II

Da A. Riccardi, Une école de théologie fra la Francia e Roma, «Cristianesimo nella storia» 5 (1984) pp. 16-25; tutto l’articolo pp. 11-28.

L'orientamento teologico di Chenu era particolarmente dissonante da quello romano, come si vide con la condanna di Une école de théologie, da parte del S. Uffizio nel 1942, associato ad un saggio di Charlier. Alberigo, nella nota introduttiva, inquadra opportunamente questa condanna con i richiami e le critiche provenienti da Roma, in particolare da p. Cordovani, Maestro dei Sacri Palazzi, e da mons. Parente, espressione coerente della teologia romana. Al di là delle motivazioni teologiche, per così dire tecniche, esiste un problema di preoccupazione complessiva che gli ambienti romani hanno verso il cattolicesimo francese, in cui timori per l'ortodossia si coniugano con motivazioni più schiettamente politiche. Gli studi sul cattolicesimo francese negli anni trenta hanno messo in rilievo come il tornante 1935-36 rappresenti un momento decisivo nei rapporti tra Francia cattolica e S. Sede, con la conclusione della nunziatura Maglione, simpatizzante con Verdier e Liénart. Con la vittoria elettorale del Fronte Popolare e soprattutto con la guerra di Spagna, lo scarso allineamento "politico" di taluni settori del cattolicesimo francese preoccupa Roma. Il card. Baudrillart, fin dal 1935, si presenta come il difensore d'un rapporto tra la cultura e la politica in chiave moderata, mentre denuncia talune aperture al comunismo. E dopo la metà degli anni trenta l'opposizione all'espansione comunista sta divenendo uno dei temi principali del pontificato di Pio XI.

L'imparzialità della Chiesa innanzi ai partiti politici, sostenuta da Verdier e Liénart in contrasto con Baudrillart, alle elezioni del 1936, conduce naturalmente al pluralismo politico e culturale dei cattolici, al dibattito tra i giornali, ad un rapporto rinnovato tra cultura e riflessione religiosa. La S. Sede, pur avendo approvato l'astensionismo ufficiale della Chiesa dalla politica, appare vieppiù preoccupata di limitare le conseguenze del pluralismo. Nel 1937; il card. Sbarrettí, segretario del S. Uffizio, approva la linea dell'arcivescovo di Parigi a proposito « di lasciare ai cattolici francesi la libertà d'azione nei dibattiti d'ordine strettamente politico, dove gl'interessi della Chiesa non siano coinvolti, e, quanto alla gerarchia, di rimanere al di sopra dei partiti politici... ». Tuttavia, il cardinale romano opera una restrizione, in considerazione della « confusione attuale delle idee », consigliando vigilanza nelle discussioni tra cattolici ed interventi orientativi. Il S. Uffizio è in genere inquieto per il clima del dibattito politico e culturale pluralistico che si è instaurato pubblicamente negli ambienti cattolici francesi, anche su questioni ormai non controverse (tra cui la guerra di Spagna). Un'altra lettera del card. Sbarretti all'arcivescovo di Parigi, alla fine del 1937, è chiarificante a questo proposito:

Le tendenze azzardate verso le quali sembra orientarsi sempre di più una parte della stampa cattolica francese, obbliga il S. Uffizio a richiamare su di essa l'attenzione di Vostra Eminenza. Le linee, molto precise, tracciate in molti modi e a più riprese dalla Sede Apostolica, non lasciano più alcun dubbio sul pensiero di questa a riguardo. Ciò nonostante, la stampa in questione devia; mostra simpatia per movimenti e dottrine che non sono in piena armonia con le idee maestre dell'insegnamento tradizionale della Chiesa, né rinuncia all'idea, forse alla speranza, di certe collaborazioni già censurate. Per contro è sempre disposta a relegare in secondo e terzo piano, e a sacríficarli, interessi religiosi talvolta della più grande importanza.

