Il Liber novus uscì poco dopo dall'uso. Proprio i suoi pregi - gli strumenti di corredo: calendario iniziale e tabula finale - devono avergli nociuto. Costruito a griglia anziché a linea retta. Così approntato il libro era di facile consultazione: cronologica nel calendario, onomastica e toponomastica nella tabula, con unico riscontro nel corpo. Ma di rapida saturazione fisica. Come continuare ad aggiornare un libro rilegato che doveva crescere contemporaneamente in tre luoghi del suo sistema documentario? L'ingorgo era inevitabile.
Alle prime due mani che si succedono a registrare poche integrazioni dei decenni 1370-80, subentra una mano che scrive una semilibraria evoluta in minuscola documentaria, dai marcati tratti identificativi, ad inchiostro nero (non compare tra quelle di Cr SMN). Caratteristico il numerale 3 arabo disegnato a terrazza, lungo tre gradini discendenti e decrescenti verso destra. S'intrattiene più a lungo al lavoro. Qua e là rilascia utili notizie sulla sorte del Liber novus e costellazione dei libri amministrativi del convento. Denominiamola mano D. Posteriore alla seconda mano, tardogotica libraria, che suppone il 10 ottobre 1381 (f. 46v). Nella fase iniziale del proprio lavoro mano D registra entrate e aggiorna corrispettivamente sia calendario che tabula. Lo vuole l'architettura originaria del libro. Il caso della pietanza di Niccolò di Nerozzo dei Cocchi (f. 47r) incastra molteplici informazioni, se solo restituiamo alla superficie della pagina "in praesentia" le sue stratificazione temporali. Tutte di mano D.
Niccholaus Neroççi de Cocchis[2], populi Sancte Trinitatis, fecit ultimum codicillum scriptum manu ser Micchaellis ser Aldobrandi anno Mccclxxiij die 19 augusti, in quo reliquit amore Dei conventui fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia quolibet anno in perpetuum pro uno rinovali[3] et exequio cum pitantia[4] quolibet anno in perpetuum ea die in qua corpus dicti Niccholai fuerit traditum sepulture, libras triginta. Et dicta die, que fuit in festo beati Bernardi, dicti fratres debent cantare unam missam cum candelis et facere unam pitantiam, et ad dictum essequium et pitantiam convocari faciant filios masculos dicti testatoris. Et codicillum habemus apud nos.
Item nota quod dictus Niccholaus per unam diem ante fecit unum testamentum, et confirmatum per dictum codicillum, in quo testamento dimittit quod si filii moriantur sine filiis legitimis dimittit conventui multa bona (f. 47r).
19 agosto 1373 data del codicillo non della registrazione, ché questa suppone la sopravvenuta morte del Cocchi. Partita regolarmente marcata al margine destro con Pictançia e No(ta) legatun no(ta), come usa il libro, per mano d'un generale rubricatore quattrocentesco. La stessa mano D completa poi il lavoro di registrazione: inserisce il richiamo nel calendario, alla festa di san Bernardo abate 20 agosto «Missa et pitantia Niccholai de Cocchis .47» (f. 9'r), e in calce alla lettera N della tabula «Niccholaus Neroççi de Cocchis dimixit nobis in perpetuum pro anniversario et pitantia. a car. 47» (f. 82v).
Successivamente i due capoversi dell'entrata furono barrati con tre freghi di penna trasversali e fu aggiunto il marginale Vacat. Sempre mano D inserisce tra primo e secondo capoverso, in modulo più piccolo: «scriptum in alio libro a car. 20»; e immediatamente dopo il secondo capoverso, con tratti grafici e incolonnamento alquanto difformi dalla primitiva registrazione:
solvit per plures annos, ut apparet a libro debitorum et creditorum fr. Çenobii magistri Francisci, et fuit finitus per cartam per modum venditionis, ut apparet ibidem; pro fine solvit ut predictum est flor. sexaginta anno 1403 die 12 decembris; missi ad introitum ca. 33 (f. 47r)
che ben spiega la chiusa della partita e l'estinzione d'ogni diritto e obbligazione (pietanza/anniversario); di quelli di cui intende far memoria il Liber novus e libri affini. I 60 fiorini a saldo del contratto codicillare del Cocchi vengono registrati altrove, tra le entrate del libro del borsaio.
