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Chiesa Santa Maria Novella di Firenze

Quel che la cronaca conventuale non dice.
Santa Maria Novella 1280-1330
,

«Memorie domenicane»
18 (1987) 227-325
.

   frati imperseveranti! 1

«Periit memoria eorum cum sonitu» (Ps 9,7)  | btermini della predicatio (= circoscrizione territoríale del convento)

2

La congiura del silenzio (transizione ad altro ordine, apostasia dall'ordine, espulsione)

3

Tipologia delle defezioni  | Iacopo Tignoso da Foligno | b

4

Santa Maria Novella (e i frati ignoti alla cronica?)  | Gualtieri da Ganghereto,  Domenico "de Florentia" arcivescovo di Tolosa

5

Le liste capitolari | demografia conventuale b,  ser Uguccione notaio di SMN

 

SMN 1280-1330 (= frati non perseveranti nell'ordine): A   B   C   D   F  F2  G  I  I2  L   M   N   P   R   Z  |  #

 

APPENDICI

I

Liste capitolari di SMN (XIII-XV sec.)

II

Liste capitolari dei monasteri domenicani  | # San Iacopo a Ripoli,  # San Domenico a Cafaggio, # San Giuliano a Montaione

III

Donne dell'ordine della Penitenza 1319 | #

Indice dei nomi di persona, pp. 313-25 (qui non riprodotto)

Le caratteristiche redazionali delle cronice fratrum, qui abbozzate la prima volta, sono rifinite in Cronica fratrum, §3 I fondamentali.

  aggiornamento   |   Priori di SMN    |   cronica/index.htm   |   San Marco

1. «Periit memoria eorum cum sonitu» (Ps 9,7)

Le Cronache dei conventi dei frati Predicatori della provincia Romana registrano esclusivamente i frati nativi del convento, provenienti cioè dal territorio della praedicatio conventuale, che hanno perseverato nella vocazione religiosa fino alla morte; non importa se abbiano vestito l’abito altrove o siano deceduti lontano dal proprio convento d’origine. In occasione del decesso, e secondo l’ordine cronologico del decesso, il cronista stende un breve articolo biografico più o meno ricco di notizie e di dati, senza omettere «conditiones et gratias», virtù cioè e cariche pubbliche, titoli di merito nella vita religiosa e nell’attività apostolica. Motivo è «utilitas et suffragium animarum fratrum nostrorum», «exemplum posteris», «consolatio legentium», «memorie commendatio». I loro nomi sono già scritti nel libro della vita. Li cancelleremo forse dalla memoria dei fratelli? «In memoria aeterna erit iustus» (Ps. 111,7). I temi sono tutti introdotti nei prologhi delle Cronache più antiche, quelle di Firenze, Perugia e Orvieto.

Nelle note do precedenza alla testimonianza di documenti inediti. Non si può parlare di Cronica di Santa Maria in Gradi di Viterbo per i frammenti di notizie che fr. Giovanni «de Maiensibus» nel 1380 trascrive su alcune carte bianche del Liber privilegiorum di San Domenico di Perugia e che ricava dalle carte dell'archivio conventuale: MASETTI I, 18, 22, 361-74; T. KAEPPELI, Un catalogo di scrittori domenicani viterbesi (sec. XIII-XIV), AFP 15 (1945) 143-48. La Cronaca secentesca di Viterbo di Giacinto dei Nobili, che sembra utilizzare una trecentesca, è oggi in Roma (Conv. S. Maria sopra Minerva), APR F.IV.11.

Li riprende più organicamente e con più matura consapevolezza fr. Domenico da Peccioli negli ultimi anni del Trecento nel dar inizio alla Cronaca pisana.

«Interoga generationem pristinam et diligenter investiga patrum memoriam». Verba ista sunt Iob 8° capitulo. Quamvis nulla sit cura iustis de caduca temporali memoria cum sint in eterna secundum divina promissa  -  etenim «erunt iusti in memoria eterna» prout in Psalmo [111,7] clarius est expressum  -  ubi de reprobis e contra depromatur, quia «periit eorum memoria cum sonitu» [Ps. 9,7], est tamen nobis in via militantibus primo delectabile, secundo utile, tertio honestum et iustum precedentium patrum investigare memorias, prout Spiritus sanctus in verbo Iob allegare consulere et mandare proponit (Cr Ps 1r).

