Un indistinto fr. Ubaldo. Lucca, tra 14 e 30 giugno 1261, atto capitolare del convento San Romano: «Omnibus clareat evidenter quod fr. Aldibrandinus de Cavalcantibus, prior fratrum Predicatorum lucani conventus videlicet Sancti Romani, cum consilio et consensu et voluntate sui conventus scilicet fr. Gregorii supprioris et David et Venture de Turri et Taddei et Venture de Castro Plebis et Henrigi de Piscia et Alberti et Hermanni et Iacobi de Carraria et Falconis et Burneti et <???>errigi et Martii et Henrigi Florentini et Donati et Benvenuti et Nascepace et Ubertini de Pistorio et Ricciardi et Francisci et Iordani et Banduccii et Lazzarii et Aldibrandini de Petrorio et Iohannis Uberti Lucani et Ubaldi» nominano procuratori i frati Enrico da Chiatri, Gerardo da Firenze e Roberto da Metano del medesimo convento per riscuotere 100 lire genovesi da lascito di «fr. Antoninus de Streghiaporcis de Ianua» (ASL, Dipl. S. Romano giugno 1261). Il nome Ubaldo ricorre 27° e ultimo della lista capitolare. Ancora tra i frati capitolari lucchesi «fr. Ubaldus» il 26 gennaio 1267, 7° dela lista di 12 capitolari (Verde-Corsi 370 alla data).
■ Cf. Verde-Corsi 370, che ha «2.VII.1261, la data è esatta». Nei miei quaderni di trascrizione dei diplomi di ASL (anno 1985) leggo: «anno dominice nativitatis ducentesimo sexagesimo primo ??? kalendas iulii», dove i punti interrogativi stanno per testo illeggibile; che poteva essere solo una specificaizione cronica dal 18° al pridie kal., dal 14 al 30 giugno; e l’ordinatore ottocentesco l’ha prudentemente registrata ASL, Dipl. S. Romano giugno 1261.
Lucca 27 febbraio 1279, atto capitolare: «fr. Ubertinus domini Ardinghi de Florentia, prior conventus fratrum Predicatorum de Luca, consensu et voluntate infrascriptorum fratrum dicti conventus videlicet fratris David, fr. Marchi, fr. Banducii Pistoriensis, fr. Ubaldi Cari, fr. Bonaiuti Lucani…» (ASL, Dipl. S. Romano 27.II.1279); 5° nella lista di 27 capitolari (cf. Verde-Corsi 371 alla data; tra 19 e 20 inserisci: «fratris Bandini Lucani»). Probabilmente anche in data 16 gennaio 1285, «Ubaldus Mai» (= Ubaldus Cari), 22° della lista di 28 capitolari del diploma trascritto dal Di Poggio, oggi irreperibile (Verde-Corsi 371 alla data; V. Di Poggio, Aneddoti, ms APR F.IV.43).
Lucca 27 agosto 1288: «fr. Laçarus de Luca, subprior conventus fratrum Predicatorum de Luca atque vicarius prioris conventus eiusdem, cum consilio consensu et voluntate infrascriptorum fratrum…, fratres Benvenutus de Sereçana…, Ubaldus Cari de Luca…» (ASL, Dipl. S. Romano 27.VIII.1288); 6° della lista di 22 capitolari (cf. Verde-Corsi 371-72).
Lucca 12 aprile 1307: «fr. Opitho, prior conventus fratrum Predicatorum de Luca, de consensu infrascriptorum fratrum dicti ordinis et conventus videlicet fr. Tholom<ei> Fiadonis, fr. Ubaldi Perfectucii, fr. Iohannis de Castilione, fr. Nicolai Cepe, fr. Dominichi Lanfredi, fr. <? ? ?> subprioris, fr. Ubaldi de Caris, fr. Bartholomei de Subgrominio, fr. Fatii, fr. Angeli lectoris, fr. Ugolini de Castello, fr. <? ? ?> Florentini, fr. Ubaldi Pistoriensis, fr. Nicolai <? ?>stadini, fr. Petri Cianfongnini, fr. Rina(r)di, et…» (ASL, Dipl. S. Romano 12.IV.1307; cf. Verde-Corsi 374 alla data).
