precedente successiva

s) Attenti però ai nomi-fantasma! Allevati come siamo alla "storia delle idee" sorvoliamo, se non disdegniamo, le consuetudini antroponimiche. Presiedono invece la cifra denotativa d'identità; decisiva a sua volta d'ogni tentativo di disegnare la tipologia sociale della famiglia a partire dalle piste onomastiche delle cronache. Santa Maria Novella 18 dicembre 1311, ordinazione agli ordini sacri trasmessa da Arch. Vescovile di Fiesole VIII.A.2: tra gli ordinati al suddiaconato «fr. Iacobus Cinquini Pisanus ordinis Predicatorum [= Cr Ps 185], fr. Bonus C<i>oli Florentinus» [= Cr SMN n° 357], chiusi in graffa ordinis Predicatorum conventus florentini (f. 30v); al presbiterato «fr. Petrus de Spoleto, fr. Iacobus Podii Florentinus», chiusi in graffa OP conventus florentini (f. 31v). Nessun fr. Iacobus Podii registrato da Cr SMN. L'occhio cade su fr. Iacobus de Podio Venti di Cr SMN n° 178, dato per deceduto nel 1301; mentre tra i capitolari del 3 luglio 1311 un notaio inserisce il nome fr. Iacobus de Podio (ASF, Dipl. SMN 10.VI.1311 a quaderno, ff. 14v-16r: (3.VII.1311). Cr SMN còlta in grave perturbamento redazionale? in anni e folii ritenuti insospetti? Un altro notaio, meno avaro d'onomastica, in una lista capitolare del 8 ottobre 1333 scioglie il nodo: fr. Iacobus Poggii vocatus Ciapo, laddove un isolato fr. Ciapus andava a denotare terza e distinta persona.

ASF, SMN 8.X.1333. Il notaio poteva economizzare con un semplice fr. Ciapus per distinguere sufficientemente da fr. Iacobus cantor (Cr SMN n° 396) e fr. Iacobus de Romena (Cr SMN n° 332) nella medesima lista; come aveva fatto un suo collega, ASF, SMN 10.VI.1311 a quaderno, ff. 7v-8r (10.V.1311) «fr. Ciapus».

Eccolo allora riconosciuto sotto il solo nomignolo «Frater Cyapus de populo Sancte Trinitatis» di Cr SMN n° 324; come dire che nella quotidianità conventuale era fra Ciapo e basta. I tasselli si ricompongono nell'agnizione delle persone, e corroborano la redazione coeva e continuata di Cr SMN:

1) Iacopo di messer Gregorio da Poggio al Vento, OP 1283, † 1301 (Cr SMN n° 178). Il patronimico, ignoto a Cr SMN n° 178, da ASF, NA 4111, f. 89r-v (3.IV.1291) «Acta sunt hec omnia in claustro ecclesie SMN ordinis fratrum Predicatorum presentibus testibus fr. Filippo Iud(ice), fr. Iacobo filio dni Gregorii de Podio Veteri, fr. Bartolomeo Romano de Fraipanensibus, fr. Iacopo da Calenzano, fratribus dicte ecclesie». ASF, SMN  12.II.1291/2: «fr. Iacopo Pogiaventi». Poggio al Vento allora nel piviere San Piero a Sillano (dioc. Fiesole), possesso del monastero vallombrosano San Michele a Passignano, oggi comune Tavarnelle Val di Pesa. RD Tuscia I, 46 n° 1062-1063; II, 59 n° 1135-1136. R.N. Vasaturo, Vallombrosa. L'abbazia e la congregazione, Edizioni Vallombrosa 1994, 309b. Solo resti dell'antico castello demolito: J. Plesner, L'emigrazione dalla campagna alla città libera di Firenze nel XII secolo, Firenze 1979, 42, 214a.

2) Iacopo (figlio) di Poggio da Firenze, popolo Santa Trinita, detto Ciapo, OP 1306, presbitero 1311, † 1348 (Cr SMN n° 324).

