⌂ Quando attese, Domenico di Francesco dei Baglioni, alla continuazione della Cronica fratrum?
Una sola mano, regolarissima, costante nelle forme e nel ductus, senza fratture o interstizi vistosi, scrive tutta la sezione ff. 60v-71v. Almeno per taluni blocchi di cronaca possiamo stabilire per certo che la redazione della notizia biografica non è contemporanea al decesso: in occasione di Girolamo di Marco († 1511, n° 44) il Baglioni rinvia a quanto dirà di maestro Valentino da Camerino († Perugia 16.IV.1515); nella notizia su costui (Cr Pg ff. 66r-67r) menziona tra i discepoli «magistrum quoque Nicolaum Perusinum de quo infra et fr. Hieronymum bachalarium de quo supra» (f. 66v); il «de quo infra» ha in mente Niccolò di Francesco († 1.X.1527, Cr Pg ff. 68v-69r). Le rubriche di raccordo, distribuite lungo tutto il testo della continuazione, denunciano un progetto d'insieme unitario: raccolta delle notizie, fonte d'informazione, stesura e trascrizione. Diligente e coscienzioso, il Baglioni. Premette nominativi sporadicamente recuperati da libri conventuali (n° 1-9); annuncia il contributo di Giuliano d'Angelo (n° 10-36); poi passa ai frati conosciuti di persona (n° 44 ss), non senza isolare i primi cinque (n° 44-49) per annotare che li ha conosciuti da giovanissimo e dispone di scarse notizie. I dati più recenti di questo gruppetto (n° 44-49) si arrestano agli anni 1511-13. Il cronista era stato compagno di noviziato di Giovan Battista Masci (n° 50), ma ne ignora l'anno di morte. L'entrata immediatamente successiva (n° 51) è relativa al 1514. Le date croniche di decesso diventano sistematiche e complete a partire dagli anni 1514-15 (n° 51 ss). E il Baglioni attinge allora alla propria diretta conoscenza. Alberto dal Poggio († 25.XII.1527) poco prima di morire gli aveva confidato segreti, «mihi tunc conventus presidenti» (f. 69v). Di fr. Gaspare di Baldassarre Cartolari († Firenze 30.IX.1530) riferisce quanto «ex ipsius ore accepi» (f. 70v). Il convento perugino entra nell'orbita della riforma, e ne subisce parziale dispersione dei frati, quando nel 1530 «redacta est Congregatio ipsa <Sancti Marci> in provinciam, ut modo est, et provincia Romana reformata nuncupata est» (f. 70v; cf. R. Creytens, Les actes capitulaires de la congrégation Toscano-romaine O.P. (1496-1530), AFP 40 (1970) 136-40; accenni al convento perugino, pp. 179, 204). E subito susseguono notizie di frati vestiti dopo la costituzione della nuova provincia Romana riformata (1530): Stefano da Piegaro (pr. Perugia) † 1531 (f. 71r), due altri deceduti nel 1547, e Lorenzo di Lorenzo da Perugia († Orvieto 26.VII.1553) ultimo nominativo della continuazione (f. 71r-v):
Frater Laurentius Laurentii de Perusio, qui et ipse in eadem Urbeveteri, anno tamen 1553, diem clausit extremum sub 26 iulii. Fuit sacerdos bonorum studiorum et morum cultor. Modestus gravis et prudens, quare etsi adhuc iuvenis |71v| magistri novitiorum in nostro conventu perusino laudabiliter et probe functus est officio. Postea factus subprior in urbevetano cenobio et de se optimam spem promicteret, immatura preventus est morte, primo devote receptis sanctis sacramentis.
La grafia che entro le prime sei righe di f. 71v porta a termine la notizia su Lorenzo, muta bruscamente in modulo più grande e ductus meno sicuro. Ma la mano è pur sempre quella del Baglioni. Basta soffermarsi a collazionare contro le carte precedenti talune caratteristiche grafiche: s iniziale seguita da a e p; legatura nel nesso cta, ctu; il segno abbreviativo di fine parola a forma di 3; P maiuscola; ecclę, ecc. L'annalista Bottoni, che scrive negli anni 1577-78, conosce l'intero testo su Lorenzo: «morì questo anno in Orvieto dov'era suppriore. Fu padre molto da bene, et quando io presi il santo habito in questo convento, l'anno 1551, egli era maestro dei novitii» (Bottoni, Annali II, ad a. 1553); che suppone, almeno per il sottopriorato orvietano, anche quanto appeso a f. 71v. Nel medesimo f. 71v seguono due giunte posteriori e d'altre mani, di cui la prima implica l'anno 1598.