Lucca 5 maggio 1307 e 2 dicembre 1314, «Ubaldus de Caris» 11° e 2° della due liste di 19 capitolari, tramandate dal Di Poggio; nel secondo è presente anche «Ubaldus Perfectuccii», 8° della lista (Verde-Corsi 374-75).
Compare con patronimico distintivo la prima volta nel 1291 quale lettore delle Sentenze assegnato al convento di Siena; nel 1292 assegnato lettore in Sulmona (la città passerà al territorio della costituenda provincia del Regno 1294-96). In entrambi i casi detto «Ubaldus Perfectutii» (MOPH XX, 100/8; 106/23-24).
Lucca 12 aprile 1307, «fr. Ubaldi Perfectucii» nella lista capitolare lucchese sopra trascritta, presente anche Ubaldo dei Cari.
CP Viterbo 1311: tra i promossi a predicatori generali anche «Ubaldus Perfectutii» (MOPH XX, 182/24).
Lucca 2 dicembre 1314, «Ubaldus Perfectuccii» 8° della lista di 19 capitolari, presente anche Ubaldo dei Cari 2° della lista (Verde-Corsi 374-75).
Roma 3 ottobre 1331. Dietro petizione di assoluzione introdotta dai supplicanti, ora pentiti e desiderosi di tornare nel grembo della chiesa, il cardinal diacono di San Teodoro (1316-35) e legato papale in Tuscia Giovanni Gaetano degli Orsini († 27.VIII.1335) dà facoltà al priore del convento San Romano di Lucca (fr. Ambrogio di Gherardo dei Rinuccini da Firenze) d’assolvere dalla scomunica nove frati domenicani, dei quali cinque chierici: Niccolò dei Mordicastelli, Uguccione da Monte (Monte Santa Maria?), Andrea di Cremonese, tutti lucchesi, Giovanni e Ubaldo di Perfettuccio da Castiglione in diocesi di Lucca; e i quattro corversi Niccolò di Domenico, Niccolò da Gattaiola, Domenico di Rostello, lucchesi, Aiuto da Arezzo; scomunica da loro incorsa per aver aderito a Ludovico duca di Baviera, all’antipapa Pietro da Corvaro e a Castruccio di Geri di Castracane degli Interminelli (ingentilito in Antelminelli) da Lucca; dà inoltre facoltà di dispensare i sopraddetti frati chierici Niccolò, Uguccione, Andrea, Giovanni e Ubaldo anche dall’irregolarità contratta per aver violato l’interdetto ecclesiastico lanciato contro Lucca e suo distretto. Pena ingiunta: tutti a pane ed acqua una volta la settimana per la durata d’un anno; i chierici inoltre privati del diritto di voto attivo e passivo per un anno, reclusi per un mese (ASL, Dipl. S. Romano 3.X.1332; questa la segnatura archivistica, di fatto il doc. va datato 3.X.1331; ed. in Appendice).
Lucca 6 novembre 1331 e 8 aprile 1332: «Ubaldus Perfectucii» di nuovo tra i frati capitolari di San Romano (Verde-Corsi 375). Ultimo dato conosciuto.
In doc. 12.IV.1307 si ha la sequenza onomastica «fr. Tholom<ei> Fiadonis, fr. Ubaldi Perfectucii, fr. Iohannis de Castilione»; in doc. 3.X.1331 la sequenza «Andree Cremonesis de Luca, Iohannis, Ubaldi Prefectutii de Castellione lucane diocesis»; in doc. 6.XI.1331 la sequenza «Nicolaus de Mordecastillis de Luca, Ubaldus Perfettuccii, Iohannes de Castilione Garfagnane» (Verde-Corsi 375). Non oso asserire una qualche parentela tra Giovanni e Ubaldo a motivo del ripetuto abbinamento (in doc. 3.X.1331 il patronimico «Prefectutii» potrebbe ragionevolmente specificare entrambi Giovanni e Ubaldo così come entrambi reclamano il toponimo «de Castellione»); ma come rinunciare all’insinuazione dell’incastro?, che cioè il Castiglione in diocesi di Lucca, toponimo d’origine di Ubaldo di Perfettuccio, non sia altro dal Castiglione in Garfagnana di Giovanni. Ubaldo e Giovanni dunque entrambi garfagnini. Eccellenti i riscontri nella geografica ecclesiastica del tempo: chiese parrocchiali «de Castellione» (Castiglione di Garfagnana) nella pieve San Giovanni «de Fosciano», oggi Pieve Fosciana in provincia di Lucca.