Oltre e distintamente dal Liber novus erano in corso libri amministrativi d'altra natura, di contabilità corrente: entrate/uscite, debitori/creditori ecc. Qui liber debitorum et creditorum. Vi era impiegato fr. Zanobi di maestro Francesco degli Aliotti da Firenze, in religione prima del 1374, borsaio per ben 28 anni, deceduto «in multo senio» il 3 giugno 1418 (Necr. I, 147; II, 73-76, 651; AFP 35 (1965) 114. MD 18 (1987) 302-03). Genere di libro in uso presso gli economi conventuali già in periodi anteriori: «Quomodo autem et quando predictam quantitatem pecunie positam in dormitorio [idest in hedificatione dormitorii novi] habuimus, patet in libro introituum bursarii conventus circa finem libri», relativo al decennio 1350, sotto la penna di mano A (f. 29v rigo 3°ult); «fuit anno Domini 1381, in libro bursarii a car. 20» (f. 32v rigo ult), giunta di mano D. Ma «scriptum in alio libro a car. 20» del caso Cocchi, e ricorrente molte altre volte sotto mano D, intende "un altro libro del medesimo genere e a continuazione" del Liber novus. Non già quello di Giovanni degl'Infangati, conosciuto e citato da mano D col suo nome: «etiam habentur in libro fr. Iohannis de Infangatis a carte 20» (f. 47v) relativo a una pietanza da codicillo 31.V.1372 andata ad incrementare il libro dell'Infangati. Contro quest'ultimo, i molti rinvii di mano D del tipo «ista (etiam) habentur in alio libro a carte…» con indicazione numerica della carta, esigono un libro distinto sia da quello dell'Infangati che dal Liber novus, ma ad essi affine; che continua e poi sostituisce entrambi. Perché i primi rinvii all'"altro libro", sono sì scritti da mano D, ma aggiunti in secondo tempo, come mostrano differente colorazione d'inchiostro e irregolarità di rigo (ff. 46v-48r); dopo ottobre 1381 (47v12), 22.X.1383 (47v3), 28.VI.1383 (48r3).
Successivamente mano D registra partite che suppongono 12.VII.1387 (f. 50r22), maggio 1383 (51v13), 1392 (52v12) senza riporto nel calendario e senza tabulazione; 3.IX.1392 (53r4) con tabulazione (81r). Particolarmente significativa la registrazione a f. 52r: «Domina Thommasa pinçochera ordinis nostri et filia olim Bonacursi domini Bernardi populi Sancti Laurentii» fa testamento e istituisce erede il convento, al quale pervengono una casa in San Lorenzo e un podere in Santa Lucia a Valdimarina. Nessuna data e nessuna tabulazione. Il liber anniversariorum et obituum del convento c'informa che donna Tommasa di Bonaccorso morì in agosto 1393 (MD 11 (1980) 144b). Dopo talune carte irregolarmente utilizzate e l'intervento d'altre mani (ff. 55r-56v: 25.VIII.1399; f. 57r-v: 18.VIII.1401), mano D ricompare a f. 58r (28.I.1401/2), atto complementare all'entrata immediatamente precedente (18.VIII.1401), relativa al capitano generale di guerra di Firenze Bernardone «de Serris» e scritta da altra mano; a f. 58v (1383 e 1402) senza complemento nella tabula. Infine, con scrittura dai tratti meno sicuri e in modulo più grande, a f. 59v, per entrate dalle date 1.VII.1411 e 3.I.1409/10 senza tabulazione.
■ Bernardone «de Serris»: Alle bocche della piazza…, a c. di Molho - Sznura, Firenze 1986, 177, 203 «Bernardone brettone, chapitano di ghuerra». G. Brucker, Dal Comune alla Signoria, La vita pubblica a Firenze nel primo Rinascimento, Bologna 1981, 214 n. 325, 215 n. 370. ASF, NA 1759, f. 182 (Firenze 28.I.1401/2).
Tentiamo d'ordinare e interpretare i segni della transizione.
