensiero in cui la luce della fede dà una tale fiducia alla ragione da servirsene nell’elaborazione scientifica e religiosa della Rivelazione e proclama in questo modo che tale ragione è anch’essa maestra del sapere. La teologia è sapienza, e si sa che, nel vocabolario degli antichi, questo termine esprime e l’eminenza d’una disciplina e la sua potenza architettoníca. Pensiamo anche che solo una teologia può avere funzione di sapienza, perché soltanto essa trascende a sufficienza gli ordini razionali dello spirito per poterli presiedere senza deformarvisi o senza desorganizzarli. Il metafisico non ha questa assicurazione.

- in margine ai righi sottolineati due punti interrogativi e «saggezza»; freccia sull’ultima frase.

(fr. 43-44, it. 32) Tanto quindi siamo contrari a quella sorta d’imperialismo teologico, che non è altro che un clericalismo intellettuale, altrettanto crediamo a questa posizione regolatrice della scienza sacra. Equilibrio delicato, di cui valuteremo gli elementi; ma, lo confessiamo subito, avendone fatta esperienza, una simile libertà spirituale non ci pare realizzabile se non nella purezza e nell’audacia d’una contemplazione; e non invece in una speculazione, per quanto ben costruita, con le sue astrazioni e i suoi oggetti formali

- in margine: «Contempl(azione)» e poco sotto «Rel.» [=Relativismo? Religiosa?]

(fr. 45, it. 33) Sembra che la scuola tomista, appesantita dalla sua troppo gravosa eredità e tutta occupata ad assicurare la conservazione, abbia rinunciato, nella svolta del XVI secolo, a questa potenza innovatrice e creatrice che fu all’origine stessa del tomismo.

- in margine punto interrogativo, «sc(uola) t(omista)», e «Rivoluzione» con freccia alle parole del testo innovatrice e creatrice

(fr. 45, it. 33-34) Noi non consideriamo la “philosophia perennis”, come un sistema definito di proposizioni inviolate, ma come un corpo d’intuizioni guida, che non s’incarnano in insíemí contettuali se non a patto di mantenervi viva la loro luce e di sottometterli a perpetuo confronto con la realtà che è sempre più ricca. È un’impresa difficile per qualsiasi spirito, ancor più esigente quando questo spirito vuol essere docile ad un maestro in una «scuola»; ma esiste il mezzo per spezzare il paradosso: bisogna, in una pedagogia, non risolvere mai in anticipo una «questione» in nome di una «conclusione». Quasi sempre i manuali della scuola abusano della loro certezza e barano: negli status quaestionis premessi alle loro «tesi» non pongono schiettamente i problemi, e s’impegnano in un gioco artificiale in cui le carte sono truccate. Non c’è quell’innocenza che ci mantiene totalmente sinceri di fronte alla realtà sempre nuova e sempre sorprendente.

- in margine tre punti interrogativi all’altezza dei righi sottolineati; «fil(osofia) p(erenne)» a inizio brano, e «Realtiv(ismo)» a fine brano.

(fr. 46, it. 34) Perché la teologia, anzi soprattutto essa, diremmo noi, è retta dalla medesima legge, se è vero che il «luogo» immediato e immediatamente fecondo da cui essa attinge il proprio dato è la vita presente della Chiesa e l’esperienza attuale della cristianità. Teologi la cui scienza facesse da schermo tra loro e questa presenza della Rivelazione nello Spirito santo, sarebbero degli emigrati in casa propria.

- in margine rinvio a p. 68 e «l(ocus) th(eologicus)»

(fr. 48, it. 35-36) La stessa Rivelazione si è rivestita di colori umani secondo le epoche in cuifu manifestata. San Tommaso non potrebbe essere completamente spiegato dallo stesso san Tommaso; la sua dottrina, per alta e astratta che sia, non è un assoluto, indipendente dal tempo che l’ha vista nascere e dai secoli che l’hanno nutrita: condizionamento terreno dello spirito, attraverso cui le contingenze storiche e l’accidente umano s’insinuano fin nel pensiero più spirituale, e sfumano con un discreto relativismo l’armatura dei sistemi più coerenti e più unificati.

- in margine punto interrogativo all’altezza dei primi due righi, più sotto «Relativ(ismo)»

Andrea di Buonaiuto da Firenze, capitolo SMN_est, s. Tomm. d'Aquino (1365-67): Veritatem meditabitur guttur meum (Prov. 8,7)6.  III - La teologia

(fr. 54, it. 41) [Critica a una teologia dommatica staccata dalla fede e dalla percezione religiosa e contemplativa] È la contemplazione che suscita una teologia, non una teologia che condurrebbe alla contemplazione. [...] La sistemazione teologica più perfetta non aggiunge un’oncia di verità e di luce al Vangelo.

