■ Cardinale e Leoncino di mr Alberto di Leone
Ma sono i figli di mr Alberto di Leone e di Salvi del Chiaro che danno la misura della rapida ascesa di questa famiglia popolana che si fa strada con prepotenza tra le forze più rappresentative del popolo grasso tra xiii e xiv secolo. “Popolana” perché nessun membro della famiglia era stato insignito della dignità cavalleresca (miles), perché non risaliva all’antica nobiltà feudale e comitadina. Del “popolo grasso” perché dopo gli anni ’80 raggiunse lo stato sociale della medio-alta borghesia fiorentina tramite l’inserimento in tre corporazioni delle arti maggiori: giudici e notai, lana, cambio. Tipica rappresentante delle cosiddette “famiglie nuove”. Ma non di quelle che raggiunsero lo status di “grandi” o magnati, al cui strapotere economico-politico mise freno il governo “di popolo” tramite le ritorsioni antimagnatizie del 1293 e 1295.
Sulla tipologia
sociale di tali categorie, e di quelle connesse, nonché sulle interpretazioni storiografiche, oltre alle note opere sulla Firenze del xiii secolo, inclusa Detentori, cf. G. SALVEMINI, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze e altri scritti, ed. Milano 1972; E. CRISTIANI, Sul valore politico del cavalierato nella Firenze dei secoli XIII e XIV, « Studi medievali» 3 (1962) 365-71; G. TABACCO, Interpretazioni e ricerche sull'aristocrazia comunale di Pisa, ib. 3 (1962) 707-27; ID., Nobili e cavalieri a Bologna e Firenze fra XII e XIII secolo, ib. 17 (1976) 41-79; ID., Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino 1979, 275-92; G. PAMPALONI, Magnati, in ED III, 769-72. AA. VV., I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale, Pisa 1981; AA. VV., I ceti dirigenti dell'età comunale nei secoli XII e XIII, Pisa 1982; AA. VV., I ceti dirigenti nella Toscana tardo comunale, Firenze 1983.Dei figli di mr Alberto, spiccano Cardinale e Leoncino; perché Lapo di mr Alberto - forse morto prematuramente - ci è noto solo tramite notizie del figlio Alberto nel sopruso subìto in San Fabiano di Prato (1319), di cui si dirà più in là. Figli di Salvi sono Girolamo, Chiaro e Mompuccio.
Cardinale sopravanza Leoncino, che sembra vivere all’ombra del più intraprendente fratello. Ambedue sono iscritti all’arte del cambio (il salto dall’arte dei giudici e notai del padre mr Alberto all’arte del cambio dei figli è caratteristico della carriera di molti ceppi d’estrazione popolana); sono attivi in transazioni finanziarie, locazioni di terreni, prestiti con interesse; non sfuggono ad azioni giudiziarie e a denunce connesse al mondo degli affari.
■ «Cardinale d. Alberti Leonis» teste in atto di mutuo 29.III.1297 (ASF, Notar. antecos. 4111, f. 184r). Il 4.IV.1297 Morgiano di Davino di Morgiano dei Rossi, del popolo Santa Felicita, attesta d’aver ricevuto in mutuo «a Cardinale d. Alberti Leonis de Girolamis dante et mutuante pro Biondo Lanfredini campsore populi Sancti Iacopi Ultrarni et de eiusdem Biondi propriis denariis et pecunia» 8 fior. d’oro (ASF, Notar. antecos. 4111, f. 185r). Sempre a nome di Biondo di Lanfredino dà mutuo di s. 40 f. p. a ser Piero del fu Piero notaio «de Castro Plebis qui moratur in populo Sancti Quirici de Marignolla» (ASF, Notar. antecos. 4111, f. 191v: 22.VI.1297) e di 5 fior. d’oro a Tessa vedova di Betto di Berardo della pieve San Giovanni a Soana (ib. f. 192v: 28.VI.1297).