■ Molto frequente in Orvieto l'uso di soprannomi anche per frati, con ricaduta nella cronica fratrum del convento; importante variante denominativa da tener presente quando si procedesse a una demografia conventuale.

Cr SMN n° 271 frater Iohannes filius olim Duccii de Barducciis de Campi († Prato 1333) esibisce formale patronimico, guida identificativa nella selva omonimica del prenome. L'edizione ignora un breve spazio bianco dopo Duccii, deposito grafico di cronista esitante. Di fatto testimonianze multiple e indipendenti attestano che fra Giovanni era figlio non di Duccio (detto anche Barduccio) bensì di Lapo di Duccio: «Cum Iohannes filius condam Lapi Barduccii populi Santi Michaelis Bertelde de Florentia, nunc autem frater Iohannes Barducii vocatur OFP, vendiderit...» (ASF, SMN 17.VIII.1310 pergam. 4a, 24.VII.1312); già sposato con donna Dia degli Avogadi: «dna Dia uxor Iohannis filii condam Lapi Barducii de Campi et filia Avvogadi de Avvogadis de Porta Rubea» (ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 89a: 28.II.1310/1). Sua madre è «dna Balduina, que hodie vocatur dna Dina, vidua uxor olim Lapi Duccii Tedeschi de Campi et filia olim dni Tedici de Aliottis de Florentia» (ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 88 (16.IX.1310), n° 90 (1311); n° 87 (1.IX.1310) «dne Dine pinçochere, uxoris olim Lapi Barduccii»). Suo nonno Barduccius filius condam Tecchi Duccii Tedeschi de Campi : «Primeranus filius olim Primerani Vinciguerre» di Santo Stefano a Ponte confessa aver ricevuto «a Barduccio filio condam Tecchi Duccii Tedeschi de Campi, dante et solvente in dotem et nomine dotis dne Nentis sororis sue et filie olim dicti Tecchi et sponse et future uxoris dicti Primerani», lire 775 f. p. (ASF, Dipl. Riformagioni 29.I.1299/300). Esuberante catena onomastica. Duccii/Barduccii in fase di trapasso da patronimico a cognome de Barducciis; meritata vanità d'immigrato dal borgo Campi Bisenzio che s'era fatto strada tra antichi ceppi fiorentini. Dunque frater Iohannes filius olim Lapi de Barducciis. Veniale il peccato del cronista, scontato nell'esitazione.

t)  Il convento esercita controllo sul testo della cronica fratrum, sua pubblica rappresentazione ed emanazione (non libro privato, abbiamo notato). Non è facile scoprirne termini e modi. Sopravvivono indizi laddove l'intervento censorio non ha rimosso tutte le tracce dietro di sé. Giovanni di messer Ruggeri dei Tornaquinci (OP 1283, † 1313) «contentiones vitavit fratribusque conformis caruit asperitate verborum <et a fratrum lesione cessavit eorumque turbationes scandala et iniurias penitus declinavit>. Vixit in ordine annis xxx» (Cr SMN n° 207, f. 17r). Quanto in parentesi quadre corrisponde a due righi di testo, in autonoma paratassi, eraso e illeggibile a occhio nudo; qui ricuperato con l'ausilio della lampada di Wood (in bianco nell'edizione). Tutela del buon nome della comunità, a monte della censura. Una svista di copia, bastava un'espunzione a ripararla.

Ma anche tutela del buon nome della persona. Silenzio della pietas anziché astuzia della reticenza, quando il dramma si abbattesse su un membro della comunità.

«Frater Thomas de Meroziis obiit senex 1568» (Cr SMN n° 913; MD 11 (1980) 249).

