«E di popolani furono co’ Cerchi, Falconieri, Ruffoli, Orlandini, quelli delle Botte, Angiolieri, Amuniti, quelli di Salvi del Chiaro Girolami, e molti altri popolani grassi». Così Dino Compagni I, 22. Le ricerche sulla famiglia Girolami autorizzano a prendere alla lettera le parole del cronista fiorentino. Non tutti i Girolami si schierarono nel 1300 con i bianchi capeggiati dai Cerchi, ché Cardinale e Leoncino di mr Alberto furono col partito avverso; ma «quelli di Salvi del Chiaro», cioè Girolamo, Chiaro e Mompuccio. Il predominio politico dei bianchi si concluse quando, fallito il tentativo del legato papale Matteo d’Acquasparta di riconciliare i due partiti, l’entrata in Firenze di Carlo di Valois (10 novembre 1301) e l’irruzione armata di Corso dei Donati (5 novembre) travolsero l’attendismo dei priori in carica (tra cui Dino Compagni e Girolamo di Salvi) e l’irrisolutezza del capo dei bianchi, Vieri di Torrigiano dei Cerchi. Se la cautela usata nel sondare le intenzioni dell’inetto Carlo di Valois miravano a decifrare le mire di segno opposto che Bonifacio VIII e Filippo il Bello riponevano nel rampollo della casa di Francia, l’indeterminazione militare di fronte al pericolo Donati e seguaci se la rimprovereranno gli stessi bianchi quando s’avvidero che in luogo di parlamentare era tempo d’«arrotare i ferri». Eppure costoro non avevano esitato a ricorrere in Pistoia a repressioni brutali in maggio 1301 per assicurarsi l’incontrastato predominio sui neri. Non osarono altrettanto in Firenze. Il sopravvento dei neri scatenerà in Firenze le violenze inaugurate in Pistoia dai bianchi.
■ Dino Compagni e Girolamo di Salvi del Chiaro dei priori 15 ott. - 7 nov. 1301 che dovettero lasciare la carica prima del bimestre legale (Compagni II, 5; Stefani rubr. 224 e 229). Degli altri priori ricordo Lapo di Pace Angiolieri per il sesto d’Oltrarno: gonfaloniere di giustizia coi priori dic. 1293 - febbr. 1294; ad essi Remigio indirizza il 1° sermone “Ad priores civitatis”, Confitebor tibi in ecclesia magna (cod. G4, f. 355rb-va) e chiede sovvenzione per la fabbrica di SMN. Vermiglio di Iacopino degli Alfani (sesto Porta San Piero) si riallaccia a una famiglia dai molteplici rapporti col convento domenicano: ASF, S. Maria Novella 24.III.1283/4, testamento di Aldobrando del fu Brunetto di Alfano degli Alfani; tutore dei figli lascia Lotto, Lapo e Iacopino fratelli e figli di Vermiglio degli Alfani e tre figli di mr Gherardino dei Cerchi. ASF, Notar. antecos. 3140, f. 59r, 3.I.1301/2: Giana, vedova di Iacopino, riceve quietanza di mutuo alla presenza dei ffrr. Domenico dei Rimaldelli e Giovanni dei Minutoli. Di Vermiglio di Iacopino importante transazione mercantile in ASF, S. Maria Novella 17.XI.1298. Un figlio di quest’ultimo, Alberto del fu Vermiglio, testa 11.VIII.1354 (ASF, Conv. soppr. 102 n° 105, ff. 66r-68v: fondo SMN). Per Margherita di Vermiglio di Iacopino e cappella di Vermiglio in SMN cf. Necr. I, 551-52n, 611; II, 18.
La sorte toccata ai figli di Salvi del Chiaro e nipoti di fr. Remigio, che mette fine alle loro fortune cittadine, la si può ricostruire sulla scorta di un’autorevolissima fonte: la provvisione proposta dai priori in carica, ai consigli opportuni e approvata il 26 ottobre 1308. Essa ci è pervenuta in due testi: nel libro delle registrazioni ufficiali delle delibere del comune fiorentino, ASF, Provvisioni reg. XIV, ff. 32v-34r, per mano del notaio dei consigli (1280-1314) Bonsignore di Guezzo da Modena; e nel diploma ASF, Coperta di libri 26.X.1308, esemplato e compendiato dagli atti consiliari per mano del notaio dei consigli Folco d’Antonio di Bonsignore, nipote del precedente, autenticato dal giudice e notaio Stefano del fu Grazia da Montaio, databile 1335-45, anni della carica di Folco (D. Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, 514 e ad indicem).