«Cardinale de Girolamis iuravit et promisit ut supra, et dixit quod est eius sotius Leoncinus frater eius; die xviiii februarii [1299/300] iuravit et promisit ut supra et confessus est dictam sotietatem» (iscrizione alla matricola dell’arte del cambio: ASF, Arte del Cambio 6, f. 3r). «Die xvi februarii [1301/2] Cardinale d. Alberti de Girolamis iuravit et promisit ut supra, et dixit quod Leoncinus eius frater est eius sotius» (ASF, Arte del Cambio 8, f. 7r). Il 14.IX.1301 Cardinale e Leoncino rivendono titolo di credito (verosimilmente da debitore insolvente) di 6 fior. d’oro per fior. d’oro 6 e s. 42 f.p. (ASF, Notar. antecos. 3140, f. 50r); nonostante il tipo di transazione, l’interesse ricuperato si aggira sul 17,5% (cf. Studio 217).
Nel censimento delle locazioni ai fini della gabella delle pensioni, nov. 1305, i due fratelli sono proprietari locanti nel popolo San Pancrazio: «Item alia domus Cardinalis et Leoncini in qua moratur Albertus Bernardi, solvit l. 75 f.p. Item alia domus Leoncini et Cardinalis predictorum in qua moratur d. Mea, solvit l. 10 f.p.» (ASF, Estimo 1, p. 19; la somma è il canone annuo d'affitto su cui sarà stabilita la gabella). L’abitazione di Cardinale era poco distante: «Item alia domus Vanni Bricaldi posita ibi prope in qua moratur Cardinale d. Alberti» (ib. p. 19).
Neri del fu Vanni di Borgo, del popolo di San Iacopo d’Oltrarno, nomina due procuratori per muovere azione «coram iudice malleficiorum» del sesto d’Oltrarno contro Vanni [di Lapo], Leoncino e Cardinale (ASF, Notar. antecos. 2963, f. 60r: 6. XI.1302).
Non appaiono, Cardinale e Leoncino, nelle cariche pubbliche se non durante il governo dei guelfi neri, e in quegli anni continuano a curare i propri interessi finanziari.
■ Cardinale priore per il sesto San Pancrazio nei bimestri dic. 1303 - febbr. 1304, ag.-ott. 1311, febbr.-apr. 1319 (Consigli II, 698,704; Stefani rubr. 241,289,333). Partecipa intensamente ai consigli opportuni: 12.III.1305 (Consigli I, 192-93); 23.II.1308 (II, 367); 20.VII.1308 (II, 393); 3.XII.1308 (II, 417); 10.XII.1308 (II, 419); 19.IV.1309 (II, 439); 5.VIII.1309 (II, 452); 9.IV.1310 (II, 486); 10.XII.1310 (II, 522); 23.XII.1310 (II, 525); 12.III.1311 (II, 537); 27.VIII.1311 (II, 563); 20.V.1312 (II, 592).
Teste in atto di costituzione di società notarile tra ser Bernardo del fu Arrigo di Grazia e ser Bonavinta del fu Cambio di Azzo, 4.IX.1303 (ASF, Notar. antecos. 3140, f. 114r). A suo nome e del fratello Leoncino presta a Corso del fu Guglielmo coreggiaio di San Michele Bertelde 25 fior. d’oro nel termine di 6 mesi (ASF, S. Maria Novella 4.III.1304/5); ma solo due anni dopo riscuote il capitale dal figlio del mutuatario, Guglielmo di Corso di Guglielmo (ASF, S. Maria Novella 14.I.1306/7); costui è «ponderator et officialis» di moneta aurea, 10.V.1305 (ASF, Notar. antecos. 3141, f. 10v). Cardinale e Leoncino locano terreno e vigna in Santo Stefano a Ugnano (piviere Settimo), 30.V.1310; canone d’affitto: 12 staia di grano e un’oca, due terzi di vino (ASF, Notar. antecos. 17559, f. 33v).
Cardinale due volte «dominus et officialis» di moneta, 1307 e 1309 (M. Bernocchi, Le monete della repubblica fiorentina I, Firenze 1974, 14, 16); camerario del comune 19.IV.1309 (Consigli II, 439); preposto a compere pubbliche, al sindacato di fallimenti, all’interminabile lite dell’eredità del giudice mr Andrea del Cerreto.