Mano D incomincia il proprio lavoro utilizzando le carte ancora bianche del Liber novus per le registrazioni della medesima materia (memoria di crediti annui prevalentemente in forma di pietanze o censi con annesso obbligo di commemorazione), e completa il tutto recensendo i lemmi sia nel calendario d'inizio che nella tabula onomastica. Entro il ventennio 1380-1400. Preferibilmente negli anni '90, sembrano suggerire talune date tardive (contro consuetudine di recupero di dati anteriori non contemporanei alla redazione). Poi abbandona il libro. Ricordiamo i disturbi esterni: moria del 1400, che similmente àltera il lavoro dei cronisti conventuali sulle carte della Cronica fratrum.
Un altro libro del genere è stato nel frattempo avviato ex novo (da lui stesso o da altri, non sappiamo). In fase di transizione mano D avverte il lettore che quanto registrato ultimamente sul Liber novus si trova ora «(etiam) in alio libro». Lo fa anche in calce a una registrazione di vecchia data, vergata da mano A su f. 24r e prelevata dal libro di Giovanni degl'Infangati, relativa al lascito di Matteo di Taddeo di Tieri Diotisalvi 20.III.1339/40, dagli sviluppi successivi 20.II.1344/5, 16.III.1344/5, 30.IX.1345 e oltre: «in alio libro a ca. 32». Che fa ben intendere come una remota donazione con obbligo d'anniversario potesse prolungarsi nella documentazione conventuale e rimbalzare - a motivo del suo intento "perpetuo", degli sviluppi amministrativi, delle contestazioni ereditarie - da un libro all'altro. Rigorosa esigenza di tener aggiornato il libro sulle modifiche della contrattualità del negozio. E fa intravedere nel contempo l'obiettiva difficoltà di disciplinare documentariamente una materia aperta a sviluppi imprevedibili, cronologici e patrimoniali. In ogni modo, il passaggio all'"altro libro" dev'esser occorso poco prima del 1403, fa credere il caso di Niccolò di Nerozzo dei Cocchi. Ritorni di deriva le righe tardive (1410-11) a f. 59v. Mentre le carte dell'"altro libro" citate sono significativamente concentrate ai primi fascicoli, carte 16-32. Le prime?, se osassimo oltre misura immaginare un calendario d'apertura anche per il nuovo libro.
■ L'impaginazione a calendario doveva risultare la più congrua allo scopo di tale genere di libri, se altri bisogni documetari non la rendevano insufficiente. A fine Quattrocento il monastero OP San Domenico a Cafaggio, dagli intensi scambi amministrativi con Santa Maria Novella, imposta a calendario: «Nel Mcccclxxxxiiij. Gennaio. Queste sono le piatançe e gli obiti lassate pe×lle venerabile monache del munistero di San Domenico» (ASF, CRS 108 n° 141, una delle due vacchette inserite nel fondo vario).
Sotto la medesima mano D si leggono ancora, a fine di talune partite, i rinvii: «in libro bambagino a ca. 45» (f. 50r ult); «ut etiam habetur in libro bambagino a ca. 26» (f. 51r). Altra mano invece, subito sotto entrata di D relativa a Tommasa di Bonaccorso († 1393), aggiunge:
Delle sopradette possesioni e chose fu venduta la sopradetta chasa per fior. 200 di monte[10] a Domenicho di Cristofano di ser Piero Tucci, chome apare a libro degli anuali ca. 70 e carta fatta a dì 14 di giennaio 1436 per mano di ser Tommaso di ser Piero Cioni (f. 52r).
Libro degli anuali: stessa cosa che l'"altro libro" di mano D? prima che s'affermasse - vedremo - il titolo libro di ricordanze? Perché libri siffatti tengono appunto memoria delle rendite annue con obbligo di annue commemorazioni.