■ ASF,
Provvisioni reg. xiv, ff. 32v-34r (26.X.1308). ASF, Diplom. Coperta di libri 26.X.1308; va al Davidsohn il merito di aver salvato questa pergamena: «Il documento serviva come copertina di libro e nel 1898 venne incorporato al Diplomatico, per consiglio dell'autore » (DAVIDSOHN IV, 294 n. 4). Oggi porta la segnatura d'archivio sopra indicata. Due vistose pieghe al centro e al margine destro mostrano l'usura della membrana in funzione di coperta di libro. Il testo è in buono stato. Per gli anni di attività dei notai dei consigli Bonsignore (1280-1314) e Folco (1335-45) cf. D. Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, 514 e ad indicem. Vedi anche sotto nota 154. Le Consulte registrano soltanto la rubrica: «Item provisionem factam in favorem Filippi olim çirolami Salvi del Chiaro» (Consigli II, 408); in nota l'editore riporta un breve brano trascritto da Provvisioni xiv, ff. 32v-34r. Risultato della votazione: «placuit omnibus quasi» (Consigli II, 408).Il 26 ottobre 1308 priori e gonfaloniere di giustizia in carica sottopongono al consiglio dei cento, al consiglio speciale (36 membri) e generale (150 membri) del capitano del popolo cui partecipano le capitudini delle dodici arti maggiori, dunque ai massimi organi che deliberano su finanza e politica della repubblica fiorentina, il ricorso presentato da Filippo dei Girolami figlio ed erede di Girolamo di Salvi del Chiaro. I consigli si riuniscono, com’era ancora consuetudine, nella chiesa San Pier Scheraggio, deliberano separatamente, votano a scrutinio segreto («ad pissides et palloctas»), approvano la petizione di Filippo e ne decretano la “provvisione”, atto ultimo del processo legislativo con valore esecutivo: riconoscimento dell’innocenza di Girolamo e reintegro dell’erede Filippo nei beni del padre. Nel consiglio dei cento la votazione dà il risultato: 85 voti favorevoli alla provvisione, 10 contrari.
■ Filippo il 4 e 5.II.1314 con lo zio Mompuccio ebbe paga per due giorni di servizio nelle truppe di stanza a Pistoia per rinforzare Montecatini (ASF, Notar. antecos. 8910, f. 122v). AAF, Liber mortuorum di SMN registra due figlie di Filippo: «d. Helisabeth uxor olim Zenobii d. Iacobi de Ameriis et figliola Phylippi de Ieronimis, de populo Sancti Andree» († 23.XII.1333, f. 178v); «Monna Giovanna figliuola che fu di Filippo Girolami, populo Sancti Pancratii» († 13.IX.1357; ib. f. 128v; cf. MD 1980, 185, 151).
Che cosa era accaduto ai Girolami bianchi di Salvi del Chiaro?