■ «Avoghadus Gherardi et Cardinale d. Alberti Leonis ad emendum domos, palatia, casamenta, terrena, plateas, honores et iurisdictiones que et quas in civitate Florentie, in populis Sancte Lucie de Magnolis et Sancti Georgii, babent d. Thomasius olim Spilliati de Mocçis eiusque filii et nepotes, et filii olim d. Vannis q.d. Iacobi de Mocçis, pro pretio xiiii milium flor. aur.; et ad conveniendum quod dictum pretium solvetur sine retentione alicuius gabelle eidem venditori seu venditoribus aut illi persone quam priores et vexillifer deliberaverint» (Consigli II, 467 nota a: nov.-dic. 1309?). Fatto da riallacciare al fallimento della compagnia dei Mozzi 1308 (Davidsohn IV,483) e forse anche alla confisca dei beni di mr Andrea di mr Tommaso dei Mozzi seguìta all’insolvenza di l. 2.100 f.p. quale pena (aprile 1305) per aver aggredito, lui «magnas et potens civitatis Florentie», il popolano Cante di Bergo; mr Simone del fu Geri dei Bardi aveva sborsato, quale fideiussore di mr Andrea, soltanto metà della pena pecuniaria (ASF, Notar. antecos. 2962, ff. 133r-134v: 22.V.1305; ora in ed. Biagio Boccadibue, vol. I/II, a cura di L. De Angelis ecc., Firenze 1983, 247-51). Altro figlio di mr Tommaso dei Mozzi è mr Riccardo (ASF, Notar. antecos. 3141, ff. 28r-29r: 19.XI.1306); qui risulta che mr Andrea di mr Tommaso dei Mozzi è già morto.
■ Consigli generale e speciale del comune, 10.II.1310: «Constituti fuerunt super bonis Banchi Marsoppini Passavantis [de populo Sancti Pancratii, mercatoris cessantis in arte campsorum]: Cardinale d. Alberti, Loctus ser Rinieri et Cione Iove Allionis, et duo ex eis solidum» (Consigli II, 417). Il cambiatore andato fallito, Banco di Marsoppino di Passavante del popolo San Pancrazio, potrebb’essere cugino di fr. Iacopo Passavanti OP «populi Sancti Pancratii» frate dal 1317 (Cr SMN n° 413); padre di fr. Iacopo infatti è Banco «Passavantis», marito di Cecca di mr Cardinale dei Tornaquinci «mater fratris Iacobi Passavantis» (MD 1980, 137): «d. Ceccha uxor olim Banchi Passavantis», in una lista di 145 pinzochere «de ordine sive habitu fratrum Predicatorum» 24.XII.1319, dove Banco risulta già deceduto (ASF, Notar. antecos. 3143, f. 16r); Banco era proprietario nel 1305 d’una casa locata nel popolo San Pancrazio: «Item alia domus Banchi Passavantis...; Item alia domus de Tornaquincis et de Passavantibus...» (ASF, Estimo 1, p. 20). In ASF, S. Maria Novella 20.II.1359/60: «Io Niccholao di Ghino Tornaquinci di Firençe ebbi in deposito da frate Iacopo di Banco Passavanti dell’ordine dei frati Predicatori fiorini d’oro cento». Ma se nei docc. riguardanti Banco «Passavantis» l’apparente patronimico avesse funzione cognominale con omissione del patronimico (cosa non infrequente negli elementi onomastici in transizione al cognome-casato), allora il cambiatore fallito Banco di Marsoppino sarebbe il padre stesso di Iacopo; «fr. Iacobus Passavantis» si firma il frate e così lo