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Priore in San Romano di Lucca, febbraio 1401; in carica almeno da autunno dell'anno precedente (i priori conventuali erano assolti dal capitolo provinciale), fino ad autunno 1401 (Verde-Corsi 379-80; in aprile 1402 risulta priore il senese fra Antonio di Conte). Vien da credere che il priorato lucchese (autunno 1400 - autunno 1401) marchi un arresto nella stesura della cronaca pisana, mentre la moria in atto sconvolge la quotidianità. Di qui il turbamento paleografico delle ultime carte Cr Ps n° 260-267 ff. 36v-38v, che suppongono 1398-1400, febbraio-aprile 1403 almeno per Niccolò del fu Piero da Castiglione e susseguente ultima carta (n° 265 f. 38r-v): venuta meno del copista A, breve differito complemento autografo di Domenico, dalla mano insicura, dai tempi indefiniti. In contrasto con l'omogeneità grafica e redattiva di quanto precede. Un tentativo di ricomporre i frammenti; non inverosimile, presumo. «Hic erat in tantum dilector patrie[102] et civitatis proprie quod propter malanconiam eiusdem civitatis infirmatus gravissime, dimissis honoribus laboribus et scribendi sollicitudine <**>[103] posteris[104], suum spiritum reddidit Creatori anno Mccccviij de mense decembris; mortuus est enim quinta die post magistrum Andream de Bigulia» (n° 273).

Di maestro Andrea di Vigolo da Bigulia (Corsica) il cronista Simone dice: «Dum scribo, cadentes lacrime rigant ora quia existens[106] iuvenis poterat aduch servire ordini annis xx. Postremo extrema perunctione peracta, emictens spiritum, a cantantibus choris angelicis est presentatus suo clementissimo Creatori anno Mccccviij de mense decembris» (n° 272); ancora priore lucchese «Andreas de Bigulia, sacre theologie professor, prior» 17 febbraio 1408, data cronica del notariato lucchese (Verde-Corsi 381a). 1408 anno comune. Chiuso ad incastro da solidale testimonianza pisana: Domenico da Peccioli in vita il 20 ottobre 1408 (1409 stile pisano), tra gli 11 frati capitolari di Santa Caterina:

ASF, NA 18417, f. 94r-v «in presentia… dicti conventus fratrum videlicet fr. Dominici de Peccioli sacre theologie magistri… Actum Pisis in capitulo dicti conv. sito in primo claustro… dominice incarnationis anno millesimo quadringentesimo nono, indictione secunda, die vigesimo octobris».

Protocollo (aa. 1407-12) «Guillelmi notarii quondam ser Iacobi domini Chelli Rustichelli pisani civis» (f. 1r), dall'indisturbata sequenza di regestazione e coerenti indicazioni croniche; inizio del successivo anno pisano annotato a f. 120v «Deinceps dicetur dominice incarnationis anno Mccccx». ASF, NA 1815, f. 189r, tra i rogiti di ser Francesco da Vico: «Deinceps dicatur indictio VII, a. 1399», dopo atto 23.IX.1399/8, prima di atto 26.IX.1399/8: indizione bedana. Su questi nuovi dati sopprimi in SOPMÆ IV, 72, la correzione biogr. «Obiit… curso pisano)».

Il còrso Andrea da Bigulia e Domenico da Peccioli deceduti dunque in dicembre 1408, a cinque giorni di distanza.

Cr Ps ff. 39r-40v, ripresa 1411 di Simone da Cascina, dalle poche carte e pochissime date annuali, esita e si lascia andare in fatto di cronologia allo stile fiorentino? Così suggerisce il caso Andrea-Domenico, contro la meno economica contestazione d'errore. In ottobre 1406 Firenze sottomette definitivamente la città rivale. A ridosso dell'occupazione qualche pisano adottò le consuetudini dei padroni, sia pure tentativamente? «Scede et protocholli mei, Baptiste condam Iohannis Bocciantis civis pisani», avviati «anno Domini 1406, indictione XV, secundum cursum Florentie»; in stile fiorentino da febbraio a dicembre 1407; talvolta, in Pisa, torna alla tradizione locale, non senza avvertire «secundum cursum pisanum» (ASF, NA 2969, ff. V-227; primo atto rogato 22.II.1406/7). L'innovazione non ebbe seguito. Ma testimonia l'esitazione degli inizi.

