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aprile 1970, in un compound del villaggio Baksh Singh Wala (Pakistan),
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■ mia residenza pakistana da dicembre 1967 a dicembre 1971 ■ |
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Pakistan: a padre Aldino Amato [n. 2.II.1931] il Nobel dei missionari 2012
→ https://www.youtube.com/watch?v=u4PlbapAX9E
Molfetta, martedì 16 ottobre 2012. La città di Molfetta tra i suoi figli migliori annovera tanti Amato. Dal cardinale Angelo Amato a mons. Pietro Amato, direttore delle Biblioteca Lateranense, sino a don Mauro Amato, cappellano dell’Arma dei Carabinieri.
Pochi conoscono padre Aldino Amato, premiato lo scorso 13 ottobre a Brescia col premio “Cuore Amico 2012” assegnato annualmente ai religiosi che si sono distinti nella loro missione, da tutti riconosciuto come il "Nobel Missionario".
Aldino Amato è un sacerdote molfettese, domenicano [prof. 1950], ordinato nel 1957 e poi partito alla volta del Pakistan, dove ha trascorso tutta la sua vita e la sua missione.
Dal 1962, anno di arrivo nel paese asiatico, Amato ha fatto tappe in diversi centri e villaggi, sempre all'insegna del suo credo. In particolare, con l’aiuto dei vescovi della Germania, ha costruito una scuola superiore per oltre 700 studenti e una grande scuola femminile che oggi conta 1.500 iscritti e oltre 50 insegnanti.
Ha costruito un grande ospedale intitolato alla Madonna del Rosario, con reparti di ginecologia, pediatria, oculistica e chirurgia, fino alla cura della tubercolosi.
Padre Aldino ha fondato anche una banca rivolta all'aiuto dei più poveri, una scuola di avviamento al lavoro per ragazzi e ragazze che hanno lasciato gli studi, e che forma muratori, elettricisti, idraulici, sarte, falegnami.
«Ha trascorso mezzo secolo della sua vita in una terra non facile per i cristiani, il Pakistan. La sua opera è stata sempre rivolta all’educazione ed alla formazione dei ragazzi, con l’obiettivo di insegnar loro un mestiere per il futuro», questa la motivazione del premio consegnato, tra gli altri, nel 1998 a Giovanni Paolo II e nel 1999 a Chiara Lubich.
Molfetta, invece, come sempre dimentica i suoi tanti figli sparsi per il mondo, ma rimane onorata di aver dato i natali ad un missionario che ha fatto della sua vita un servizio per il prossimo.
http://www.pakistandominicans.org/
■ 1.V.2021: ci perviene notizia del decesso di p. Aldino Amato ■
Okara (AsiaNews) – La Chiesa cattolica pakistana piange la
morte di padre Aldino
Amato, missionario domenicano italiano di 90 anni portato via dal Covid-19 dopo
quasi 60 anni trascorsi in Pakistan. Il sacerdote è morto all'Ittefaq Hospital
di Lahore al termine di una lunga vita spesa al servizio dei poveri in un Paese
di cui aveva adottato la cultura, sentendolo ormai come proprio. P. Amato era
arrivato come missionario in Pakistan nel 1962: in questi 59 anni ha svolto il
suo ministero missionario in numerose città tra cui Khushpur, Sahiwal,
Faisalabad, Chichawatni e Okara, costruendo numerose chiese, scuole e ostelli
con un'attenzione particolare per i ciechi, molti dei quali sostenuti negli
studi no alla laurea.
I funerali si sono tenuti sabato primo maggio al Chak 6/4-L, un villaggio del
distretto di Okara dove il missionario ha realizzato il Rosary Christian
Hospital e un college per le ragazze, oltre ad aver dato vita alla Maria e
Michele Modugno Foundation. P. Younus Shahzad, confratello e responsabile della
Vice-Provincia dei domenicani in Pakistan, tracciandone il pro lo ha detto che
p. Amato era in se
stesso un'organizzazione e una scuola di pensiero. “Infaticabile nel suo lavoro
- ha detto - era come un albero che con la sua ombra o riva ristoro a chi era
stanco e bisognoso”. Il dottor Sabir Michael, nato con una cecità e oggi docente
all'università di Karachi, si denisce uno dei frutti dell'opera di p. Amato:
“Era un grande leader spirituale che ha ispirato innumerevoli sacerdoti. Nel
nostro povero villaggio ha aperto una scuola cristiana e una per i bambini
ciechi. Io sono tra quanti grazie a lui hanno potuto studiare”.