- in margine alla prima proposizione freccia che rinvia alla pagina precedente § l° (it. 40 § ult.) e nota in calce con richiamo: «Teologia e Contemplazione»; in margine alla seconda proposizione rimando a p. 57 (ít. 54) luogo parallelo, due punti interrogativi e richiamo in nota «la T(eologia) non aggiunge nulla al V(angelo)»

(fr. 55-56, it. 43) Utilizzare i testi di san Paolo per dimostrare la causalità fisica dei sacramenti è procedere a rovescío; la causalità fisica, al contrario, non è che un modo di concepire pienamente il realismo sacramentale di san Paolo.

- punto interrogativo al margine 

(fr. 56, ít. 43) Quel famoso schema tripartito, secondo cui una «tesi» di teologia è fondata se “probatur ex Scriptura, probatur ex Traditione, probatur ex ratione” non è che il residuo di un compromesso tra teologia positiva e teologia speculativa; compromette in realtà entrambe in una falsa simmetria in cui mal si accordano il primato del dato e i valori della speculazione. Compromette soprattutto, riducendola alla fondazione di schemi di «prove», l’ampia e gustosa assimilazione delle inesauribili ricchezze del pensiero e dell’esperienza cristiani, passati e presenti, di cui i testi e le istituzioni sono pieni.

- in margine tratto verticale lungo tutto il brano e punto interrogativo

(fr. 59-60, it. 46) Lo sforzo drammatico del teologo consiste precisamente nel serbare, nella radicale fragilità delle proposizioni in cui egli la incarna, la percezione realista della realtà misteriosa di Dio: dialettica in cui la sua potenza trionfa sulla sua debolezza, nella fede.

- in margine punto interrogativo

(fr. 61, it. 47) Il teologo lavora dunque su una storia. Suo dato non sono le nature delle cose e neppure le loro forme atemporali: sono avvenimenti che rispondono a un’economia, la cui realizzazione è legata al tempo, come l’estensione è legata al corpo, sopra l’ordine delle essenze.

- punto interrogativo al margine e freccia che rinvia a pag. seguente; qui altri punti interrogativi accanto a brani che illustrano la storicità dell’incarnazione, della fede, e l’applicazione dei metodi storici agli studi biblíci (p. Lagrange) (it. 48-49)

(fr. 64-65, it. 50) [Contesto dei teologi che, perso il senso della trascendenza della Parola di Dio nella fede, trasferiscono il senso dell’assoluto nelle formulazíoni dommatiche, e sottraggono queste alla storia] È la fede ad essere un assoluto, a sfuggire alla storia, la fede pura nella sua luce infusa, e non il dogma, ‘auditus fidei’ docile al magistero.

Sviluppo reale, nel cuore della realtà dogmatica, e non in prolungamenti di second’ordine. Il ‘quaerens intellectum’ del credente dovrebbe esercitarsi solo al margine della verità? Senza dubbio ciò significa aprire le porte al relativismo delle formule dogmatiche; ma questo relativismo storico non è che l’effetto, secondo la successione dei tempi, del loro relativismo metafisíco. Con lo stesso vigore e la stessa serenità d’un Caetano, p. Gardeil proclama questo relativismo metafisico, espressione stessa della dottrina della conoscenza analogica. Le contingenze storiche e le complessità psicologiche delle formule dogmatiche possono, dal punto di vista d’una così radicale fonte di relatività, esser considerate a sangue freddo.

- al margine molteplici punti interrogativi lungo tutto il brano

(fr. 66, it. 51) La Tradizione è prova nel senso che è la coscienza cristiana permanente, nella Chiesa, e serve come criterio per giudicare ogni innovazione. Non soltanto un quantum di ‘credenda’, secondo una concezione empirica e statica dei ‘loci’, ma presenza dello Spirito nel corpo sociale della Chiesa, divina e umana nel Cristo. Non soltanto conservazione di dogmi elaborati, di risultati acquisiti o di decisioni prese nel passato, ma principio creatore e fonte inesauribile di vita nuova.

- in margine rinvio a p. 25 (it. 15) dove a sua volta si rinvia a p. 66, punto interrogativo e doppie barre incrociate

(fr. 71, it. 55-56) [Critica della scolastica che confonde rivelazione con teologia, che separa la mistica dalla teologia, i ‘positivi’ dagli ‘speculativi’]

- al margine punti interrogativi e annotazioni «teol(ogia) e mist(ica)» «scolastica»

(fr. 71-72, ít. 56) Non si fa teologia aggiungendo ‘corollaria pietatis’ a tesi astratte, recise dal loro dato oggettivo e soggettivo, ma rimanendo nell’unità profonda dell’ordine teologale.

- in margine «Contenson

Si tratta del teologo domenicano francese Guillaume de Contenson (1641-1674) autore della celebre Tbeologia mentis et cordis che al commentario «scolastico-speculativo» alla Somma di san Tommaso d’Aquino fa seguire, a mo’ di corollari, riflessioni ascetico-mistiche, spesso di tono «enfatico e verboso» (vedi «Dictionnaire de Spiritualíté» 2 (1953) 2193-96).

