⌂ 17. Vere credo quod instent dies illi pessimi de quibus tu, ipsa veritas, prophetasti; sed promisisti quod dies illi pessimi breviarentur. Quare igitur tam longo tempore tam crudelissima bestia grassatur et dominatur in christianos? Quare non surrexit «forcior illo qui eum devinceret et arma eius auferret et spolia cius distribueret» [Luc. 11,22]? Et ego sicut presumptuosus intra memet ipsum longo tempore cogitavi quod possem illum in tua virtute deicere et eius doctrinam pestiferam evacuare. Quamobrem assumpta voluntate commissa michi a tuo vicario obediencia veni ad profundas partes istas orientis. Et dum predicando circuivit debilis iste frater Predicator <ut> predicaret te Christum, incidìt in hostes fidei, qui minis et verberibus volebant me cogere predicare Machometum et eius perfidam legem. |
17. Veramente credo siano venuti quelli dì pessimi de’ quali tu, somma verità, predicesti e prophetasti che sarebbeno tanti mali. Ma sai che tu dicesti che quelli dì doveano esser abreviati. Perché dunqua non abrevi questi dì ma lassi così lungo tenpo signoreggiare questa crudel bestia Macometto sopra li cristianì? Perché non ti levi, tu che sse’ «lo più forte, lo quale vincesti e cacciasti lo forte nimico che possedea lo mondo, e toleli l’arme e lla baldansa»? Ché sai che io come presuntuoso già è lungo tenpo pensai di potere e studiarmì, non per mia ma per tua vertue, atterrare e convincere e anullare la sua maladetta dotrina; e però ricevendo l’ubidensia del tuo vicario papa nostro venni a queste parti e contrade dell’oriente. E andando |30r| me predicando te Cristo per queste contrade, trovonnomi li nimici della tua fede, lì servi di Macometto, li quali con minacci e con battiture mi voleano costringere a predicare Macometto e la sua perfida legge. |
18. Quod quia te adiuvante renui, post verbera, que leviter portavit amor, privaverunt me sancto habitu ordinis mei. Et ego sic expoliatus et confusus assumpsi babitum camellarii et cepi camelum ducere per catenam. Et sic ego, qui tanto tempore fueram frater Predicator negligens, subito factus sum camellarius sollicitus. Et tunc lacrimando pre gaudio dixi: «O Domine, audivi Machometum fuisse camellarium. Numquid forte decrevisti quod ego in habitu camellarii deiciam camellarium? Nam ego non recuso sub quocumque habitu militare tibi». Sed dum ad me ipsum introrsus redeo, dum cotidìe per experienciam invenio me non posse complere que cogitaveram, culpans |251v| memet ipsum dixi: «Ne forte contingat quia non veni pauper in illa perfectione apostolica sicut apostolis tuis sanctis mandasti». |
18. La qual cosa, aitandomi te, rinonsando me di fare, doppo molte battiture e ciotte[4] che mi dienno, le quali per tuo amore sostenni volentieri, sì mi spoglionno e trasseno lo santo abito del mio ordine. Onde io rimanendo così spogliato e confuso, presi abito di canmellario e ’ncominciai a menare li camnelli co·lla catena come qui s’usa, sì che io, lo quale tanto tenpo sono stato frate Predicatore, advegna che nigligente, subitamente diventai canmellario sollicito. E allor per grande allegressa lagrimando dica: O Signore, abbo udito che Macometto fu canmellario. Doh! Tu dunqua forse ài ordinato che io in abito di canmellario sconfigga e vinca lo canmellario Macometto? Ecco tu sai, Signor mio, ch’i’ non recuso e non mi ssdegno di servirti in qualunque abito, e acusando me medesmo forse che questo m’aviene perch’io non ci venni povero e in quella perffessione apostolica la quale tue a’ tuoi santi apostoli comandasti. |
