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2. La tradizione locale

Rimoviamo un fastidioso inceppo. L’inventario librario (anno 1390) del convento domenicano di Padova conosce, sotto il titolo Sententie sententiarum, le Collationes di fr. Ubaldo dei Cari da Lucca OP?

«L’opera di Fra Ubaldo Cari da Lucca, Collationes, sotto il titolo Sententiae Sententiarum compare nell’inventario A del 1390 del convento domenicano di Padova» (Verde-Corsi 180).

Avremmo voluto che così fosse. Il catalogo del 1390 tramanda un titolo adespoto «Sententie sententiarum». Tutto qui. È l’editore del catalogo a suggerire di vedervi, «probabilmente», le «Collationes sententiarum doctorum sanctorum di Ubaldo Cari da Lucca OP» per semplice assonanza nominale dei titoli; dopo aver raccolto informazioni dalla tradizione Échard e dal contributo di Domenico Corsi sulla biblioteca quattrocentesca di San Romano (L. Gargan, Lo studio teologico e la biblioteca dei domenicani a Padova nel Tre e Quattrocento, Padova 1971, 209; con rinvio a SOP I, 732  e a D. Corsi, La biblioteca dei frati domenicani di S. Romano di Lucca nel sec. XV, AA. VV., MiscellaneaA. Gallo, Firenze 1956, 305, 309). Non invertiamo la rotta. Lo stato della questione c’impone di procedere a stabilire ed isolare il certo per poi interpretare l’incerto, sotto pena d’accendere circoli viziosi.

E passiamo a piste solide. Tra gli atti della propria attività accademica raccolti nel ms Vaticano, Barb. lat. 710 (sec. XV inc.), il maestro Simone di Filippo da Cascina OP († 1420 ca.) del convento pisano ha tramandato un sermone tenuto in occasione del capitolo provinciale Lucca 1402, presente il maestro dell’ordine Tommaso da Fermo (1401-14): «Sermo quem feci Luce in provinciali capitulo ubi fui factus diffinitor generalis capituli, et ibi fuit generalis» (f. 42rb). Coincidente con la festa di san Iacopo, dunque 25 luglio 1402. Come tacere delle glorie del convento ospite e dei suoi uomini illustri?

Frater enim Salvi de Barga, qui fuit provincialis huius provincie, in toto ordine splenduit; fr. Ugo de Borgognonibus composuit provincie cronicam et fuit provincialis; fr. Tholomeus in tripartita cronica plurimum insudavit; fr. Ubaldus Perfectucii super bibliam summam fecit. Quam plures alii fratres lucani, quorum nomina ad presens taceo, reddiderunt hunc conventum splendidum! (BAV, Barb. lat. 710, f. 42rb).

■ T. Käppeli, La raccolta di discorsi e di atti scolastici di Simone da Cascina O.P. († ca. 1420), AFP 12 (1942) 191, 202-03, tutto l’art. 185-246. SOPMÆ III 344: 3590.

Il medesimo sermone di Simone, fuori dell’autorevolissima silloge consegnata in BAV, Barb. lat. 710, si è diffuso anche in miscellanee d’altro genere, sotto il nome di «Iohannes de Cascina», verosimile contaminazione onomastica col concorrente antroponimo «Iohannes Dominici».

BAV, Vat. lat. 4000 (xv ex), ff. 174va-175vb: «sermo magistri Io. de Cascina Luce in Sancto Romano facto capitulo die sancti Iacobi 1402, 24 iulii», che nel nostro brano ha: «fr. Tolomeus insudavit in nova cronica tripartita; fr. talis super bibliam summam fecit. Quam plures…» (f. 175ra); Vat. lat. 4192 (xvi), ff. 224va-226va, copia di Vat. lat. 4000; Vat. lat. 7305 (xv), ff. 260-262.

Cf. P. O. Kristeller, Iter italicum VI Supplement, Leiden (Brill) 1992, 321b, 323a, dove si annoti che sotto il nome «Iohannes de Cascina» si nasconde «Simon de Cascina OP».

