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Libellus ad nationes orientales (1300)

originale latino

volgarizzamento (2009) di EP

(... 3. De iudeis)

(... 3. Ebrei)

<3.2> Iterum de iudeis. Sequitur secundum, scilicet quia dicunt quod non est verus Deus vel Dei Filius sed purus homo.

Secondo punto relativo agli ebrei: sostengono che il Cristo non è vero Dio o Figlio di Dio ma semplice uomo.

Quod autem ipse Iesus sit verus Deus ita clarum est in novo testamento per verba et opera quod nullus est qui rationabiliter valeat negare. Sed quia ipsi non recipiunt novum testamentum, ut dictum est, oportet quod eis probetur per scripturam veteris testamenti. Et hoc est valde difficile propter tria. Primo quia ipsi nolunt credere, nec per se possunt intelligere; nam in Ys. 7[,9] secundum aliam litteram dicitur «Nisi credideritis non intelligetis»[1]. Secundo quia sunt a Deo excecati, Ys. 6[,10] «Exceca cor populi huius».

Che Gesù sia vero Dio risulta evidente nel nuovo testamento da parole ed opere, al punto che nessuno potrebbe ragionevolmente negarlo. Ma gli ebrei, come detto, non riconoscono il nuovo testamento, cosicché bisogna procedere con prove tratte dall'antico testamento. Cosa difficile per tre ragioni. Prima perché rifiutano di credere, e dunque si privano della comprensione, come dice una variante biblica di Isaia 7,9, «Se non credete non comprenderete». Seconda ragione: sono resi ciechi da Dio, Isaia 6,10, «Rendi il cuore di questo popolo incapace di vedere».

Tertio est difficile propter diversas translationes, quia non concordant frequenter antique translationes et maxime lxx cum hiis que habemus in novo testamento, nec etiam cum hebraica veritate[2]. Nam sicut dicit Ieronimus in prologo Desiderii mei, «Ubicumque sacratum aliquid scriptura testatur de Patre et Filio et Spiritu Sancto aut aliter interpretati sunt aut omnino tacuerunt»[3]. Voluit etiam Deus quod celaretur mysterium divinum in Christo donec passio compleretur. «Si enim cognovissent, numquam Dominum glorie crucifixissent». Nec tamen iudei totaliter excusantur propter ignorantiam [add. R marg. sin.] quia fuit ignorantia ex odio et invidia quam habuerunt ad Christum etc.

Terza ragione: dissonanti sono le traduzioni bibliche, perché quelle antiche, specie quella dei Settanta, spesso non concordano con quanto leggiamo nel nuovo testamento, né con la verità ebraica. Dice infatti san Girolamo nel prologo al Pentateuco dall'incipit Desiderii mei: «Dovunque la sacra scritura dice qualcosa circa il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, o lo si interpreta diversamente o lo si ignora». Dio volle che il mistero divino fosse nascosto nel Cristo finché non si compisse la sua passione. «Se infatti l'avessero conosciuto, non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria» (I Corinzi 2,8). Né gli ebrei sono del tutto scusabili dal fatto che non lo conobbero, perché il disconoscimento del Cristo era frutto di odio e d'invidia.

Quod autem Christus sit Deus videtur maxime expressa auctoritas Ys. 9[,6] «Parvulus natus est nobis», et post: «Et vocabitur nomen eius admirabilis, consiliarius, Deus etc.».

Che Gesù sia vero Dio risulta evidentissimo da Isaia 9,5: «Un bambino è nato per noi»; e subito dopo: «e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio (potente, Padre per sempre, Principe della pace)».

Sed iudei dicunt quod in hebreo non habetur ita, sed ubi nos habemus passive «vocabitur», ipsi habent active «vocabit nomen eius» etc. Et est sensus quod ille qui est «admirabilis, consiliarius, Deus, fortis etc., vocabit nomen eius»; et accipiunt de Eçechia. Unde alia translatio non habet illa sex nomina sed habet «Et vocabitur magni consilii angelus». Set sequentia verba nulli homini puro conveniunt sed soli Deo, scilicet «Multiplicabitur eius imperium et pacis non erit finis; super solium David sedebit et super regnum eius ut confirmet illud et corroboret in iustitia et iudicio admodo et usque in sempiternum».

Ma gli ebrei asseriscono che in lingua ebraica non è detto così, e laddove noi (nella vulgata latina) abbiamo il verbo passivo: «sarà chiamato», essi hanno verbo attivo: «lo chiamerà» eccetera. E il senso sarebbe: "colui che è ammirabile, consigliere, Dio, forte, eccetera, gli darà per nome": e intendono "Ezechia" (successore di Acaz nel regno di Giuda, 716-687). Pertanto, un'altra traduzione non porta quelle sei parole, bensì: «E sarà chiamato angelo di grande sapienza». Ma le susseguenti parole (Isaia 9,6) non sono compatibili con nessun semplice essere umano ma unicamente con Dio: «Grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine; siederà sul trono di Davide e sul suo regno, per consolidarlo e rafforzarlo nel diritto e nella giustizia, ora e sempre».

