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(... 1. «Periit ... )

Stefano Orlandi (“Necrologio” di S. Maria Novella, 2 voll., Firenze 1955), benemerito editore e commentatore di Cr SMN, si è imbattuto in frati non registrati dalla Cronaca. La cosa dev’averlo intrigato non poco, vista la fluttuante spiegazione di volta in volta suggerita. In Necr. II, 652 stende

«Indice dei frati non menzionati nel Necrologio [= intendi Cr SMN ossia cronica fratrum] la cui appartenenza al convento di SMN è certa almeno per un certo tempo. Alcuni di essi probabilmente non perseverarono nell’Ordine Domenicano, altri poi sono stati realmente tralasciati dai compilatori del Necrologio. Quelli segnati coll’asterisco sono stati da noi inseriti nelle nostre ‘Note cronologiche’ dopo i rispettivi numeri originali del Necrologio».

Tale Indice in realtà implica ben più che un ausilio onomastico a fine opera per facilitare la consultazione. Si ha l’impressione che l’editore non abbia stretto da presso né la specifica natura del documento né la sua attendibilità, cosicché la spiegazione proposta per i frati non registrati si ritorce contro l’autorevolezza stessa della Cronaca.

Notiamo anzitutto che i frati «la cui appartenenza al convento SMN è certa almeno per un certo tempo» non avevano alcun titolo per comparire sulle carte di Cr SMN, perché questa - e lo dichiara esplicitamente più volte - intende registrare i soli frati della predicazione fiorentina; quelli assegnati («conventuales») al convento fiorentino, ma nativi d’altri conventi, sono registrati dalle Cronache dei relativi conventi, quando esistenti. I prologhi di tutte le Cronache sono formali: s’intende dar notizia dei frati filii o nativi o originarii del convento. L’inserimento inoltre dei nominativi con asterisco tra le Notizie biografiche insinua l’intenzione di riparare le omissioni di Cr SMN relative a frati «realmente tralasciati dai compilatori del Necrologio». In realtà molti dei frati dell’indice di Necr. II, 652 non sono della predicazione fiorentina, ed essi pertanto non provano in alcun modo un’omissione del cronista. Annotatori tardivi di Cr SMN (XV sec. e seg.) avevano anch’essí sospettato omissioní dei cronisti e integrato al margine delle carte i nomi «tralasciati».

Se in effetti lo statuto della praedicatio era ben operante nella prassi amministrativa dei primi secoli dell’ordine, le variazioni dei confini geografici lo rendevano fluttuante in casi specifici e potevano ingenerare errori, specie a distanza di tempo. E ciò sia a motivo della creazione di nuovi conventi che imponeva ridistribuzione dei termini della predicazione tra conventi confinanti, sia a motivo delle frequenti contese territoriali tra i comuni toscani. Cr Ps12 nel registrare fr. Ermanno da San Miniato, di cui conosciamo l’unico dato cronologico 1237, annota:

«illud enim municipium fuit de predicationis terminis nostri conventus, et ideo illi ad nostrum conventum omnes originaliter pertinebant».

 La Cr Ps successivamente registra fr. Ranuccio e fr. Filippo ambedue da San Miniato (nn. 56-57). Non vi sono ragioni per ritenere figli del convento fiorentino fr. Piero da San Miniato († 1338), nella lista capitolare 8.X.1333 (5), che Necr. I, 348, II, 652 crede omesso dalla Cronaca, e fr. Ghisello da San Miniato nella lista capitolare 8.X.1333 (63).

Il comune di San Miniato si era mosso nell’orbita filoimperiale di Pisa fino alla battaglia di Montaperti (1260); dopo il 1272 praticò una politica guelfo-angioina e filofíorentína. Per sottrarlo definitivamente alle pressioni pisane e assicurarsi il controllo dei territori periferici del distretto, Firenze lo sottomise nel 1387. Tra 1329 e 1330 vi fu istituito un convento formale (Cf. Bullarium Ordinis Praedicatorum II, Roma 1730, 180; ACP 253/21, 254/10). Cr Pg f. 33v: «fr. Iohannes de Spello in sua iuvenili etate receptus est Perusíi ad ordinem; nondum enim Fulginei habebatur conventus»; f. 39r: «fr. Phylipputius de Spello subdiaconus, fuit iuvenis religiose vite, compositos mores habens, qui quando receptus est ad ordinem et tum etiam quando obiit, conventus non erat receptus Fulginei». Vi si ricava che Spello apparteneva alla predicazione perugina; ma istituito, verosimilmente nel 1286, il convento di Foligno, Spello passò a far parte della predicazione di quest’ultimo (nel 1285 Foligno è ancora locus con vicario, nel 1287 è formalmente convento: ACP 71/22, 77/27, 78/2). Cr Ov 21, ed. 71: «fr. Bentifende oriundus de Castro Plebis, quod tunc temporis erat de circa urbevetani conventus...», dove la questua (il volgarismo «circa») sostituisce per sineddoche praedicatio.