«Summa super bibliam», dice Simone: la «summa quam intitulavit Sententias sententiarum» di Lorenzo Pignon e del n° 1 nella lista del Liber chronicorum? o piuttosto De expositione quarundam auctoritatum Sacrae Scripturae, n° 2 del Liber chronicorum? La perplessità sul riscontro con le altre fonti non diminuisce l’importanza della notizia del pisano Simone da Cascina. Costui predica o scrive in Lucca, dove dobbiamo supporre abbia raccolto nel 1402 una notizia tutta locale; quando in tutt’altra area geografica, nel ducato di Borgogna, Lorenzo Pignon non aveva ancora portato a termine (1412 ca.) i sui Catalogi. Il primo in assoluto, Simone, a parlare dello scrittore Ubaldo. E l’unico a darci un elemento onomastico supplementare, il patronimico: Ubaldo di Perfettuccio. Decisivo, come vedremo, per identificare l’Ubaldo scrittore tra gli omonimi confratelli lucchesi.

Tra aprile e maggio 1447 il notaio lucchese Giovanni di Bartolomeo Nocchi redige un inventario di tutti i beni mobili della chiesa e convento San Romano di Lucca, alla presenza dei frati Paolo da Orvieto priore, Ugolino da Lucca e Piero di Ventura da Lucca. È conservato in ASL, Notarile (Giov. di Bartolomeo Nocchi) n° 591, ff. 78r-86r. L’inventario è articolato secondo le rubriche: oggetti preziosi e suppellettili sacre della sacrestia (ff. 78r-82r), missalia (f. 82r-v), libri (ff. 82v-84v; carte 83r-84r con scrittura a due colonne), cubilia (ff. 84v-85v), quoquine (f. 85v), tovalie (f. 86r).

sezione libri pubblicata da D. Corsi, La biblioteca dei frati domenicani di S. Romano di Lucca nel sec. XV, AA. VV., Miscellanea… A. Gallo, Firenze 1956, 295-310. Sul nostro Ubaldo p. 309 n. 145. Quanto al «Remigium super Matheum» (f. 84rb) nulla permette di rinviare a Remigio dei Girolami OP (ib. p. 310 n. 242); bisogna vedervi il tradizionale Super Matthaeum di Remigio d’Auxerre († 909). Cf. Commentari biblici d’autori domenicani?, «Angelicum» 61 (1984) 499-500n.

Scorriamo la sezione libraria, distribuita in tre banchi; il primo banco non esplicitamente rubricato in apertura della sezione libri (f. 82v), ma da sottintendere in risposta all’esplicita rubricazione dei banchi secondo (f. 84ra) e terzo (f. 84v).

 

 

Primo banco

243 Tertia pars sancti Thome.
244 Aurora.
245 Sermones qui incipiunt Contra decem precepta.
246 Liber de pugna Christi contra inimicum hu<m>ani generis. 
247 Paulus glosatus. 
248 Apochalisis glosatus (f. 83ra).
 ...  
347 Sermones dominicales qui incipiunt Abiiciamus.
348 Matheus glosatus.
349 Liber fratris Ubaldi de Luca de civitate beatorum.
350 Sanctus Thomas incompletus super libris metaphisice.
351 Homelie.
352 Prima pars moralium beati Gregorii pape (f. 83vb).
   
 

Secondo banco

422 Postille super ecclesiasticum.
423 Quartus Petri de Tarantasio.
424 Prima pars collationum sententiarum fratris Ubaldi de Luca.
425 Primus Petri de Tarantasio.
426 Quartus sententiarum Alberti Magni.
427 Secunda pars collationum sententiarum fratris Ubaldi de Luca.
428 Distinctiones super quatuor libros sententiarum.
429 Questiones pulcre que incipiunt Queritur de penitentia (f. 84rb).
 ...  