19. Et ecce subito occurrit animo magnus ille et ferventissimus predicator et Predicatorum ordinis inventor, quem in fine temporis ab occidentali parte mundi doctrinis et miraculis suscitasti, beatus Dominicus, quam ferventi proposito invasit Machometum a parte occidentali, pro quo eciam aliquanto tempore barbam nutrivit. Et nec ferocissimam bestiam evacuavit, quin pocius e contrario bestia Machometus fratres Predicatores missos ad predicandum occidit in Morrocho et aliis locis. |
19. Ma ecco subitamente sopra cciò pensando, mi si raduce alla memoria quello grande e ferve[n]tissimo predicatore, ansi capo e fondatore dell’ordine nostro cioè de’ Predicatori, |30v| cioè santo Domenico, lo quale in questi utimi tenpi dalle parte dell’occidente, cioè di Spagna, con dottrine e miracoli sucitasti e chiamasti. E ripenso con quanto fervore e santo proponimento s’armoe contra Macometto e assaglitelo delle parti di Spagna, e molto tenpo notrìcoe la barba per venire a queste parti ad predicare contra lui. Ma di ciò fare, non solamente di ciò non li prometesti e non sconfisse la ditta bestia Macometto, ansi per contrario li frati suoi mandati a predicare contra lui ài promisso che siano ucisi da’ suoi saracini in Morroccho e in Acchari e in altre parte molte. |
20. Occurrit eciam animo pauper ille perfectus et vere paupertatis amator Franciscus, vir catholicus et totus apostolicus, quam ferventi animo invasit bestiam Machometum versus partes orientales, dum peciit eciam a successore Machometi soldano Babilonie poni cum sarracenis vel solus in igne ardenti ut evacuaret, nee tamen bestiam evacuavit. |
20. Vienmi anco alla memoria quello perfetto e vero armato di povertà san Francesco, homo tutto katolico e apostolico. E penso anco con quanto fervore assaglitte la ditta bestia Macometto infine indell’oriente e dimandoe dal sucessor di Macometto, cioè dal soldano di Babbilonia, d’esser posto e messo indel fuoco con alquanti suoi saracini per prova qual fosse la miglior fede. E ciò non aceptando il soldano, dimandò d’esservi misso solo, dando loro questo partito che s’elli non ardesse si convertisseno ad te signore suo Iesu Cristo. Né anco questo premisse né consentì lo soldano, sì che non solamente non vinse la ditta bestia anzi li suoi seguaci cani saracini ànno poi, e a questo tenpo maximamente, molti de’ suoi santi frati. |
21. Magnus ille sanctus pater Predicatorum magister Iordanus, sanctus et famosus in mundo miraculis et doctrinis, mare transiit ut predicaret sarracenis, nec bestiam superavit. |
21. Ricordomi io anco e penso che ’1 venerabile e santo frate Iordano, maestro dell’ordine de’ frati Predicatori |31r| e aprovato per mìracoli e per dottrina, passò lo mare e pervenne in queste contrade a predicare incontra alli saracini, e non vinse però questa bestia. |
22. Quid igitur poterit homuncio, quod gigantes perficere nequiverunt? Deus videtur corroborator cius. |
22. Queste cose dunque ripensando, non mi meraviglio e non mi voglio sgomentare se io homicciuolo non ò potuto fare quello che non potero fare li preditti giganti, cioè di sconfigere Macometto, per ciò che pare che [??] siano suo difenditore. |
23. Taceo de nostris principibus secularibus, ut de Ludovico illo sancto rege Francie et aliis regibus et baronibus sanctis qui multis vicibus mare transierunt assumpto crucis caractere, et quasi labores infinitos et pericula mortis subierunt ut bestiam superarent; et ipsi e contrario mortui sunt in mari et in terra et submersi et suffocati in parvis flumìnìbus, facti sunt aliis christianis in exemplum timoris et infirmitatis fidei. |