Tra i nominativi dei frati deceduti anteriormente all’avvio (1280) di Cr SMN, il cronista registra molti frati pratesi (n° 44, 78, 97, 98, 109, 117); fondato il convento di Prato nel 1282, parte del territorio della predicazione fiorentina passerà a quella pratese. Non vi era nessuna ragione per il cronista fiorentino di registrare il decesso del cardinale fr. Niccolò da Prato († 1321); sarà l’interpolatore cinquecentesco a scrivere in calce alle carte della Cronaca la notizia su Niccolò (Cr SMN  n° 196), che l’editore avrebbe dovuto rimettere in nota o in apparato senza computarla nella numerazione seriale.

 «Suos heredes reli[n]quens conventum pratensem unde traxit originem ut frater ordinis» annota di fr. Niccolò da Prato Cr Ov 41. Figli del convento aretino vanno considerati fr. Ugo degli Ubertini (Necr. I, 251-53) e fr. Domenico degli Ubertini (cf. E. PANELLA, Priori di Santa Maria Novella 1221-1325, MD 17 (1986) 273-74).

Parimenti la notizia sul vescovo fiesolano fr. Corrado da Pistoía († 1312, Cr SMN  n° 203) non era di pertinenza del cronista fiorentino, visto che in Pistoia il convento era stato istituito fin dal 1259; di nuovo, sarà l’interpolatore cinquecentesco a inserirla tardivamente e indebitamente.

Necr. n. 145 registra fr. Sisto di Porta San Pancrazio († marzo 1289/90) senza nulla dire dell'attività edificatoria nella chiesa San Maria Novella. L'interpolatore cinquecentesco inserisce la notizia su fr. Ristoro da Campi «maximus architector et una coni fratre Xisto converso... fecerunt nostram ecclesíam» (Necr. n. 153), di cui nessuno ha potuto finora produrre una sola testimonianza coeva che ne confermi almeno l'esistenza.

Gli spostamenti dei termini della predicazione connessi con le vicende politiche dei territori contesi dai comuni toscani rendono più delicato il problema, almeno per le fasce periferiche della predicazione conventuale. Certamente questa era soggetta a perturbamenti susseguenti le lotte egemoniche tra i comuni. Una serie di testimonianze diplomatiche concernenti il convento di Lucca illustra con dovizia di dettagli sia la prassi amministrativa della predicazione che la sua instabilità periferica. Nel capitolo generale Strasburgo 1260 tre giudici definiscono la vertenza sui termini della predicazione dei conventi di Genova Parma e Lucca in concorrenza sul territorio della diocesi di Luni.

«Pateat universis presentem litteram inspecturis quod cum questio sive controversia inter fratres Tuscie et de provincia Lombardie, qui capitulo generali Argentine celebrato intererant, verteretur super episcopatu lunensi, ad quorum scilicct terminos vel provinciam pertineret, nos fratres Danesius prior fratrum Predicatorum Alesti de provincia Provintie, Martinus socius diffinitoris Yspanie, Guillelmus socius diffinitoris Anglie, dati iudices super decisione controversiarum huiusmodi a magistro et diffinitoribus eiusdem capituli generalis, auctoritate eadem nobis commissa sententiavimus diffinitive, ponderatis rationibus diligenter hinc inde propositis et de consilio discretorum, in hunc modum videlicet quod conventus ianuensis illam partem dicti episcopatus lunensis quamdiu possedit, scilicet Portum Veneris et omnia alia loca que possedit, pacifice possideat et perpetuo habeat. Conventus autem parmensis ultra alpes ad episcopatum lunensem nusquam transeat, causa scílicet predicationis vel questus. Reliquum autem episcopatus eiusdem omnino fratrum lucensium de provincia Tuscie terminis addic<ente>s. In cuius rei testimonium sigilla presentia huic nostre in scriptis sententie duximus apponenda. -  Datum Argentine anno Domini millesimo CC°LX° in capitulo generali» (ASL, DipL S. Romano 1260).