denomina Cr SMN n° 413 (Necr. I, 88), dove Passavantis non ha funzione patronimica, visto che padre è Banco. Senza fondamento la parentela suggerita in Necr. I, 451 con Passa di Zato di Passavante e Zato di Gaddo di Passavante, perché ambedue del sesto Porta San Piero (Stefani rubr. 254, 280, 301; Lami, Sanctae ecclesiae florentinae... I, 128); anche il padre di quest’ultimo, Gaddo di Passavante, era stato priore per il sesto Porta San Piero (Stefani rubr. 207); mentre fr. Iacopo e suo padre Banco sono del popolo e sesto San Pancrazio. Due dati biografici nuovi su fr. Iacopo: presenza nelle liste capitolari di SMN, 5.XI.1321 e 30.XII.1321 (ASF, Notar. antecos. 3143, ff. 69r-70v, 76v-78r). La nonna di fr. Iacopo, Guardina moglie di mr Cardinale dei Tornaquinci, non è figlia (Necr. I, 451; MD 1980, 137) ma sorella di Piero di Guardi di Rustichino: «Guardina uxor vidua d. Cardinalis de Tornaquincis et filia condam Guardi Rustichini» insieme alle nipoti Dina, Ricca, Ghilla e Labe, sorelle e figlie del fu Piero di Guardi, ricuperano crediti di quest’ultimo (ASF, Notar. antecos. 3141, f. 6r: 9.I.1304/5). Labe di Piero di Guardi è moglie di Ceffo di Boninsegna dei Becchenugi (ib.) e madre di Guccino; costui è l’autore dell’omicidio per il quale viene accusato e condannato Girolamo di Salvi del Chiaro. Fr. Remigio sarà presente nell’atto d’esecuzione testamentaria di Neri di Piero di Guardi (ASF, S. Maria Novella 29.VII.1307; in Studio 225 a questa data si corregga «Neri di Pino» in «Neri di Piero»).
■ I Cerretani, famiglia d’illustri giuristi, attivi anche nel mondo della finanza (ASF, Arte dei Giudici e Notai 5, f. 58v; Arte del Cambio 6, f. 3v), da simpatie ghibelline passarono al partito guelfo dopo il 1267 e con parte nera nella scissione d’inizio Trecento (Delentori ad indicem); mr Andrea anzi fu dei primi priori insediati dai neri vincenti il 7.XI.1301 (Compagni II, 19; Stefani rubr. 226 bis) e - secondo il Compagni (II, 23; II, 30) - di coloro che «si diedero a distruggere i Bianchi». Il giudice mr Andrea di mr Iacopo del Cerreto, che aveva accumulato un considerevole patrimonio, testò il 27.VII.1301 (ASF, Notar. antecos. 3140, ff. 40v-43r); commissari testamentari dom Grazia abate di San Salvatore a Settimo e fr. Giovanni di Falco d’Oltrarno priore di SMN (ib. ff. 135v-139v: 29.VII.1304). Ma poiché mr Andrea non aveva lasciato figli, la questione della successione ereditaria si trascinò lungamente tra nipoti e pronipoti: Lapo e Lippo fratelli e figli di Bongia di mr Iacopo; Niccolò di Marito di mr Iacopo; Andrea, Marito, Aldobrando e Taddeo fratelli e figli del fu mr Aldobrando di Marito: ASF, Notar. antecos. 3141, ff. 17r ss (11.XII.1305); Notar. antecos. 3142, ff. 40v-44v (5.X.1316). 21.XI.1316 lite portata alla presenza di mr Guido di Battifolle vicario della città e d’altri cittadini tra cui «Cardinalis d. Alberti Leonis» (ASF, Notar. antecos. 3142, ff. 44v-45r, ff. 52v-54r).