(fr. 75, it. 59) Noi siamo tomisti. Secondo ragione. Diremmo anzi: secondo natura, nati in san Tommaso in forza della vocazione domenicana.

Il fatto è che in definitiva i sistemi teologici non sono che l’espressione delle spiritualità. [...] Una teologia degna di questo nome è una spiritualità che ha trovato strumenti razionali adeguati alla propria esperienza religiosa.

- in margine al secondo capoverso punti interrogativi a destra e sinistra, e nota «Teologia, Def(inizione) peric(olosa)».

(fr. 76, it. 60) Non ci fu peggiore disgrazia per il tomísmo, il cui sforzo originario fu di fondare nella cristianità uno statuto dell’intelligenza umana, che l’esser trattato come una «ortodossia».

- in margine tratto verticale e punto interrogativo

IV - La filosofia

Punti interrogativi, sottolineature e frecce nelle pagine sulla «philosophía perennis» e del suo metodo nella scolastica tardiva (fr. 79-83, it. 64-67).

Sottolineatura e nota marginale «scol(astica) barocca» (fr. 85, it. 69), sottolineatura, punto interrogativo in margine e nota «Lepidi» là dove si parla della profondità platonica di costui m opposizione all’ortodossia tomista dello Zigliara contaminato di wolfianesimo (fr. 85, it. 69).

Grosso punto interrogativo a fianco del paragrafo «Crediamo sia vano camuffare questa crisi mortale, in cui i discepoli di san Tommaso, pur sotto l’osservanza della lettera, erano in realtà, e lo saranno a lungo, infedeli ai loro stessi princìpi metodologici...» (fr. 88, it. 71-72).

(fr. 95-96, it. 77-78) Osserviamo d’altronde che noi siamo tomisti, innanzitutto come teologi. Siamo sorpresi di vedere come si trasferisca spesso in filosofia l’autorità che la Chiesa attribuisce a san Tommaso. È proprio là che, in rapporto alla rivelazione, la sua dottrina è più segnata dalla relatività. San Tommaso fu in primo luogo e propriamente un teologo: sperare d’incontrarlo altrove senza cercarlo innanzitutto lì, ci pare una chimera, quella che abbiamo denunciato nella frattura moderna tra spiritualità e speculazione. Proprio perché siamo spiritualmente coinvolti noi aderiamo così cordialmente alla sua dottrina e, in essa, alla costruzione razionale nei suoi diversi elementi, compresa la sua filosofia, che è altra cosa che un aristotelismo prolungato.

- punto interrogativo in margine destro e sinistro, e nota «S. T(ommaso) non fil(osofo

V - Gli studi medievali

(fr. 100, it. 81) Occorre ricostruire l’intero tessuto umano su cui lavorò san Tommaso e in cui trovò la sua materia, le sue tecniche, il suo linguaggio, i suoi procedimenti espressivi, i suoi vincoli e ad un tempo la sua libertà. Nella vita dello spirito come altrove, né i fattori storici e sociali, né l’intima e incomunicabile luce del genio sono entità separabili. Medesima è la vita che li lega alla loro stessa origine, prima ancora che siano emerse le loro opposte proprietà. Non è sradicandola dal suo tempo che un’opera apparirà intemporale. Non raggiungiamo l’eternità espellendo il tempo dalla nostra vita, ma assumendolo con tutto il suo contenuto verso l’eterno.

- punto interrogativo accanto ai righi sottolineati

7. In occasione d’uno scambio epistolare, segnalai a p. Chenu l’esemplare di Une école di p. Cordovaní conservato nella nostra biblioteca di Pistoia. Chenu rispose (lettera 4 giugno 1982): «Il mio opuscolo Une école de théologie: esemplare di P. Cordovani... Ricordo con tristezza la conversazione che ebbi con lui. Quel saggio di rinnovamento di metodo, a suo tempo ‘progressista’(?), oggi è sorpassato dalla dinamica del Concilio. Mi si dice che, malgrado i suoi trascorsi, se ne prepara una traduzione in Italia».

Quando nel 1942 apparve la condanna del Sant’Uffizio, l’arcivescovo di Parigi cardinal Suhard ricevette p. Chenu e gli disse: «Non si preoccupi, petit père (cosi lo chiamava); tra vent’anni parleranno tutti come lei».

Vent’anni dopo, per l’appunto, il Vaticano II.

finis

■ Dopo la soppressione del convento pistoiese, decisa dal capitolo provinciale luglio 2017, i due religiosi fr. Alessandro Cortesi e fr. Alberto Simoni in luglio e settembre 2018 sono stati assegnati a San Domenico di Fiesole. Oggi, 11 settembre 2018, chiedo a fr. Alberto notizie circa la biblioteca di San Domenico di Pistoia, e mi dice che tutto permane in loco, e ne prende cura - come per l'intero convento - una cooperativa locale; e lo stesso p. Cortesi.

 

 

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