Solo nome e anno di morte; entro una sequenza di normali elaborate monografie dei frati. Ma il libro dei consigli conventuali di SMNovella, ASMN I.A.5, ff. 94v-96r (19.I.1540/1, "De scandalo fr. Thome de Morozis"), ci tramanda atti ufficiali della comunità, ai quali priore e padri consiliari erano tenuti; qui veniamo a sapere che fra Tommaso dei Morozzi era stato accusato «de crimine pessimo» quand'era a Sezzate (nel piviere San Piero a Cintoia, area collinare tra Impruneta e Incisa Val d'Arno), denunciato dall'arcivescovo fiorentino, fatti poi accertati e sanzionati dal legale governo del convento. Atto controfirmato di propria mano dal priore e dai tredici padri consiliari (f. 96r). Il cronista della cronica fratrum che redige Cr SMN n° 913 non poteva non sapere; deve sì registrare il decesso d'un frate figlio del proprio convento, si astiene da scriverne una biografia, tace della sua grave infedeltà religiosa. Parce defunctis! - Una sottoscrizione autografa del Morozzi in f. 50r (20.VIII.1532, penultimo rigo).

«Frater Dominicus de Barcalibus de Carigio, conversus, obiit Florentiae die 24 ianuarii 1606» (Cr SMN n° 1009; MD 11 (1980) 271; † 24.I.1607 del computo moderno).

Tutto qui. Solo da remoto causale frammento apprendiamo quel che il cronista affida alla pietas: il povero fra Domenico pose fine alla propria esistenza gettandosi in Arno. Figlio di Giovanni dei Barcali, veste abito dei conversi 25.V.1584, professa 11.IX.1586, aveva registrato il Liber vestitionum et professionum A (1556-1713); il tutto barrato, su cui altra mano alquanto posteriore annota: «precipitavit se ipsum in flumine et sic periit» (Bibl. Moreniana di Firenze, Palagi 78, f. 24v).

u) Né candide né ingenue, le nostre cronache. Disilludono letture commosse. Specie se testimonianze extraconventuali facessero parlare le reticenze. Vincoli consortili e peso politico fatti valere da una città intenta alla conferma internazionale della propria potenza. Per intenderci: pressioni diplomatiche della repubblica fiorentina sull'università di Parigi ottengono a fra Piero di messer Ubertino degli Strozzi (Cr SMN n° 420, † 1362) riduzione di tempi accademici tra baccellierato formato e promozione al magistero; istruzioni diplomatiche a Giovanni Boccaccio, «orator penes summum pontificem», promettono a Giovanni di Benci di Caruccio (Cr SMN n° 488, † 1376) una cappellanìa papale, meglio se d'onore:

Piana 50: (30.III.1342) «non fuistis passi ut decursum decennii Parisius expectaret». G. Canestrini, Di alcuni documenti risguardanti le relazioni politiche dei papi d'Avignone coi comuni d'Italia, «Archivio storico italiano» ser. I, App. VII (1849) 424-25 (20.VIII.1364): «Preterea, fratrem Iohannem Bencii Caruccii ord. Pred., virum quidem scientificum et austere vite, recommendabitis apostolice sanctitati supplicantes eidem quod dignetur, cum propter adversam valetudinem nequeat sine persone discrimine iugum ordinis supportare, cappellanum suorum aggregare consortio, eorum potissime qui cappellani numerantur honoris». Mirava a un incarico di curia extra conventum, ma non vi riscontro l'intenzione di "voler uscir dall'Ordine" (V. Branca, Giovanni Boccaccio. Profilo biografico, Firenze 1977, 149). Sui fratelli: Napoleone (1358, 1365) e Annibaldo (5.I.1368/9) operai dell'opera del duomo (C. Guasti, Santa Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile, Firenze 1887, 123, 125, 163, 220).