Ho accennato alla difficoltà di tenere insieme e controllare tramite un solo strumento documentario, al servizio dell'annualità dei ricorsi, una materia esposta a ogni genere di sviluppo. Spinta strutturale a sostituire a turni ravvicinati libri del genere inaugurato da Giovanni degl'Infangati e proseguito dall'anonimo Liber novus. La stessa destinazione ne decreta la caducità. Lo sviluppo della contabilità accelera la processione temporale degli strumenti. Mette conto illustrare il punto su una pagina tra le tante del Liber novus:
Anno Domini Mcccxliiij die xx februarii fr. Ubertus Guidi ordinis Predicatorum et Gualterottus filius olim Taddei Tieri Dietisalvi, tamquam executores facti per Matheum, filium dicti Taddei et germanum dicti Gualterotti[12], in testamento suo scripto manu ser Iacobi filii condam Iunte Miglorelli[13] de Campi anno Domini Mcccxxxix, xx die mensis martii, inter cetera de mandato dicti Mathei dederunt conventui fratrum Predicatorum Sancte Marie Novelle de Florentia, sive procuratori dicti conventus, aureos nanaginta[14] pro emenda una possessione in comitatu florentino de dicta pecunia, quam dictus Matheus emi declaraverat nomine illius hospitalis de quo procuratori dicti conventus potius videretur. De cuius terre fructibus et redditibus quolibet anno in perpetuum fieret anniversarium dicti Mathei in dicta ecclesia dictorum fratrum ad honorem Dei et pro salute anime ipsius, cum hac conditione quod dicta terra non posset unquam vendi dari tradi concedi permutari cambiari seu aliquo titulo alienari; et quod si contrarium fieret, dicta terra ipso facto devolvatur ad heredes dicti Mathei, qui libere possint de redditibus eius facere anniversarium ipsius Mathei ubicumque voluerint. Et de hoc habemus instrumentum completum factum manu ser Salvi Dini de Florentia[15]. Eodem anno[16] fr. Iohannes Dini[17] de Infangatis, tamquam procurator dicti conventus, emit de dicta pecunia sic recepta, iure et nomine hospitalis de Montelupo dictorum fratrum Predicatorum, a presbitero Iohanne filio olim Fighini rectore ecclesie Sancti Michaelis de Castilione comitatus florentini[18], vendente pro se ipso et suo nomine et non ipsius ecclesie, quandam petiam terre partim laboratorie et partim vineate cum olivis et arboribus, in populo Sante Marie de Cersina[19] loco dicto "Caro di vico", cui talia dixit esse confinia: a j° ij° et iij° via, a iiij° Leonis Cecchi. De qua terra debet fieri omni anno in perpetuum anniversarium dicti Mathei in dicta ecclesia fratrum Predicatorum de Florentia. Et de dicta emptione habemus instrumentum completum scriptum manu ser Salvi Dini de Florentia anno quo supra, die xvj mensis martii. Post predicta anno Domini 1345 ultima die mensis septembris dictus ser Iohannes presbiter, venditor dicte petie terre, posuit corporaliter et misit fratrem Matheum olim Pieri de Campi[20] ordinis fratrum Predicatorum, procuratorem conventus Sancte Marie Novelle ordinis Predicatorum, in tenutam dicte petie terre et in corporalem possessionem. Et de hoc habemus instrumentum completum scriptum manu ser Roberti Talenti Berti de Fesulis. Et predicta habentur in supradicto libro car. 32. De redditibus autem predicte terre pro anniversario consuevit fieri pictantia semper sabbato sancto, prout etiam ibidem dicitur (f. 24r).
A fine testo mano D, ultimo decennio '300 e primissimi anni '400, appende come sappiamo, «in alio libro a ca. 32».
Già di suo alquanto complesso, a motivo della diversa valenza giuridica delle singole tappe del negozio, e successive vicende dell'anniversario e sua pietanza. Ma mette a prova anche la tecnica d'indicizzazione, per il resto apprezzabile, del Liber novus. L'autore censisce, com'era da attendersi, nella tabula onomastica «Matheus Taddei dimisit perpetuam pictantiam que fit sabbato sancto, Require car. 24 anno Domini» (f. 82v), ma lascia in sospeso il numero annuale. Perplesso circa la data d'istituzione della pietanza? 20.III.1339/40 del mandato testamentario? febbraio-marzo 1344/5 dell'esecuzione? Oppure 30.IX.1345 dell'entrata in possesso del fondo e reale gettito della rendita?, che per il computo fiorentino non era più «eodem anno». E nel calendario, sotto quale giorno registrare la ricorrenza della pietanza se sabato santo segue la mobilità della Pasqua? Nessun riscontro, di fatto.