Al tempo della venuta di mr Carlo di Valois o nei giorni immediatamente successivi - così Filippo espone il caso - Girolamo, Chiaro e Mompuccio fratelli e figli del fu Salvi del Chiaro furono confinati nel ducato di Spoleto. Carlo entrò in Firenze il l° novembre 1301 e vi risiedette fino al 12 febbraio 1302; recatosi in quest’ultima data alla curia papale per conferire con Bonifacio VIII, ritornò in Firenze il 18 marzo; qui si trattenne fino ai primi d’aprile, quando si mosse per Napoli (Davidsohn IV, 238 ss, 285, 309-10; la Cronichetta anonima data 5 aprile la partenza di Carlo da Firenze: P. Santini, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, rist. Roma 1972, 124). L’evocazione di Carlo, se è significativa di periodizzazione di tempi politici, non va intesa come di chi decretò il confino; le condanne di fatto furono emanate dai neri al potere, sebbene l’inerzia del paciaro papale valesse complicità. Nelle liste di condanne da gennaio a ottobre 1302 tramandate dal famoso Libro del chiodo non compare nessun Girolami. Bisogna pensare che i tre fratelli fossero di quei fiorentini più compromessi col precedente governo bianco che, prevenendo ritorsioni, preferirono abbandonare volontariamente la città divenuta per loro troppo insicura? Dal silenzio del Libro del chiodo non si può dedurre esclusione da condanna; tale documento infatti non è la registrazione ufficiale degli atti giudiziari del podestà bensì un libro di parte guelfa (intendi guelfi neri), dove le denunce sono spesso presentate dai procuratori di parte guelfa, e dove le liste di condanna non sono necessariamente complete, come a suo tempo mostrato da Isidoro Del Lungo (Il «Libro del Chiodo» e le condannagioni fiorentine del 1302, «Archivio storico italiano» s. IV, t. VII (1881) 204-16, in particolare p. 214).
■ ASF, Capitani di parte guelfa, numeri rossi 20, Libro del chiodo pp. 1-77 (condanne del 1302). Stefani rubr. 230 parla di «fuggitivi» e «condannati». Davidsohn IV, 258: «Che con la venuta di Carlo e con l’irruzione di Corso [dei Donati] i Bianchi fossero cacciati da Firenze, come è stato detto, non corrisponde a verità. Certamente molti fuggirono perché temevano altre persecuzioni, e altri che si erano visti rovinati dai saccheggi e dagli incendi cercarono di farsi altrove una nuova esistenza».
Nell’esposto di Filippo è detto formalmente «fuerunt confinati in ducatu spoletano» (§2); né d’altronde sarebbe credibile che i tre fratelli si fossero rifugiati volontariamente proprio nel ducato di Spoleto di cui Carlo di Valois deteneva il titolo conferitogli da papa Bonifacio in settembre 1301. I tre Girolami furono effettivamente condannati al confino nel ducato spoletano nei primi mesi del 1302 dai neri al potere. Carlo comunque, impegnato in Firenze e poi in Sicilia, non doveva esercitare in Spoleto una presa molto forte se i tre fratelli, per dissociarsi dagli altri confinati, lasciano il ducato e si rifugiano nelle parti di Venezia.
Mentre costoro sono ancora in quel di Venezia - continua Filippo del fu Girolamo di Salvi dei Girolami - in novembre 1302 tale Barone del fu Baldo viene ucciso in Firenze da Guccino di Ceffo dei Becchenugi.
■ I Becchenugi famiglia popolana guelfa, sesto San Pancrazio, molto attiva nella vita commerciale e politica della città, iscritti all’arte di Calimala e del cambio. A inizio Trecento si schierano con i neri, e nel governo nero occupano il priorato Amannato di Rota di Amannato, Francesco di Iacopo Smere (il 19.IX.1299 fa procura per recuperare «libros scripturas et cedulas» lasciate in Nîmes presso i conventi francescano e domenicano: ASF, Notar. antecos. 11484, f. 8r), Rotino di Boninsegna, che testa in sagrestia di SMN alla presenza di otto frati (ASF, Notar. antecos. 13364, f. 71r: 4.VIII.1303). Amannato di Rota è dei primi priori neri che portano a termine l’ultimo priorato dei bianchi, 7 nov. - 14 dic. 1301 (Compagni II, 19; II, 22; Stefani rubr. 226 bis); deve aver messo le mani sui beni di taluni sbanditi: il 4.V.1305 è fatta quietanza per 30 staia di grano «de fructibus terrarum Zacherie olim d. Ceffi de Lambertis, exbanniti comunis florentini, ex iure sibi cessis a Cheri Aringhieri, Amannato Rote... quibus assignati dicuntur fructus bonorum ipsius Zaccherie» (ASF, Notar. antecos. 3141, ff. 9v-10r). Suo fratello Adimari di Rota è console dell’arte di Calimala (16.V.1302: ASF, Notar. antecos. 13364, f. 37r-v); figlio di Adimari è fr. Giovanni OP (Cr SMN n° 370), il 6.VII.1316 autorizzato dal capitolo conventuale a ricuperare i beni ereditari contestatigli da tale Ravenna del fu Rinaldo (ASF, Notar. antecos. 3142, ff. 23v-24v; cf. ib. f. 36r: 15.VIII.1316).
