Raccogliamo in sommi capi il "funzionamento" della cronaca conventuale. Perché, se povera è la tenuta informativa della continuazione perugina, proprio a ragione di questo "stato di fragilità" dei cronisti la Cronica fratrum svela paradossalmente ciò che è, e ciò che vuol essere. E questo, in definitiva, c'interessa. Generazioni di ricercatori estrassero ed estraggono notizie da tali cronache, ma nessuno s'è soffermato a osservarne il comportamento. Nessuno ha mai sollevato le questioni: quali notizie, e in che chiave letteraria, la cronaca conventuale intende dare? che cosa tace per programma di lavoro? che cosa omette per incuria o indocumentazione del cronista? quali notizie non vi si devono cercare?
a) Cronache dei conventi domenicani dell'area umbro-toscana. Nell'iscrizione, nei prologhi, e dovunque nel testo rinviino a se stesse, tutte si denominano cronica, cronica fratrum, talvolta genericamente libellus, liber. Mai, assolutamente mai, si denominano necrologium (termine sconosciuto perfino per i libri obituum o libri anniversariorum), obituarium, liber mortuorum, sepultuarium ecc., sotto il cui nome o sono state ricondotte o sono state pubblicate.
■J.-L. Lemaître, Répertoire des documents nécrologiques français, Paris 1980, I, 10: «Un mot n'apparaît jamais, à notre connaissance, au Moyen Âge: Necrologium».
b) Cronica fratrum. Libro conventuale di natura pubblica, voluto dai frati del convento («visum est fratribus quod…»), non diario privato. L'ufficio di cronista viene tradizionalmente (almeno agl'inizi) affidato al sacrista.
c) Essenzialmente prosopografica, del genere elogia o narrazione biografica. In occasione del decesso d'un frate, anche se novizio non professo, il cronista redige notizia biografica, «cum condicionibus et gratiis»; in successione cronologica dei decessi sulla successione fisica della carte d'un codice. Da poche righe a una carta, eccezionalmente di più.
d) La storia collettiva del convento, sue istituzioni, suoi edifici, suo patrimonio, restano fuori dei propositi diretti della cronica fratrum; frammenti ne possono comparire tra le ragioni della commendatio del singolo frate. Vi porrà rimedio, in parte, il nuovo genere di cronaca quadripartita inaugurato dal convento fiorentino di San Marco a inizio Cinquecento.
e) Neppure la città, che è dietro il convento urbano e la sua cronaca, preme in primo piano; benché l'impianto della scrittura non neghi ellissi o metafore a cui consegnare la passione comunale, talvolta perfino gli umori della fazione cittadina (nelle cronache fiorentina e pisana, ad esempio). In compenso, le specificazioni patronimiche o di casato asseriscono coscienza del reticolo parentale tra popolazione del convento urbano e ruolo cittadino dei consorti.
f) Redazione "unidirezionale" e incremento fisico della cronica fratrum secondo l'ordine cronologico annuale dei decessi, con costante impiego della carta a una sola colonna. «Cronice annotetur obitus venerabilium patrum et fratrum». Non struttura compositiva a calendario (il giorno del mese prevale sull'anno), com'è il caso dei libri anniversariorum et obituum (obituari o necrologi, nel lessico corrente) costruiti sul modello del libro liturgico martyrologium; libri paraliturgici destinati essenzialmente a commemorare nella liturgia il nome del defunto o benefattore nei suffragi anniversari.
g) La commemorazione anniversaria non è estranea, in verità, ai primitivi intenti della cronica fratrum capostipite (1280): «Et si placuerit priori, poterunt legi omnes per ordinem sicut infra sunt notati, annuatim in anniversario fratrum in mensa sive alibi, prout priori videbitur expedire» (Necr. I, 3). Formulazione d'intenti supererogatori («si placuerit»). Di cui non abbiamo seguito. Né riusciamo a immaginare come le pagine della cronaca conventuale, ordinate sulla successione annuale dei decessi, dai dati cronici spesso incompleti (specie giorno e mese) e approssimativi, potessero prestare il richiamo mnemonico alla commemorazione liturgica nel giorno anniversario del decesso sulle cadenze del calendario liturgico. Di fatto il medesimo convento fiorentino che inventa la cronica fratrum, si costruisce ben presto, nel primo Trecento, anche il Libro dei morti (titolazione non originale). Questo sì a calendario, destinato a dare, sulla successione dei giorni nel mese, il nome dei defunti alla commemorazione anniversaria. «Questo libro de' morti è della sacrestia di Santa Maria Novella», dice la rubrica introduttiva di mano cinquecentesca (C.C. Calzolai, Il «Libro dei morti» di Santa Maria Novella (1290-1436), MD 11 (1980) 15-218). L'irriducibilità della cronica fratrum ai libri anniversariorum et obituum è proclamata nei fatti.
h) Filii nativi, originales, del convento. Filiazione conventuale. È un caposaldo della cronica fratrum, che si propone di registrare tutti e soltanto i frati figli del convento; anche se deceduti altrove. Non dunque la selezione che presiede il genere letterario del de viris illustribus. La filiazione è basata sullo statuto legale della praedicatio: circoscrizione territoriale di competenza giuridica del convento in fatto di reclutamento, questua, predicazione, titolo di proprietà sui beni lasciati dal frate.
