precedente successiva

 

il fiorentino fra Paolo dei Pilastri († 1314)

e l'inglese fra Nicola Trevet (fl. 1258-1334)

■  incontro a Pisa, 1297-1298 ca. 

 

 

■ Estraggo e riordino quanto in: Priori di Santa Maria Novella di Firenze 1221-1325, «Memorie domenicane» 17 (1986) 253-284, in particolare pp. 259-263.

Punti essenziali del contributo: l'amico Paolo del frate domenicano Nicola Trevet va identificato con fra Paolo di Gualduccio dei Pilastri da Firenze OP; incontro dei due amici a Pisa 1297-98 e Firenze; Nicola di certo non redige il commento alla Philosophiae consolatio di Boezio in Firenze, ma più verosimilmente in Inghilterra (prima del 1304); e di là ne invia copia autografa al suo amico Paolo.

Emilio Panella OP

 San Domenico di Fiesole, aprile 2018

 

 

¬

 


 Nel 1966 Ruth J. Dean, studiosa del domenicano inglese Nicola Trevet (ancora in vita nel 1334), faceva conoscere la lettera con cui Nicola presentava al suo amico Paolo - che in Pisa l’aveva esortato a intraprendere l’opera - il commento alla Philosophiae consolatio di Boezio. Dopo la Consolatio, Nicola commenterà le tragedie di Seneca (1315 ca.) e gli Ab Urbe condita di Livio (1316-1319) immettendosi con autorevolezza nel movimento culturale di nuove curiosità per testi classici che fermenterà nel ventennio 1320-1340 «gonfio di vicende retoriche tra le più forti che mai si siano svolte nella penisola italiana» (BillanovichDal Livio di Raterio p.134).

R.J. DEANThe Dedication of Nicholas Trevet’s Commentary on Boethius, «Studies in Philology» 63 (1966) 593-603.

G. BILLANOVICHDal Livio di Raterio (Laur. 63,19) al Livio del Petrarca (B. M., Harl. 2493), «Italia medioevale e umanistica» 2 (1959) 134; su Nicola Trevet pp. 154-158. ID.Tra Dante e Petrarca, ib. 8 (1965) 1-44, specie pp. 10-11.36-38. ID.La tradizione del testo di Livio e le origini dell'Umanesimo I/1, Padova 1981, c. 2 (Niccolò Trevet e Paolo da Perugia), pp. 34-40; in pp. 35-38 l'autore ripubblica Epistola fratris magistri Nicolai comentatoris ad Paulum.

Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi III, 187-196; IV, 213-215. Indices generales, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 51 (1981) 304a (Nicolaus Triveth), 318b (Paulus de Pilastris).

Nicola cita il proprio commento alla Philosophiae consolatio nel quodlibeto disputato in Oxford nel 1304 (F. EhrleGesammelte Aufsätze zur englischen Scholastik, Roma 1970, 334-335 n. 6). L’incontro con l’amico Paolo ebbe luogo in Pisa, come attesta la lettera. Nicola era certamente in Oxford nel 1303, e molto probabilmente anche negli anni 1300-1302. Cosicché l’incontro pisano con Paolo andrebbe collocato anteriormente al 1300, mentre la precedente residenza oxoniense di Nicola è testimoniata per l’anno 1297.

La lettera, conservata in un solo manoscritto, l’Ambrosiano A 58 inf., presenta brani alquanto oscuri. La difficoltà d’intendere appieno il testo è da addebitare in parte allo stesso autore, quando vien meno nel sostenere il piacere del complesso periodo ipotattico con la perspicuità dei raccordi sintattici, in parte alla tradizione manoscritta che, oltre a due lacune, tradisce lezioni corrotte, certamente molto sospette.

■ Edizione del testo in DEAN, The Dedication pp. 600-603, con riproduzione fotografica del documento; anche in G. BILLANOVICH, La tradizione del testo di Livio..., I/1, Padova 1981, 35-38. Citerò il testo indicando pagina e rigo dell’edizione Dean.

Anzitutto chi è Paolo?

La Dean raccoglie convincenti indicazioni a favore d’un frate domenicano ma lascia sospeso il problema dell’identificazione. Il secolare Paolo da Perugia, propone Giuseppe Billanovich (La tradizione del testo di Livio..., I/1, Padova 1981, 38-40).