“Ringrazio Dio per la vita e per le opere di p. Amato, è stato un grande
sacerdote e missionario in Pakistan”, ha detto durante i funerali il vescovo di
Faisalabad mons. Indrias Rehmat. Per il presule rimarranno indimenticabili nella
Chiesa di Faisalabad l'amore di p. Amato per i poveri, la sua dedizione al
ministero sacerdotale, gli sforzi per promuovere l'istruzione, la sua cura per i
malati e per i ragazzi ciechi, la disponibilità per tutti. “Quando ho appreso la
notizia della morte
di p. Amato - ha concluso il vescovo - mi sono subito venute in mente alcune
parole di Ruth nella Scrittura che riassumono bene la sua vita: 'Dove andrai tu
andrò anch'io, e dove starai tu io pure starò, il tuo popolo sarà il mio popolo,
e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu morirò anch'io, e là sarò sepolta'
(Ruth 1,16-17)". P. Amato, contimua mons. Rehmat, "ha condiviso i nostri dolori
e le nostre gioie, e la sua morte qui in Pakistan è stata una testimonianza
dell'impegno con cui ha donato tutta la sua vita alla nostra gente”.
24.IX.2022, in San Domenico di Fiesole trovo il bel volume: NICOLA AMATO, Le opere di padre Aldino Amato OP, Missionario Domenicano Molfettese in Pakistan per 60 anni, Molfetta 2022, pp. 172. Indice, pp. 169-170. Testimonianze di molteplici autori per lo più pakistani, in molti casi testo originale in inglese e traduzione italiana. Molte e preziose riproduzioni fotografiche.
→https://www.youtube.com/watch?v=u4PlbapAX9E
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Articolo (1968) su mie prime impressioni di vita pakistana spedito a «Missioni domenicane» da Lyallpur (nel Punjàb, regione centro-orientale del Pakistan, città nel 1977 ridenominata Faisalabab). Articolo mai pervenuto alla redazione (allora in Arezzo, curata da p. Pietro Schiavon, † 20.III.1973). Non ne avevo fatto copia di riserva, né ricordo il suo titolo esatto! |
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Consacrazione
«Missioni domenicane» 43/5 (1969) 14-19. |
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Lyallpur città del Panjàb, regione del Pakistan centrale, poi ridenominata Faisalabad |
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La diocesi di Lyallpur (West Pakistan) ha la sua nuova cattedrale. Spicca sul fondo della grande arteria che dalla Stazione Centrale porta al "Kacheri Bazar". Le fa da cornice il compound dell'episcopio: un gioco discreto tra il verde chiaro dei "parterres" e il rosso riarso dei mattoni dei "bungalows". Al centro del compound, la cattedrale: solenne ma non pesante, luminosa ma non chiassosa. Rotonda, come un abbraccio fraterno, sormontata da una cupola verde. Circondata da pinnacoli che puntano il cielo come grandi dita di cemento e scandiscono gli immensi occhi di metallo e vetro delle finestre. Bella, come una corona di regina.
è opera dell'architetto A. Cozzian, realizzata dagli italiani della Ditta Cocefar-Astaldi. Il nostro fr. Domenico Peduzzi [† 25.I.1985] è stato dietro ai lavori - che si son trascinati per diversi anni - con una riserva inesauribile di energie, di pazienza e di... voce.
Ma più di tutti, ne è autore il nostro vescovo, mons. Cialeo [† 4.I.1985]. Vi ha lavorato, con la silenziosa tenacia che gli è propria, fin dal 1960 quando abbandonò la sede di Multàn per trasferirsi nella nuova diocesi di Lyallpur, sprovvista di episcopio e di cattedrale. I fratelli in episcopato l'andavano dicendo, con benevola ironia, già da un pezzo: «Mons. Cialeo in pochi anni saprà rifarsi una cattedrale nuova di zecca; e più bella della nostra». E così è stato.