■ Bisognerà seguire documentariamente la tenuta semantica d'altre formule, tipo "receptus ad habitum (ad professionem) pro conventu…", "fratres pertinentes ad conventum", e verificare se non equivalgano anch'esse a filiazione conventuale (da distinguere da semplice assegnazione).
«Dirigitur litera priori magistris et patribus ac fratribus conventus lucensis quibus declarantur bona fr. Ioannis de Pistorio <† Lucca 21.III.1493> que apud eos reperiuntur pertinent conventui pistoriensi, cuius erat filius nativus et in ipso assignatus. Hortanturque ut pro equitate iustitie eis ea restituant» (AGOP IV.10, f. 78v: 22.IV.1493).
Filiazione per origine geografica, ma anche legale o trasfiliazione. Principio della filiazione dalla forte tenuta, da vagliare anche contro apparenti o reali eccezioni (la cronaca senese in fase tardiva sembra allentarne le maglie: Cr Si f. 29r, dà notizia biografica di Antonio d'Alessandria, provinciale della Lombardia superiore, perché deceduto in Siena 16.VIII.1462 in occasione del capitolo generale dell'anno, AFP 45 (1975) 191), da accertare a petto dell'aumentata mobilità all'incrocio con le vicende della riforma conventuale e con le nuove competenze delle congregazioni riformate (XV-XVI sec.: AFP 31 (1961) 213-306; 32 (1962) 211-89; 40 (1970) 125-230). Ricaduta terminologica: Perusinus, Senensis ecc., anziché nomi etnici (indicanti luogo di nascita) sono anzitutto denotativi della predicazione conventuale d'appartenenza, specie in fonti esterne alla medesima.
Esempi. Non bisognava attendersi la registrazione di Niccolò di Iacopo da Pietramelara (1460 ca. - 1522), perché non affiliato al convento perugino. Al contrario il perugino Gaspare di Baldassarre Cartolari (n. 1464, professo in San Marco di Firenze 1486, maestro in teol. 1497, ricevuto nella congregazione riformata Tosco-romana 1502, † Firenze 30.IX.1530; Bibl. Laurenziana, S. Marco 370, f. 171r), fu trasfiliato a San Domenico di Perugia in un secondo tempo. Il cronista tradisce il bisogno di giustificarne la registrazione. Cr Pg f. 70r-v: «ab initio nostri conventus originalis filius non extitit, utpote in cenobio Sancti Marci Florentię ad ordinem receptus…, verum quia et ipse perusinus et medio tempore huius nostri conventus filius et pater fuit» (f. 70r). I registri dei maestri dell'ordine testimoniano la contrastata filiazione di Gaspare. AGOP IV.12, f. 51v (21.V.1499): «magister Gaspar Perusinus fit frater conventus Perusii nativus consentientibus magistris et patribus, nemine discrepante, et a conventu Sancti Marci de Florentia ad conventum perusinum transfertur cum omnibus bonis suis». AGOP IV.18, f. 57v (23.X.1512) «magister ordinis… cassavit sententiam latam a rev.do provinciali romano mag. Sebastiano contra ven.dum mag. Gasparem de Perusio super privatione filiationis conventus et pena graviori culpe, et declaratur quod est in possessione filiationis conventus» (cf. ed. MOPH XVII, 147-48).
■ Maggior credito nella cronologia merita la cronaca di San Marco di Firenze: AFP 40 (1970) 153, 204 «fr. Gaspar Baldassaris de Perusio…». MD 14 (1983) 170. G. Mazzatinti, L'obituario del convento di S. Agostino di Padova, «Miscellanea di storia veneta» II/2, Venezia 1894, 19. F. Bonaini, Excerpta Annalium..., «Archivio storico italiano» I ser., 6/II (1845) 607. AGOP IV.10, f. 82v (28.IV.1494) «fr. Gaspar de Perusio fit predicator generalis cum graciis». IV.12, f. 40r (15.I.1497) completata la lettura può prendere il magistero; f. 42r (12.VI.1497) «mag. Gaspar de Perusio» assegnato reggente al convento di Treviso della prov. San Domenico. IV.13, f. 45v (12.X.1500) «mag. Gaspar conventus perusini». IV.15, f. 67v (17.VII.1502). «Sacre theologię professor et predicator egregius mag. Guaspar Perusinus eiusdem conventus concionatus est declamatorie de laudibus beate Columbe virginis <† 20.V.1501> in magno spectaculo cum beneplacito omnium et gratia» (Sebastiano d'Angelo da Perugia, Legenda (1501-06) b. Columbae de Reate, AGOP X.873, f. 119v).
