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fra Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto OP

(n. 1350, maestro in teologia 1388, 1423 ca.)

lago Trasimeno

■ nel lago Trasimeno commette una bravata: si traveste da donna e si fa chiamare "Margherita"! ■

 

 

Rielaboro quanto in E. P., Autografi di Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 62 (1992) 135-174, in particolare pp. 143-152. E aggiungo traduzione italiana del brano "derisorio" sul candidato al magistero in teologia (Pisa, autunno 1388).

Emilio Panella OP

San Domenico di Fiesole, novembre 2018

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fra Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto: illustre "curriculum vitae", maestro di teologia

Cf. E. P., Autografi di Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 62 (1992) 135-174, in particolare pp. 143-152, § 2: "Cenni biografici...". Qui riassumo.

Bartolomeo nasce nei primi anni '50 del Trecento. Suo padre Tebaldo proveniva dalla minuta borghesia urbana, modesto commerciante e venditore («treccone») di frutta, salumi e formaggi.

26 agosto 1386: il maestro generale dell’ordine domenicano Raimondo da Capua (1380-99) dà permesso a fra Bartolomeo di trovarsi un collegio in territorio italiano dove possa essere assegnato in qualità di baccelliere in ordine al conseguimento del magistero.

15 settembre 1388: il medesimo maestro dell’Ordine incarica il provinciale Romano, Bartolomeo di Domenico da Siena, di provvedere nel convento pisano circa reggente e formalità accademiche necessarie al conferimento della licenza (= licentia ubique docendi, qualcosa come la nostra laurea; suo sinonimo magistero) a fra Bartolomeo.

Pisa autunno 1388: il reggente che presiede le procedure della licenza è fra Simone di maestro Filippo da Cascina OP, maestro reggente in Pisa e figlio nativo del convento pisano. Simone ci ha tramandato taluni adempimenti formali del conferimento del magistero a Bartolomeo nella raccolta di atti scolastici nel codice Bibl. Apostolica Vaticana, Barb. lat. 710, ff. 103va-104rb: «Sermo licentie quam dedi magistro Venture de Mevania et magistro Bartholomeo Tebaldi ordinis Predicatorum in pisana ecclesia katedrali».

dopo giugno 1389 segue imprecisata residenza nel convento d’Orvieto, dal quale il 22 maggio 1391 Bartolomeo vien di nuovo trasferito «pro perpetuo» a Santa Caterina di Pisa.

1391 ss: lector in curia romana, nel convento cioè della città dove risiede o muove la curia.

segue poco dopo un lettorato di reggenza nello studio fiorentino; non se ne conoscono gli esatti estremi cronologici, ma questi includono alcuni anni e coprono certamente il 1395.

maggio 1400: lo ritroviamo nella città natale d'Orvieto e in qualità di priore.

settembre 1402: in occasione del capitolo provinciale celebrato in Prato, i Conservatori di pace d’Orvieto sollecitano un qualche ‘premio’ o promozione a favore del concittadino e priore Bartolomeo.

settembre 1403: Bartolomeo risulta viceprocuratore dell’ordine domenicano.

anno 1407: procuratore dell’ordine domenicano.

nel corso del 1410 è lettore del convento dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, centro dei riformati domenicani.

biennio 1411-12: residente in Orvieto.

1416: residenza perugina fino al 1423, priorato perugino nel biennio 1417-19.

giugno 1423: decano della facoltà teologica e vicario del vescovo perugino.

settembre 1423: non molto dopo Bartolomeo abbandona Perugia e torna al convento d’Orvieto, e qui passa il resto dei suoi giorni.

sconosciuta l'esatta data del suo decesso, ma non dev'esser di molto posteriore all'autunno 1423.

 


Pisa, autunno 1388. Simone di maestro Filippo da Cascina OP: «Vesperie quas feci in conventu pisano pro magistro Bartholomeo Tebaldi qui legit ibi pro forma» (Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 710, ff. 105va-106vb). Edizione incompleta T. Käppeli, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 12 (1942) 241-245.