Item. Idem Ys. 25[,9] loquens de Christo venturo d(icit) «Ecce Deus noster iste, expectavimus eum et salvabit nos etc.». Et sciendum quod ista est expressa et manifesta confessio deitatis in Christo; nec potest dici quod non sit ita in ebraica veritate, sicut dictum est superius |231r| de alia. Sed non propter hoc expresse convincuntur iudei de deitate Christi ut nunc, quia Glosa ibi expresse exponit de notitia et confessione deitatis Christi que erit post resurrectionem et diem iuditii. Unde preponitur ibi «Et precipitabit mortem in sempiternum»; et preponitur ibi de convivio vite eterne, et sequitur de cantico cantando ibi, et de pace promissa que tunc adimplebitur, sicut infra melius patebit.
Hec dicta sunt ne fratres confidant de apparentia actoritatum, quas non intelligunt etc.

Inoltre. Isaia 25,9, parlando del Cristo, ovvero Messia futuro, dice: «Ecco il nostro Dio, l'abbiamo atteso ed egli ci salverà» eccetera. Esplicita dichiarazione della divinità del Cristo. Né si può obiettare che in ebraico le cose non stanno così, come annotato sopra |231r| per l'altro caso simile. Non per questo gli ebrei si convincono oggi della divinità del Cristo, visto che la Glossa biblica legge esplitamente il testo come notizia e proclamazione della divinità del Cristo dopo la resurrecionte e giorno del giudizio. Vi si premette: «Eliminerà la morte per sempre» (Isaia 25,8); e vi si preannuncia il banchetto della vita eterna (25,6), cui fa seguito il cantico (26,1), la pace promessa e da realizzare (26,1), come meglio apparirà più oltre.
Ci siamo soffermati su questo perché i nostri frati non si arrestino alla semplice apparenza dei testi biblici, non sempre ben compresi, eccetera.

Preterea. Micheas 5[,2] «Et tu Betlehem Effrata, parvulus es in milibus Iuda; ex te michi egredietur qui sit dux in Israel, et egressus eius ab initio, a diebus eternitatis etc.». Ista autoritas ostendit adventum ex tempore, et egressum vel perpetuitatem in deitate.

Michea 5,1: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola  fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti» eccetera. Autorità biblica che manifesta la venuta in un tempo determinato; la dipartita invece o continuità illimitata nella divinità.

Preterea. Psalmus ille [71] «Deus iudicium tuum regi da» certissime de Christo scribitur. Multa vero que ibi ponuntur, nulli convenire possunt nisi soli Deo; sicut illud «Permanebit cum sole et ante lunam etc.»; et «Ante solem permanet nomen eius»; «Et adorabunt eum omnes reges terre etc.», «Et replebitur maiestate omnis terra etc.». Et multa similia continentur in sacra scriptura ita quod pautiora sufficerent homini videnti et accedenti; et multo plura non sufficerent populo ceco et reprobato a Deo, Ys. 6[,10] «Exceca cor populi etc.».

Salmo 72,1: «Dio, dà al re il tuo giudizio», di certo da riferire al Cristo. E molti altri riferimenti nel medesimo salmo non possono convenire se non a Dio: «il suo regno durerà quanto il sole e più della luna» (72,5); «più del sole persisterà il suo nome» (72,17); «lo adoreranno tutti i re della terra» (72,11); «della sua gloria sarà piena la terra» (72,19), eccetera. E tanti simili asserti si trovano nella sacra scrittura, al punto che basterebbero molti di meno a chi volesse veramente vedere e riconoscere; al contrario, molti di più non basterebbero ad un popolo cieco e respinto da Dio, Isaia 6,10: «Acceca il cuore di questo popolo», eccetera.

Item. Sicut dicit Ieronimus super loco illo Mt. 22[,42] ubi Christus quesivit a iudeis: «Quid vobis videtur de Christo, cuius filius est?» etc., quod usque hodie proficit nobis hec interrogatio contra iudeos, qui ponunt Christum solum hominem quamvis sanctissimum: «Quomodo David in spiritu vocat eum dominum suum?», non erroris incerto nec propria voluntate sed in Spiritu sancto. Et respondent iudei fabulantes vernaculum Habrae, cuius filius erat damascus Elieçer, in cuius persona dicunt ipsum psalmum esse compositum etc., quando ipse Habraham reversus est a cede quattuor regum, Gen. 14; ita dicentes quod David appellat Habraam dominum suum non Christum, et quod psalmus scriptus est in persona Habrahe non Christi. Cuius contrarium ostendit Hesdras in titulo illius psalmi dicens «Psalmus Davit» dative; et Augustinus De civitate Dei XVII, 14.