L’attendibilità delle Cronache circa la registrazione di tutti i frati nativi del convento, dati biografici e successione cronologica dei decessi, va valutata in rapporto alla qualità redazionale della singola Cronaca. Se quella di Perugia, iniziata tra il 1327 e 1331, di Orvieto, scritta tra 1345 e 1348, di Pisa, iniziata sul finire del Trecento, di Siena, iniziata nel 1403, devono confrontarsi col compito di reperire notizie dei frati deceduti anteriormente all’avvio della Cronaca, cosicché tradiscono palesi imprecisioni e lacune (del resto denunciate espressamente dagli stessi cronisti), la Cronaca di Santa Maria Novella (Cr SMN) vanta qualità eccezionali. Anch’essa in verità deve reperire nomi e date per i frati deceduti anteriormente al 1280, anno d’inizio della Cronaca. Ma a partire dal 1280 e almeno fino al 1363 essa registra sistematicamente i frati figli del convento fiorentino in occasione del loro decesso. E qui ancora, due caratteristiche fondamentali ne esaltano il valore testimoniale: a) nessuna interruzione spezza la continuità redazionale, come invece accade per le Cronache degli altri conventi; b) mani di molti cronisti si susseguono nella redazione della Cronaca. Studio delle sequenze cronologiche e delle grafie dei diversi scriptores sul codice originale, qualità delle notizie, ricchezza informativa convergono nell’assicurare contemporaneità della registrazione col decesso; in altri termini, il cronista di turno redige la notizia biografica in occasione stessa del decesso del frate. Non vi insisto. Fonti esterne, diplomatiche e notarili, confermano ad evidenza la straordinaria autorevolezza di Cr SMN. La grande mortalità del 1348 appena turba i tempi tra decesso e trascrizione della notizia biografica. La rubrica premessa alla sezione della peste nera (Cr SMN  n° 321; Necr. I, 65) fa credito alla diligenza del cronista. Poco dopo il 5 settembre 1348, quando comunque il flagello era passato, il cronista trascrive gli articoli biografici dei frati morti di peste, dal n° 322 († 5.IV.1348) al n° 399 († 5.IX.1348), ai quali aggiunge altri tre articoli (n° 400-02) relativi a frati del convento fiorentino deceduti in Oriente e in Parigi, la cui morte «non sic cito potuit ad notitiam devenire» (Cr SMN  n° 399; Necr. I, 84). Ma la sequenza cronologica tra aprile e settembre 1348 (n° 322-399) su giorno e mese dei decessi suppone che il cronista avesse preso nota del nome del deceduto giorno per giorno su un quaderno personale; di uno soltanto (n° 397) è omesso il giorno di morte perché deceduto in Pistoia.

Anche in apertura della lista dei deceduti di peste 1348 si ribadisce che s’intende dire dei «fratrum decedentium tantum florentini conventus secundum originem» (Cr SMN  n° 321; Necr. I, 65). I nomi di altri deceduti suppliti dall’annalista settecentesco Vincenzo Borghigiani (Necr. I, 388-89, 440; ASMN I.A.28) non colgono in errore d’omissíone Cr SMN: fr. Domenico di Lapo era stato registrato (n° 341); fr. Angelo di Castello va considerato figlio del convento di Città di Castello («de Castello» nelle fonti coeve); fr. Enea dei Tolomei è figlio del convento senese; «fr. Pietro Medici» del Borghigiani lo si riconosce in «fr. Petrus magistri Pepi medici» di Cr SMN  n° 372; ser Bartolo di Boninsegna degli Imbusi, «prete commesso e servitore» a detta di Necr. I, 440, è semplicemente membro dell’ordine della Penitenza d’abito bigio (Dossier 311b; ASF, SMN 17.I.1303/4; ASF, NA 3141 (già B 2127), f. 38r; NA 3143 (già B 2129), ff. 14r-v, 24v-25r) e sua figlia «d. Vanna ser Bartholi Inbusi» dell’ordine della Penitenza OP (NA 3143, f. 16r: 24.XII.1319); gli altri due nominativi sono familiari del convento. I frati della predicazione fiorentina morti di peste, in Firenze o altrove, nel 1348 (Cr SMN  n° 322-402), sono 81; Necr. I, 388 tralascia di computare n° 322 e conclude a 80 decessi.