Durante il secondo priorato di Cardinale, agosto-ottobre 1311, il 2 settembre 1311 è varata la larga amnistia dei condannati politici dal nome “Riformagione di Baldo d’Aguglione” giurista e priore anch’egli. Vi deve aver influito il desiderio di richiamare in città quanti più uomini possibile per resistere alla minaccia d’Enrico VII di Lussemburgo e d’alleggerire le cause pendenti da ottobre 1308 (Davidsohn IV,619-21); ma non va ignorato che da ottobre 1308 a marzo 1311 erano morti, e tutti di morte violenta, i capi che avevano impresso al governo dei neri, specie dopo la scissione interna del 1304, evidenti tratti d’arbitrio e sopruso, talvolta anche di terrore: Corso dei Donati († 1308), Gherardo dei Bordoni († 1308), Rosso della Tosa († 1309), Betto dei Brunelleschi († 1311); morti anche il vescovo Lottieri della Tosa († 1309) e Pazzino dei Pazzi († genn. 1312). L’amnistia è concessa soltanto ai «veri guelfi» (che, per ironia del circolo vizioso nella rotazione del ceto dominante, sono quelli dichiarati tali dagli stessi priori e da commissari da costoro istituiti: G. Pampaloni, Consiglio dei cento, Consiglio del capitano, ED II, 160-62; Priorato, ED IV, 677-79); e oltreché prevedere una lista d’esclusi dall’amnistia - tra cui Dante - stabilisce restrizioni per coloro che si erano distinti in particolari atti di efferatezza:
Consiglio dei cento, 27.VIII.1311: «Provisionem factam super balia danda prioribus et vexillifero et xii bonis viris popularibus, eligendis per dictos priores et vexilliferum, pro exbannitis vere guelfis rebanniendis; que balia duret et durare debet per v dies, computandos a die in antea qua hec presens provisio firmata fuerit in consilio potestatis» (Consigli II, 563). «Et ad hoc ut omnis dubietas tollatur, pro vere Guelfis babeantur quos ipsi priores et predicti xii boni viri, duo scilicet pro quolibet sextu, providerint fore vere Guelfos» (ib. II, 563 nota a).
■ Testo dell’amnistia 1311 in ASF, Capitani di parte guelfa, numeri rossi 20, Libro del chiodo pp. 137-49; cf. Delizie XI, 61-89; nessun Girolami compare nelle liste degli esclusi dall’amnistia. Nessuno dei Donati «qui condennatus fuerit occasione serragli apud plateam Sancti Petri Maioris [6.X.1308: Compagni III, 20] vel occasione mortis Betti de Brunelleschis» [8.III.1311: Compagni III, 39], né Pagno dei Bordoni e figlioli [Compagni III, 19-20] possono riavvicinarsi a Firenze a meno di quattro miglia (I capitoli del comune di Firenze, a c. di C. Guasti, II, Firenze 1893, 362). R. Piattoli, Codice diplomatico dantesco, Firenze 1940, doc. 106, pp. 132-44, con lista degli esclusi del sesto Porta San Piero (pp. 141-42) tra cui Dante Alighieri. Cardinale di mr Alberto nella lista dei cittadini fiorentini condannati da Enrico VII di Lussemburgo il 23.II.1313 (Lami, Sanctae ecclesiae florentinae... I, 129). Ultima data conosciuta di Cardinale è il priorato febbr.-apr. 1319.
La degradazione del potere politico si ritorce contro gli stessi neri, che a partire da febbraio 1304 si rivoltano l’un contro l’altro. Il clima d’insicurezza e le lotte consortili coinvolgono in qualche modo anche Cardinale e Leoncino, sebbene non sappiamo i termini esatti; certo in forma grave e pubblica se lo stesso consiglio dei cento delibera il 3 settembre 1304 di provvedere alla sicurezza personale dei due fratelli stipendiando con pubblico danaro quattro guardie del corpo per la durata di sei mesi.
Consiglio dei cento riunito in San Pier Scheraggio [residuo dell’antica chiesa ora incorporato nel palazzo degli Uffizi], 3.IX.1304: «Item quod Cardinale d. Leonis et frater habeant quatuor famulos qui cum eis arma offensibilia et defensibilia possint licite portare, habeant soldum a comuni, pro quolibet eorum libr. tres et soldos decem pro quolibet mense hinc ad sex menses proxime venturos; et quod camerarii licite et impune dictam solutionem facere possint; et quod possint mutari dicti famuli cum voluntate dd. priorum et vexilliferi» (Consigli I, 161). 15.IX.1304: «Carelinus et Vanni, fratres ff. Guidonis de Sancto Casciano, comparuerunt coram me Bonsegnore not., qui debent esse pro custodia Leoncini et Cardinalis d. Alberti Leonis» (I, 163). 18.IX.1304: «Manettinus f. Latini de Prato et Lippus Ciani de Montepulciano se presentaverunt coram me Bonsegnore not. occasione predicta » (II, 163). 22.XI.304: «Predicti quatuor se presentaverunt coram me Bonsegnore not., presente Cardinale, in platea iuxta pallatium priorum et vexilliferi» (I, 168).