Domenico cessa ogni attività poco dopo primavera 1403, tempi del decesso e pendenze ereditarie di Niccolò da Castiglione della Pescaia (Cr Ps n° 265 f. 38r; f. 38v ultima di suo pugno); prima del 1407, come esige il raccordo tra i fratelli Piero e Iacopo di Ridolfo nel primo blocco, Cr Ps n° 232 f. 31v. Che suggerisce cautela sul nesso voluto dall'annalista conventuale (1550-56), quasi unico possibile: Domenico gettato nella prostrazione dalla caduta di Pisa in potere fiorentino ottobre 1406 (in Barsotti, I manoscritti 296; O. Banti, La biblioteca e il convento di S. Caterina in Pisa..., BSP 58 (1989) 184; tutto l'art. 173-87.). Tardiva selezione dell'annalista tra le passioni patrie? Proprio nel ventennio, e finanche decennio, a cavallo del Tre-Quattrocento, non facevano difetto sventure premonitorie della dissoluzione della propria storia e della propria città.

Lasciamo esprimere le idiosincrasie municipali dei contemporanei alla memoria recente d'un negozio notarile: ASF, NA 8066, ff. 251r-252r (Pisa 30.XII.1410/09) «tum propter querras que antecesserant illis duobus annis tunc proxime preteritis [rispetto all'anno Mccccvj] in toto comitatu pisano, et etiam propter guerram que de dicto anno Mccccvj in comitatu et civitate pisan(is) fuit propter expulsionem factam de civitate pisana de domino Gabriele Maria de Vicecomitibus de Mediolano olim pisano domino» (f. 251v). Ib., f. 272r-v (Pisa 4.I.1409) «usque ad tempus et tempora sue expulsionis <scil. Iohannis de Gambacurtis> de civitate pisana propter mutationem status civitatis qui venit ad manus illorum de Appiano. Post cuius expulsionem hospitale predictum recollegit redditus… usque ad tempus et tempora quo dux Mediolani habuit dominium civitatis prefate».

Per il resto, solo un'indagine a tappeto potrà far breccia sulla superficie incompromessa del linguaggio politico della Cronica, e dar corpo a talune sospette diffrazioni partitiche dei frati più notabili. Specie là dove solidarietà personali e consortili dovettero ridefinirsi ai sovvertimenti della città e del suo ceto dirigente: dall'assassinio di Piero Gambacorta († 21 ottobre 1392) alla signoria antifiorentina di Iacopo d'Appiano (1392-98) e suo figlio Gherardo Leonardo (1398-99), alla guerra viscontea-fiorentina scaricatasi su Pisa e suo contado, esautoramento degli Anziani del popolo, svendita della città a Giangaleazzo Visconti a opera di Gherardo (gennaio-febbraio 1399), finale occupazione fiorentina (1406). Bande mercenarie carestia peste aggiunsero domestica desolazione alla decadenza politica in corso. Desolazione approdata alle porte del convento, istituzione d'antica solidità. La «devotio» e i «lamenta penitentie» dei Bianchi (Cr Ps n° 262) non servirono congrua consolazione. Non erano pochi, e non necessariamente quelli antifiorentini, i sentimenti e le ragioni che potevano rinchiudere in malanconia l'amor patrio del cronista Domenico.

Cr Ps n° 262 (Thomas ser Michaelis de Nodica, † Sarzana estate 1400?) «transeuntes stipendiarii de Tuscia in Lombardiam et e converso plurima dapna sepius intulerunt» al convento domenicano di Sarzana. Milizie mercenarie al soldo, o "senza soldo", del Visconti di Milano contro quelle della lega fiorentina. Cf. Cronache di ser Luca Dominici, ed. G.C. Gigliotti, Pistoia 1933-1939, II, 212 (ag. 1402). O. Banti, Iacopo d'Appiano, Pisa 1971, 153, 186 ss (Verso la guerra 1395-96: Gli assalti delle compagnie), 199, 213, 221 ss (La guerra 1397-98), 295n, 315-16.

C. Guasti, Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il comune di Firenze, Firenze 1867, 87 ss; G. Brucker, Dal Comune alla Signoria, La vita pubblica a Firenze nel primo Rinascimento, Bologna 1981, 234-38. Fondamentale O. Banti, Iacopo d'Appiano. Economia, società e politica del comune di Pisa al suo tramonto (1392-1399), Pisa 1971.