I sei righi di f. 71v sono stati trascritti o riscritti posteriormente dal Baglioni; non importa se in occasione di rinnovo del supporto scrittorio. Il testo dei sei righi di f. 71v, al contrario, è in perfetta continuità redazionale con la notizia avviata nella carta precedente, e ad essa è pertanto cronologicamente legato quanto a composizione. Perfino in continuazione mnemonica con la notizia biografica precedente: perché le parole «qui et ipse in eadem Urbeveteri» dette di Lorenzo, prolungano il ricordo di quanto scritto immediatamente prima, a proposito di Niccolò di Vincenzo, deceduto appunto in Orvieto il 20 settembre 1547 (f. 71r).
Tutto converge coerentemente nell'indicare che Domenico dei Baglioni riordinasse le notizie e redigesse l'intera continuazione della Cronica in tempi relativamente raccorciati, in continuità redazionale e cronologica. Entro la prima metà della decade '50 del Cinquecento. L'ultima biografia suppone luglio 1553. «Postquam per centum et plures annos hęc intermissa est chronica», dice a inizio del suo lavoro. Rispetto a chi e a quando? Non certo ai cronisti trecenteschi, che chiudono sul 1345, alla vigilia della grande peste. Rispetto a Giuliano d'Angelo; che per il Baglioni «vixit circa annos Domini 1459». Con eccellente ricaduta sulla verosimile decade dell'attività del Baglioni voluta dallo studio del testo della continuazione.
Perché il Masetti (Monumenta I, 409, 434; II, 38n) datava 1530 o 1533 o 1540? Era in possesso di dati a noi ignoti? Nel prologo della continuazione si legge poco oltre: «Unde et in posterum laudabilis hic mos non intermittatur, et hinc quoque patere possit quot quantosque illuxtres viros ęqua laude ac memoria de hominum corde ceca subtraxerit oblivio centenario illo, quando mihi, septimum adhuc agenti luxtrum, videre (non sine ingenti animi dolore) datum est nunc usque tot celebres decessisse viros quorum presentia et virtutibus…» (f. 60v). Al compiersi d'un secolo d'interruzione della cronaca, e dunque al momento di riavviarla («nunc usque»), Domenico dei Baglioni ha "sette lustri d'età" (35 anni)? No, sette lustri son trascorsi non dalla sua nascita ma da quando ha avuto il privilegio di frequentare uomini illustri, meritevoli d'essere affidati alla memoria dei posteri: «quando mihi, septimum adhuc agenti luxtrum, videre… datum est nunc usque». Dunque 35 anni almeno dal noviziato, o dalla prima frequentazione del convento e dei suoi frati. Che ci riporta di nuovo, e concordemente con i dati precedenti, agli anni '50.
La biografia di Valentino da Camerino († 16.IV.1515) termina con la battuta «Nunc temporis usurpatur <scil. possessio Sancti Venturini> totum contra ius et fas», immediatamente chiuso da segno di fine scrittura a metà rigo, del tutto simile ad altri ricorsi. In modulo leggermente più piccolo, sempre la mano del Baglioni aggiunge: «Sed modo 1533 ordini restitutum» (f. 67r). Oggettivamente imbarazzante, questa noticina. E tuttavia non perentoria nel suo valore da prevalere sulle molteplici solide indicazioni fin qui raccolte. Perché sopraggiunta in secondo tempo al testo primitivo, e dunque esposta ad ellissi semantiche e discontinuità sintattiche; e perché modo mira intenzionalmente al tempo della restituzione del podere (non ne era ancora al corrente, il cronista, quando componeva la notizia?), anziché necessariamente al tempo della scrittura della giunta.
Riteniamo dunque a conclusione che Domenico di Francesco dei Baglioni redasse e trascrisse la continuazione della Cronica fratrum perugina a metà Cinquecento.