■ RD Tuscia II, 361b: con rinvio ai nn. 4252, 4254, 4591. Tolomeo da Lucca, Annales, ed. B. Schmeidler, Berlin (MGH, Script. Rer. Germ., nova ser. VIII, ed. 2a) 1955, 333b. V. Tirelli, Lucca nella seconda metà del secolo XII, Società e istituzioni, AA. VV., I ceti dirigenti dell’età comunale nei secoli XII e XIII, Pisa 1982, 161n, 198n.
Tra gli studenti assegnati dal CP Lucca 1288 allo studio di teologia in Firenze, «fr. Ubaldum Petruti» (MOPH XX, 85/9-10). Unico ricorso di tale combinazione antroponimica negli Atti capitolari. Bisogna vedervi una degradazione grafica di «Ubaldum Perfectutii»? Da tener separati, per altra ragione, i due dati seguenti, dove fa difetto la specifiazione distintiva, patronimica o d’altro genere; in linea di principio potrebbero riguardare con pari diritto Ubaldo dei Cari come Ubaldo di Perfettuccio:
Siena 4 marzo 1297, «fr. Ubaldi Luchani» 15° della lista di 24 frati capitolari di San Domenico in Camporegio (ASS, Patrim. resti ecclesiastici, S. Domenico 4.III.1296, stile senese-fiorentino).
Lucca 12 febbraio 1313: «religiosus vir fr. Ugo de Borgognonibus de Luca, sindicus et procurator fr. Ubaldi de Luca, prioris fratrum Predicatorum de Luca, et fratrum capituli et conventus dictorum fratrum Predicatorum de Luca» compare in atto notarile, Bologna 13 marzo 1313, a rappresentare i diritti del convento lucchese in pendenze testamentarie di Tederico dei Borgognoni da Lucca OP, già vescovo di Cervia († 24.XII.1298) (Archivio di Stato di Bologna, S. Mattia 1/5762: 13.III.1313, indiz. XI. Cf. ASL, Dipl. S. Romano 13.III.1312). La tardiva tradizione lucchese, senza dubbi e senza perché, dice “priorato di Ubaldo Cari” (cf. Verde-Corsi 123; I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, 26 n. 1, 209).
A voler riinterpretare i dati disponibili sulla guida dei punti fermi posti da onomastiche distintive, sembra di dover articolare così gli estremi biografici dei personaggi:
1°) Ubaldo dei Cari (di Caro) da Lucca, dall’indistinto Ubaldo del 1261 e 1267, a quello adeguatamente specificato nel 1279 fino all’ultima apparizione 1314. Una vita religiosa longeva per i tempi. In assenza di rischi d’omonimia nel luogo o nel negozio legale, il notaio rogante non s’inoltra in specificazioni onomastiche.
■ Ma non manca di diventar scrupoloso nella sequenza dei patronimici, o nelle specificazioni monetarie, se deve accertare attori e materia della transazione al di sopra d’ogni ambivalenza: «Bectus condam Rinucci Salamonis Cari de Luca», socio e a nome della «societatis Homodei Fiedonis de Luca», riscuote dalla compagnia fiorentina dei Bardi fiorini d’oro 400, pari al credito di lire 850 «turonensium parvorum novorum ternalium nuper fabricatorum» (ASF, NA 13364 (già M 293, II), f. 102v: Firenze 16.IV.1306). Lucca 7.II.1301: «Homodeus condam Raynonis Fiadonis et Cacciaguerra condam Gualfredi Cacciaguerre et Salliente condam Iacobi Melanensis et Ubaldus condam item Ubaldi Bandecti, socii cives et mercatores lucani…» (ASL, Notarile 52, Rabito Torringelli, p. 64).
Nessuna attività scolastica o d’insegnamento è documentata per Ubaldo dei Cari, sebbene gli Atti dei capitoli provinciali tramandino le assegnazioni di studenti e lettori fin dagli anni ‘80.