23. Simigliante divenne di molti nostri principi seculari, come fu lo santissimo Lodovico re di Francia e altri molti re e baroni divoti, cioè che più volte passaro lo mare prendendo lo segnacolo della tua croce e sosteneno quazi infiniti pericoli e fatiche per vincere e sconfiggere la ditta bestia. Ma non solamente ciò fare non potenno, ansi, ciò te premettendo, funno sconfitti presi e morti da’ saracini, e come se ttu fossi lor aversario. Exiandio non solamente in mare ma in piccioli fiumi ne rimaseno e affogonno molti, sì che a l’altri cristiani funno cagione di terrore e d’infermità di fede. |
24. Et usque modo ferocissima bestia non cessat devorare sanctos tuos occidendo, torquendo, compendibus et carceribus artando ut fidem tuam negarent, et cogat eos dicere quod Deus non habet filium, cum nobis non sit hereditas nisi per Filium. |
24. E così infin ad hora la preditta fedugia gente non cessa di dovorare li santi tuoi ucidendoli e tormentando e costri<n>gendoli a negare la tua fede e costringerli dì dire che Dio non à figliuolo, advegna che noì non abbiamo altra speransa d’aver la tua heredità se non per llo tuo fighuolo Iesu Cristo. |
25. Usquequo sustinebis, Domine? «Intret in conspectu tuo, Domine, gemitus compeditorum, vindica sanguinem. sanctorum tuorum qui effusus est!» [Intr. messa dei mart.]. Ecce tota Terra saneta, quam tu sanctissimus corporaliter visitasti et precioso tuo sanguine consecrasti, gemit absque habitatoribus chrìstianis; et ubi publice consuevit predicari Christus modo magnis vocibus die ac nocte preconisatur Machometus. Mare tripolitanum. et acconense, sicut audivi, de cruore occisorum rubuit, et quos gladius aut sagitta sarracenorum non pertulit, mare absorbuit. |
25. Ora dunque infine a quanto sosterai queste cose e queste biastenme, o Signore? «Entri indel cospetto tuo, |31v| Messer, lo pìanto de’ pregioni cristiani, e vendica lo sangue de’ tuoi santi lo quale ànno sparto» li saracini. Ecco, tutta la Terra santa la qual tu, santissimo, corporalemente visitasti e del tuo presioso sangue consacrasti, piange vedendosi privata delli abitatori cristiani; e in que’ luoghi ne’ quali si soleva predicare Cristo plubicamente, sì ora a grande voci di die e di notte si predica Macometto. Lo mare di Tripoli e d’Acchari, segondo ch’io uditti, divenne rosso per llo sangue de’ cristiani ucisi da’ saracini, e quelli pochi che canparo delle mano de’ saracini anegaro in mare. |
|252r| 26. Ecce, Domine, «signa ìmmutasti et innovasti mirabilia» [Eccli. 36,6]. Olym enim legimus quod in mari rubro necisti Pharaonem et populum egyptiorum, et liberasti iudeos; nunc vero submersus est patriarcha christianorum cum multis christianis et liberasti egyptios. Ubique «facti sumus obprobrium vicinis nostris» [Ps. 78,4]! Et credo, Domine, quod hec omnia pro nostris iniquitatibus patimur. Sed multum admiror, quia olym toti civitati zodomice propter decem íustos parcere voluisti. Sed numquid in tota civitate tripolitana vel acconensi non sunt inventi numero decem iusti in tanta multitudine christianorum et religìosorum? Et non solum propter decem, verum etiam propter unum voluisti aliquando parcere ìudeis; dicebas enim: «Circuite vias Iherusalem et aspicite et considerate et querite in plateis eius an inveniatis virum facientem iudicium et querentem fidem, et propicius ero eis» [Ierem. 5,1]. Ego autem non modo unum vel decem sed plures et plures audio remansisse in civitate Accon fratres Predicatores, qui poterant exire et fugere, et preelegerunt cum populo Dei mori ut essent aliis ad fidei firmamentum, et occisi sunt. |