Molte informazioni sul casato e attività creditizia nel testamento e codicillo di Guelfo del fu Michele di Amannato dei Becchemigi (ASF, Notar. antecos. 13363, ff. 53r-54r: 15.VIII.1295), in cui compaiono, tra gli altri, Ceffo di Boninsegna dei Becchenugi, Michele di Pagno dei Bordoni, Foligno di mr Ruggeri dei Tornaquinci (tutte famiglie nere nelle lotte d’inizio Trecento); e in quello di Ermellina del fu Michele di Amannato vedova di mr Tedaldo dei Malispini; costei lega l. 25 f.p. «pro mille missis canendis pro remedio anime sue infra novem dies a die obitus computandos», l. 5 f.p. a fr. Giovanni di mr Ruggeri dei Tornaquinci OP, l. 2 f.p. a Ghilla del fu Rota dei Becchenugi monaca in San Domenico a Cafaggio (ASF, Notar. antecos. 13364, f. 27r-v: 17.V.1301).
Ceffo di Boninsegna dei Becchenugi è priore nel 1294 e 1298 (Stefani rubr. 207, 212), ufficiale di moneta 10.V.1305 quale «mercator de arte mercatorum Callismale» insieme con Tedice dei Manovelli dell’arte del cambio (ASF, Notar. antecos. 3141, f. 10v); col suocero Piero di Guardi di Rustichino ottiene in lodo il riconoscimento a Piero del titolo di proprietà d’un terreno nel territorio di Signa (ASF, Notar. antecos. 13364, f. 25r: 28.IV.1301). Moglie di Ceffo è Labe di Piero di Guardi, che con le sorelle e la zia Guardina ricupera il 91.1304/5 crediti del padre (ASF, Notar. antecos. 3141, f. 6r); qui è teste fr. Pace di Gualterone OP, esecutore testamentario nel lascito di Neri del fu Piero di Guardi a favore del convento domenicano, atto in cui è teste anche fr. Remigio (ASF, S. Maria Novella 29.VII.1307). Nessuna notizia sull’omicida Guccino di Ceffo di Boninsegna dei Becchenugi. Suoi fratelli sono certamente Piero di Ceffo dei Becchenugi (ASF, Notar. antecos. 3142, f. 2r: 7.XII.1315; ASF, S. Maria Novella 18.IV.1324) sepolto in SMN nel 1341 (MD 1980, 52), Iacopo di Ceffo dei Becchenugi sepolto nel 1344 (ib. 1980, 59).
Ad istanza di Gherardo (di Pagno) dei Bordoni, il podestà mr Gherardo da Gambara bresciano, in carica nel secondo semestre 1302, muove imputazione contro Girolamo quale mandante del delitto e contro Mompuccio suo complice. «Nequissimi hominis Gherardi de Bordonis» dice Filippo (§2). Vi sarà del risentimento; ma le fonti fiorentine confermano i Bordoni famiglia rissosa, di pochi scrupoli, invisi a motivo della loro arroganza. In occasione d’accusa di baratteria genn. 1324/5, «... per la loro soperchia arroganza, ch’erano i più presuntuosi popolani di Firenze, e aveano guidata la terra assai tempo», s’esprime Villani X, 283, 19-21; «propter eorum superbiam nolentes esse contenti suis finibus sed totam civitatem sub eorum dominio subiugare» (§4), nella petizione di Filippo (v. anche Compagni I, 22; II, 18. 26; III, 2. 19. 41. Davidsohn VIII Indici s. v.). Pagno del fu Gherardo è attivo nella vita pubblica nell’ultimo ventennio del XIII secolo; a inizio Trecento si schiera insieme ai suoi figli con parte nera, e nella scissione di quest’ultima con Corso dei Donati contro Rosso della Tosa. Non essendo magnati, i Bordoni partecipano alle cariche politiche, cosicché giocano e la carta delle insolenze di piazza col Donati e quelle delle opportunità dell’amministrazione pubblica.