■ Presa visione di questo mio contributo, il Billanovich accede alla nuova identificazione, con qualche riserva: G. BILLANOVICH, Il testo di Livio. Da Roma a Padova, a Avignone, a Oxford, «Italia medioevale e umanistica» 32 (1989) 88-93, tutto l'art. pp. 53-99; esemplare inviatomi gentilmente dall'A., sett. 1991.

Solo il Kaeppeli, a quanto mi risulti, nella recensione delle opere di Nicola Trevet (Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi III, 1980, p.191 n° 3143) suggerisce il nome di fr. Paolo dei Pilastri OP. Il suggerimento merita d’esser raccolto e la proposta d’identificazione può produrre congruenze topiche e croniche di notevole peso. Lettera e prologo del commentario si completano: raccordano i vota quorundam fratrum che sollecitano il commentario con l'autore ex ordinis Predicatorum professione. Paolo di Gualduccio dei Pilastri, frate del convento fiorentino dal 1271, più volte sottopriore e priore, familiare del cardinale Niccolò da Prato dopo il trasferimento della curia papale ad Avignone. In Avignone 30.VI.1309, presente, col card. Niccolò, al testamento del card. Giovanni Boccamazza (PARAVICINI, I testamenti 353-82). Patriarca di Grado nel 1314, muore nello stesso anno quindici giorni dopo l’intronizzazione.

Cronica fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia, Arch. dell'omonimo convento, I.A.1, f. 18r, 213: «Frater Paulus filius olim Gualducii de Pilastris, sacerdos et bonus predicator. Fuit vite solide et religionis çelator, et amicis affabilis. Fuit supprior in conventu florentino in adolescentia sua, et magister novitiorum longo tempore. Fuit prior in conventu florentino et pluries ibidem supprior, et prior in conventu pisano et aretino, eugubino et pratensi; et aliquando fuit provincialis capituli diffinitor, et vicarius totius provincie per capitulum generale in Romana provincia. Fuit dudum in aula venerabilis patris domini Nicolai, ostiensis episcopi, in familiarem et capellanum. Tandem sublimatus [28.III.1314] ad cathedram patriarchatus gradensis ecclesie et inthroniçatus ibidem, vixit post hec diebus xv vel circa. Vixit in ordine annos xliiijor et menses aliquos». Cf. ORLANDI, "Necrologio"... I, pp. 32-33, 268-270; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi I, Monasterii 1913, 296.

Fra Paolo dei Pilastri: nominato visitatore conventuale 1285 (ACP = Acta capitulorum provincialium provinciae Romanae (1243-1344), ed. Th. Kaeppeli, Roma, MOPH XX, 1941, p. 71/27), priore del convento di Gubbio 1289 («Archivum Fratrum Praedicatorum» 1963, p. 247), predicatore generale 1291 (ACP p. 103/4-5). Risulta poi priore di Santa Caterina di Pisa in settembre 1297 (F. BONAINIChronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de Pisis,«Archivio storico italiano» I ser., tomo 6, parte II (1845), p. 485 n. 151; data del documento, 16.IX.1298, in stile cronologico pisano); e verosimilmente lo è stato fino al capitolo provinciale - cui competeva l’absolutio dei priori - Pisa 1298, convocato per la Natività della beata Vergine, 8 settembre (ACP p. 128/3-4). Non molto dopo il capitolo del 1298, Paolo viene eletto priore di Santa Maria Novella di Firenze, e in tale carica rimane fino a settembre 1299: Priori di Santa Maria Novella di Firenze 1221-1325, «Memorie domenicane» 17 (1986) pp. 275-276.

Firenze, 1 marzo 1299 (1298 dello stile ab Incarnatione): «In Dei nomine, amen. Millesimo ducentesimo nonagesimo octavo, indictione duodecima, die kalendis martii. Frater Cambius de Florentia ordinis fratrum Predicatorum in presentia mei Rustici notarii et testium infrascriptorum fuit confessus se recepisse et habuisse libras viginti lucanorum parvorum quas venerabilis pater dominus frater Tedericus, condam existens cerviensis, in suo testamento eidem fratri Cambio legavit, et de licentia et consensu fratris Pauli prioris fratrum ordinis Predicatorum florentini conventus promisit michi Rustico notario subscripto stipulanti et recipienti pro omnibus quorum interest... Actum Florentie in sacristia ecclesie Sancte Marie Novelle, testibus fratre Pace Gualteronis et fratre Dominico Ianiani ambo ordinis Predicatorum» (Arch. di Stato di Lucca, Dipl. S. Romano 1.III.1299).