26. Or ecco dunque ben è vero com’io ti dissi di sopra, tu «ài innovati li tuoi segni e mutati li tuoi miracoli», ché legiamo e troviamo indella tua santa scrittura che anticamente seguitando Faraone re d’Egitto lo tuo populo de’ iudei lo ’nabixasti con molto populo indel mare rosso e liberasti li tuoi iudei e facesti lor passare lo ditto mare a piedi asciutti. Ma ora per contrario ài lassato anegare la santissimo patriarca d’Alexandria co· molti cristiani e ài liberati quelli d’Egipto e dato lor vittoria contra li cristiani, sì che «d’ognintorno siamo fatto obbrobrii adpo li vicini nostri». E avegna ch’io creda che questo ci sia avenuto per lli peccati nostri molti, nientemeno mi meraviglio di ciò pensando; ché come si dice ne· libro del Genesi, volesti perdonare ad preghi da Abram a tutta la contrada di Sodoma per x iusti se vi si trovasseno. Or non credi tu che in tutta la cità di |32r| Tripoli e d’Acchari si trovasseno x iusti fra tanta moltitudine di cristiani e di religiosi? Ansi non solamente per x ma per uno volesti alcuna volta perdonare a’ iudei, unde dicesti loro per un tuo propheta «Cercate per Ierusalem e mirate per lle sue piasse, e se ve ne trovate pure uno che facci e operi secondo verità e cerchi e tegna fede, e io vi prometto d’esser benigno e propitio verso di tutti». E certo non pur uno u[5] x ma molto pió, odio che rimaseno indella cità d’Acchari frati Predicatori e altri molti li quali potenno fuggire e elesseno pió tosto di morire col populo di Dio che di fuggire per essere fortessa e conforto a li altri. |
27. An ergo fidem non querit qui pro fide moritur? An audeo dicere quod sis nobis mutatus in crudelem quia nunc perdidisti multos iustos cum aliquibus impiìs, qui consuevisti parcere multis impiis pro aliquibus iustis? Olym enim parvulum vagientem Moysem in fiscella scirpea liberasti de aquis ut alios liberaret [cf. Exo. 2,3 ss]; et nunc patriarcham, patrem pauperum, virum sobrium pudicum et sanctum, fratrem Nicolaum fratrem Predicatorem, virum dulcissime conversationis, amarissima unda tua permissione rapuit de ligno armato, insanum mare absorbuit hominem sapientem quia volebat populum multum liberare. Imo, ut a pluribus voce insultacionis michi dicitur quod usque nunc credere non potui, quod ipse solus de tota ìlla navi submergitur quia volebat alios liberare. |
27. Deh, non ti pare dunque che cerchi fede chi per fede muore? Oimè, che ardimento mi pare a ddire!, ma pur lo dico, che pare che si’ divenuto crudele in ciò ch’ài lassato perire molti iusti con alquanti inpii, lo quale eri uzato di perdonare a molti inpii per alquanti iusti. Leggiamo indel Exodo che in qua dirieto Moyse parvolo, che vagia e piangea in una fisscella di iunchi, liberasti da l’aqque e dal fiume indel quale era per ch’elli poi liberasse lo populo tuo, come poi fece; e hora lo patriarca d’Alexandra padre de’ poveri, homo sobrio e pudico e di dolcissima conversassione, l’amarissima onda del mare per tua promissione[6] rapitte del legno armato e ’1 mare lo ’nghiotitte, homo savio el quale voleva liberare lo populo tuo. E che maggiore strasio pare, ènmi rinproverato da molti infedeli in tuo dispetto che solo elli di tutta quella nave peritte e annegoe perché voleva liberare li cristiani di mano de’ saracini; sì che per questo vuolno concludere li saracini |32v| che quello suo disiderio ti dispiacea, e che come si dice indell’alcorano tu sse’ difenditore di Macometto. |