Questa lettera rivela in parte le lagnanze del Sant'Uffizio verso alcuni settori del cattolicesimo francese, identificati soprattutto in gruppi intellettuali e testate, come « Sept » soppressa - come dice Sbarretti -« per ordine della Santa Sede ». Il dicastero romano rimprovera a queste posizioni l'apertura a collaborazioni giudicate pericolose, l'eccessiva libertà ed il pluralismo su questioni delicate, l'autolesionismo per quel che concerne gli interessi cattolici e la difesa delle posizioni della Chiesa. Nel corso del 1937, p. Cordovani aveva cominciato ad essere attento alla cultura cattolica francese: la pubblicazione delle opere postume di Laberthonnière gli aveva offerto l'occasione d'intervenire su « L'Osservatore » notando come l'oratoriano nella sua costante polemica contro i teologi ufficiali, « i romanizzanti », in realtà colpisse direttamente il magistero ecclesiastico. Nel novembre, dieci giorni prima della lettera di Sbarretti e Verdier, il Maestro dei Sacri Palazzi aveva preso di mira un articolo di Guillemin, Par notre faute, apparso su « La Vie Intellectuelle », in cui si sosteneva la responsabilità dei cattolici francesi nella scristianizzazione della Francia e nella nascita dell'anticlericalismo, tesi poi sviluppate nel volume del 1947 sul cattolicesimo francese. A Cordovani, questo saggio sembrava espressivo dell'« autolesionismo » di certa cultura cattolica francese da un punto di vista contenutistico e, in quanto al metodo, di un certo tratto fumoso ed insinuante, che nasconde « più di quello che dice espressamente, ma quello che dice è già molto ». La critìca all'articolo di Guillemin investe tutta « La Vie Intellectuelle », che aveva fatto precedere il saggio da una nota, Eglise, corps du pécbé: « questi due articoli... il Censore avrebbe dovuto censurare » - conclude il domenicano.

è quasi un invito ufficiale ad usare maggiore attenzione verso la cultura cattolica francese ed i suoi dibattiti, mentre ormai sembra essere individuato un rapporto problematico in Francia tra cultura religiosa e scelte polifico-sociali. Nel 1939, sulla guerra di Spagna, p. Cordovani interviene contro il pluralismo cattolico; egli critica duramente Bernanos di Les grands cimitières sous la lune, accusandolo di non risparmiare nessuno, « nessuno eccetto i comunisti ». In questo stesso periodo, nel 1938, vengono sottoposte da Roma a Chenu una serie di proposizioni teologiche che egli accetta. Il caso del teologo domenicano s'ìnserisce allora in questo quadro, anche se in questi momenti non è ancora un personaggio di primo piano. Accanto a lui, c'è pure Mauriac, di cui si preoccupa il S. Uffizio per La Vie de Jésus, considerandola una rappresentazione della figura di Gesù troppo umanizzata; il dicastero romano, pur giudicando quest'opera una degna risposta a quella di Renan, chiede all'arcivescovo parigino di intervenire riservatamente, « a nome del Santo Uffizio », per domandare all'autore di accentuare ulteriormente alcune correzioni che già aveva operato. Nel marzo 1939, giunge il decreto del S. Uffizio che vieta la circolazione dell'opera di Moehler sull'unità della Chiesa, già stampata nella collana « Unam Sanctam » delle Editions du Cerf curata da Congar: si chiede all'arcivescovo di Parigi di controllare che l'opera venga ritirata dal cammercio e non sia più stampata, L'attenzione ecumenica dei teologi è una delle maggiori inquietudini romane verso la Francia. E' innegabile che p. Cordovani abbia un ruolo notevole nell'indirizzare le preoccupazioni romane verso alcuni settori effervescenti della cultura francese: per lui, talune ambiguità dell'atteggiamento dei cattolici francesi verso la questione spagnola hanno radicí culturali erronee. ( ... ).

Si giunse nel 1942 alla condanna di Chenu, illustrata su «L'Osservatore Romano» da mons. Parente, teologo della scuola romana, a cui fu richiesto ufficialmente di intervenire a proposito. La sommarietà di alcune affermazioni di Parente, notata da Alberigo, rivela come la condanna di Chenu e Charlier non fosse che un episodio dell'attenzione complessiva e sistematica ad una certa produzione francese. Contemporaneamente, però, il S. Uffizio dispone d'intervenire direttamente sui domenicani francesi affidando una visita al p. Garrigou Lagrange, presentato al card. Suhard dal card. Marchetti Selvaggiani con una lettera del 23 febbraio 1942. Ma il domenicano non può raggiungere Le Saulchoir per la situazione politico-militare della Francia ed il resto della visita viene affidata al p. T. Philippe. Una lettera del Philíppe al Garrigou, sulla sua missione, caduta nelle maglie della censura fascista, consente di farsi qualche idea sul clima e la mentalità in cui si svolgeva tale operazione.