Viveva attorno all'anno 1459: è tutto quanto di lui sa Domenico di Francesco dei Baglioni. L'annalista Bottoni ne ricorda la morte sotto l'anno 1462: «F. Giuliano d'Agnolo Perugino Baciglieri morì circa questi tempi» (Bottoni, Annali II, ad a. 1462); data da retrocedere, come vedremo, d'un ventennio. Masetti ripone il priorato perugino intorno all'anno 1447 («circa hoc tempus»), senza dirci su quale testimonianza (Masetti, Monumenta II, 179).
Tentiamo di ricostruire la carriera biografica di Giuliano.
Incontriamo per la prima volta il nostro cronista tra i conventuali di San Domenico in Camporegio di Siena, 8 marzo 1426: «fr. Iulinaus de Perusio», al sedicesimo e penultimo posto della lista capitolare (APR, II.g.1.1 (8.III.1425/6) trascrizione novecentesca dal fondo diplomatico del convento senese).
Più sostanziose le notizie ricavabili dagl'inventari dei beni mobili del convento perugino. Inventario librario 1446, tra i libri del settimo banco: «Item sermones xles in parvo volumine et bona litera. Principium est Penitentiam agite, finis est tabula. A diu deficit». A continuazione e utilizzando lo spazio del margine destro, altra mano annota (tra gli estremi 1446 e 1457): «Tandem ego frater Iulianus de Perusio restitui fratri Ieronimo de Perusio» (ASPg, Inventaria f. 39r marg. d.; cf. Kaeppeli, Inventari 101 n. 141), dall'identica grafia dell'altra nota stilata in prima persona «Ego frater Iulianus Angeli…» (di cui più oltre), e pertanto autografa del nostro Giuliano. Che il quaresimale in questione mancasse dagli armadi della biblioteca era stato annotato anche sul precedente inventario del 1430, «deficit» aggiunto a lato dell'item 134 (Kaeppeli, Inventari 61 n. 134). La revisione inventariale del 1457 testimonia l'avvenuta restituzione al perugino fr. Girolamo dei Merciai: «Suprascriptum quadragesimale parvum de septimo bancho repertum fuit et restitutum fr. Ieronimo de Perusio» (Kaeppeli, Inventari 108).
La restituzione del quaresimale, e relativa nota autografa di Giuliano, va collocata circa l'anno 1451, come arguiamo da un'altra giunta al medesimo inventario 1446, a lato d'una "tabula super dicta sancti Thome" dall'incipit Abraham: «Ista fuit concessa fratri Iuliano de Perusio tempore vicariatus fr. Cipriani de Florentia, in vita sua tantum, pro qua dictus fr. Iulianus redidit conventui unum quadragesimale in parvo volumine et unum librum sermonum cancellarii parisiensis» (ASPg, Inventaria f. 43r marg. d.; cf. Kaeppeli, Inventari 111n). La nomina di Cipriano di ser Antonio da Firenze (esattamente da Raggiolo, pr. Arezzo) a vicario sui conventi riformati della provincia Romana è di giugno 1451:
BL, S. Marco 866, f. 51r (23.VI.1451) «fr. Ciprianus ser Antonii de Florentia fuit confirmatus et creatus vicarius conventuum reformatorum et reformandorum citra Alpes, nec non in monasteriis Sancti Dominici de Pisis et Sancte Lucie de Pistorio et Sancti Petri Martiris de Florencia, fratribus et sororibus de Penitencia sancti Dominici», f. 51v (3.VII.1451) «concessum est fr. Cipriano de Florentia, vicario conventuum reformatorum in Romana provincia, ut de fratribus nativis conventus Sancti Marci de Florentia qui nolunt ibi remanere aut qui ibi non sunt presentes, possit disponere tanquam de sibi subditis….». R. Creytens, AFP 27 (1957) 239-40. S. Orlandi, MD 77 (1960) 110-20.
Dei sermoni di Filippo il Cancelliere († 1236) l'inventario perugino del 1458 registra un esemplare: «Item sermones concellarii parisiensis, in pergameno et satis magno volumine…»:
■ Kaeppeli, Inventari 163 § 431. Cf. J.B. Schneyer, Repertorium der lateinischen Sermones des Mittelalters, IV, Münster Westf. 1972, 818-69; J. Longère, La prédication médiévale, Paris 1983, 282b.