A partire invece dalla peste 1363 (Cr SMN  n° 425 ss; Necr. I, 95 ss) e specie in coincidenza con le altre morìe tra fine XIV e inizio XV secolo, Cr SMN tradisce qualche perturbamento redazionale, che va da ritardi di trascrizione a registrazioni trasferite. Qui la sua autorità non regge il confronto con l’ottantennio precedente, e più d’una volta la si sorprende in errore perfino sul dato primario, l’anno di morte del frate. Questa sezione tardiva resta fuori dell’ambito cronologico del nostro studio sulla sorte dei frati non registrati dalla Cronaca fiorentina.

La Cronaca perugina, iniziata tra il 1327 e 1331, si protrae fino al 1345; così almeno allo stato attuale del codice, che però è mutilo di qualche carta. La riavvierà fr. Domenico di Francesco dei Baglioni nel secondo quarto del '500 dopo un'interruzione di « più di cent'anni ». Fr. Giovanni di Matteo detto Caccia scrive la Cronaca d'Orvieto negli anni 1345-48, e al 1348 la Cronaca si arresta; sarà sporadicamente integrata da mani tardive. Posteriori all'anno della grande peste sono le Cronache pisana e senese.

Cr Pg f. 60v: «Postquam per centum et plures annos hec intermissa est chronica de glorioso obitu fratrum conventus Sancti Dominici de Perusio vel viventium neglectu vel oblivione seu negligentia vel quia libellus iste ad tempus latuerit, quare et studiosos animos ad hoc opus prosequendum excitare nequivit, visum est mihi fratri Dominico quondam Francisci Ballionii de Perusio, dicti perusini conventus originali filio, pium opus (quo in dominiceo agro laborantium memoria non omnino apud homines deperit) Deo duce pro viribus innovare. Unde et in posterum laudabilis hic mos non intermittatur, et hinc quoque patere possit quot quantosque illuxtres viros equa laude ac memoria de hominum corde ceca subtraxerit oblivio centenario illo (...). Quo in opere omnes pios monitos velim lectores me, conscientia teste et Deo ipso, nil fictum falsumque appositurum vel scripturum, sed veraci stilo cepta prosequturum. Labori aspiret Deus». In Presentazione a MD 11 (1980) 12-13 si corregga «Nel 1457 fr. Vincenzo detto Abate riprende... » in «Nel secondo quarto del '500 fr. Domenico di Francesco dei Baglioni riprende...», spiacevole errore di redazione dovuto al salto d'una pagina nel mio quaderno d'appunti; di «fr. Vincentius cognomento Abbas. 1457» Cr Pg parla a f. 61r.

Per la Cronaca di Pisa cf. R. BARSOTTI, I manoscritti della «Cronica» e degli «Annales» del convento domenicano di S. Caterina di Pisa, MD 45 (1928) 211-19, 284-96, 368-74; E. PANELLA, La Cronaca di Santa Caterina di Pisa usa lo stile pisano?, MD 16 (1985) 325-34. Per quella senese vedi Introduzione dell'editore di Cr Si.

Delle testimonianze esterne a Cr SMN, soltanto quella relativa a fr. Lotto da Sommaia († 1295, Cr SMN  n° 154) solleva qualche problema di cronologia; costui appare ancora in vita in una pergamena del 1299. Ma se un errore onomastico è occorso, esso è più facilmente spiegabile sotto la penna del notaio che non del cronista conventuale; mentre la sequenza dei decessi sulle carte della Cronaca garantisce la cronologia (v. sotto il nome fr. Lotto di Pertino).