28. Heccine reddis, Domine, populo tuo? Heccine reddis servo tuo et ministro spirituali?, qui tanto fervore desiderabat te laudare benedicere et predicare in Iherusalem civitate sancta, quod quando hoc dulciter mecum conferebat nec poterat lacrimas continere. Et nunc vere credo quia dedistì ei Iherusalem civitatem supernam, et ad te Deum suum introivit gloriosus cum multo populo et cetu religiosorum et fratrum cum quanto, ut |252v| credo, nullus nostris temporibus introivit. Sed tibi omnipotenti modus alius ab isto non deerat quo illum introduceres cum omnibus suis, et non per machometistas, qui dicunt quod tu, Iesus filius Marie et Nazareth Galilee, homo solum et non Deus quamvis propheta magnus sis, tamen Machometus apud Deum te maior, contra ipsum Machometum nos adiuvare non potes. Nobis autem e contrario dicentibus quia potes, sophistice concludunt: peyor est qui potest et suos adiuvare non vult. |
28. Orr ecco che canbio rendi, Signore, al populo tuo! Ecco che canbio rendi al ministro e servo tuo, lo quale con tanto fervore disiderava di te laudare benedicere e predicare in Ierusalem cità tua santa, che quando di ciò con meco si ragionava, non poteva per lla gran dolcessa contener le lagrime. E avegna ch’io creda che tu, iustissimo remunatore, che per scanbio e ristoro della Ierusalem terestre l’abbi dato la celeste Ierusalem, e in essa ad te Dio suo vedere sia intrato glorioso co·lla molta conpagnia de’ santi religiosi e fedeli màrtori con tanto honore con quanto non credo che ai nostri tenpi nessuno intrato vi sia, pure ad te, honìpotente Dio, non mancava altro modo per llo quale lo potei menare e chiamare ad te con tutta sua conpagnia, sì che di ciò i non si gloriasseno quelli di Macometto, li quali diceno che tu, Iesu figliuolo di Maria di Nazzaret di Galilea, se’ homo e non Dio, advegna che pur confessino che fusti un grande propheta. Ma pur diceno che Macometto è apo Dio maggior di te e però incontra a llui aitar non ci puoi. E se rispondiamo loro che pure puoi ma non volesti, rispondeno schernendoci che peggi’èe quelli che non vuole che quelli che non può aitare li suoi serventi; sì che in ogni modo fanno beffe di te e di noi. |
29. Sed ecce dum argumenta sophistica non attendo, michi ostensive offertur, ymo probatur, quod ex hiis que contigerunt, maxima multitudo christianorum negaverunt Christum et facti sunt sarraceni. «Infelix ego homo! Quis me liberabit de corpore mortis huius?» [Rom. 7,24]. Ego firmiter expectabam quod e contrario more solito eveniret. Cum enim pagani multos occidebant ex christianis, multi ex paganis efficiebantur christiani. Nunc proh dolor e converso «hec mutatio dextere Excelsi» [Ps. 76,11] in levam et sinistram nobìs, quia sarraceni multos christianos occiderunt, et multi ex christianís qui remanent legem, ymmo perfidiam, Machometi suscipiunt. Hoc est enim quod super omnia me affligit. |
29. Ma sopra tutto, questo è peggio e pió mi scandalizza cioè che per certo m’è ditto e provato che di quelli che canponno delle ditte sconfitte, e anco de li altri che non vi funno scandalizzati contra te che questo premetesti, per gran parte t’ànno rinegato e sono diventati saracini. «Oymè dunqua sciagurato homo! Chi mi libererae di questo tenpo |33r| ch’io non veggia tanti mali?». Ché io misero aspettava che divenisse tutto lo contrario di quel ch’è divenuto, cioè secondo che divenire solea al tenpo de’ màrtori che molti pagani si convertiano vedendo li loro martìri e lla loro costantia, così ora molti saracini si convertisseno alla tua fede. Ma oimè, ché a contrario è addivenuto, coè che molti cristiani sono da’ saracini ucisi e però molti cristiani sono diventati saracini. E questo è quello che sopra tutto m’affligge. |