Tre esplicite chiamate di fr. Ubaldo da Lucca: De civitate beatorum nel primo banco della biblioteca conventuale; Collationes sententiarum nel secondo banco, in due distinti codici, contenenti rispettivamente prima e seconda parte. Affidabile, il Manardi, che dà prova nel Liber chronicorum (1525) lucchese d’aver steso la lista delle opere d’Ubaldo palpando con le proprie mani i codici che le trasmettevano: dell’opera maggiore diceva che, distribuita in XII libri, era contenuta in due grossi volumi; dell’altra scriveva «librum De civitate Beatorum unum». E probo, il Manardi, perché si astiene dall’integrare patronimici o agnonimici specificativi dell’autore Ubaldo (la tradizione dei diplomi conventuali poteva indurlo a tentazione, come vedremo, e inquinare irrimediabilmente la testimonianza). La coincidenza infatti nell’indistinto antroponimico «fr. Ubaldo da Lucca» presso l’inventario 1447 e presso il Liber chronicorum del Manardi, prova che tale era l’iscrizione tramandata dai codici ubaldiani; contro l’improbabile alternativa che due fonti indipendenti abbiano concordemente omesso il patronimico. Peccato che il cronista lucchese non si sia trattenuto a dirci qualcosa di più.

E sulla meritata fiducia del Manardi, stabilita sul confronto con l’inventario notarile del 1447, accettiamo la lista degli altri titoli; di quelli che non trovano riscontro nei secchi titoli dell’inventarista Giovanni Nocchi; e che tuttavia non possiamo dichiarare positivamente assenti dalla biblioteca, viste le code del tipo «cum quibusdam aliis» o «cum multis aliis» appese a molte entrate dell’inventario. Segnaliamo l’anonimo «Liber de pugna Christi contra inimicum hu<m>ani generis» del primo banco, che echeggia a distanza il De quattuor locis in quibus movet bellum inimicus contra Christi fideles della lista Manardi.

Dall’inventario 1447 dunque e dal Liber chronicorum 1525 di San Romano (e da nessun’altra compilazione da questo dipendente) dobbiamo stendere la lista degli scritti di Ubaldo da Lucca e la probabile formulazione dei loro titoli. A inizio Quattrocento Simone da Cascina e Lorenzo Pignon conoscevano un solo titolo; sarà utile tener presente anche la loro formulazione, sebbene minori mi sembramo le probabilità che costoro riproducessero la titolazione letta nel codice originale anziché quella del genere letterario. Respingiamo infatti l’ipotesi di dover censire opere distinte a richiamo delle distinte formulazioni di Simone e Lorenzo, moltiplicando di conseguenza i titoli contro l’autorevole lista del Liber chronicorum lucchese.

Opere di Ubaldo da Lucca OP:

1. Collationes sententiarum doctorum sanctorum. Una somma del sapere teologico e della filosofia morale; divisa in XII libri; in due parti, fisicamente trasmesse da due distinti codici. Formulazione di Lorenzo Pignon: «summa quam intitulavit Sententias sententiarum quod <est> omnium doctorum super Sententias questiones scribentium». La cornice compositiva ricalcava le Sententiae di Pietro Lombardo, nella più fedele tradizione di scuola. Chiamate Collectiones sententiarum nella tradizione cronachistica.

2. De expositione quarumdam auctoritatum sacre scripture. Formulazione di Simone da Cascina: «summa super bibliam», salva la possibilità che l’allusione andasse all’opera sotto n° 1.

3. De civitate beatorum, liber unus.

4. De dotibus beatarum animarum.

5. De dotibus corporum gloriosorum.

6. De civitate Babilonis.

7. De quattuor locis in quibus movet bellum inimicus contra Christi fideles. Incerta l’identificazione con l’adespoto «Liber de pugna Christi contra inimicum humani generis» dell’inventario lucchese 1447.

8. De septem vitiis capitalibus.

3. Andate perdute?

Erano ancora tutte presenti nella biblioteca conventuale di San Romano in Lucca nell’anno 1525, secondo la formale attestazione del Liber chronicorum. Eliminiamo invece una notizia sospetta: l’ambigua chiusa del testo del Fontana (1670), «Quae omnia in eodem continentur. Ex monum. huius Conu.», non vale nessuna insinuazione di sopravvivenza o no delle opere di Ubaldo al tempo del Fontana, visto che costui altro non fa che ricopiare il Liber chronicorum lucchese.