Ho preso conoscenza dei documenti di cui lei mi parlava, li ho studiati molto attentamente e ad essi mi attengo fedelmente. Ben mi indicano la linea di condotta da seguire. Non ho ancora preso contatto con Le Saulchoir, d'accordo col M.R.P. Provinciale. Aspetterò fino a giovedì sera la mia nomina ufficiale da Santa Sabina. Se niente sarà arrivato, andrò venerdì mattina a Le Saulchoir, con la certezza della mia nomina e con la sua lettera avente carattere quasi ufficiale. Conoscendo Le Saulchoir, credo che il compito sarà molto difficile e comporterà molta fermezza e tenacia.

Il p. Visitatore espone a Garrígou Lagrange il suo progetto:

Cambiamenti nel personale dei professori mi sembrano indispensabili per ripartire in ottobre con un buon indirizzo. Contentissimo che si sia pensato d'inviare p. Paul [Philippe?]; sarà di preziosíssimo aiuto e per me di grande sostegno; c'è bisogno di sostegni solidi, molto uniti; è necessario ben fissare lo scopo da raggiungere, il raggiustamento da operare; persone che vogliano lavorare insieme con pazienza e tenacia, ché si tratta di rimontare tutta una corrente. Nella Provincia, fuori di Le Saulchoir, sono molti che lo desiderano ardentemente, anche senza veder bene i punti deboli.

Questo documento sull'attività d'un visitatore continua con l'arrivo a Le Saulchoir, con uno spaccato interessante sugli stessi sentimenti e la spiritualità del religioso che conduce tale missione presso i suoi confratelli:

Ho già avuto i-in primo contatto col Collegio e ho detto chiaramente che vengo a nome della Chiesa, in ciò ch'Ella ha di più elevato nell'organizzazíone visibile ( ... ). Tutto ciò mi risulta evidentemente molto duro; è penoso far soffrire i propri fratelli, ma sento che sia indispensabile ch'io produca qualche ferita o frattura, ma nel medesimo tempo penso quanto sia duro camminare sui cuori per amore della Chiesa, per ben rispondere al suo mandato, per far comprendere e amare la sua stessa severità. Terrò qualche lezione ai soli studenti per dir loro i motivi della condanna, cosa indispensabile perché molti non se ne danno ragione, essendo sempre stati alla scuola di p. Chenu ( ... ). Pensavo di stendere un rapporto generale sulla casa e poi un paragrafo su ciascun professore o non ( ... ). Bisogna anche far parola, senza dubbio, dei nomi o non. Per i Padri prigionieri, mi sembra difficile fare alcunché. Cercherò tuttavia di raccogliere informazioni su di loro (originale francese in Arch. Centrale di Stato, Dir. Gen. P.S.... cat. A5G, b. 420: Istituti religiosi, propaganda disfattista ai nostri danni). -

La visita a Le Saulchoir si concluse con il distacco del p. Chenu e con il tentativo di sradicare la sua influenza sui giovani domenicani. Congar, com'è noto, fu risparmiato da provvedimenti simili perché in questo periodo era prigioniero di guerra: « in questa faccenda non posso vedere che un errore o un brutto tiro » - egli ha scritto. Le misure prese dalla S. Sede sembravano segnare la fine del lavoro teologico di Le Saulchoir, dell'ambizioso progetto di ritorno alle fonti, del contatto lucido dei teologi con la realtà e la cultura contemporanea, come era ad esempio emerso dalle conclusioni tratte da Congar ad un'inchiesta sull'incredulità moderna pubblicate sulla « Vie Intellectuelle ». Infatti, il card. Marchetti Selvaggiani, segretario del S. Uffizío, comunica al p. Gillet, Maestro Generale dei domenicani, alcune misure prese dal dicastero romano dopo la visita ai Collegi filosofici e teologici della provincia domenicana e alle riviste « La Vie Intellectuelle » e « La Vie Spirituelle ». Il S. Uffizio decide il nuovo personale dírettivo di Le Saulchoir (reggente, p. T. Philippe, vicerettore, p. Héris, maestro degli studi, p. P. Philippe), richiede che l'insegnamento della teologia morale e dogmatica, della filosofia scolastica sia impartito in latino. Per « La Vie Intellectuelle », si stabilivano alcuni spostamenti e si chiedeva di « impedire che vi sia assegnato il Rev. P. Chenu »: « Quanto all'indirizzo generale di detta rivista, è necessario che l'attenzione principale della sua direzione sia rivolta più alle verità di ordine soprannaturale che ai problemi temporali di attualità ». A proposito de « La Vie Spirituelle » il S. Uffizio dava queste indicazioni:

Questa Rivista, conservando il suo proprio carattere, eviterà soprattutto: 1) d'intellettualizzare la vita interiore al punto di credere che la si possiede nel fondo della volontà soltanto per aver studiato un poco la letteratura mistica; 2) di cadere in una falsa spiritualizzazione della Teologia, riducendola ad una esperienza religiosa [ ... 1 Per controbilanciare poi si aggiunge - e completare l'influenza de "La Vie Intellectuelle , converrebbe che la rivista "La Vie Spirituelle" restasse sotto il controllo dei Padri Teologi di Etiolles, specialmente del Reggente di questo Collegio.

Soprattutto nelle critiche all'indirizzo de « La Vie Spirituelle » si incontra il fondo delle accuse alla teologia di Chenu, la spiritualizzazione della teologia. Ci si trova così innanzi ad un progetto di ristrutturazione completa dell'impegno intellettuale dei domenicani francesi, onde evitare che l'orientamento promosso da Chenu e quello più generale di certa cultura religiosa, giudicata pericolosa a Roma, potessero proseguire. Ed è significativo che tale ristrutturazione sia promossa dallo stesso S. Uffizio, dopo la visita apostolica, e non dall'Ordine dei Predicatori. Tuttavia i padri domenicani trovano significative espressioni di solidarietà nel mondo ecclesiale francese: «Non s'inquieti, petit père (mi chiamava così), tra vent'anni parleranno tutti come lei » - sono le parole di Suhard a Chenu, com'egli le riferisce nella premessa alla traduzione italiana del volume. Nel giugno 1942, p. Draguet scrivendo dal Belgio ad un suo corrispondente romano dà qualche notizia sulle reazioni alla condanna di Chenu e di Charlier: «Qui l'affare Charlier si è purificato. Malines non ha preso le cose sul tragico, ma al contrario. Questo è l'essenziale. A Parigi il Cardinale Suhard si è rifiutato di inserire la condanna di P. Chenu nella sua Settimana Religiosa! e P. Chenu ha ricevuto numerose lettere di simpatia dall'episcopato francese».

Dopo la visita a Le Saulchoir e la condanna di Chenu, inizia un periodo assai difficile per il lavoro teologico sulla linea del recupero della storia già iniziato prima della guerra. A proposito di questo periodo, ha osservato J.M. Mayeur: « gl'interventi del magistero sono una risposta molto spesso a delle pressioni provenienti dalla base, da una parte cioè del mondo dei teologi accaniti contro i propri avversari ». Non era partita la polemica contro la « nouvelle théologie » da un articolo di GarrigouLagrange su « Angelicum »? E questa continuava anche in periferia, come scriveva p. Draguet ad un suo corrispondente romano che vedeva il suo libro minacciato di rigori inquisitivi: « Qui si ispirano ancora tutte queste minacce. Gli accusatori hanno scelto bene il loro momento ». Sono, allora, quei metodi messi a punto durante la crisi modernista, quella stessa crisi di cui p. Chenu aveva parlato con grande libertà nel suo Une école de théologie. Spesso tra la scuola teologica romana ed il lavoro dei dicasteri vaticani si viene a stabilire una solidarietà, che fa torto a tante posizioni teologiche anche allora considerate opinabili. Il fenomeno modernista, allora non ancora storicízzato, aleggiava come un fantasma che poteva essere applicato ai più diversi orientamenti purché sospettati di carente fedeltà al magistero della Chiesa: lo afferma lo stesso card. Parente, in una commemorazione di Cordovani, quando dice che da parte dei « Professori anziani, conservatori ad oltranza, attaccati ai loro schemi tradizionali, avversi ad ogni revisione critica », si vedeva « il modernismo eretico in ogni tentativo di svecchiamento e di aggiornamento ». Alberigo, nella introduzione al volume di Chenu, ricorda quasi il crescendo di interventi di Pio XII a proposito della ricerca teologica, culminati poi nella enciclica Humani generis del 1950.

finis

precedente ] successiva ]