Benedetto di Francesco dei Bocci «magister in theologia» (Cr SMN n° 518, † 1384): veniamo a sapere che Urbano VI l'aveva privato del troppo sbrigativo magistero conseguito in Bologna 1380 (ex properato magisterio: sorvolando obblighi o tempi accademici?); a suo favore supplica con successo la signoria di Firenze 30 maggio 1381 (C. Piana, La facoltà teologica..., Grottaferrata 1977, 53, che interpreta «per la sua insufficienza»). Angolo delle conditiones et gratie nell'articolo biografico della cronica fratrum.

v) Testimonianze esterne non destinate al commentario; al contrario costitutive del testo e sua esegesi nei campi semantici del paradigma del linguaggio. Funzionali ai significati anche quando il pudore della reticenza venisse meno alla catena eulogica dei cronisti; denuncerebbero per contrasto mutamenti di costume. E mutamenti di linguaggio. Carriere ecclesiastiche allestite di solito per vie riservate:

ASF, Dipl. Badia di Passignano 31.I.1313: «Reverendus vir dns Stephanus Iordani de Insula in Urbe, domini pape capellanus ac etiam prepositus plebis Sancte Marie de Podio Boniçi florentine diocesis», nel suo testamento lasciò al monastero San Michele a Passignano (com. Tavarnelle Val di Pesa) un podere sito nel popolo Sant'Ilario a Colombaia (suburbio fiorentino, presso Via Senese), «cum hac conditione et honere videlicet quod fructus... reliquid et iudicavit pro eius anima fr. Stephano condam dni Romani de Paparessibus de Urbe de ordine sancti Dominici toto tempore vite dicti fr. Stephani... Et voluit et iussit quod si dictus fr. Stephanus pervenerit ad prelationem videlicet episcopatus vel archiepiscopatus, incontinenti dicti fructus... ad dictam sororem Iohannam <monialem monasterii Sancti Sixti de Urbe de ordine sancti Dominici>... pleno iure perveniant».

Ora esibite nello specchio del convento. Riccardo di Buto Tedaldi (Oltrarno): i fratelli, «qui erant in romana curia mercatores, procuraverunt quod ipse fuit factus episcopus calinensis prope Neapolim» (Cr SMN n° 450, † 1363), riscattandolo dall'infruttifera sede titolare in Tracia.

calinensis provincie capuane = Carìnola (pr. Caserta), 17.XI.1361, per trasferimento dalla sede titolare naturensis (Athyra in Thracia = Büyükçekmece, Turchia): HC I, 157, 357; Necr. I, xxxix. Riccardo di Buto da riconoscere in MOPH XX, 324/28 (1340), 336/6 (1341), 356/1 (1344 studente di filosofia in Siena). Non necessariamente "dei Tedaldi", ch'erano del popolo Santa Cecilia, sesto San Pier Scheraggio.

Marco degli Ardinghelli «cum esset nepos domini Andree cardinalis florentini et haberet germanum in curia regis Francie, procuratione eorum missus est studens in Angliam deinde Parisius, ubi cum staret factus est episcopus pennensis in Regno, regione Abrutii, de quo ad episcopatum camirenensem assumptus est» (Cr SMN n° 475, † 1372; C. Cenci, Manoscritti francescani della Biblioteca Nazionale di Napoli, Quaracchi-Grottaferrata 1971, I, 52n).

w) Restituite ai loro estremi ermeneutici, le cronice fratrum sono in grado di rilasciare informazioni che trapassano l'ispirazione comunale, e non di poco conto. In grado di svelare, ad esempio, valori quantitativi tuttora indecifrati. Ordine religioso clericalis fin dalle origini, quello dei Predicatori, a motivo della subordinazione canonica della predicazione agli ordini sacri: «Ad hec tamen in conventu suo prelatus dispensandi cum fratribus habeat potestatem, cum sibi aliquando videbitur expedire, in hiis precipue que studium vel predicationem vel animarum fructum videbuntur impedire, cum ordo noster specialiter ob predicationem et animarum salutem ab initio  noscatur institutus fuisse, et studium nostrum ad hoc principaliter ardenterque summo opere debeat intendere ut proximorum animabus possimus utiles esse» (A.H. Thomas, De oudste Constituties van de Dominicanen, Leuven 1965, 311). Sappiamo che uno sbarramento di duplice consenso incrociato tra provinciale e convento filtrava, a differenza dei chierici, la recezione dei conversi; inoltre voto capitolare elevato al quorum 2/3 per quest'ultimi contro maggioranza semplice per i chierici; competenza del maestro dell'ordine per il passaggio da converso a chierico.