Per fr. Danesio da Alès † 1275, cf. MOPH XXIV, 51, 261. Per lo statuto legale della praedicatio conventuale quale territorio della giurisdizione apostolica (reclutamento vocazionale, predicazione, confessioni, questua) cf. M.-H. VICAIRE, Dominique et ses Précheurs, Friburgo 1977, 124-26; W.A. HINNEBUSCH, The History of the Dominican Order I, New York 1965, 281-82.

Due anni dopo, dal capitolo provinciale di Perugia il priore della provincia Romana fr. Aldobrandino dei Cavalcanti comunica ai frati di Lucca e Pistoia (convento formale dal 1259) la definizione della predicazione tra i due conventi in Val di Lima. A Lucca vanno i territori del piviere di Controne e delle parrocchie di Benabbio, Lugliano e Corsena fin verso il ponte a Chifenti, là dove la Lima confluisce nel Serchio; al convento pistoiese il territorio fino al piviere di Controne escluso.

«Dilectis in Christo fratribus Predicatoribus de conventu Luce et Pistorii fr. Aldobrandinus de Cavalcantis fratrum Predicatorum in Romana provincia prior indignus et diffinitores capitulí províncialis Perusii celebrati salutem in Domino sempiternam.

Cum fratres Henricus de Chiatrí et Phylippus de Pistorio a nobis positi ad determinandum fines predicationis conventus Luce et conventus Pistorii in valle Lime concorditer iudicaverunt tamquam consonum ratíoni quod fratres Luce predicent per totum pleberium de Controno inclusive et Menabium et Lulianum et Corsenam et citra versus pontem de Chisenti, et fratres Pístorii usque Contronium exclusive, nos de eorum discretione confisi terminationem huiusmodi auctoritate presentium confirmamus, inhibentes ne fratres Luce vel Pistorii in predicationibus aut questibus ulterius transgrediantur terras assignatas. -  Datum Perusii in capitulo provinciali anno Domini MCCLXII» (ASL, Dipl. S. Romano 1262).

Per commissione del capitolo Gaeta 1286 due giudici capitolari definiscono (5 ott. 1286) la predicazione tra i medesimi conventi nel territorio del Valdarno inferiore all’incrocio delle diocesi lucchese e pisana. In compenso ai territori passati al convento pistoiese, assegnano al lucchese la pieve Santa Maria a Monte e le parrocchie Montecalvoli e Pozzi; fintanto - si precisa tuttavia - che tali terre restino sotto il dominio della repubblica lucchese, ché se dovessero passare al dominio di Pisa andranno alla predicazione del convento pisano.

«Nos fratres Nicolaus de Perusio lector perusinus et Remigius lector florentinus, iudices constituti super conventuum terminis assignandis in capitulo provinciali celebrato Gaieti anno Domini MCCLXXXVI, volentes providere et satisfacere lucano conventui pro castris que de eorum predicatione contulimus pistoriensi conventui, determinando sententiamus et volumus quod castra silicet Sancte Marie de Monte, Montis Calvoli et Possi cum terris omnibus citra Arnum que sunt versus Lucam, episcapatus lucani, pertineant ad terminos lucani conventus et sìnt de predicatione ipsorum, et ibi possint predicare et confessiones audire et fructum facere spiritualem et temporalem quamdiu et quotiens dicta castra vel terre fuerint sub dominio lucanorum; et quando dicte terre fuerint sub dominio pisanorum, durante dominio sint de predicatione pisana. In cuius ordinationìs seu sententie testimonium et vigorem, presens scriptum sigillis nostris duximus roborandum. -  Datum Gaieti in provinciali capitulo, quinto die octobris» (ASL, Dipl. S. Romano 5.X.1286).

Cf. disposizioni del CG Lucca 1288 sulla procedura nelle vertenze «super limitacione terminorum» (MOPH III, 247). P. Dorini, Il tradimento del conte Ugolino alla luce di un documento inedito, «Studi danteschi» 12 (1927) 31-64: a p. 41 per Santa Maria a Monte e Montecalvoli; D. Corsi, S. Maria a Monte nelle guerre tra il comune di Pisa e quello di Lucca attraverso le cronache e alcuni documenti inediti, «Bollettino storico pisano» 36-38 (1967-69) 51-70.