■ Anche ecclesiastici di famiglie compromesse provvedono alla difesa personale: il vicario della chiesa fiorentina vacante dà licenza a Pepo del fu mr Lapaccio, Piero del fu mr Consiglio, Riccardo di Giovanni del fu mr Consiglio, preti della famiglia dei Cerchi, «arma quelibet deferendi per civitatem et diocesim florentinam hinc ad sex menses promixos» (ASF, Notar. antecos. 11484, f. 75r: 13.X.1309). Benedetto XI raccomanda da Perugia il conferimento, a Piero di Consiglio dei Cerchi, d’un beneficio nella diocesi di Fiesole non appena si fosse reso vacante (ASF, Gerchi 12.V, 15.V e 9.VI.1304). Il medesimo Piero, priore di San Paolo, e suo fratello Michele avevano lasciato nel testamento lire 500 ciascuno per la costruzione d’una cappella in SMN; non essendo stata versata tale somma, Bindaccio, fratello dei suddetti Piero e Michele, assegna al convento un suo podere sito in Sant’Andrea a Rovezzano (piviere di San Piero a Ripoli) in luogo delle 1.000 lire (ASF, Gerchi 2.IV.1314).
Il provvedimento 3 settembre 1304 va molto probabilmente messo in relazione all’aggressione subìta da Cardinale da parte d’alcuni Tornaquinci e loro accoliti, di cui i registri notarili di ser Matteo di Biliotto ci hanno trasmesso l’atto di pace (ASF, Notar. antecos. 13364, ff. 88v-89r). Ma questo prezioso documento illustra eccellentemente un episodio di violenza cittadina raccontato da Dino Compagni. In riferimento ai fatti succeduti alla scissione dei neri, verosimilmente in marzo 1304, Dino racconta: «Accadde in quelli dì che Testa Tornaquinci, e un figliuolo di Bingieri suo consorto, in Mercato Vecchio fediron e per morto lasciorono uno popolano loro vicino; e niuno ardia a soccorrerlo per tema di loro. Ma il popolo rassicurato si crucciò, e con la insegna della giustizia armati andorono a casa i Tornaquinci, e misero fuoco nel palagio, e arsollo e disfeciono, per la loro baldanza» (Compagni III, 3; per la datazione Davidsohn IV, 368 n. 1).
Chi è la vittima dell’aggressione? L’atto di pace, concordato in due tempi, 24 gennaio 1306 e 26 luglio 1307, dice: Neri di Leone, Leoncino e Cardinale fratelli figli del fu mr Alberto, Vanni di Lapo Girolami e Alberto di Lapo di Leone, tutti dei Girolami del popolo San Pancrazio, da una parte; Testa del fu mr Lotto dei Tornaquinci, Albizzo del fu Foligno da Campi e Neri figlio del detto Albizzo dall’altra, fanno atto di pace per percosse ferite e ingiurie inferte dai summenzionati Testa e Neri di Albizzo nella persona di Cardinale. I Girolami danno promessa di pace a Testa, ricevente a nome di Giovanni di Bingeri dei Tornaquinci e d’altri.
Chiesa San Pancrazio, 24.I.1305/6: «Neri Leonis, Leoncinus et Cardinale fratres filii condam d. Alberti, Vannes Lapi Girolami et Albertus Lapi Leonis, omnes dicti de Girolamis populi Sancti Pancratii, pro se ipsis et eorum filiis et descendentibus in perpetuum ex parte una; et Testa condam d. Lotti de Tornaquincis et Albicçus condam Folingni de Campis populi Sancti Michaelis Bertelde sive Sancti Donati de Vecchis, et Neri filius dicti Albicçi pro se ipsis et eorum filiis et descendentibus ex parte altera: fecerunt et reddiderunt, inter se ad invicem et vicissim una pars alteri, firmam et bonam pacem et concordiam et finem et remissionem nominatim et specialiter de percussionibus feritis assaltibus manumissionibus et iniuriis factis per dictos Testam et Nerium in persona dicti Cardinalis, et generaliter de omnibus et singulis inimicitiis malivolentiis odiis assaltibus manumissionibus iniuriis malis verbis et offensionibus quibuscumque actenus inter dictas partes vel ab una parte alteri aut ab aliquo eorum contra alium eorundem comuniter vel singulariter vel divisim dictis factis vel illatis, et de omnibus et singulis denuntiationibus notificationibus inquisitionibus accusationibus et processibus bannis et condempnationibus quibuscumque propterea subsequutis vel factis.