Capitolo provinciale Pistoia, settembre 1299: nelle lista dei priori assolti dalla carica, anche quello fiorentino (ACP p. 131/16-20). Fra Domenico dei Rimaldelli è «sottopriore dei frati, del capitolo e convento di Santa Maria Novella» (ASF, Dipl. Santa Maria Novella 8.X.1299). Nella licenza data dal vescovo fiorentino all’acquisto di taluni terreni nel popolo di San Paolo, il priore è innominato (ASF, Dipl. Santa Maria Novella 25.IX.1299); nella transazione il convento è poi rappresentato dal «sottopriore e vicario» fra Domenico dei Rimaldelli (ASF, Dipl. Santa Maria Novella 4.XI.1299). Firenze 7.II.1300: «Actum Florentie in capitulo fratrum ecclesie Sancte Marie Novelle, presentibus testibus fr. Symone Salterelli priore, fr. Riccholdo Beliocti, fr. Paulo de Pilastris, fr. Dominico, fr. Gratia Florentino dicti conventus, domino Beliocto Berlingherii iudice, Philippo Peruççi et Francisco Guidi populi Sancti Symonis. - Masus, Giottus et Arnoldus, fratres filii condam Arnoldi Peruççii de Florentia» cedono a Cambio di Domenico del popolo San Martino a Vico, sindaco e procuratore del monastero San Iacopo a Ripoli, terreni in Santa Lucia d'Ognissanti e altrove, in tutto staia 69 e panora 4, in permuta con terreno del medesimo monastero sito nel popolo San Marcellino in località detta Ripoli; quest'ultimo confinante «a ij° d. Lapi Salterelli» (ASF, Corporaz. relig. soppr. da Pietro Leop., S. Iacopo a Ripoli 1 n° 60: 7.II.1299). Tra i frati capitolari del convento fiorentino, 20.XI.1304: «frater Paulus Pilastri » (ASF, Dipl. Santa Maria Novella 11.XI.1304, giunta del 20.XI.1304) e del 23.XI.1304 «fratris Pauli Pilastri» (ASF, Notarile antecos. A 3141 (già B 2127), ff. 3v-4r).

■ Per altri periodi segnalo soltanto notizie non raccolte in ORLANDI, "Necrologio"... I, 268-70. Il 30.IV.1282 è teste, «fr. Paulo de Pilastris», nell’atto capitolare del monastero domenicano San Iacopo a Ripoli che s’impegna a rilasciare dichiarazione di quietanza a Soldo di Pilastro e suo figlio Geri, tutori di Vanna del fu Gherardo di Pilastro futura monaca del monastero, quando questa avrà compiuto dodici anni di età (ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 1 n° 40: regestato erroneamente 30.IV.1286). ASF, Dipl. Cestello 18.II.1286; 3.IV.1291 (e in questo fondo diplomatico molte altre notizie sui Pilastri, patroni della chiesa San Miniato tra le Torri). Famiglia ghibellina del sesto S. Pancrazio, i Pilastri ebbero molti membri confinati nel 1268 dai guelfi vincitori (ASF, Capitani di parte guelfa, numeri rossi 20, Libro del chiodo pp. 129, 130).

■ Nelle fonti fiorentine de Pilestris scambia indifferentemente con de Pilastris.

La visita di Nicola Trevet a Pisa trova eccellente congruenza tra cronologia del domenicano inglese stabilita dalla Dean e presenza di Paolo dei Pilastri in Pisa negli anni 1297 e 1298. Nessun altro Paolo, né del convento pisano né degli atti dei capitoli provinciali, può concorrere con fra Paolo dei Pilastri al titolo di destinatario della lettera di Nicola Trevet.