ASF, NA 8069, ff. 65v-66v (Pisa, capitolo Santa Caterina, 6.II.1417): i frati, «pro comodo et utilitate dicti conv. atque conservatione infrascripte domus, ne destruatur sive devastetur a stipendiariis, prout multe ac infinite domus pisane civitatis destructe et desolates sunt», cedono a prete Antonio del fu Leone della cappella San Biagio «petium unum terre cum domo solariata duobus solariis… positum in Pisis in cappella Sancti Blatii» in cambio d'una libbra di cera da consegnare il giorno della festa di santa Caterina di novembre. Cf. G. Garzella, Ceti dirigenti e occupazione dello spazio urbano a Pisa dalle origini alla caduta del libero comune, AA. VV., I ceti dirigenti nella Toscana tardo comunale, Firenze 1983, 263-66; F. Redi, Dalla torre al palazzo, ib. 291-92.

Di certo gli anni estremi del tramonto pisano sono i tempi e il clima della stesura della Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis. Non ha rimedio, Domenico, contro la durezza dei fatti. L'impotenza sul presente lo respinge all'esaltazione delle origini. Del suo convento urbano rivà le glorie passate; le promesse delle reclute nuove, le indirizza alla riforma veneta. Non osa sognare una "rifondazione" nella propria città? Domenico da Peccioli ovvero la mortificazione dell'ideale. Diamogli atto tuttavia della confermata fedeltà a una componente forte della sua cultura, disseminata in Cr Ps, estranea invece  -  quando non sospetta  -  ai rigori spirituali della riforma: alle giovani speranze del domani addita, a guida d'iniziazione, la disciplina mentale del curriculum di studi dell'ordine domenicano (vedi oltre, giovani pisani avviati alla vita domenicana in San Domenico di Castello e lettera 1395 loro indirizzata da Domenico da Peccioli). Il confratello Simone di Filippo da Cascina, dal temperamento meno rigido e più conciliante  -  sembra di capire  -, preferì ignorare la drammaticità della vocazione cristiana in una città disgregata, proteggendo il Colloquio spirituale (1391-92) nel rifugio della più privata intimità; la stemperò semmai in facezie nell'attività omiletica. Mentre attraversò indenne, lui e il suo ruolo pubblico, inconciliabili capovolgimenti cittadini, dalla signoria dei Gambacorta all'occupazione fiorentina.


[102] patrie ] provinciae ed. Bonaini 

[103] <**> due lettere non decifrate con lampada Wood

[104] sollicitudine <**> posteris ] sollicitudine omnino positis ed. Bonaini. La lezione poste(r)is si sviluppa dal deciframento del nesso grafico tei (qui sormonatato da segno abbreviativo di r) per collazione con altri ricorsi e ductus del legamento interno, nella scrittura di Simone da Cascina; la collazione esclude un itis nelle ultime tre lettere e dunque il positis del Bonaini (confronta posit(us) poco oltre f. 40v rigo 17). Tace la ricognizione testuale di Barsotti, I manoscritti 373.

[106]quia existens ] cum exemplaris ed. Bonaini

Maestro Andrea di Vigolo da Bigulia (Corsica), † dic. 1408: MOPH XIX, 229b (1388-93) «fr. Andreas de Begulio de Corsica conventus pisani». ASV, Reg. Later. 59, f. 217r-v: Bonif. IX, Roma 30.VII.1398, commette a Bartolomeo di Domenico da Siena OP maestro in teologia d'esaminare, insieme con una commissione di quattro maestri, il candidato «Andreas de Begulia OP», e di conferirgli, se trovato idoneo, il magistero in teologia in Pisa. ASF, NA 788, f. 197r (30.IV.1403/2) «Actum Pisis in cella dormentorii ecclesie Sancte Katerine suprascripte posita iuxta fenestram orti a manu dextera, presentibus magistro Andrea condam Viuoli de Viuulia magistro in sacra teologia, fr. Nominato condam ser Lodovici de Civitate Castelli, fr. Dominico Laxari de Prato, fr. Iohanne magistri Iuntini de Cascina et fr. Michaele ser Macthei de Sancto Geminiano». Verde-Corsi 574b. In S. Orlandi, Il beato Lorenzo da Ripafratta (1373-1456), Firenze 1956, 97a e nel testo, si corregga il lapsus "Agostino di Bigulia" in "Andrea…".


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