■ Pagno del fu Gherardo di Bordone potrebb’essere il «Paganus Bordonum» citato a comparire presso la sede apostolica dalla Rex pacificus 21.VI.1304 di Benedetto XI con i responsabili del fallimento della legazione di Niccolò da Prato; del popolo San Michele Bertelde, è priore e gonfaloniere per il sesto San Pancrazio 1282-83, 1289, 1295-96, 1298 (Stefani rubr. 159, 179, 210, 212). «Pangnus olim Gerardi Bordonis populi Sancti Michaelis Bertelde» detta codicillo 22.II.1295/6 modificando precedente testamento 27.II.1283; vi si menziona sua moglie Dialta, suo fratello Golfieri, suo figlio Gherardo, Neri di Lapo di Bordone; a nome proprio e del defunto padre restituisce usure e maltolto per lire 1.600 (ASF, Notar. antecos. 13363, f. 90r). Possiede terreni in Santa Maria a Quinto (ASF, Notar. antecos. 2963, f. 36r: 23.V.1300); scampa all’incursione degli avversari di Corso dei Donati, in cui resta ucciso su figlio Gherardo (ott. 1308), rifugiandosi in casa dei Tornaquinci (Compagni III, 20); sarà poi esiliato con figli e consorti; nell’amnistia di sett. 1311 si proibisce a lui e figli d’accostarsi a Firenze più di 4 miglia (Capitoli, ed. C. Guasti, II, Firenze 1893, 362). Golfieri del fu Gherardo di Bordone, popolo San Michele Bertelde, testa il 15.XI.1295, istituisce erede suo fratello Pagno, provvede al proprio figlio Neruccio "iure institutionis", alla moglie Tessa, alle sorelle Lagia e Duccia; a nome proprio e del defunto padre Gherardo restituisce usure e maltolto per la somma di l. 100 f.p. (ASF, Notar. antecos. 13363, f. 77r; codicillo del medesimo, ib. f. 80v: 4.XII.1295, dove apprendiamo di donna Leonetta vedova di Lapo di Bordone). Neri e Vanni, fratelli e figli del fu Lapo di Bordone: notizie in ASF, Notar. antecos. 13363, ff. 51r (18.VII.1295), 63r-v (12.IX.1295), 77r (15.XI.1295); Notar. antecos. 2963, ff. 35v (6.V.1300), 49r-v (1.II.1301/2). «Paulus Neri de Bordonibus» 1350 (V. Branca, Giovanni Boccaccio. Profilo biografico, Firenze 1977, 86 n. 8).
Gherardo di Pagno è priore per il sesto San Pancrazio nel bimestre aprile-giugno 1302, non molto dopo la presa di potere da parte dei neri. Conosciamo quattro fratelli di Gherardo: Ferruccio, Chele o Michele, Bernardo e Ghigo.
■ Gherardo di Pagno dei Bordoni: notizie raccolte da Z. Zafarana, Bordoni Gberardo, DBI XII, 521-22. Capitano di guerra 1304 (BNF, Magl. XXV.44, f. 61v), teste in atto di consenso matrimoniale 10.II.1304/5 (ASF, Notar. antecos. 13364, f. 78v); molto attivo nei consigli opportuni tra 1302 e 1308 (Consigli I, 63 ss. - II, 395).