Giunta (ottobre 1471) all'inventario secondo della sacrestia 1458. «Item duo pulvinaria de velluto varii coloris, scilicet rubeo albo et celestino, que data fuerunt 1471 de mense octobris pro anima Iob. a filiabus suis per manus venerabilis patris fratris Iuliani de Perusio. Et quia erant sine plumis ideo duo alia consuncta veste posita sunt in illis» (ASPg, Inventaria f. 94v marg. inf.).
Inventario terzo della sacrestia 1463. Portato a termine il 22 settembre 1463, viene sottoscritto dal sacrista maggiore Marco di Lorenzo: «Ego fr. Marcus Laurentii de Perusio, sacrista ad presens huius conventus, predicto interfui inventario et fateor omnia ibidem esse que in dicto inventario scripta [dicta sive praem. et del.] sunt, unde manu propria scripxi etc.» (ASPg, Inventaria f. 113v; cf. Kaeppeli, Inventari 48). Alla sottoscrizione di Marco segue immediatamente: «Ego frater Iulianus Angeli de Perusio suprascriptum inventarium sive precedentem (sic) fateor integre me recepisse a frate (sic) Marco de Perusio, olim sacrista maiore, anno Domini 1464 et die 16 mensis aprelis. Et ad fidem manu mea propria hec scripsi, presentibus pluribus fratribus, scilicet Nicolao de Luca, Antonio de Fabriano, Dominico de Florentia et Iohanne converso sacrista minore» (ASPg, Inventaria f. 113v; cf. Kaeppeli, Inventari 48 n. 3). Vedi tra le riproduzioni fotografiche nelle tavole fuori testo.
Il nostro Giuliano d'Angelo in aprile 1464 subentra come sacrista maggiore a Marco di Lorenzo; non lo è più nel 1471. Sottolineiamo questo ufficio, perché è il sacrista che si estende a cronista conventuale: «Actendat autem diligenter sacrista quod defuncto aliquo fratre parusini conventus, statim scribat nomen eius cum condicionibus et gratiis. Si autem frater aliquis nostri conventus obierit alibi, quam citius pervenerit ad sacriste noticiam…, studeat nomen ipsius… presenti cronice annotare» (Cr Pg f. 25r-v). Così voleva del resto anche il capofila delle cronache conventuali, la fiorentina, dalla quale il primo cronista perugino ricopia pressoché alla lettera (Necr. I, 11).
Nel medesimo inventario tra le giunte apposte posteriormente al 1463: «Item die xiij mensis octubris <1471-72> recepi per manus fratris Iuliani pro altari maiori unam tobaleam pulcram cum tribus capitibus cum draconibus cum cruce rubea in medio cum licteris S. et d., quam dedit domina Felice Constantii macellarii pro anima sua et suorum etc.» (ASPg, Inventaria f. 108r marg. sin.).
Dai registri del maestro dell'ordine Leonardo dei Mansueti da Perugia (1474-80). AGOP IV.3, f. 62v (Perusii 3.I.1475): «fr. Petro Petri de Eugubio fuit factum preceptum sub pena privationis omnium gratiarum ordinis et bonorum sibi concessorum et sub pena excomunicationis late sententie quatinus infra sex dies reddat fr. Iuliano Angeli de Perusio quendam librum in papiro in quo sunt De secretis secretorum Aristotilis et alii tractatus, vel cum eo componat». IV.3, f. 63r (Perusii 5.I.1475): «fr. Petro Antonio de Reate fuit factum preceptum sub pena privationis gratiarum ordinis et bonorum sibi concessorum et sub pena excomunicationis late sententie quatinus infra xv dies solvat fr. Iuliano Angeli de Perusio ducatum unum auri et bononienses veteres xxiiijor, si in illis, ut dicitur, sibi est obligatus; vel cum eo componat».
AGOP IV.3, f. 63v (Perusii 6.I.1475): «fr. Iulianus Angeli de Perusio habuit confirmationem omnium gratiarum habitarum a predecessoribus, et potest tenere socium».