«Visita» del Trevet a Pisa, e poi a Firenze, non «composizione» del commento alla Philosophiae consolatio. La Dean infatti interpreta il brano centrale - quello di natura informativa - della lettera di Nicola nel senso che costui, lasciata Pisa per Firenze, abbia composto il commento boeziano nella stessa Firenze (DEANThe Dedication pp. 594, 596, 600), presumibilmente nel convento domenicano di Santa Maria Novella (Ch.T. DAVIS, Dante’s Italy and other Essays, Philadelphia 1984, p. 267). In verità la lettera non offre né esplicite informazioni circa il luogo dove Nicola - nel corso delle otto settimane dalla domenica delle Palme a quella della Pentecoste - abbia composto il commento, né indizi per inferirne la composizione in suolo italiano. Indizi semmai sono a favore dell’ipotesi che composizione dell’opera e invio d’un esemplare all’amico Paolo abbiano avuto luogo altrove, lontano da Pisa e da Firenze. Rileggiamo il brano centrale della lettera.

Epistola fratris magistri Nicolai comentatoris ad Paulum
brano centrale -

ed. DEANThe Dedication 601-602

eBILLANOVICHLa tradizione 36-37

Recordor itaque hactenus cum personaliter a tua amicitia (MS. amititia) Pisis diuerti Florentiam in capite scalarum te exemplariter uerbis Ouidii me allocutum fuisse: Demof[o]on, uentis [et] uela et uerba dedisti, Vela queror reditu, Verba carere fide. Hexitans ut comento siue lucido scripto super Boetio de Consolatione Phylosophie meo studio atque labore fultis iuxta (MS. iusta) promissionem a me pollicitam utique fores non quidem mee sponsioni modicam exibere fidem. Sed quia nimia uoluntate tam excellenti opere etiam [blank for several ketters] dignissime occupatus me iuxta posse sed non firmiter pollicente ambigue dubitabas.

Recordor itaque hactenus cum personaliter a tua amicitia (amititia, ms.) Pisis diverti Florentiam, in capite scalarum te exemplariter verbis Ovidii me allocutum fuisse: «Demofon, ventis vela et verba dedisti, Vela queror reditu, verba carere fide»; hexitans, ut comento sive lucido scripto super Boetio de Consolatione phylosophie meo studio atque labore fultus iusta promissionem a me pollicitam utique fores, non quidem mee sponsioni modicam exibere fidem. Sed quia nimia voluntate tam excellenti opere etiam . . . . . dignissime occupatus, me iuxta posse sed non firmiter pollicente, ambigue dubitabas.

Verum [blank for several ketters] mea quam plurimum mensium temporis reditu caruerunt. Ductore autem deo extemplo (MS. -tim-) ad tuam expectantem residentiam applicabunt nequaquam te si delintea sequentia, que presto labili conuersione usque in hodierna tempora defecerunt. Verba autem mea a fecunda fide nullatenus virimerunt quemadmodum Demofontis profecto cessarunt. Demum autem imbutione temporis adueniente mea fides legalitate plena est, quoniam opus a te diu quesitum et procul dubio optitatum non sine maximo labore et frequenti solertia ad metam perduxi.

Verum <verba> mea quam plurimum mensium temporis reditu caruerunt. Ductore autem Deo extimplo ad tuam expectantem residentiam applicabunt; nequaquam te si de lintea sequentia que presto labili conversione usque in hodierna tempora defecerunt (sic). Verba autem mea a fecunda fide nullatenus diremerunt (dirimerunt, ms.), quemadmodum Demofontis profecto cessarunt. Demum autem, imbutione temporis adveniente, mea fides legalitate plena est, quoniam opus a te diu quesitum et proculdubio optitatum non sine maximo labore et frequenti solertia ad metam perduxi.

   

latino disastrato, presuntuoso volgarizzamento (2009) di E. Panella

Mi ricordo ancor oggi, quando mi separai da te, amico mio, a Pisa in partenza per Firenze (1297-98 ca.). In cima alle scale mi salutasti in metafora con versi d'Ovidio: «Al vento hai spiegato vele e parole, Demofonte; delle vele lamento il mancato ritorno, delle parole la mancata fede». Tu dubitavi di poter far conto d'un mio commentario o chiara esposizione della Consolazione della filosofia di Boezio, benché io te l'avessi promesso. (...).  Le mie vele in verità per mesi e mesi non hanno fatto ritorno; ma ora con la guida di Dio, approderanno presto a casa tua! (...). Le mie parole non hanno dirottato dalla promessa fatta, come invece vennero meno quelle di Demofonte. Finalmente, a tempo finito, le mia promessa si riveste di legalità! Ecco, il lavoro che hai a lungo richiesto e sinceramente desiderato, l'ho portato a temine. Non senza grossa fatica e intensa alacrità.