Di certo i codici d’Ubaldo non eran più nella biblioteca di San Romano nei decenni 1770-90. Nelle Memorie della religione domenicana (1772) dedicate al convento lucchese, Federico Vincenzo Di Poggio (1715-1810) trascrive dal Liber chronicorum conventuale (non dal Fontana!) la pagina su Ubaldo da Lucca, e a fronte della folta lista degli scritti esclama sconsolato: «a noi adesso tocca a piangere la perdita di sì fatte opere senza sapere ove possano ritrovarsi» (Di Poggio, Memorie 39. Annotiamo per transenna che sulle opere di Ubaldo il Di Poggio altro non sa (Memorie 38-39) se non quanto legge nel Liber chronicorum del Manardi, nel Fontana e nell’Échard, che cita esplicitamente). Nelle Notizie (1792) sulla biblioteca domenicana della città ribadisce: «Al presente di tutte queste Opere non v’è in Libreria neppure un foglio»:

F. V.  Di Poggio, Notizie della libreria de’ Padri Domenicani di S. Romano di Lucca, Lucca 1792, 27. Ex-fondo San Romano passato alla Bibl. Statale di Lucca: A. Mancini, Index codicum latinorum Bibl. publicae Lucensis, Firenze 1900, 122, 268-90.

Neppure un foglio. Strana sorte d’uno scrittore tanto prolifico; d’un lascito letterario distribuito in più composizioni e in più codici, a loro volta collocati in differenti banchi di biblioteca, a notevole distanza entro l’ordinamento bibliotecario (ben 75 entrate separano il De civitate beatorum del primo banco dalle Collationes sententiarum del secondo; le due parti delle Collationes separate a loro volta da 2 entrate). La casuale selettività della sopravvivenza (dalle distruzioni ai furti) ha colpito tutti i titoli di tutta la produzione dello scrittore Ubaldo?

Mancavano all’appello comunque, i codici di Ubaldo, molto prima del 1770. Non ve li scova l’Échard quando di ritorno da Roma per Parigi sosta a Lucca in agosto 1681. Negli Scriptores (1719) elogerà il bibliotecario Ludovico Sesti († 1683) che lo accolse, e la biblioteca «insignem et elegantem…, quam… vidi copioso librorum numero divitem».

■ SOP II, 750a; III, 371b. Sbaglia Di Poggio, Notizie della libreria p. 33 quando asserisce che il visitatore della biblioteca domenicana lucchese fosse Quétif e non Échard; non aveva che controllare nella prefazione a SOP I il significato dell’asterisco al margine dell’articolo su Lodovico Sesti. Verde-Corsi 620a. Necrologio della Prov. Romana (1656-94), a cura di I. P. Grossi, Firenze 1978 (ciclostilato), 50 n° 443 (Lodovico Sesti, † Lucca 15.II.1683). SOP II, 250a lo fa vivere fino al 1699.

Non vi cava tuttavia nessuna notizia su mss di autori lucchesi (Tederico dei Borgognoni, Tolomeo dei Fiadoni, Ubaldo). È vero che soltanto anni dopo, nel 1698-99, l’Échard succederà ufficialmente a J. Quétif († 2.III.1698) nel lavoro degli Scriptores; ma non aspetta quegli anni per sviluppare l’interesse a descrivere i mss nelle biblioteche visitate; proprio come in quella stessa estate 1681, in Firenze prima di procedere per Lucca, trae note dai codici di Santa Maria Novella, che a suo tempo riverserà negli Scriptores (SOP I, 507a, 730b, 733b in fine, 836a, 878a-b, 899b). Era il suo stile e il suo metodo: mirare alla fonte diretta a tutti i costi. E quando la raggiungeva, faceva chiarezza.