IV.3, f. 302v (Perusii 18.IV.1477): «fr. Iulianus Angeli de Perusio habet licentiam tempore pestis et aliarum perturbationum et necessitatum quandocunque voluerit declinare ad conventum qui sibi placuerit cum soc<i>o suo, et ibi potest per presidentem assignari et stare quandiu voluerit».
IV.3, f. 306v (Perusie 25.V.1478): «fr. Iulianus Angeli de Perusio habuit confirmationem omnium gratiarum preteritarum».
Il 10 dicembre 1479 il convento perugino prende possesso d'una vigna sita in San Proto e lasciata da Medea al fratello Giuliano, religioso di San Domenico (Marinelli, La compagnia 115 n° 213). Ultima data conosciuta.
Il tenore delle lettere graziose (1475-78) dai protocolli del maestro Mansueti è consueto per frati anziani e venerandi. Dei frati registrati dal cronista Giuliano (n° 10-36), Luca di Giuliano del Viva (n° 16) muore nel 1466, Tommaso da Agello (n° 27) suppone almeno il 1474 e Marco di Lorenzo (n° 32) il 1475. Al contrario Giuliano non registra Bartolomeo da Perugia (fl. 1488-92), Tommaso di Mariotto Pannivecchi (fl. 1474-83), Tommaso di Cristoforo (fl. 1477-78). È il secondo continuatore a registrare, oltreché il nostro Giuliano (n° 37), Leonardo dei Mansueti († 26.VII.1480, n° 39), Angelo da Perugia († 1498-99, n° 41) confessore di Colomba da Rieti, Paolo da Passignano (fl. 1488-1505, n° 42). Non saremmo molto lontani dal vero se collocassimo il decesso di Giuliano tra 1479 e 1481; diciamo convenzionalmente intorno al 1480. In religione per più d'un cinquantennio, visto che nel 1426 era già frate (giovane, da presumere, in Siena) e nei primi anni '40 effettuava prestiti librari vitalizi dalla biblioteca del convento perugino. Una longevità di tutto rispetto per i suoi tempi. Tale da garantirci, contro qualsiasi iperbole, la tenuta letterale della dichiarazione raccolta dal Baglioni: «fatetur <Iulianus> se eos cognovisse et suo tempore extitisse et sunt infrascripti…»; il primo dei frati registrati, Bartolomeo degli Acerbi (n° 10), era deceduto nell'anno 1423.
Va da sé che i frati lodati dal cronista Giuliano (n° 10-36) sono a lui premorti (e il nostro spoglio non ha rilevato positivi casi contrari). Più utile annotare che la «brevis notula» non può esser datata in blocco "1459", perché suppone almeno il 1474 di Tommaso da Agello (n° 27) e il 1475 di Marco di Lorenzo (n° 32). Il lavoro cronistico cade più verosimilmente nei decenni susseguenti, o in ogni caso si è protratto fin verso la fascia tardiva della cronologia di Giuliano. Una «brevis notula», «parva schedula», il lascito del cronista. Come dire una cedola ovvero foglio volante membranaceo, sul quale Giuliano veniva annotando succintamente nomi e dati (così usava anche presso i notai), materiale previo alla stesura definitiva delle biografie e trascrizione sulle carte della Cronica fratrum.
Per il resto il contributo di Giuliano, benché meritevole di menzione (SOPMÆ IV, 179-80), doveva esser ben poca cosa. Domenico dei Baglioni non ricopia materialmente la cedola (non volevano questo le carte della Cronica). L'assume e in parte la rielabora: «ut dictus fr. Iulianus refert… Dicitur et edidisse… Nec plura de reverendo hoc patre ad nos devenere (n° 10); Dicitur composuisse (n° 16). De hoc non clarum est an sit ille alius magister Paulus de quo infra (n° 17); bonus scriptor dicitur» (n° 25). Ma non ne avrebbe fatto cadere, il Baglioni, notizie utili, vista la cura amorosa nel raccogliere le antiche memorie del proprio convento e nel rilanciarne la cronaca. Non ne avrebbe fatto cadere le date croniche (praticamente assenti nella sezione dovuta a Giuliano) se a fronte di Paolo da Perugia (n° 17) confessa perplessità circa l'identificazione con Paolo da Passignano (n° 42).