   

«Al vento hai spiegato vele e parole, Demofonte; delle vele lamento il mancato ritorno, delle parole la mancata fede». La citazione ovidiana di Paolo (Heroides II, 25-26: «Demophoon, ventis et verba et vela dedisti: | Vela queror reditu, verba carere fide», nell'ed. G. Rosati, Milano 1989; distico diffuso dal manuale medievale Graecismus XV, 4-5, ed. J. Wrobel, Breslau 1887, 151) si è impressa nella mente di Nicola. Nell’inviare all’amico il commento finalmente portato a termine, Nicola riprende le parole d’Ovidio e assicura Paolo - il quale aveva dubitato dell’adempimento della promessa - che l’opera da tempo richiesta e desiderata è ora pronta. «Verba-reditu», «Verba-fide»: la coppia ovidiana si prolunga in istanza metaforica nella lettera di Nicola. Le mie parole non son venute meno alla promessa («Verba autem mea a fecunda fide...»: 602, 8-9). La mia nave, certo, da molti mesi non ha fatto ritorno; ma ora ecco che il mio dono approda verso di te. La coerenza della metafora, stabilita sul binomio ovidiano uerba-uela, suggerisce un non inverosimile restauro del primo membro della metafora coincidente con la seconda lacuna testuale:

«Verum<tamen uela> mea quam plurimum mensium temporis reditu caruerunt» (602,3-4),

corroborato dal susseguente verbo «applicabunt» (602, 6) cioè «approderanno»; oppure:

«Verum <quamuis uela> mea... reditu caruerunt, ductore autem Deo...» (602, 35).

 Non è Nicola che torna di persona al suo amico Paolo; vi ritorna col suo affetto e fedeltà d'amicizia testimoniati nel dono dell'opera promessa: «per istum mei presens cyrographum memorialiter reueho ut, quandocumque leges supradicta, mei amicitiam contempleris. Isto namque modo, quamquam corporeis oculis sistam absens, mentalibus quidem tuo amicabili intuitu ubique exercitante amore prospiciar et uidebor, dignisque orationibus tuis per rectas spes precesque Altissimo intime recomendatus existam» (602, 30-36). La Cronica del convento fiorentino conferma felicemente l'indole amicale di fra Paolo dei Pilastri: «amicis affabilis».

Non soltanto il testo non presenta tracce per concludere alla composizione dell’opera in Firenze, ma - benché oscuro in taluni brani - invita a ritenere che il commento alla Philosophiae consolatio sia stato composto lontano da Paolo, là donde ora vengono spedite lettera e copia del commento; attesta inoltre a più riprese che tra richiesta di Paolo e invio dell’opera è trascorso un imprecisato ma considerevole lasso di tempo: «quam plurimum mensium temporis» (602, 4), «opus a te diu quesitum» (602, 10-11), «pabulum... diu quesitum» (602, 37-38); tempo distinto e più ampio delle otto settimane di lavoro impiegate alla composizione del commento - di cui Nicola dà separata notizia («Itaque iactatis a tergo omnibus aliis meis uicibus, incipiens a sancto die dominico Oliuarum usque ad Sacrum Pasca ac Floridum Pentecostes quasi per continuas dietas scribens, quibus insudans, noctis crepusculum vesperum et conticinium quoque addens, trecentarum consumaui scripturam cartarum» 602, 21-25) -, tempo a sua volta distinto dall’ulteriore tempo occorso per trascrivere di proprio pugno due copie dell’opera appena portata a termine, la seconda destinata a Paolo («Ex quibus [sciI. cartis], uix interpolato labore, uolumina - ut predixi ­ elicui quippe duo: unum uidelicet [ei] qui michi comodauit exemplar, aliud autem tue prorsus morigerate nec non gratuite iuuentuti»  602, 25-28).

Anziché scusarsi del ritardo, Nicola avrebbe potuto vantare tempestività d’esecuzione se le espressioni «quam plurimum mensium temporis» e «diu quesitum» indicassero unicamente i tempi necessari alla composizione e copia dell’opera in Firenze subito dopo l’incontro pisano. Dopo il priorato pisano (1297-98), fra Paolo dei Pilastri rientra a Firenze, dov’è priore di Santa Maria Novella da fine estate 1298 a settembre 1299; in Firenze risulta ancora presente nel 1300 e 1304Nicola Trevet, come sappiamo, cita il proprio commento alla Philosophiae consolatio nel quodlibeto del 1304; aveva promesso l’opera a fra Paolo durante l’incontro pisano, gliela invia dopo che era trascorso un considerevole lasso di tempo. Non da Firenze, dove fra Paolo risiede non appena terminato il priorato pisano e da dove sarebbe risultata incongrua la persistente metafora della navigazione per un dispaccio destinato a Pisa. Dall’Inghilterra, dobbiamo concludere, dopo il rientro in patria; qui la presenza di Nicola è attestata almeno a partire dal 1300.