■ Ferruccio di Pagno dei Bordoni: priore giug.-ag. 1303 (Stefani rubr. 241). Il 16.VII.1303 riceve con gli altri priori fiorentini atto di sottomissione e obbedienza del castello di Montale «positum iuxta territorium Montis Murli iurisdictionis comunis Florentie» (tra Prato e Pistoia) (ASF, Notar. antecos. 3140, ff. 112r-113r). Rientra in città dopo l’amnistia 1311; il 23.II.1313 nella lista dei fiorentini condannati da Enrico VII (Lami, Sanctae ecclesiae florentinae... I, 129). Nella lista dei dispersi della battaglia Montecatini 29.VIII.1315 (BNF, Magl. XXV.44, f. 75r). Priore dic. 1317 - febbr. 1318 (Stefani rubr. 326). Il 5.XII.1319 membro dell’arte della lana approva riforma degli statuti dell’arte (Statuto dell’Arte della Lana di Firenze 1317-1319, a c. di A.M. Enriques Agnoletti, Firenze 1940, 227). Aggredito e ferito nel palazzo dei priori 1319-20 (Davidsohn IV, 844). Nel 1320 capo della lega di Poggibonsi che si oppone all’entrata in Firenze del podestà nonùnato da re Roberto d’Angiò (ib. IV, 855).
■ Chele o Michele di Pagno dei Bordoni. Teste nel codicillo di Guelfo del fu Michele dei Becchenugi 15.VIII.1295 (ASF, Notar. antecos. 13363, f. 53r); gonfaloniere di giustizia dic. 1306 - febbr. 1307; priore 1319, 1323, 1328, 1330 (Stefani rubr. 258, 333, 355, 445, 465). Nella lista dei condannati da Enrico VII, 23.II.1313 (Lami, Sanctae ecclesiae florentinae... I, 129). Implicato col fratello Bernardo in accusa di frode nella pubblica amministrazione (Villani X, 283, 9 ss; Davidsohn IV, 991-92). Gherardo di Chele armato cavaliere dic. 1347 (Villani XIII, 108, 24-25; Salvemini, La dignità cavalleresca..., op. cit. p. 202), capitano di Pistoia in gennaio 1354: «nobilis militis d. Gherardi de Bordonibus de Florentia tunc capitanei populi civitatis Pistorii» (Arch. di Stato di Pistoia, Atti civili, Miscell. Casotto filza 142, f. 21r). Iacopo di Chele ottiene canonicato in Ferrara 1317-18: «Analecta pomposiana» 9 (1984) 159,160,163).
■ Bernardo di Pagno dei Bordoni. Priore ag.-ott. 1304, ag.-ott. 1308, ag.-ott. 1322 (Stefani rubr. 249, 267, 342). Nella lista dei condannati da Enrico VII (Lami, Sanctae ecclesiae florentinae I, 129). Implicato nel 1325 in accusa di baratteria, il fratello Chele provoca zuffe in difesa (Villani X, 283; Davidsohn IV, 991-92).
■ Ghigo di Pagno dei Bordoni. Per il sesto San Pancrazio nelle truppe di stanza a Pistoia per rinforzare Montecatini, 4 e 5.II.1313/4: «Ghigus Pagni Bordoni» (ASF, Notar. antecos. 8910, f. 122v). Probabilmente va corretto «Ghigo» il «Ghino» dei Bordoni tra i dispersi della battaglia di Montecatini (29.VIII.1315) dal tardivo spoglio BNF, Magl. XXV.44, f. 75r. Priore dic. 1320 - febbr. 1321 (Stefani rubr. 335).
■ Un "fr. Bernardo Bordoni" frate di SMN? Cr SMN non ne fa menzione. Liber ordinationum di fr. Corrado da Pistoia OP vescovo di Fiesole (1310-12), SMN 18.1X.1311: tra gli ordinati al suddiaconato: «fr. Lotterius de Ubaldinis et fr. Bernardus de Bordonis de Florentia ordinis Predicatorum conventus florentini» (Arch. Vescov. di Fiesole, VIII.A.2, f. 21v). Sfortunatamente senza patronimico; per di più sospetto di scambio antroponimico: fr. Bernardus de Bordonis de Florentia = fr. Bernardus de Bernardonis de Florentia (Cr SMN n° 421)? Per fr. Lottieri degli Ubaldini († 1363) cf. Cr SMN n° 444; SOPMÆ III, 89; IV, 190. Medesimo Liber ordinationum registra promozione alla tonsura e primi due ordini minori (8.IX.1310) e poi all’esorcistato e accolitato (12.IX.1310) di fr. Lottieri (ib. VIII. A. 2, f. 7r).