Un diligente glossatore quattrocentesco del Liber novus ha tentato di rimediare all'inconveniente. In calce al mese d'aprile (f. 4'v) scrive in colonna, marca con grafico a sinistra e richiama l'attenzione con manicula:
Pierus Andree de Rondinellis in cena Domini. 13.
Elemosyna panum et placentarum in parasceve Domini Bencivenni. 31.
Anniversarium et pictantia Francisci de Ricellais. 19.
Pictantia Sabbato sancto Mathei Dietisalvi. 24.
Pictantiam Buti in resurrectione Domini tenetur facere conventus. 22.
Pictantia Ugolini Nardi debet fieri de mense aprilis. 30.
Soluzione giudiziosa, visto che gli estremi massimi dei ricorsi pasquali, da marzo 22 ad aprile 25, vanno ampiamente a favore del mese d'aprile.
Pietanza di Andrea dei Rondinelli (Andrea di Vieri dei Rondinelli? cf. Franco Sacchetti [† 1400], Novella 192) al giovedì santo con diritto di partecipazione di 6 o 8 consorti, senza menzione nominale dei figli (f. 12v, non 13, anno 1332). Ma una mano successiva tre-quattrocentesca aggiunge «postea dimisit in perpetuum per publicum instrumentum». E in quest'appendice legale dovrebbe trovar ragione la lemmatizzazione, al mese d'aprile, del figlio Piero d'Andrea (sconosciuto tanto al testo dell'istituzione della pietanza quanto alla tabula onomastica), contro il titolare Andrea dei Rondinelli della tabula (f. 79v). Aggiornamento "reale" nell'indicizzazione rispetto ai dati del Liber novus.
Un pane e una focaccia per ciascun frate al venerdì santo.
■ S. Battaglia, Grande diz. della lingua ital. 13 (1986) 626c § 3: Placenta = Focaccia fatta con farina di grano cotta senza lievito con un po' di latte. Ma non va dato per scontato che tale fosse l'impasto della focaccia del venerdì santo dei frati: cf. G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo. Ambiente, economia rurale, società, Firenze 1982, 129-40 (Gli usi alimentari…). Isidoro da Siviglia, Etymologiae XX, 2 § 17: «Placentae sunt quae fiunt de farre».
Aveva iniziato donna Lapa (f. 13r prima entrata) e dopo la sua morte (1338? cf. MOPH XX, 304/24-25, 214/25) proseguito suo marito messer Cenni o Bencivenni di Nardo (o Naddo) dei Rucellai, deceduto nel 1355-56 (f. 31v). Al rubricatore quattrocentesco sfugge tuttavia che, a seguito di lodo sentenziato da Marco degli Strozzi su lite ereditaria tra Niccolò di messer Bencivenni e i figli di Naddo (Nardo) di messer Bencivenni dei Rucellai giustiziato in gennaio 1343, la soluzione annua la doveva l'erede Niccolò; come ben sa il tabulatore alla voce Lapa: «que modo tenet dare Nicholaus domini Bencivenni sive eius heres» (f. 82r).
■ Villani XIII, 8, 180 ss: Naddo fatto impiccare da Giovanni di Brienne duca d'Atene, 11.I.1342/3; il padre Cenni, «stato molto grande in Comune, per dolore del figliuolo e tema del duca si fece frate di Santa Maria Novella, e fece bene dell'anima sua, se 'l fece con buona intenzione, per fare penitenzia delle colpe commesse in Comune, e spezialmente inn isturbare l'accordo co' Pisani onorevole assai per lo nostro Comune». Cr SMN ignora il suo nome, mentre il Liber novus f. 31v dice: «dominus Bencivenni miles beate Virginis sive cavaliere Gaudente, vocatus prius Cenni di Nardo, fecit cappellam Sancte Katerine, qui circa ann(um) Domini 1355 vel 1356 obiit». La testimonianza incrociata delle due fonti conventuali dà almeno per certo che Cenni non morì frate Predicatore.
Pietanze di Francesco del fu Nardo dei Rucellai (f. 19v: 1348) e di Ugolino del fu Nardo dei Rucellai (f. 30r: 1357) entrambe in aprile, senz'indicazione del giorno.
