1, 2, 12, 13. Chiostri

 

Gerardo da Frachet, Vitae fratrum OP (1260) IV, 15, ed. MOPH I, 195:
Frater quidam víterbiensis conventus in Tuscia cum esset orans in ecclesia quadam nocte apparuit ei dyabolus in umbra turpissima ut sibi videbatur terrens eum; qui fugiens exivit in claustrum; ibi quoque insecutus est eum. Frater autem intravit capitulum; et tunc ait ei dyabolus: «In talem locum intrasti, in quem te sequi non possum, sed adhuc contra te prevalebo». Quod et factum est; nam suadente dyabolo exivit ordinem, sed miserente Deo ad ordinem est reversus.

Vitae fratrum OP (1260)

Un frate del convento di Viterbo in Tuscia s'era intrattenuto una notte in chiesa a pregare. Gli appare il diavolo in un'ombra orrenda da incutergli terrore. Scappa nel chiostro il frate, il diavolo lo insegue. Si rifugia allora in capitolo. Gli dice il diavolo: «Sei entrato là dove non mi è dato inseguirti. Ma prima o poi la spunterò con te». Così accade. Sedotto da tentazione diabolica il frate abbandona l'abito domenicano; poi però la misericordia di Dio lo riconduce all'ordine. (Traduz. ital. di EP).

Simone Ferri da Poggibonsi, S. Domenico conduce il demonio in capitolo (1582-84, 2° chiostro, ala nord)«San Domenico conduce il demonio in capitolo». Lo raccontano Gerardo da Frachet, Vitae fratrum OP (1260) II, 16, ed. MOPH I, 16-17; Iacopo da Varazze OP († 1298), Legenda aurea, cap. San Domenico. Riassumo. In Bologna Domenico sta pregando in chiesa, riconosce lì un diavolo in veste di frate, lo affronta e lo smaschera. Il diavolo gli rimprovera infrazione del silenzio. "Sono maestro dell'ordine, posso parlare - chiarisce Domenico -, dimmi tu piuttosto, dove e come tenti i miei frati?". "In coro i frati li faccio arrivar tardi - dichiara il diavolo -; in dormitorio li faccio dormiglioni e svagolati; a refettorio abbuffo gli uni, denutro gli altri; del parlatoio sono padrone assoluto, e i frati li esercito alla chiacchiera e alla fatuità". Domenico allora trascina il diavolo al capitolo conventuale. Costui rifiuta d'entrarvi: "È il luogo della mia sconfitta - esclama. Qui i frati si confessano, si emendano, si rigenerano. Quel che altrove guadagno, qui tutto lo riperdo!".
Iacopo d’Acqui (pr. Alessandria) OP, Secunda pars cronice Imaginis mundi (1334 ca.), ed. G. Avogadro, Historiae Patriae Monumenta, Scriptorum t. III, Augustae Taurinorum 1848, 1599-600.
Cf. SOPMÆ II 298.
Traduz. ital. di EP.

quodlibet, quolibet, quaestio de quolibet: disputa scolastica pubblica, indetta dal maestro, aperta a tutti (studenti e docenti, chierici e laici), su temi non proposti dal maestro ma sollevati dall'assemblea; qualsivoglia domanda posta non importa da chi, «de quolibet a quolibet».

(...) fr. Albertus Teotonicus eiusdem ordinis qui disputavit in scholis cum dyabolo in forma unius scolaris. fra Alberto Teutonico del medesimo ordine disputò col diavolo apparso in veste di studente.
Accidit autem quod quadam die voluit magister Albertus in scholis disputare cum quolibet vel de quolibet, et occurrit sibi in ymaginatione quod non solum homo sed ut [= vel?] aliquis angelus posset sibi concludere[1]. Et dum sic stat in cathedra disputando cum maxima comitiva magistrorum et scolarium, quasi completa disputatione intrat in scolis quidam iuvenis in forma scolaris, et salutans magistrum dicit: De quo est disputatio? Respondit: De quolibet. Tunc dicit scolaris: In quo puncto disputationis estis? Respondit: De angelis. Et ipse: Ergo de angelis respondeatis magistro (?= magister). Et facit ipse scolaris magistro Alberto tria argumenta tante profunditatis quod magister non intellexit nec respondere scivit. Solvitur disputatio. Accadde dunque che un giorno maestro Alberto aveva indetto nella sua aula una disputa quodlibetale. Gi venne da pensare tra sé e sé: "non dico un uomo, ma neppure un angelo saprebbe imbastire un sillogismo vincente contro di me". Mentre disputa in cattedra in affollata assemblea di maestri e studenti, sul finire del dibattito entra in aula un giovane in veste di scolaro. Saluta il maestro e chiede: "Quale il soggetto della disputa?". Disputa quodlibetale - risponde il maestro. Lo scolaro: "A che punto siete della discussione?". Il maestro: "Agli angeli". Lo scolaro: "Allora sugli angeli rispondete a me, maestro". E costruisce contro maestro Alberto tre sillogismi tanto sottili che il maestro né intende né sa controbattere. La seduta è sciolta.
Omnes cras revertuntur. Sequenti nocte post matutinum vadens magister per claustrum cogitando de argumentis scolaris, audivit vocem sibi dicentem: «Satis cogitare poteritis, magister. Etenim ego de minoribus demonibus qui sunt in inferno tibi conclusi ad humiliandum cor tuum. Ecce medium argumenti». Quod ut magister audit, statim solutionem argumentorum intellexit. Et totum in crastino coram omnibus refert et dicit in scolis.

Il giorno dopo tutti tornano a disputa. La notte, recitato mattutino, maestro Alberto passeggia nel chiostro e riflette sulle argomentazioni dello studente. Sente una voce che gli dice: «Sforzati quanto vuoi, maestro. In inferno sono uno dei demoni minori, eppure le mie obiezioni t'hanno umiliato. Eccoti il medio del sillogismo». Appreso il medio, il maestro trova subito la soluzione. Poi in aula raccontò a tutti l’accaduto.


[1] Nota la costruzione concludere alicui = argomentare in modo risolutorio contro l’avversario.


medium, che cos'è? Il sillogismo, spiega il manuale di logica medievale (Pietro di Spagna, Tractatus, called afterwards Summule logicales (1230 ca.), ed. L.M. De Rijk, Assen 1972, tract. IV, pp. 43-44), lo si costruisce con due proposizioni (maggiore e minore) e tre termini; tre termini non possono formare due proposizioni se uno di essi non ricorre due volte (nisi bis sumatur), nella maggiore (a) cioè e nella minore (b); fa dunque da nesso logico di trapasso nell'argomentazione e permette di trarre la conclusione. Nell'esempio termine medio è diavolo:

(a) ogni diavolo è invidioso
(b) Beelzebul è un diavolo
dunque Beelzebul è invidioso