Qui di seguito la parte del sermone vesperiale ("serotino, serale") su cui l’editore Käppeli ha operato le omissioni: fascia derisoria delle procedure magisteriali, propria delle vesperie.

Scrive altrove Simone da Cascina OP: «Presens actus nominatur vesperie, quìa vespere fit; sive vesperie quasi vespe ree; sicut enim vespe, que sunt prave et ree, pungunt et cruciant, sic in isto actu consueverunt vesperiandi pungi duris aculeis dum quedam malefacta ad memoriam reducuntur» (M. SORIANI INNOCENTILa prédication à Pise: le cas du frère dominicain Simone de Cascina (1345-1420 env.), AA. VV., De l'homélie au sermon..., Louvain-la-Neuve 1993, p. 273).

Ed ecco qui di seguito il brano irrisorio che il maestro Simone riserva al magistrando fra Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto, affinché il prestigioso grado di magistero non gli faccia montare la testa! E mi provo a farne traduzione italiana; di certo non facile, a motivo del genere letterario burlesco della goliardia medievale, pensato e narrato in lingua "volgare" del Trecento, anche quando riversato nel latino del tempo.


Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 710, f. 106rb-va:

106rb (… Ex quo hic iuravit et vovit nunquam brachas vel serrabulas gerere). Et si quis dubitat, ab experientia fiat certus. Ultimo referam...

   lago Trasimeno  

      lago Trasimeno (prov. Perugia)

originale latino

volgarizzamento (novembre 2018) di EP

Ultimo referam quoddam abbominabile quod gessit et passus est dum veniret ad Tusciam, propter quod etiam la Margarita ab omnibus nuncupatur.

Semel hic de Perusio recessit cum multis aliis fratribus, invenientesque iuxta lacum duas cimbas parvunculas conduxerunt, intraverunt, 106va ac per lacum ducentes applicuerunt Maiori Insule, ubi gratiose a viris ibi degentibus sunt recepti. Insulani in hos figentes intuitum, admirantur non modicum eo quod, cum religiosi apparerent, videbantur secum iuvenculam ducere. Hic enim noster vesperiandus videbatur iuvencula; nam capam et scapulare exuerat, adaptaverat circa collum et capud subtilissimum linteum, posuerat dua poma in pectore ut crederentur mammule tumentes. Sicque in tota facie lenis, sine barba vel sine pilis aliquibus, similabatur sexui muliebri. Quodque magis certitudinem tribuit, fuit quod interrogatus quo vocaretur nomine respondit muliebriter, quasi flebiliter, «Margarita». Addiditque: «Hii mali fratres me existentem cum matre et patre pauperculis vi rapuerunt nocte ingnoroque quo ducant; ob quod me miseram vobis omnibus recommendo».

Igitur insulani inter se innito [= inito] consilio, capientes fratres ligant strictis compedibus ac parant Perusium mictere ad secularem dominum; quod effectum h<abui>sset nisi hic noster vesperiandus ostendisset certitudinaliter; non enim assentiebant verbis quod non femina sed vir esset.

Dimissis fratribus liberis, duo robusti fratres theutonici, qui inter alios erant, machinantur insimul congruam penitentiam isti dare. Casu unus horum intravit unam dumunculam ubi reperit instrumentum cum quo fit clistere, quod capiens currensque letabunde ad sotium ait: «Inveni quo vindictam nostram possumus efficere; hunc ad lacum proximum deducamus». Venientes ergo ad nostrum vesperiandum seduxerunt eum verbis duplicibus, duxerunt ad ripam laci, prostraverunt ad terram; ac postquam ei fecerunt unum clistere cum multis urceis aque gelidissime, ad fratres ceteros redierunt. Remansit apud lacum hic solus, plenus aqua et tursionibus maximis. Cumque nil posset emictere vociferabatur fortissime, ac fratrum et bonorum virorum auxilium deposcebat. Sui consocii audientes lamentabiles voces nec noscentes quid isti acciderit, sciscitabantur pie quisnam miserabiliter sic clamaret. Quibus respondentes theutonici cum chacchinnis latissimis dixerunt quod ille voces erant domine Margarite que filium pariebat.