Problema rapporti "Niccolò Trevet / Paolo dei Pilastri / Pisa / Firenze", e intenso scambio epistolare (1988 ss) col prof. Giuseppe Billanovich († 2.II.2000).

Milano, Foro Bonaparte 55  -  19.II.1988.

Reverendo p. Panella

Edoardo Fumagalli mi ha passato il Suo estratto [= Priori di SMN]; che mi ha dolcemente riportato a tanti incontri a Santa Sabina, molti anni fa, con l'indimenticabile p. Kaeppeli. Il Suo articolo è ottimo e molto utile. Avevo ripubblicato la lettera di Niccolò Trevet a Paolo: apportandovi alcuni rimedi e inserendo qualche rinvio alle fonti (La tradizione del testo di Livio...). E avevo formulato l'ipotesi disperata che il destinatario della lettera potesse essere Paolo da Perugia. Molto più convincente la proposta che p. Kaeppeli formulò e che Lei rinforza: che il destinatario sia Paolo Pilastri. Per i rapporti del Trevet con gli italiani e per la diffusione dei suoi commenti andiamo ora molto avanti. Io mostro che Trevet commentò il testo della III Decade di Livio scoperto da Lovato Lovati e usato da Albertino Mussato: La biblioteca papale salvò le storie di Livio", in "Studi petrarcheschi", n.s. III (1986) 28-29 e 79; e mio fratello rivela - gliene manderemo l'estratto appena pronto - che in una serie di appunti autografi Mussato riprende dal commento di Trevet alle tragedie di Seneca ("Italia medioevale umanistica", XXVIII, 1985, 23-33). Grande intermediario tra Oxford e Padova fu ser Simone d'Arezzo, segretario del card. Niccolò da Prato. Di passo in passo nella dura via.

Mescolo insieme congratulazioni e ringraziamenti. Giuseppe Billanovich

M.L. Lord, Virgil's Eclogues, Nicholas Trevet, and the harmony of the spheres, «Mediaeval studies» 54 (1992) 186-273 [cart. "Nicola Trevet"]. In p. 260 e n. 198: «Trevet was well-traveled and is known to have spent some time in Italy. He made a stay of several months in Pisa and Florence before 1304. Ruth J. Dean has shown that he wrote bis Boethian commentary in Florence and has suggested that he may have attended a meeting of the general chapter at Padua in 1308». In nota: «See R. J. Dean, "The Dedication of Nicholas Trevet's commentary on Boethius," Studies in Philology 63 (1966): 593-603. For the identification of the friend to whom Trevet wrote this dedicatory letter as Paul of Perugia, see Giuseppe Billanovich, La tradizione del testo di Livio..., Studi sul Petrarca 9 (Padua, 1981), chap. 2, "Niccolò Trevet e Paolo da Perugia," 34-40. For the suggestion concerning the meeting in Padua, see Dean, "Cultural Relations," 560». Valutazioni e identificazioni da rivedere. Nicola Trevet, Quodl. 11.q. 19: Utrum corpora celestia per suum motum causent aliquam armoniam, ed. pp. 267-73.

1993. SOPMÆ III, 187-196; IV, 213-215.

Giuseppina BRUNETTI - Sonia GENTILI, Una biblioteca nella Firenze di Dante: i manoscritti di Santa Croce, AA. VV., Su alcuni libri in biblioteche d'autore, Roma 2000, pp. 21-55. estratti alla voce "BRUNETTI", ricevuti in dono, giugno 2011. Grazie!

Prezioso censimento culturale nella Firenze due-trecentesca; coinvolge spesso anche SMNovella. Si accenna al domenicano inglese Nicola Trevet e al suo commento alla Philosophiae consolatio di Boezio, «che forse compì proprio in SMNovella nel 1300» (p. 48; in BRUNETTI , Guinizzelli..., p. 167).