La Cronaca fiorentina di regola dà gli anni trascorsi in religione dal singolo frate, abitualmente accompagnati da «circa». In taluni casi si può documentare con esattezza il noviziato del frate o precisare l'anno d'antrata in religione; qui la Cronaca risulta talvolta imprecisa di qualche anno. La cosa è di qualche importanza perché dimostra che, almeno per il periodo qui preso in considerazione, XIII-XIV sec., il convento non redigeva ancora un liber professionis in cui annotasse noviziato e professione dei frati. Nel redigere la notizia biografica il cronista doveva verosimil mente informarsi dai frati più anziani o compagni del defunto. Un'oscillazione di qualche anno non soprende. Fr. Primerano da Monte Carelli († 24.VIII. 1322, Necr. n. 225) «vixit in ordine annis quadraginta»; è presente nella lista capitolare 26.I.1282 (33) (v. Appendice I). Iacopo dei Donati (9.VI.1348, n. 356) visse nell'ordine «annis L vel circa »; in dicembre 1295 Iacopo è già novizio: «fr. Iacobus, novitius in ordine fratrum Predicatorum, Vanni et Beliottus fratres filii olim Simonis de Donatis» (ASF, SMN 24.XII. 1295). Giovanni di Bracchetto da Campi (15.VIII.1339, n. 284) «vixit autem in ordine annis xxii vel circa ; è già frate il 24.IX. 1316 (ASF, Notar. antecos. 3142 (già B 2128), ff. 39v-40r). Di Uberto da Barberino (7.IV.1340, n. 287) non son dati gli anni di vita religiosa; è novizio e testa prima della professione il 1.VII.1302 (ASF, Notar. antecos. 3140 (già B 2126), ff. 70r-71v). Ubertino da Vacchereccia (7.VII.1348, n. 376) «cum iam annos ultra XL in ordine transegisset»; compare nella lista capitolare 20.XI.1304 (16) e 23.XI.1304 (12). Andrea dei Bardi (28.X.1349, n. 403) «vixit laudabiliter in ordine circa annos LX»; testa come «novitius inprofessus» il 5.IV.1285 (ASF, Notar. antecos. 2964 (già B 1950), f. 24v: 14.X.1311).

A partire dunque dal 1280 Cr SMN registra tutti e soltanto i frati, anche novizi, figli del convento fiorentino, provenienti cioè dal territorio della praedicatio conventuale, città contado e distretto. Non si può, certo, escludere a priori che qualche nome, specie di frati deceduti lontano da Firenze, potesse sfuggire alla registrazione. Ma la qualità del documento fiorentino tra 1280 e 1363, testimoniata in ogni carta del codice, rende altamente improbabile che un evento quale la morte d’un frate figlio del convento sfuggisse all’attenzione del cronista; e sfuggisse all’attenzione di tutti i frati del convento, ché la Cronaca non è un diario personale ma un documento pubblico del convento. Un’eventuale omissione di registrazione tra 1280 e 1363 va comunque positivamente dimostrata, non presunta, nel caso della Cr SMN; mentre non altrettanto si può asserire per le altre Cronache conventuali. Una reale omissione dovrebbe assodare due punti: a) che il frate era della predicazione fiorentina; b) che il frate perseverò nella vita religiosa fino alla morte.

Ma si dà il caso di frate non figlio del convento della sua città d’origine; raramente è dato sapere con esattezza il motivo, sebbene si segnali l’anomalia: «fr. Matheolus [† 1380] conversus qui licet esset de Cortonio fuit tamen originalis frater conventus Senarum» (Cr Si 14 n° 90). Cortona era convento formale già dal 1298 (ACP 129). Fr. Iacopo, benché originario di Corciano in diocesi di Perugia, è figlio del convento d’Orvieto perché qui si erano trasferiti da tempo i suoi genitori (Cr Ov112; ed. 100). Altri casi Cr Si 17 n° 111, 28 n° 140; Cr SMN  n° 285, 292, 474, 512. Esìli e bandi nelle lotte intercittadíne ingrossavano il fenomeno del fuoruscitismo; spesso i fuorusciti s’insediavano in città ospiti e vi prendevano la cittadinanza. Fr. Niccolò dei Bolsinghi da Prato, di ceppo ghibellino, è registrato da Cr Ps245 che ne dà la ragione: «nobilis erat parentela, et inde expulsi, cives Pisani fuerunt». Cr Si 28-29 racconta distesamente i casi del bavarese fr. Giovanni di Simone da Monaco che lo partarono ad esser figlio del convento senese.

Su storia delle nozioni affiliazione e assegnazione nell'ordine domenicano, vedi ora S. TUGWELL, Did Dominicans practise affiliation in the thirteenth century?, AFP 79 (2009) 85-191.

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