Et etiam promiserunt et convenerunt dicti Neri, Leoncinus, Cardinale, Vanni et Albertus dicto Teste recipienti pro Iohanne filio Bingieri de Tornaquincis et pro Ceccho filio Duccii della Marotta et pro Nerio vocato Vespa et pro quolibet eorum similiter pacem eis reddere et facere hinc ad umun mensem proxime venturum ad eorum voluntatem et requestam sub pena librarum mille f.p. et dampnorum etc., obligantes etc.
Et ex adverso dictus Testa et dictus Albicçus et etiam Nardus Iunte populi Sancti Pancratii simul omnes et quilibet corum promiserunt et convenerunt dictis Nerio, Leoncino, Cardinali, Vanni, Alberto recipientibus, se ita et totaliter facturos et curaturos quod dicti Iohannes et Cecchus et Neri Vespa et quilibet eorum similem pacem facient et reddent dictis . . . de Girolamis hinc ad unum mensem proxime venturum ad eorum voluntatem et requestam, sub pena librarum mille f. p. et dampnorum etc., obligantes etc.».
Fideiussori per i Girolami: mr Gerardo dei Tornaquinci, Cardinale di mr Ugolino dei Tornaquinci, Lotto di Puccio di Ardingo [degli Ardinghi], Bindo di mr Donato di Bilenco, Vanni del fu Schiatta d’Ubertino, mr Maso dei Donati, Nella del fu Guido Bene dei Malagonnelle, Bindo di Scolaio da Sommaia, Dello dei fu Duccio Capecchi del popolo San Paolo, Ghino di Marabottino dei Tornaquinci. Fideiussori di Testa del fu mr Lotto dei Tornaquinci: mr Baldera del fu mr Gianni dei Tornaquinci, Gianni del fu mr Testa dei Tornaquinci, Vanni di Puccio di Benvenuto del popolo San Donato dei Vecchi, Guccino di Guido di Bombina del popolo San Michele Bertelde, Salvi del fu Albizzo d’Orlandino del popolo San Pancrazio. Fideiussori di Albizzo del fu Foligno e di suo figlio Neri: Vanni di Ardimanno, Neri di Ardimanno, Piero di Brandano, Gianni di mr Testa dei Tornaquinci (ASF, Notar. antecos. 13364, ff. 88v-89r).
■ Al marg. sin. di f. 88v, subito sotto la rubrica «Pax Teste de Tornaquincis et Cardinalis de Girolamis et aliorum», la nota «[Actus] debet esse superius ad hoc signum» e relativo segno di richiamo rinviano a f. 87v, là dove l’atto trova congrua collocazione nella successione cronologica delle imbreviature. Segue: Firenze, in casa dei figli di Lotto di Migliore, 26.VII.1307: «Cardinale et Leoncinus et Neri Leonis et Vannes Lapi de Girolamis predicti ex una parte; et Iohannes filius Bingieri et Cecchus Ducci della Marotta ex altera parte: fecerunt et reddiderunt solempniter inter se, una pars alteri, firmam et bonam et ratam pacem et concordiam, finem et remissionem etc. ut supra»; segue breve formulario d’uso. Il notaio non ha trascritto subito nelle imbreviature l’atto 24.I.1305/6 forse in attesa di perfezionare il negozio di pace alla presenza di Giovanni di Bingeri dei Tornaquinci e di Cecco della Marotta, nel primo atto rappresentati da Testa del fu mr Lotto dei Tornaquinci.