Di fatto le opere d’Ubaldo mancavano all’appello già nel 1680; e stavolta il silenzio vale positiva esclusione. In quell’anno infatti Lodovico Sesti, bibliotecario  -  come sappiamo  -  del convento lucchese, compone il Catalogo degli scrittori lucchesi. Nulla, assolutamente nulla di Ubaldo.

■ Lucca, Bibl. Statale ms 2509. Cf. Verde-Corsi LXIV. Devo alla gentilezza di A.F. Verde, marzo 1993, le notizie realtive a Bibl. Statale 2509, 2623, 2636.

Ed  esclusione dovrebbero valere congiuntamente la Cronica in folio, iniziata durante il priorato di Tommaso Bottini (1614-17, 1623-25) e protratta da Bernardo Morotti fino al 1649, e gli Annales (1647-50 ca.) dello stesso Morotti (OP 1577, † 1652), diligente raccoglitore a tappeto delle notizie della tradizione conventuale. Utile leggerne il testo; quel che dicono e sanno di Ubaldo filtra malinconicamente il Liber chronicorum 1525 d’Ignazio Manardi. In entrambi sotto la rubrica «Septimus <fr. Ubaldus>», settimo frate del convento lucchese secondo l’ormai canonico ordine del Manardi.

Cronica in folio (1614-25 ca.), Bibl. Statale di Lucca 2623, ff. 86v-87r: Fr. Ubaldus Lucensis, qualis praefati viri doctrina praestantissimi fuerit sententiarum doctorum Sanctorum Collectiones in duodecim distincte volumina cum moralem philosophiam tum theologicam retinentes authoritatem et Sacrae Scripturae quarumdam liber, et de civitate beatorum liber, alter de beatorum animarum corporumque gloriosorum dotibus ac de civitatis Babilonis locisve quatuor in quibus contra Christi fideles bellum excitat inimicus, codices satis superque declarant. Vita qualis extiterit, ipse qui omnia novit, scit, ego vero nescio.

Bernardo Morotti da Massa, Annales conventus Sancti Romani (1647-50 ca.), Bibl. Statale di Lucca 2636, f. 5v: P. F. Ubaldus Lucensis, religiosae exemplar clarissimum vitae vir, doctrinaeque splendidissimum fuisse lumen, variarum contexta volumina rerum et de doctorum sententiis phylosophiam moralem et theologiam circumsplicantibus, de beatorum felicitate et de locis in quibus diabolus contra fideles praecipuum movet bellum, reserant et declarant, quibus si de operibus optavit habere praemium moris vectigal solvere coactus est.

Raccogliamo quanto solidamente stabilito: i codici contenenti gli scritti del nostro Ubaldo son venuti a mancare dai banchi della biblioteca domenicana di Lucca tra il 1525 e il 1680 (se non 1650 ca.).

Disastri accidentali, al pari di meno innocenti propositi, sono imputabili anch’essi delle perdite librarie. Non li ignoriamo, sebbene nel nostro caso restino documentabili in territori periferici del possibile. Entro quegli estremi cronologici un incendio colpì i locali conventuali nel 1563 (Verde-Corsi 33 nota d, 268), appenna qualche anno dalla costruzione della «bibliotheca nova» durante il priorato di Ginesio Lazzari da Lucca 1555-59.

Verde-Corsi 33, 256. Se occupava i medesimi locali della precedente biblioteca («secus librariam pro deposito librorum ipsius versus Orientem», ib. 32) dovette scampare ai guasti dell’incendio 1563, spiluppatosi «ex ea parte quae ad Occidentem respicit» (ib. 33 nota d). Il Razzi visita la biblioteca del convento lucchese nel 1597: «la libreria di banchi 28 potrebbe esser più bella e più piena e più adorna; è in palco sotto e sopra a tetto»; vi consulta un libro in lingua spagnola pubblicato in Valencia 1594, appena tre anni prima. Serafino Razzi, Diario di viaggio di un ricercatore, ed. G. Di Agresti, MD 2 (1971) 206-07, 208 rr. 21-22.

La peste infierì sulla città negli anni 1630-31; gli stessi frati di San Romano ne tramandano le desolazioni (Verde-Corsi 539-49).

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