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Andrea di Buonaiuto da Firenze, capitolo SMN_parete est: potere temporale Dal bene comune al bene del comune

I trattati politici di Remigio dei Girolami († 1319)
nella Firenze dei bianchi-neri

«Memorie domenicane» 16 (1985) 1-198.

[seconda edizione, 2014! ]

Introduzione

I

Le possibilità della pace nelle lotte cittadine d’inizio Trecento, pp. 1-42

1. «De bono pacis». Pax summum bonum civitatis

- Niccolò da Prato  |  Benedetto XI: Transiturus 31.I.1304, Rex pacificus 21.VI.1304

2. «De bono comuni». Si non est civis non est homo

- datazione nov-dic 1301 | Speculum | ricevimento di Carlo di Valois 5.XI.1301

II

Fortune e sfortune d’una famiglia del popolo grasso: i Girolami, pp. 42-91

3. L'occupazione del potere politico

- quelli di San Pancrazio  |  Chiaro di Girolamo  |  messer Alberto | Cardinale e Leoncino
- Tornaquinci Girolami  |  i neri  |  Matteo di Lapo vallombrosano  |  quelli di Santo Stefano a Ponte  |  figli di Salvi del Chiaro  |  priorati & famiglie

4. La degradazione del potere politico

- Girolamo, Chiaro e Mompuccio al confino 1302  |  imputati d'omicidio  i Bordoni
- condanna ed esproprio di Girolamo dic. 1302  |  innocenza e reintegro
- petizione di Filippo e provvisione dei priori 1308

5. Ripresa di sintesi

III

Il contesto letterario, pp. 91-121

6. De bono comuni  b  |  ordo caritatis b

7. De bono pacis  |  ordo pacis

8. I sermoni «De pace»

9. Le fazioni cittadine  b

10. Il testo  |  *

- traduz. ital. (colonna destra)

 

edizioni

  De bono comuni
(1301-1302), pp. 123-168
  De bono pacis
(maggio-giugno 1304)
, pp. 169-183
  Sermones de pace
pp. 187-198


traduzione italiana

□ Aprile 2007. Mi propongo di far traduzione italiana dei testi latini, e di accluderla in colonna destra, accanto all'originale. Volgarizzamento, più che traduzione. Questa è confinata alla funzione intralinguistica di trasposizione da lingua a lingua; il  volgarizzamento al contrario mira alla riscrittura dalla lingua dei chierici (letterati del tempo!) alla lingua della diffusione; tiene d'occhio cioè non il solo testo originale ma anche il destinatario-lettore. Utile, penso, per quanti non maneggiano il latino, e il latino medievale;  interessati tuttavia a elaborazioni di teoria politica proiettata nella Firenze reale del primo Trecento. Utile non solo agli "studenti di oggi" ignari di latino; forse anche ai ricercatori e studiosi d'altre discipline - e di remote geografie culturali - che nel latino trovano reale deterrenza, con dispiacere.

□ Prime impressioni. - Tradurre lo trovo più difficile - e faticoso - di quanto credessi! Impone di capire, e di capire tutto, anche i dettagli, le allusioni, e gli inusuali significati di parole correnti. Me ne vergogno un pò. Ma persisto nel proposito.

□ Caso di testi biblici (bibbie&traduzioni!). Va da sé che l'autore usi la Vulgata (e Vulgata iuxta LXX per i Salmi!),  e questa tento di tradurre, mentre le nostre bibbie italiane traducono dalle lingue originali (ebraico, greco). Terrò d'occhio la traduzione Vulgata-Ital. di Antonio Martini (Firenze 1852), Bibl. SMN V-H.1-4. Avvertenza apparentemente banale, e che istintivamente sorvoliamo; ma l'esito è sorprendente, spesso disorienta. 
Qualche esempio? Tra i segni di vero amore, Remigio pone l'elargizione dei beni materiali (
De bono comuni c. 17, § Quartum), e a sostegno convoca l'auctoritas di Cant. 8,7 «Si dederit homo omnem substantiam domus sue pro dilectione quasi nichil despiciet eam»; e di conseguenza lo commenta in positivo. Traduzione dall'originale ebraico (ed. CEI): «Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio». Che va in direzione opposta alla lettura che il medievale faceva del testo. «Quando un uomo desse per la dilezione tutte le sostanze della sua casa, le disprezzerebbe come un niente», traduceva dalla Vulgata il Martini (vol. III, p. 792b). Le stampe correnti della Vulgata introducono addirittura anche un'interpunzione dalla ricaduta semantica: «Si dederit homo omnem substantiam domus suae, pro dilectione quasi nichil despiciet eam».
Sermones de pace, I, Fiat pax in virtute tua. Ps. 121,7. «Sia pace sulle tue mura» (Ps. 122,7), vuole la traduzione critica dall'originale. «Sia pace nella tua moltitudine», traduceva il Martini nell'800. Il commento dell'autore Remigio vuole una pace frutto della "forza o potenza di Dio". 
Si dormiatis inter medios cleros, versetto tematico del sermone "de pace" IX; «Mentre voi dormite tra gli ovili» (Salmo 68,14) vuole la traduzione moderna, che spiazza completamente lo sviluppo argomentativo del sermone.

□ Nota inoltre nelle citazioni bibliche la numerazione dei capitoli (introdotta a inizio '200;  numerazione dei versetti da metà '500). In taluni libri biblici, specie Salmi e taluni Profeti, la disparità di qualche unità con le bibbie moderne è piuttosto frequente. Attenzione dunque a non dare per errata o approssimativa una citazione se non dopo il raffronto con la tradizione della Vulgata.
Nella traduzione italiana di colonna destra dò la numerazione passata alle bibbie moderne.

□ Quanto detto dei testi biblici, vale anche per altre auctoritates classiche. Basti menzionare il ruolo enorme di Aristotele e delle sue opere. Tutte lette e conosciute nelle sole traduzioni latine; e loro partizioni in libri e capitoli. Son queste da tener sotto gli occhi quando vuoi controllare testo e intepretazione "aristotelica" proposti da uno scolastico medievale.
Oppure, prova a misurarti con un testo giuridico-notarile, e il suo labirintico periodare!

□ Al lettore: segnalami gli errori di fraintendimento, e l'eventuale tua traduzione alternativa. Grazie.

Emilio Panella OP
Piazza Santa Maria Novella 18
Firenze


18.VI.2008. Metto mano casualmente su G. Folena, Volgarizzare e tradurre, Torino (Einaudi) 1991 (SMN-Campo 10.20). E lo leggo con molto interesse.

L. Venuti, The Translator's Invisibility. A History of Translation, London - NewYork 1999, pp. XII-353 (SMN-Campo 10.22).

M. FILONI, La vita agra dei traduttori, "Il Venerdì di Repubblica" 26 luglio 2013, pp. 96-99.


█   Dal bene comune...: →seconda edizione, 2014!  


 

flos exfloritus est, Florentia mutata est in Flerentiam (De bono comuni c.13)

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