Per incarico del capitolo provinciale Siena 1306, due frati ritoccano in aprile 1307 i confini dei medesimi conventi in Val di Nievole; assegnano ai frati lucchesi il territorio che si estende fin all’ospízio San Marco nei pressi di Montecatini, e riservano ai pistoiesi le terre di Maona, Montecatini, Monsummano e Montevettoliní «ut antiquitus soliti erant habere»:

«Noverint universi presentes l<icteras> inspecturi, nos fratres Ptolomeus et Prosper a priore nostro provinciali cuiusdam commissionis tales licteras recepisse:

Dilectis in Christo fratribus Ptolomeo et Prospero fr. Petrus, prior provincialis fratrum Predicatorum Romane provincie licet indignus, salutem in Domino sempiternam. Quía pro utilitate ci commoditate fratrum ordinis nostri fratres lucani in valle Nebule hospitale et hospitalitatem facere procurare intendunt, ut dicta hospitalitas possít proficere, vobis commicto plenarie vices meas ut de terminis concedendis dicto lucano conventui providere possitis quantum dictum hospitale seu hospitalitas se extendit. Datum Senis in nostro provinciali capitulo celebrato anno Domini M°CCC°VI°.

Nos igitur volentes super hac providere commissione ad consolationem fratrum transeuntium per dictam vallem et de Luca Pistorium et de Pistorio Lucam, ex auctoritate nobis commissa sic ordinamus volumus et providemus quod predicatio fratrum de Luca sive predicationis termini usque ad hospítale dictum Sancti Marchi, quod est prope burgum Montis Catini ubi dieta hospitalitas fieri debere, inclusive et integraliter se extendant, reservatis fratríbus de Pistorio Maona, Monte Catino, Monte Summano, Monte Vettulini, ut antiquitus soliti erant habere. Hoc autem locum habeat cum fratres de Luca in dicto hospitali hospitalitatis officium ceperínt exercere. In cuius rei testimonium et confirmationis predicte, prior provincíalis predictus sigillum suum duxit presentibus apponere. -  Datum Luce anno Domini M°CCC°VII°, VII° idus aprilis» (ASL, Dipl. S. Romano 7.IV.1307).

Al principio giuridico della predicazíone ci si doveva attenere con fermezza se il cittadino fiorentino Pero di Tieri di Diotisalvi confinato a Foligno (verosimilmente vittima delle condanne comminate nel 1302 dai guelfi neri) veste nel 1303 l’abito domenicano in Orvieto, ma viene regolarmente registrato da Cr SMN.

Orvieto 22.II.1303: «Pateat.. quod Perus Tieri Diensalvi civis florentinus in civitate Fulginei confinatus, volens vana huius mundi et caduca deserere et per vie observantía<m> habitu et sancto fratrum Predicatorum ordine Domino famulari.. ordinem ipsorum fratrum in conventu <ur>bevetano ingredie<n>s, ad laudem Dei et sue matris Virginis gloriose <hab>itum ipsius religionis assumpsit et in ipso ordine et habitu perseverat ut frater. Hoc actum est in civitate Urbeveteri in claustro fratrum Predicatorum, presentibus et vídentibus hiis testibus vocatis et rogatis videlicet fr. Dominico de Urbeveteri, fr. Ild(ebrando) de Clusio ipsíus ordinis...» (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 22.II.1303; diploma lacero in più punti).

«Frater Perus filius olim Tieri Diotisalvi populi Sancti Andree, sacerdos. Fuit in seculo Deo valde devotus, multis tamen habundans divitiis. Qui de accepta uxore duas filias habuit. Mortua autem uxore, ipso xxvj  annorum existente, cupiens Deo se totaliter dedicare et a fallaciis et nexibus mundi explicare, divina enim inspirante et coadiuvante gratia ordinem Predicatorum est ingressus, predictis duabus suis filiabus collegio sanctimonialium virginum sotiatis in monasterio scilicet Sancti Donati ordinis cistersiensis, ac etiam suis facultatibus diversis conventibus et maxime fiorentino et aliis pauperibus erogatis» (Cr SMN n° 315; correggi ed. Necr. I, 61-62); 42 anni di vita religiosa; muore il 6.IV.1346.