Girolamo nel commento a Matteo 22,42, laddove Cristo chiede agli ebrei «Che ne pensate del Messia? di chi è figlio?» eccetera, dice che siffatta domanda è ancor oggi attuale in riferimento agli ebrei, per i quali il Cristo è soltanto persona umana, benché santissima:  «Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore?» (Matteo 22,43; cf. Salmo 110,1), ispirazione non esposta ad errore né a volere personale ma ancorata allo Spirito santo. Abbandonandosi al vernacolo di Abramo - il cui figlio o domestico era il damasceno Elièzer (Genesi 15,2) -, gli ebrei rispondono che il salmo 110 (109 della Vulgata) fu composto in riferimento ad Abramo quando tornò dalla battaglia dei quattro re, Genesi 14; e dicono che David chiama suo signore Abramo, non il Cristo, e che dunque tale salmo fu intestato ad Abramo non al Cristo. Ma proprio il contrario prova Esdra nel titolo di quel salmo: «Salmo a David», in caso dativo; e così anche Agostino, La cíttà di Dio XVII,14.

Preterea. Interrogandi sunt, ut dicit Ieronimus, quomodo sequentia verba conveniant Habrahe: «Tecum principium etc., ante |231v| luciferum genuit te» [Ps. 109,3], et post: «Tu es sacerdos in eternum secundum ordinem Melchisedec» [Ps. 109,4]. Quomodo fuit sacerdos Habraham secundum ordinem Melchisedec qui dedit Melchisedec decimas omnium que possederat etc.? Et postea subiungit «Dominus a dextris tuis etc.». «Nec ausus fuit aliquis ex illa die eum amplius interrogare etc.».

Va inoltre posta la questione, suggerita da Girolamo, come possano applicarsi ad Abramo le parole seguenti: «A te il principato, eccetera, prima |231v| dell'aurora io ti ho generato» (Salmo 110,3), e poco dopo: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek» (110,4). E come poteva Abramo essere sacerdote al modo di Melchisedek se a Melchisedek egli dètte la decima di tutto (Genesi 15,18-20)? E sopraggiunge: «Il Signore è alla tua destra» eccetera (110,5). «E da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo» eccetera (Matteo 22,46).

Ostendit igitur Christus se esse verum Deum verbis et factis dicens «Si michi non vultis credere, operibus credite», et remisit iudeos ad scructinium scripturarum dicens  «Scrutamini scripturas quia ipse sunt que testimonium perhibent [prohibent cod.] de me». Completum est igitur in iudeis illud quod David prophetavit dicens «Fiat mensa eorum coram ipsis in laqueum etc.».

Il Cristo, dunque, con le parole e con i fatti dimostra di essere vero Dio, laddove asserisce: «Se non volete credere alle mie parole, credete alle mie opere»; e rinvia gli ebrei allo studio delle scritture: «Voi scrutate le scritture, e proprio esse mi rendono testimonianza» (Giovanni 5,39). Si è pertanto realizzata negli ebrei la profezia di David: «Diventi la lor mensa un laccio, un tranello e un inciampo» eccetera (Romani 11,9).

Et notandum quod sex fecit Deus quasi eodem tempore et ordine quo de ipsis fuerat prophetatum que ostendunt Christum venisse et verum Deum fuisse; et hec duraverunt continue iam fere mille trecentis annis[4].
Hec autem sunt ablatio regni iudeorum, excecatio ipsorum, incarnatio et adventus Christi, vocatio gentium, destructio templi et universalis captivatio ipsorum iudeorum.

Sei cose Dio ha operato, quasi nel medesimo tempo e ordine di quanto profetato al loro riguardo; esse mostrano che Cristo è venuto e che è vero Dio. E tali fatti si sono protratti in continuità per quasi mille e trecento anni.
Essi sono: rimozione del regno de
gli ebrei, loro accecamento, incarnazione e venuta del Cristo, chiamata dei popoli, distruzione del tempio, generale prigionia degli stessi ebrei
.

De primo, scilicet de ablatione dominii, ostensa est supra prophetia Iacob et usque nunc ostenditur experientia. De secundo, scilicet de incarnatione, volens Ysaias ostendere primo premisit excecationem iudeorum dicens, Ys. 6 «Exceca cor populi huius etc.»; et statim sequitur de incarnatione Christi, Ys. 7 «Ecce virgo concipiet», et post de nativitate Christi, 9 capitulo, «Primo tempore etc.», ubi statim adiungitur vocatio gentium «Populus qui ambulabat in tenebris vidit lucem». Item Ys. 34 «Accedite gentes». Item Ys. 55 «Omnes sitientes venite ad aquas»; et post «Ecce gentem quam nesciebas vocabis». Item Ys. 60 «Surge illuminare, Ierusalem etc.» per totum de vocatione gentium et reprobatione iudeorum.