G. BRUNETTI, Guinizzelli, il non più oscuro maestro Giandino e il Boezio di Dante, AA. VV., Intorno a Guido Guinizzelli, Alessandria (Ed. dell'Orso) 2002, pp. 155-191. Fa conoscere un ignoto commentatore di Boezio. Se maestro Giandino da Carmignano è «maestro di filosofia», la frequentazione con autori e testi filosofici menzionati in p. 171 la darei per scontata; gran parte di essi a quel tempo erano libri textus sui quali vertevano le lezioni nella facoltà delle arti.

ID., Preliminari all'edizione del volgarizzamento della "Consolatio philosophiae" di Boezio attribuito al maestro Giandino da Carmignano, AA. VV., Studi su volgarizzamenti italiani due-trecenteschi, Roma (Viella) 2005, pp. 9-45. Articolato studio filologico nel descrivere e definire rapporti genetici di tre testimoni manoscritti (tutti fiorentini) del volgarizzamento.

Da provvisoria conclusione in p. 40: «L'ipotesi più economica da considerare, in base ai risultati diversi che si sono qui via via raccolti, mi pare quella che postula una primitiva, forse parziale, traduzione della Consolatio che nella memoria locale (francescana?) era attribuita ad un autore, maestro Giandino da Carmignano (è l'attribuzione trasmessa dall'eccellente copista di A); un autore cioè noto per altri testi scritti verosimilmente (a Firenze?) negli ultimi decenni del Duecento.

Successivamente il testo fu ampliato, condotto a compimento e probabilmente rivisto per la parte dei metri sulla fonte latina (come farebbero pensare i versi tradotti in B che non si ritrovano in A, ma che sono congruenti al modello). Tale operazione, che implicò evidentemente anche l'aggiornamento della veste linguistica - posta, mi pare, ma da rapidi sondaggi, l'assenza di pisanismi in A - dovette essere assai rapida giusta la datazione di B fra la fine del XIII e i primi del XIV secolo.

C invece, complessivamente più sciatto e meno attento di AB, parrebbe più prossimo ad A ma in qualche misura sembra collazionare più ampiamente i materiali volgari che assembla, commento compreso».

Scarsi o nulli i dati biografico-cronologici di maestro Giandino da Carmignano. Pg 19: «Questi versi sono volgarizati per questo modo per lo maestro Giandino da Carmignano, grande maestro in filosofia» (ms BMLaurenziana, Plut. XXIII dext. 11, c. 4r).

G. BRUNETTI, Nicolas Trevet, Niccolò da Prato: per le tragedie di Seneca e i libri dei classici, «Memorie domenicane» 44 (2013) 345-71. In particolare p. 355, sull'identificazione di Paolo:

«Anzitutto dunque: chi è Paolo? La Dean raccoglie convincenti indicazioni a favore di un frate domenicano ma lascia sospeso il problema dell'identificazione. Giuseppe Billanovich propone il secolare Paolo da Perugia. Solo il Kaeppeli, a quanto mi risulti, nella recensione delle opere di Nicola Trevet suggerisce il nome di frate Paolo dei Pilastri da Firenze OP. Il suggerimento merita di esser raccolto e la proposta di identificazione può produrre congruenze topiche e croniche di notevole importanza: Paolo di Gualduccio dei Pilastri, frate del convento fiorentino dal 1271, più volte sottopriore e priore, familiare del cardinale Niccolò da Prato dopo il trasferimento della curia papale ad Avignone, patriarca di Grado nel 1314, muore nello stesso anno quindici giorni dopo l'intronizzazione. Ora, frate Paolo dei Pilastri risulta priore di Santa Caterina di Pisa in settembre 1297 e verosimilmente lo è stato fino al capitolo provinciale (cui competeva l'absolutio dei priori) del 1298, convocato per il 14 settembre; non molto dopo il capitolo del 1298, Paolo viene eletto priore di Santa Maria Novella a Firenze e in tale carica rimane fino a settembre 1299. La visita di Nicola Trevet a Pisa trova eccellente congruenza tra la cronologia del domenicano inglese stabilita dalla Dean e la presenza di Paolo dei Pilastri in Pisa negli anni 1297 e 1298.

Personalmente ritengo convincente l'ipotesi di padre Panella e ricordo contestualmente...».

 


 

  

finis!

 


precedente successiva