■ ASF, CRS 102 n° 105, f. 43r-v, copia del testamento (senza data) di «Franciscus olim Nardi Iuncte de Oricellariis populi Sancti Pancratii»; ff. 38r-39v (24.III.1334/5) testamento di «Albiççus olim Nardi condam Iunte» dei Rucellai, popolo San Pancrazio, nel quale compaiono i suoi fratelli: Bingeri, Andrea, Ugolino e Francesco.
Buto di Cambio (o Cambino) macellaio e sua moglie Bertina, entrambi morti nel 1346, avevano lasciato tre pietanze nelle festività Natale, Pasqua e Santissima Trinità (ff. 21v-22v, 80r). L'autore del Liber novus aveva censito solo quella dalla ricorrenza fissa, Natale (f. 13'r). Il glossatore quattrocentesco integra la memoria della pietanza pasquale in calce al mese d'aprile (f. 4'v) e della trinitaria al mese di maggio (f. 6'r).
Seguendo lo stesso criterio, a piè del mese più prossimo o più probabile ripara al mancato sussidio mnemonico per altre scadenze mobili o stagionali. Donna Lapa del fu Bindello degli Aliotti aveva disposto (8.VII.1377) un lascito perpetuo di due salme di vino «tempore vindemie» (f. 49v); a promemoria della riscossione il glossatore l'annota sotto il mese di settembre (f. 10'r). La festa di san Michele Arcangelo, 29 settembre, non era il "sant'Angelo delle vendemmie" (Anonimo Romano, fl. 1325-60, Cronica, a c. di E. Mazzali, Milano 1991, 96)?
Confermiamo intenzioni e uso del Liber novus, e simultaneamente dei libri consimili: libro conventuale d'area amministrativa che tiene registro dei diritti e delle obbligazioni a scadenza annuale, e indica a mo' di promemoria (tramite il calendario d'apertura) il giorno delle singole ricorrenze anniversarie.
[2] Sua moglie Sandra era deceduta in agosto 1369: C.C. Calzolai, Il «Libro dei morti»…, MD 11 (1980) 142b.
[3] Nel lessico vernacolare rinovale scambia con anniversario annuale annovale anovale. ASF, CRS 102 n° 76 <Libro di possessioni segnato †, 1449>, f. 46r-v: Rinovali e piatanze che s'anno a ffare ongni anno. Frequente in ASMN <I.A.12>, Libro G, ovvero Libro detto del p. Lapi (1607 ca. - 1627/29).
[4] Regolarmente pitantia sotto mano D, contro pictantia di mano A.
[10] «fiorini… di monte»: in credito alla pubblica finanza (Monte comune), fruttiferi e negoziabili.
[12] Gualterotti ] Gualterottis scr. et exp. s. ASF, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 155 (24.VII.1342) «Gualterottus filius condam Taddei Tieri Dietisalvi populi Sancti Andree de Florentia». Cf. Cr SMN n° 315.
[15] Nota l'associazione del medesimo notaio ser Salvi di Dino da Firenze con Uberto di Guido da Nipozzano OP († 1.V.1348): SOPMÆ IV 415.
[16] 16.III.1344/5, «eodem anno» rispetto al primo atto esecutorio 22.II.1344/5.
[17] Dini errore meccanico in luogo di Tuccii per attrazione di persistenza nel patronimico, bisogna credere, col precedente antroponimo ser Salvi Dini.
[18] Non Castiglion Fiorentino, allora Castiglione Aretino (plebes Sancti Angeli de Castillione Aretino), tra Arezzo e Cortona; ma San Michele a Castiglione, nel piviere Sant'Andrea a Cercina, oggi comune Sesto Fiorentino. RD Tuscia II, 336b, 361.
[19] Santa Maria a Cercina, nel piviere Sant'Andrea a Cercina, oggi comune Sesto Fiorentino: RD Tuscia I, 329; II, 363b; E. Conti, La formazione della struttura agraria moderna nel contado fiorentino III/2: Monografie e tavole statistiche (secoli XV-XIX), Roma 1965, 446a.
[20]
Matteo di Piero Cotenna da Campi OP († 19.VI.1347): Cr SMN n°
318, ed. Necr. I, 62.