Alii fratres qui non fuerant conscii, ad hunc concurrentes velociter, eum videntes in posterioribus denudatum totaliter, invocantem assidue divinum auxilium, habentem corpus ydropici, derident cum delusionibus maximis, scientes ordinem rei geste.

Hic igitur semper est vocatus ab omnibus Margarita.

Vi racconto infine un fatto indecente che <l'orvietano fra Bartolomeo di Tebaldo> compì e patì mentre veniva in Toscana, cosicché ora tutti lo chiamano "la Margherita".

Una volta costui si partì da Perugia con molti altri frati. Raggiunsero tutti il lago Trasimeno, montarono su due barchette, entrarono nel lago, │106va│ navigarono e giunsero sul greto dell’Isola Maggiore del medesimo lago. Qui furono gentilmente accolti dagli abitanti locali. Gli isolani li fissarono, e furono non poco sorpresi dal fatto che manifesti religiosi conducessero con sé una ragazza. Difatti questo nostro laureando fra Bartolomeo aveva le parvenze d'una ragazza: aveva rimosso cappa e scapolare, intorno a collo e capo si era messa una tela di lino, e sul petto si era incollato due mele che apparivano due esuberanti mammelle. Cosicché dolce in tutto il volto, senza barba e senza peli, appariva di sesso femminile. Cosa che volle confermare quando, interrogato come si chiamasse, rispose con tono femmineo e voce soave: «Il mio nome è Margherita». E aggiunse: «Ero con mia mamma e mio babbo, povera gente, e questi perfidi frati di notte mi hanno rapita. Non so dove mi portano. Mi rivolgo a tutti voi: vi prego, aiutate questa disgraziata!».

Gli isolani concordano tra loro, catturano i frati, li legano in ceppi di legno e decidono di spedirli alle autorità civili di Perugia. E così sarebbe andato, se questo nostro laureando non avesse fatto chiarezza; essi però non gli credevano quando a parole sosteneva di non esser donna bensì uomo.

Liberati i frati, due nerboruti frati tedeschi - che stavano con gli altri frati - progettano congrua pena da dare a fra Bartolomeo. Uno di loro entra casualmente in una casuccia, vi trova lo strumento col quale si applica il clistere, lo prende, poi tutto contento corre e dice al compagno: «Ho trovato come regolare i conti; portiamolo al vicino lago». Vengono dal nostro laureando, lo seducono con parole ambigue, lo portano alla riva del lago e lo stendono a terra; gli fanno il clistere con molte brocche d'acqua gelidissima, e poi tornano dagli altri frati. Bartolomeo rimane presso il lago tutto solo, pervaso dall'acqua e da grosse contorsioni. Inabile a qualsivoglia evacuazione, grida e chiede aiuto ai frati e alle persone benevole. I compagni odono le gride; ma ignorando quanto accaduto a Bartolomeo, si chiedono pietosi chi fosse ad emettere tali lamenti. I tedeschi sghignazzano e rispondono: «Tali lamenti sono di donna Margherita che sta partorendo!».

Gli altri frati che ignoravano l'accaduto, corrono da fra Bartolomeo: lo vedono completamente denudato nel deretano, implorava incessantemente aiuto divino, il suo corpo trasudava di liquidi. Fortemente delusi scoppiano a ridere, ora che sanno come erano andate le cose.

Ecco perché fra Bartolomeo vien sempre chiamato da tutti "Margherita".

 

 

 

finis!


 

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