2°) Ubaldo di Perfettuccio da Castiglione, estremi certi 1291-1332. Più giovane del precedente. Il passaggio da lettore sentenziario 1291 a lettore simpliciter nel 1292 è caratteristico dei giovani frati avviati alla carriera professorale negli studi provinciali. Altamente congruo con la medesima tipologia di carriera risulterebbe Ubaldo di Perfettuccio studente in teologia 1288, se dovessimo identificarlo con «fr. Ubaldum Petruti» (ma non ne abbiamo certezza). Docente e predicatore; uomo di pubblico prestigio nella provincia Romana, se nel 1311 vien nominato predicatore generale. Il priorato lucchese 1313 si attaglia più credibilmente a lui anziché al concorrente Ubaldo dei Cari presumibilmente già molto avanti negli anni. Ma le possibilità dell’alternativa non sono azzerate. Annotiamo infine che la dizione «fr. Ubaldo da Lucca» non esclude un Ubaldo da Castiglione, originario cioè del distretto e diocesi lucchesi, perch’è principalmente denotativa della praedicatio d’appartenenza, circoscrizione territoriale di competenza del convento cittadino.
3°) Ubaldo Cipolletta da Lucca
Tra i frati capitolari del convento lucchese, 15 novembre 1342. Unica testimonianza conosciuta (Verde-Corsi 376).
■ L’«Ubaldo Ubaldi da Lucca» (1313) proveniente da Bernardino Garbesi († 1770) è frutto di confusione: cf. Verde-Corsi 123, 624b.
Quale l’Ubaldo autore delle nostre opere? Il coro è unanime: Ubaldo dei Cari. Da Bernardino Garbesi (1687-1770) a Federico Vincenzo Di Poggio 1772 e 1792, da Innocenzo Taurisano 1914 a Domenico Corsi 1956 e 1990.
■ Verde-Corsi 110 n. 42 [giunta], 123: «Ubaldo Ubaldi» è solo frutto di confusione.
Di Poggio, Memorie 38-39; Di Poggio, Notizie della libreria de’ Padri Domenicani di S. Romano di Lucca, Lucca 1792, 27.
I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, 26.
D. Corsi, La biblioteca dei frati domenicani di S. Romano di Lucca nel sec. XV, AA. VV., Miscellanea… A. Gallo, Firenze 1956, 309 n. 145. E ancora nel 1990: Verde-Corsi 179-80; il rinvio a I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, 26 n. 1, suppone previa identificazione Ubaldo Cari = Ubaldo scrittore. Taurisano qui attribuisce un priorato Viterbo 1302 a Ubaldo dei Cari senza indicare la fonte.
Non lasciamoci incantare. La canzone è una sola, quella intonata da uno e ripetuta dai seguaci. Di Ubaldo scrittore il Di Poggio e il Taurisano non conoscono se non quanto trovano scritto nel Liber chronicorum del Manardi, «fr. Ubaldo da Lucca». E l’indistinto Ubaldo tramandano, sul sulco del Manardi, la Cronica in folio (1614-25 ca.) di Bibl. Statale di Lucca 2623, ff. 86v-87r, e gli Annales (1647-50 ca.) di Bernardo Morotti, Bibl. Statale di Lucca 2636, f. 5v. Il Corsi conosce in più l’inventario del 1447, che anch’esso però si arresta all’indistinto «fr. Ubaldo da Lucca». Tutti conoscono dai diplomi conventuali l’esistenza di fr. Ubaldo di Perfettuccio. Ma nessuno conosce la testimonianza di Simone da Cascina (Lucca 1402) circa fr. Ubaldo di Perfettuccio, figlio del convento lucchese, autore della «summa super bibliam»; testimonianza resa di pubblico dominio dal Kaeppeli nel 1942. Annotiamo che il Corsi è principalmente interessato ad illustrare l’inventario dei libri; e rendiamogli il merito d’aver fatto conoscere quest’importante documento, guida alla vita interna d’una comunità religiosa del Quattrocento riflessa sugli oggetti di uso: arredi di sacrestia, libri della preghiera corale, libri di biblioteca ovvero del sapere ricevuto e da tramandare, utensili di cucina, vestiario, suppellettili del guardaroba e delle celle (l’edizione integrale in Appendice mira a ricomporre senza pregiudizievoli selezioni l’intero specchio dei manufatti della cultura materiale del convento). Oggetti che possono serbare le impronte delle convenzioni così come dei sentimenti (per quali altre strade potremmo raggiungere i sentimenti di chi non frequentasse il linguaggio lirico?). Il quotidiano consueto e modesto, da cui rifuggono con fastidio le rigogliose compilazioni conventuali, più destinate ai titoli di gloria e, perché no?, ai titoli di diritto patrimoniale della famiglia. Dove si dà che la reticenza sia più esito selettivo degli intenti anziché proposito esclusivo del calcolo.