30. Et nunc nullum est michi refrigerium aliud nisi tu Deus. Et relictus sum solus in Baldacco a sociis in profundis partibus orientis, et de occidente a pluribus annis aliqua nova non habeo de fratribus meis sive de ordine. Magistro eciam qui me misit nescio quid accidit, quia de multis et lacrimosis litteris quas ei pro succursu transmisi nec cedulam aliquam responsionis accepi. Ego autem «propter te mortificor tota die, estimatus sum sicut ovis occisionis. Extraneus factus sum fratribus meis et peregrinus filiis matris mee» [Ps. 43,22; 68,9]. |
30. E ora, Signor mio, nullo abbo refugio se non te solo, rimaso solo in Baldaccha indelle profonde parti dell’oriente, abandonato da ogni conpagno, e dell’ocidente già sono pió anni nulla novella abbo avuta de’ frati miei né de l’ordine mio. E al maestro del ditto mio ordine che mi mandoe qua, non so che sia incontrato, però che di molte e lagrimose lettere ch’io li ò mandate per soccorso, nulla minima risposta n’abbo ricevuta. «E io per te, Signore mio, mi mortifico e sono mortificato ogni dì e sono reputato come pecora da ucidere e da scorticare. Sono fatto extraneo a’ frati miei e pellegrino a’ figliuoli della madre mia». |
Pro te, Domine, dimisi mundum et veni ad ordinem; pro te dimisi ordinem, ut ita dicam, et veni te nunciare sarracenis et tartaris; et «veni in altitudinem maris et tempestas concussit me. Non me demergat tempestas aque» [Ps. 68,3.16]. Scio enim, Domine, «quoniam benigna est misericordia tua» [Ps. 68,17], licet modo non ita clare videam. Quare te deprecor, o Deus, qui me creasti et redemisti, ut me in tua sancta fide confirmes et populum christíanum cito eripias de manibus impiorum. «Sit nomen tuum benedictum a seculo et usque in seculum quia sapientia et fortitudo tua |253r| sunt, et tu mutas tempora et etates, et transfers regna atque constituis» [Dan. 2,20-21]. |
Per te sai, Messer, ch’io lassai lo mondo e venni all’ordine e così per te posso dire che quasi lassai l’ordine per venirti anuntiare e predicare la tua fede a’ saracini e a’ tartari. Non mi lassare dunque affondare da tante tenpestade e tribulassioni che mi circundano ché ben so che «benigna è la misericordia tua», advegna che ora non chiaramente la vegga né provi. E però ti prego, o Dio che mi creasti e riconprasti, che mi confermi indella tua santa fede e ’1 tuo populo cristiano tosto liberi delle mani delli enpi saracini. «Sia lo nome tuo, Messer, benedetto in secula secolorum, per ciò che - come disse |33v| Daniel propheta - tua è la potentia e la sapiensia, e tu muti li tenpi e ll’etade e trasmuti li reami e costituissci». |
31. Si tibi placet ut regnet Machometus, indica nobis ut veneremur eum. 32. «Benedictio et claritas et sapientia et graciarum actio, honor et virtus et fortitudo Deo nostro in secula seculorum, amen» [Apo. 7,12]. |
31. Se tti piace che regni Macometto faccelo asapere sì che l’abbiamo in reverentia, e se nno aumilialo e prosterne. 32. «Benedissione, chiarita e sapientia, ringratiamento, honor, virtù e fortitudine sia ad te, Dio nostro, in secula secolorum, amen». |
Data in oriente in Baldac. |
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[4] ciotte = frustate [5] u = o [6] promissione = permissione |
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