i) I confini territoriali della predicazione conventuale coincidono di solito con quelli amministrativi della città-stato e/o della diocesi (caso di Perugia). Così almeno, quando il riscontro è possibile. Mobili nelle fasce periferiche, soggetti come sono ad accordarsi alle ridefinizioni territoriali degli stati sul ritmo delle vicende politico-militari. Chiusi, ad esempio, nel Trecento inoltrato oscilla tra predicazione orvietana e quella perugina, a seguito delle guerre territoriali delle due maggiori città (D. Waley, Mediaeval Orvieto, Cambridge 1952, 124, 129-30); successivamente contesa anche da quella senese. Città della Pieve (Castrum Plebis) era stata della "cerca" orvietana, poi passata alla predicazione perugina (Cr Ov 47/71). Capitoli generali e provinciali dirimono frequentemente controversie liminari tra i conventi (de terminis, finibus predicationis); d'abitudine nominano una commissione ad hoc e ratificano le decisione dei giudici. L'accertamento della predicazione di frati originari di territori limitrofi, in mancanza d'attestazioni dirette, può restare problematico. In linea di principio la registrazione nella cronaca conventuale vale affiliazione, salvo eccezioni e consuetudini più lassiste delle singole cronache in differenti periodi storici.
j) Frati perseveranti nell'ordine fino alla morte, «et in eodem ordine usque ad mortem perseveraverunt» (Cr Pg f. 9v). Solo costoro entrano tra gli elogia della cronica conventuale.
k) I frati che hanno abbandonato l'ordine vengono di conseguenza semplicemente ignorati dalla cronaca conventuale; non per omissione imputabile a dimenticanza, indocumentazione o discrezionale reticenza del cronista, ma per programmata esclusione voluta dalla cronaca. Buoni e cattivi in simmetrica esclusione nella memoria di casa, come vuole la secca formulazione del cronista pisano Domenico da Peccioli († 1407): «Etenim erunt iusti in memoria eterna, prout in Ps. <111, 7> clarius est expressum; ubi de reprobis e contra depromatur, quia <Ps. 9, 7> periit eorum memoria cum sonitu». Fragorosa caduta nel nulla, la sorte degl'imperseveranti.
Cr Ps f. 1r (prologus). Ma il suo continuatore, Simone da Cascina, registra Tommaso da Vicopisano († 1400), che negli ultimi anni «mutavit habitum cum fleto permaximo in presentia fratrum nostrorum et multorum Minorum», con licenza papale (ib. f. 39r). Un'uscita morbida? Un tributo d'affetto all'ex-discepolo? Simone aveva presieduto il conferimento del magistero a Tommaso e ce ne ha lasciato il sermone vesperiale: AFP 12 (1942) 196, 237-41, 359a.
1°) Abbandono legale dell'ordine per transizione (con licenza delle autorità competenti) ad altro stato religioso. Silvestro da Perugia (fl. 1474-77, n° 4 della lista), non tra i frati registrati da Giuliano d'Angelo (al quale è contemporaneo) ma tra i nomi avventizi recuperati da libri conventuali dal secondo continuatore Baglioni; il quale però ignora che Silvestro non aveva perseverato nell'ordine. Una petizione di principio? No. Parlando della sorte e dispersione dei frati seguita alla riforma della provincia Romana del 1530, il Baglioni illustra il discorso con l'esempio di fr. Vincenzo di donna Florida, passato al clero secolare: «In qua reformatione conventuales fratres nolentes persistere hinc inde fere omnes dispersi sunt, quo spiritu viderint ipsi. Et quidam inter conventuales degunt, quidam extra ordinem, quidam vero vel apostatarunt omnino vel presbyteri effecti sunt, quorum unus, frater Vincentius cuiusdam Floridę, capellanus effectus mortuus est anno 1546; ceteri supersunt» (Cr Pg f. 70v). Ma si guarda bene, il cronista, dal redigerne notizia biografica e riporla «cronice» a suo luogo, tra gli altri religiosi lodati. Molti altri casi di transizione, nella nostra rassegna. Si noti quello a lungo pendente di Benedetto di Ulisse dei Graziani (fl. 1434-76, vedi al n° 8): s'era trasferito presso i Benedettini e ne aveva vestito l'abito senza regolare dispensa; decenni dopo compare ancora «ordinis fratrum Predicatorum professus»; ignoto ad entrambi i cronisti.
2°) Abbandono per apostasia (apostata ab ordine), ovvero illegale abbandono del convento e della vita religiosa. La pietà li protegge con l'anonimato. Un apostata tornato all'ovile: «Priori conventus perusini per clausas <scil. litteras> conceditur cum consensu consilioque magistri sacri palatii quod recipere possit quendam apostatam et cum eo agendi etc. quia magis in foro conscientie etc.» (AGOP IV.19, f. 94v: 15.V.1521).
3°) Espulsione. Angelo di Girolamo da Perugia: AFP 31 (1961) 322 § 153. Più ampia casistica →: Quel che la cronaca conventuale non dice; Cronica fratrum