La reticenza, per l’appunto. Il Di Poggio, e gli altri compilatori della tradizione conventuale, conoscono a menadito i diplomi di casa (le “pergamene”), a loro disposizione là nell’archivio conventuale fino alle soppressioni ottocentesche; li trascrivono, ne fanno instancabile uso nello stendere i cataloghi degli uomini illustri e nel comporre la silloge “de bullis et privilegiis”. Sanno dunque che anteriormente al Liber chronicorum del 1525, anzi oltre un secolo prima di esso (come voleva la vetustà dei codici di Ubaldo), erano esistiti almeno tre frati lucchesi dal nome Ubaldo. Perché allora Ubaldo scrittore dovrebb’essere fr. Ubaldo dei Cari? e non fr. Ubaldo di Perfettuccio, e non fr. Ubaldo Cipolletta? Un nome vale l’altro. Tre legittimi candidati a pari titolo. Ma gli eruditi della tradizione lucchese non ci dicono perché ne scartano pregiudizialmente due. Né ci dicono perché l’indistinto priore lucchese Ubaldo dell’anno 1313 sia Ubaldo dei Cari se nelle medesime carte dei medesimi anni ricorre anche Ubaldo di Perfettucio.
La reticenza è del tutto innnocente? Un’insinuazione gratuita non è migliore d’un silenzio studiato. Volevamo tuttavia appurare se la persistente tradizione conventuale d’identificare lo scrittore Ubaldo con Ubaldo dei Cari avesse all’origine delle buone ragioni, ed eventualmente raccoglierle. Non ne troviamo.
Ubaldo di Cipolletta compare una sola volta (1342), comprensibilmente destinato a passare nello zona oscura della memoria di famiglia. Ma Ubaldo di Perfettuccio? La sua carriera è lunga e fitta; non meno documentata di quella d’Ubaldo dei Cari. E proprio là dove la pagina è più erudita si appuntano i maggiori sospetti. Il Di Poggio trascrive negli Aneddoti i diplomi conventuali, che tramandano i nomi d’Ubaldo dei Cari e d’Ubaldo di Perfettuccio. Conosce e trascrive anche l’imbarazzante documento d’assoluzione dalla scomunica 3.X.1331, a seguito del quale appende il commento:
«Si osservi nella trascritta carta che non vi è punto rammentato di avere obedito onorato e comunicato col vescovo Rocchigiano Tadolini; e l’averanno onorato e obedito, bene ritorna ciò che io diceva che tutta l’apparenza è che egli <Rocchigiano> fosse vescovo legittimo» (Di Poggio, Aneddoti 537-39).
■ «e l’averanno onorato e obedito, bene ritorna...» intendi: « e quand’anche gli avessero prestato onore e obbedienza, resta confermato…». «Ubaldi Perfettuccii de Castilione…» trascrive Di Poggio; esattamente «Ubaldi Prefectutii» con metatesi consonantica, sotto la penna del notaio del diploma; del medesimo genere Alfraganus < Alfagranus, premettesse < permettesse.