«E un figliuolo di Bingieri suo consorto» diceva il cronista Dino Compagni; l’atto notarile ci dà il nome, Giovanni. Il «popolano loro vicino» lasciato mezzo morto non è altri che Cardinale di mr Alberto; «vicino» perché e Girolami e Tornaquinci sono del popolo San Pancrazio. Le coincidenze onomastiche lasciano pochi dubbi sull’identificazione dell’episodio. I Tornaquinci, popoloso casato guelfo d’antiche tradizioni cittadine, svolgono un ruolo di primo piano nella vita pubblica del governo delle arti; dichiarati magnati nel 1293 sono proscritti dalle cariche pubbliche, ma li si ritrova sulla scena in ogni evento importante della vita cittadina, non di rado implicati in tumulti e risse. A inizio Trecento si schierano coi neri, e a detta del Compagni si distinguono nelle malversazioni di quegli anni: «Grandissimi mali feciono i Donati, i Rossi, i Tornaquinci e i Bostichi; molta gente sforzarono e ruborono» (Compagni II, 20; cf. II, 26; III, 2; III, 20). Nella scissione dei neri seguono, con altri magnati, la fazione di Corso dei Donati, mentre Rosso della Tosa «teneasi col popolo grasso».
■ G. Pampaloni, I Tornaquinci, poi Tornabuoni, fino ai primi del Cinquecento, «Archivio storico italiano» 126 (1968) 331-62. Caratteristica delle lotte politiche di questi anni è la scissione all’interno degli stessi nuclei parentali. Della popolosa casata dei Tornaquinci difficile credere che tutti optassero per i neri e che tutti optassero per Corso dei Donati. Nell’atto di pace di cui qui sopra, si trovano ben tre Tornaquinci (uno, Cardinale di mr Ugolino, zio di Giovanni di Bingeri) fideiussori dei Girolami. Prossimità di parrocchia e di stato sociale moltiplica e intrica aggregazioni e disaggregazioni: a un restauro del palazzo di taluni Tornaquinci, ramo «condam d. Gherardi Veceris» e «condam d. Iacobi Veceris de Tornaquincis», era presente Girolamo di Salvi del Chiaro (ASF, Coperta di libri 16.VIII.1286; diploma in cattivo stato).
Frate di SMN è fr. Giovanni di mr Ruggeri dei Tornaquinci, priore conventuale 1307 (ASF, S. Iacopo a Ripoli 20.I.1306/7; 9.II.1306/7; ASF, S. Maria Novella 29.VII.1307), alla cui morte (5.VI.1313) terrà il sermone commemorativo fr. Remigio. Costui ci ha tramandato anche un curioso episodio del nonno di fr. Giovanni, mr Iacopo dei Tornaquinci giudice, che per far assolvere un suo protetto gli consigliò di farsi passare per mentecatto (Note di biografia..., AFP 54 (1984) 246). In ASF, S. Maria Novella 8.I.1303/4, mr Ruggeri e Bettino dei Tornaquinci, fratelli e figli del fu mr Iacopo, e Bingeri del fu mr Ugolino provvedono alla tutela di Tieri del fu Marabottino dei Tornaquinci. Nel medesimo diploma Cante detto Palotta, anch’egli figlio del fu mr Iacopo, dà consenso il 28.II.1303/4; testimoni fr. Lotto da Settimello OP e fr. Barone OP. Nella battaglia di Montecatini (29.VIII.1315) parteciperanno, oltre ad taluni Girolami, Gianni di mr Testa, Giovanni di Bingeri, Iacopo del Teglia, Cero del Palotta, Cardellino di mr Ugolino di Cardinale, tutti dei Tornaquinci (BNF, Magl. XXV.44, f. 71r). Una figlia di Bingeri, Tessa, è dell’ordine della Penitenza «de habitu fratrum Predicatorum» insieme a Vaggia del Chiaro di Salvi dei Girolami (ASF, Notar. antecos. 3143, f. 16r: 24.XII.1319). Moglie di mr Ugolino era tale Giovanna: «d. Iohanna uxor condam d. Ugolini olim Cardinalis de Tornaquincis» (ASF, Notar. antecos. 3143, f. 6r: 11.X.1319). Moltissimi Tornaquinci sepolti in SMN: Libro dei morti, MD 11 (1980) 29 ss.