Primo, rimozione del regno; sopra illustrata a proposito della profezia di Giacobbe (Genesi 49,10), confermata dalla corrente esperienza. Secondo: nel voler preannunciare l'incarnazione, Isaia premette l'ottenebramento degli ebrei, Isaia 6,10 «Acceca il cuore di questo popolo» eccetera; e prosegue con l'incarnazione di Cristo, Isaia 7,14 «La vergine concepirà», e con la sua nascita, cap. 8,23 (= 9,1 Vulgata) «In tempo passato» eccetera. Segue subito la chiamata dei popoli, «Popolo che camminava nelle tenebre ha visto la luce» (Isaia 9,1). E ancora, Isaia 34,1 «Avvicinatevi, popoli». Isaia 55,1.5:  «O voi tutti assetati, venite all'acqua», e «Ecco, chiamerai gente che non conoscevi». Isaia 60,1: «Alzati, rivestiti di luce, Gerusalemme» eccetera; il tutto su chiamata delle genti e riprovazione degli ebrei.

Destructio autem templi, quod est quintum, et captivatio populi iudeorum, quod est sextum et ultimum, manifesta est toti mundo, pro eo quod non erat in mundo templum ita sollempne nec ita nominatum; nec fuit ab initio mundi populus ita dispersus sicut est populus iudeorum. Nam |232r| ab India usque in Y<s>paniam per omnia regna gentium disseminati sunt, et completum est illud daviticum [Ps. 105,35] «Et commixti sunt inter gentes».

Distruzione del tempio e prigionia del popolo ebraico, quinto e sesto punto: lo sa tutto il mondo, poiché che non esiste altro tempio così famoso e conosciuto; né dall'inizio del mondo vi è stato altro popolo così sparso come quello ebreo. Sono disseminati |232r| dall'India alla Spagna, trasversalmente a tutti i regni del mondo. Si è realizzato il detto di David: «Si mescolarono con le nazioni» (Salmo 106,35).

Et sic patet contra iudeos quomodo convincuntur dicere quod Christus iam venit et quod ipse est verus Deus.

Evidenti dunque, contro gli ebrei, le prove che Cristo è già venuto e che egli è il vero Dio.

   


[1] «Si non credideritis non permanebitis», vulgata di Is. 7,9.

«Ma se non crederete, non avrete stabilità» (trad. ital. La Sacra Bibbia della CEI); «Se voi non crederete, certo non avrete stabilità» (Bibbia ebraica con traduz. ital).

[2] Septuaginta, idest Vetus Testamentum graece iuxta LXX interpretes, ed. A. Rahlfs, Stuttgart 1935 (introd. in ted., ingl., lat.) BiblSMN-Campo 74.3. Trad. ebraico-greca del VT + deuterocanonici (Sap., Eccli., Iudt), in Alessandria d’Egitto tra 250 e 130 a. C. ("traduz. alessandrina o dei LXX"), fatta da dotti ebrei; ampiamente usata dai cristiani dei primi secoli, e più persistente che presso gli stessi ebrei.

Vetus latina, ed. B. Fisher e collaboratori, 1949 ss. BAV S.Scritt.II.8(1). Cons.
Bibliorum sacrorum versiones antiquiores seu Vetus Italica,
ed. P. Sabatier 1743-49, 1751; rpt Brepols: BAV S.Scritt.II.8(1). Cons. Cf. J. Gribomont, Vetus latina,
«EnciclBibbia» 6 (1971) 1156-63.

Biblia sacra iuxta vulgatam versionem, ed. R. Weber - R. Gryson, Stuttgart4 1994. Riproduce anche i Prologi (omessi da clementina 1592, raccolti a inizio da clementina 1593 e 1598). In Appendice gli extracanonici Manasse, III-IV Esdrae, Ps 151, ad Laodicen.

Bibbia ebraica: in ebraico con traduz. ital., curata da comunità ebraica, promotore Dario Disegni, Torino 1967, 4 voll.: Bibl.SMN-Campo 74.14/I-IV). A fine di ciascum volume, indice dei nomi di persona e di località. La Bible: ebraico-francese, Tel-Aviv 1994 Bibl.SMN-Campo 74.56; ebraico-inglese, Tel-Aviv 1995 Bibl.SMN-Campo 74.57. .Permette di cogliere la semantica biblica riletta oggi da biblisti ebrei.

[3] Prologo di san Girolamo al Pentateuco, Biblia sacra iuxta vulgatam..., ed. Weber-Gryson, Stuttgart 1994, p. 3, righi 23-25.

[4] 1300 = anno di redazione dell’Ad nationes orientales.


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