Curioso modo di liquidare un documento di tanta portata; quasi un sofisma in soccorso al fastidio. Il Di Poggio è impegnato a rimuovere trascorsi scismatici, e pertanto disonorevoli, dalla storia del proprio convento: «Dissertazione nella quale resta dimostrato che più verisimilmente Rocchigiano Tadolini fu vescovo vero e legittimo» (Di Poggio, Aneddoti 506-16; Memorie 62-77). Noi oggi possiamo leggere la nomina di fr. Rocchigiano di Tadolino a vescovo di Lucca nello stesso registro di Pietro da Corvaro, antipapa Niccolò V, Pisa 30 gennaio 1329 (ASV, Reg. Vat. 118, ff. 190v-191r). Ma non è questo il punto. Nello stendere le memorie dei «religiosi domenicani lucchesi illustri e commendabili» (sottotitolo delle Memorie vol. II), il Di Poggio dedica un capitolo a «Ubaldo Cari». Riferito quanto ne sanno il Liber chronicorum conventuale (1525), V. Fontana ed J. Échard, aggiunge di aver scoperto il cognome d’Ubaldo in una pergamena del 1307, «fr. Ubaldus de Caris», e che costui è pertanto l’autore delle opere elencate dal Liber chronicorum (Di Poggio, Memorie 38-39). L’impertinenza del caso vuole che proprio in quelle stesse pergamene dell’anno 1307, lette e trascritte dal Di Poggio, compaiano i nomi d’entrambi i frati, Ubaldo dei Cari e Ubaldo di Perfettuccio (Verde-Corsi 374). Così come il nome di quest’ultimo compare tra gli scomunicati ed assolti del doc. 3.X.1331.
L’istinto alla rimozione ha fatto la propria vittima. L’Ubaldo autore sarà per tenace indiscussa convenzione Ubaldo dei Cari; il doc. 3.X.1331, ignorato dagli spogli settecentechi dell’archivio di San Romano inviati agli annalisti di Roma, non passerà alle storie del convento lucchese diffuse a stampa: I domenicani in Lucca del Taurisano (1914), che sembra leggere gli ex-diplomi di San Romano dagli Aneddoti del Di Poggio anziché dagli originali nell’Archivio di Stato, cui invece rinvia; A.F. Verde - D. Corsi, La «Cronaca» del convento domenicano di S. Romano di Lucca, MD 21 (1990) pp. LXXXVIII-636, rassegna a tappeto della storiografia conventuale lucchese, sue fonti e sue rappresentazioni, estesa a integrazioni extraconventuali quali i registri notarili della città.
■ AGOP XIV lib. C, I, pp. 143-58; II, pp. 641-88; XIV lib. OO, pp. 213-328 (a. 1740 ca., p. 258 “Ubaldo da Lucca” autore), 919-21 (B. Garbesi OP 1754, p. 920 “Ubaldo Ubaldi” autore); XIV lib. AAA, I, ff. 60-90 (G. M. Frediani OP 1753). Vedi anche, ma è più tardivo, il “Catalogo delle bolle che si trovano tuttavia in convento nostro”: APR, F.IV.45.2, ff. 1-9, 10-17.
I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, 63 n. 2: «Arch. di Stato in Lucca, Diplom. 1302 nov. 4». Nel 1985 mi ero intestardito a rintracciare tale diploma in ASL; ma non ne esisteva traccia neppure nei catologhi, uno ottocentesco e un altro moderno a schede. Ora apprendo che il buon padre Taurisano lo leggeva nella copia settentesca Di Poggio, Aneddoti 333, a quel tempo a sua disposizione nel convento lucchese: cf. Verde-Corsi 120.