Siena, Bibl. comunale F.VI.3, f. 134r: (Constitutiones I, 13 de recipiendis, testo in vigore nel 1333): «Nullus recipiatur in fratrem clericum ad probationem vel professionem nisi a priore provintiali, vel ab eo cui dederit super hoc licentiam specialem, vel a priore conventuali cum assensu tocius vel maioris partis capituli. Conversum autem non recipiat prior provincialis nec aliquis de eius licentia nisi de consensu prioris et duarum partium fratrum qui sunt de conventu pro quo fuerit induendus; nec conventus aliquis recipiat conversum sine licentia prioris provincialis. Nec receptus fiat clericus nisi de licentia magistri ordinis speciali. Nullus recipiatur infra decem et octo annos». Esempio di transizione de gratia speciali da converso a chierico: Francesco da Carmignano (†  1363), Cr SMN n° 443.

Ma qual era nella realtà del convento il rapporto quantitativo chierici/conversi?, che sosteneva l'equilibrio tra specializzazione dell'atto apostolico e governo materiale della casa. Soltanto le nostre cinque cronice fratrum, per quanto si sappia, offrono attendibili dati quantitativi; specchio dei rispettivi conventi, ma che riflette credibilmente la media generale, data la circolarità amministrativa dell'ordine.

Cr SMN n° 125-423, anni 1280-1362: totale 295 frati deceduti (ignoro le interpolazioni n° 133, 196, 203), dei quali 66 conversi, pari a 22,37%.

Cr Pg sezione conventuale, XIII-XIV med: tot. 158 frati, dei quali 48 conversi, pari a 30,37%.

Cr Ov sezione conventuale, XIII-XIV med: tot. 147 frati, dei quali 28 conversi, pari a 19,04%.

Cr Ps dagli inizi al 1411: tot. 275 frati, dei quali 46 conversi, pari a 16,72%.

Cr Si n° 1-187, dagli inizi al 1449: tot. 188 frati (n° 105 censisce due fratelli), dei quali 22 conversi, pari a 11,70%. Qualche riserva, tuttavia, sull'esattezza della testimonianza senese in materia.

   

I capitolari (minimo legale 2/3 degli aventi diritto) del monastero Santa Maria a Vallombrosa in giugno 1281 sono 42: 1 dominus Valentinus abbas, 7 qualificati domni, 6 fratres, 28 fratres conversi (= 66,66%); in agosto 1316 sono 38: 3 domni monachi presbiteri (incluso il decanus che presiede il capitolo), 9 fratres monachi, 26 fratres conversi (= 68,42%):

ASF, Dipl. Riformagioni 8.VI.1281, che dopo la lista onomastica riassume «predicti monaci fratres et conversi in capitulo predictorum monachorum congretati»; Dipl. Badia di Passignano 15.VIII.1316.

In San Michele a Passignano, maggio 1318, capitolari 9 (dominus abbas, 4 domni, 4 fratres), «asserentes se esse duas partes et plures et quasi omnes omnium singulorum monacorum atque fratrum monasterii prelibati» (ASF, Dipl. Badia di Passignano 28.V.1318). Per lo statuto giuridico dei conversi nella tradizione monastica cf. J. Dubois, L'institution des convers au XII siècle. Forme de vie monastique propre aux laïcs, AA. VV., I laici nellla «societas christiana» dei secoli XI e XII (Miscellanea del centro di Studi Medievali V), Milano 1968, 183-261, p. 257 su Vallombrosa; altri contributi nel medesimo volume.

«Religio nostra clericalis est», proclama ancor oggi l'ordine domenicano.

precedente successiva