Ora i nostri cristiani pangiabi di Lyallpur hanno «la Grande Chiesa» (come chiamano la cattedrale in lingua urdu), tutta per loro. Ne sono soddisfatti; quasi orgogliosi. Ma anche intimoriti. Si fermano al cancello del compound quasi stupiditi da una visione di sogno, e restano a fissarIa, a distanza, con grandi occhi stupefatti. Han l'impressione che sia troppo bella, troppo grande, troppo raggiante per esser "loro", così poveri, così umili. Poi si avvicinano con confidenza. Lasciano i sandali sul sagrato. entrano a piedi nudi nel grande abbraccio della casa comune. E si sentono a loro agio. Come a casa propria. L'altare - il cuore della chiesa è di marmo pakistano ed è dono (il dono deIla vedova!) dei cristiani pakistani. E questo rende "pakistana", cioè "loro", tutta la chiesa.
La consacrazione ha avuto luogo il giorno 29 marzo [1969], ore 10,30. Mons. Cialeo ha celebrato la liturgia della consacrazione. Erano presenti sua eccellenza mons. J. Cordeiro vrcivescovo di Karachi. che ha tenuto l'omelia d'inaugurazione, sua eccell. mons. Raevmaekers vescovo di Lahore, sua eccell. mons. Roger Buyse ex-vescovo di Lahore, sua eccell. mons. B. Boland O.P. vescovo di Multàn. Presenti tutti i sacerdoti della diocesi di Lyallpur e molti delle diocesi vicine. Rappresentanti delle Chiese Protestanti. Un gruppo nutritissimo di suore di diverse Congregazioni e provenienti da vari centri missionari. Un'immensa folla di fedeli, parte di Lyallpur città e parte proveniente dai centri più remoti della nostra diocesi.
Ospite straordinario mons. Conway, presidente dell'Opera della Propagazione della Fede, venuto appositamente da Roma per invito del nostro vescovo.
AI termine della celebrazione liturgica gli ospiti si sono intrattenuti a pranzo nelI'episcopio. Le suore domenicane di LyaIlpur e le francescane di St. Raphael's Hospital hanno fatto a gara nella preparazione e servizio del pranzo.
Teilhard de Chardin:
AA. VV., Proceedings of the Pakistan Philosophical Congress, (???). - Peshawar, aprile 1970 - |
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Mio intervento al simposio tenuto a Peshawar
(= "avamposto" letteralmente, città di confine, nel nord-ovest del
Pakistān), 3-5 aprile 1970.
Fu il Prof. Iqbāl Qādir a chiedermi di
fare un intervento, lasciandomi piena libertà di scelta. Frequetavo
allora i corsi di Filosofia alla "University of the Punjab" (Lahore)
1968-1970, e il Prof. Qādir ne era "Head of Department".
Lingua corrente, almeno in quella facoltà, era ancora l'inglese; ma con
pressante interferenza della lingua nazionale urdu.
A fine convegno, il comitato preposto all'edizione degli atti mi
chiese il dattiloscritto
dell'intervento. Glielo diedi. Era l'unico che avevo, per quanto ricordo! Stampa mai vista né ricevuta. ■ E dunque - almeno per ora! - non ne possiedo copia. Né la ritrovo tra le mie vecchie carte! ■ Firenze 24.III.2012: dalla radio oggi ascolto notizia di un prossimo congresso fiorentino su Teilhard de Chardin! |
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12 febbraio 2020, ricevo la lettera seguente:
«Dear Emilio Panella,
My name is Zachary Foster -- I recently finished my Ph.D in Near Eastern Studies at Princeton and I came across your work on India, Islam in Indian Sub-Continent. I’ve recently launched a youtube series dealing with the Middle East and broader Muslim world, and wanted to see if you'd be interested in collaborating on the project?
I uploaded an episode on the CAA and protests, which you can have a look to see if this is the kind of show you might be interested in collaborating on:
https://www.youtube.com/watch?v=IKoQJev5fUM
If interested, my thinking was that we could work on an episode together on some aspect of Indian history, culture, politics or society. Let me know!
In touch, Zach Foster».