Eppure il doc. 3.X.1331, già pergamena conventuale e successivamente passata con le altre all’Archivio di Stato cittadino, impone a colpo d’occhio il proprio peso a chiunque voglia raccontare le vicende d’una comunità religiosa; le turbolente vicende degli “Spirituali” domenicani, contesi tra monastici rigorismi e coatte solidarietà politiche, che ripetutamente agitano le pagine dei Atti dei capitoli generali e provinciali tra 1326 e 1332 (nel 1319 la prima comparsa dei cosiddetti spirituales, ma ancora nessun motivo di riprovazione: MOPH XX, 217-18). Sono i medesimi tempi che descrivono la parabola della protesta spirituale, irrigiditasi su acerbi esiti teologici della disputa sulla povertà: respinta verso precari rifugi del ghibellinismo in ritardo di Ludovico il Bavaro; solidale con la dissidenza rigorista e irrequieta di tradizione francescana raccoltasi attorno all’antipapa Pietro da Corvaro (prov. Rieti) col nome di Niccolò V (1328-30), e con le ambizioni comunal-egemoniche del lucchese Castruccio degli Antelminelli. Le scorrerie di costui nel contado fiorentino diventano intollerabili nel 1325, cosicché la diplomazia fiorentina spinge i tradizionali alleati (papato, Angioini di Napoli, comuni guelfi) a stringere i tempi. L’accerchiamento strozza le improbabili alleanze e le improbabili speranze dei filoimperiali sul finire del 1330, quando respinge il Bavaro verso nord, piega l’antipapa Pietro (agosto 1330) all’onorevole resa a Giovanni XXII tramite i buoni uffici dei pisani (anch’essi in cerca di perdono), ed elimina le residue pretese dei figli di Castruccio, deceduto nel frattempo il 3 settembre 1328. Quando il tentativo è militarmente chiuso e ideologicamente scemato, i frati lucchesi “spirituali” tornano all’ovile. Almeno a stare ai significati della cronologia: 3 ottobre 1331. Perché giusto un mese prima, il capitolo provinciale Orvieto 1331 (convocato per la Natività della Vergine, 8 settembre) aveva con sollievo annunciato la «subtractio et deiectio tyrannorum ac rebellium sancte matris ecclesie seu scismaticorum» e il ritorno della pace (MOPH XX, 255/15-16); così come due anni prima (capitolo Gubbio 1329) aveva sollecitato priori e vicari a sostenere i «processus contra aliquos rebelles et inobedientes» intentati dal papa e dal cardinal legato (MOPH XX, 246/18-27). Il nostro documento dà nome e volto al nucleo lucchese degli Spirituali domenicani, forte per il ruolo cittadino di Castruccio assunto nella crisi; con sconfinamenti nella contigua area pisana (Uguggione da Monte), e un’appendice aretina (Aiuto d’Arezzo), città tradizionalmente filoimperiale, costretta com’era dalla geografia politica a trovarsi alleati altrove per contenere l’espansionismo egemonico della potenza fiorentina.
Tra gl’implicati nell’affare anche Ubaldo di Perfettuccio da Castiglione. Autore degli scritti attribuiti dal Liber chronicorum 1525 all’indistinto fr. Ubaldo da Lucca. Perché questa è la conclusione che la testimonianza di Simone da Cascina, rilasciata in Lucca nel 1402, c’impone. Senza di essa saremmo dovuti stare all’unica onestissima conclusione: non sappiamo quale dei tre Ubaldo a noi noti sia l’autore delle opere in questione.
In verità sia Simone da Cascina che Lorenzo Pignon attribuiscono un solo titolo a Ubaldo da Lucca. Il Manardi tuttavia ripone sotto un unico Ubaldo l’autenticità di otto titoli; e a ragione di comune paternità annota la comune vetustà dei libri: «a centum autem annis citra ipsum non fuisse, non ambigo, librorum eius vetustate attestante». Avremmo voluto qualcosa di più. Ma ricordiamo che il Manardi compone la lista delle opere di Ubaldo dalla recensione di più codici, per di più disposti in ordine sparso tra i banchi della biblioteca conventuale, come ricaviamo dall’inventario 1447. Vi è dunque un implicito ma reale giudizio di paternità unica. Se raccolto dall’attestazione dei codici e incipit delle opere, o se dedotto dalla lettura delle stesse, non sappiamo. Ma il Manardi ha meritato fiducia: asserisce che le Collationes sententiarum erano contenute «duobus magnis voluminibus»; a questi rispondono due item distinti e distanti dell’inventario notarile 1447. Fino a prova contraria, dobbiamo dunque ritenenere che Ubaldo di Perfettuccio da Castiglione è l’unico autore delle otto opere elencate dal Manardi.
Soltanto ad attribuzione stabilita, possiamo proporre le convenienze. La carriera professorale di Ubaldo di Perfettuccio. E, perché no?, le sonorità di titoli quali De civitate beatorum, De civitate Babilonis, De quattuor locis in quibus movet bellum inimicus contra Christi fideles, remotamente ma significativamente allusive di temi e lessico della protesta spirituale.
“Auguriamoci che gli scritti del nostro autore non siano andati irrimediabilmente perduti”, usa chiudere in casi simili. Continuiamo a sperarci. Ma non smettiamo di sospettare le congiure dei pudori colpiti nell’onor di famiglia.