In Firenze nov. 1305 fr. Pero, in qualità di procuratore di fr. Iacopo da Pístoia provinciale, subdelega un procuratore per ricuperare crediti suoi e di suo padre Tieri, eseguire le disposizioni testamentarie dello stesso fr. Pero e le disposizioni nello strumento di procura del 13.I.1305 rogato da Angelino di Rinaldo da Todi (ASF, Notar. antecos. 3141 (già B 2127), f. 15v: 7.XI.1305). SMN 24.XII.1320: testamento di Guido del fu Tieri di Diotisalvi; affida a fr. Filippo di Forte e fr. Pero del fu Tieri la restituzione delle usure a quelle persone «quibus idem testator horetenus dictis fratribus Phylippo et Pero dixit»; provvisioni per la moglie Bonaria e per Toso del fu Lapo di Tieri. Eredi: eventuali figli che ali nascessero, altrimenti i detti ffrr. Filippo e Pero fratello del testatore (ASF, Notar. antecos. 3143 (già B 2129), ff. 43r-44v). Il 30.XII.1321 il capitolo convenutale nomina procuratori fr. Pero di Tieri e fr. Piero di Bontalento (Cr SMN n° 247) per comporre la lite tra convento e Taddeo del fu Tieri di Diotisalvi relativa ai diritti rivendicati dal convento su un ospizio e casolare (ASF, Notar. antecos. 3143, ff. 78r-79r). Il medesimo giorno Toso, figlio ed erede del fu Lapo di Tieri di Diotisalvi del popolo Sant’Andrea, fa testamento; restituisce usure, lega lire 1000 f. p. ai poveri da distribuire da fr. Pero del fu Tieri; rimette a Taddeo dei fu Tieri di Diotisalvi quanto costui doveva al testatore e al padre del testatore con la condizione che Taddeo renda agli eredi del fu mr Tolosato degli Uberti quanto testatore e suo padre dovevano a mr Tolosato. Sorelle di Toso sono Colomba e Giovanna monache in San Donato a Torri; sua madre Itta, anch’ella ora nello stesso monastero; erede Guido del fu Tieri di Diotisalvi (ASF, Notar. antecos. 3143, ff. 79r-80v). Gualterotto, Paolo e Filippo, fratelli figli del fu Taddeo di Diotisalvi: ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 155: 24.VII.1342.

Dal vincolo della predicazione, del resto, oltre all’attività apostolica, al reclutamento vocazionale, alla questua, il convento rivendicava il diritto di proprietà sui beni posseduti dal frate nativo o a costui sopravvenuti a qualsiasi titolo, incluso quello ereditario. In luglio 1276 il capitolo conventuale di Orvieto, alla presenza del vescovo cittadino fr. Aldobrandino dei Cavalcanti, autorizza due frati di Lucca a entrare in possesso, a nome del convento lucchese, dei beni spettanti per eredità a fr. Benedetto, deceduto in Orvieto dove risiedeva per assegnazione («frater conventualis») ma figlio del notaio Iacopo di Rapetta da Lucca e dunque figlio nativo del convento lucchese (ASL, Dipl. S. Romano 15.VII.1276).

Nel caso del convento fiorentino la quantità delle informazioni topografiche fornite dalla Cronaca permette di raggiungere una ragionevole certezza sui territori periferici dei distretti fiorentini pertinenti alla predicazione di SMN (In integrazione: la topografia della diocesi in Tuscia I e II con carta topografica; P. SANTINI, Studi sull'antica costituzione del comune di Firenze. I. Contado e politica esteriore nel sec. XII, «Archivio storico italiano» ser. V, t. 25 (1900) 25-86 con carta Confini del contado fiorentino nei sec. XI-XIII). La documentazione esterna, ora degli Atti dei capitoli provinciali ora - e più spesso - dei fondi diplomatici, risolve molti dei dubbi residui circa la filiazione di taluni frati.

Che ne è dunque di quei frati, certamente della predicazione fiorentina, ma non registrati dalla Cronaca conventuale? Questa registra - come sappiamo - i soli frati figli del convento che «in eodem ordine usque ad mortem perseveraverunt». E quelli che nell’ordine non hanno perseverato? Di contro alla «memoria iusti» dei frati perseveranti, l’assoluto silenzio dei frati espulsi o passati ad altra regola. Di costoro «períit memoria cum sonitu» (Ps 9,7), secondo la più tardiva e meno discreta Cronaca pisana. Fragorosa caduta nel nulla!

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