"Che bella giornata, ho voglia di andare a fare una nuotata. Patty, vieni con me?"
"No, Manu ora ho da fare, forse ti raggiungo".
"Ok, a dopo".
Il sole scotta ma la leggera brezza rende gradevole il calore fugace. Mentre attraverso la piazzetta sento chiamare il mio nome, non riesco a mettere bene a fuoco non avendo gli occhiali da vista. Mi sembra di non conoscere la voce e proseguo, ma quest'uomo scende dall’auto e corre verso di me.
"Salve signorina, come sta? Mi fa piacere incontrarla, sono qui per caso, dovevo incontrare un mio amico, ma ormai credo non venga più. Posso avere il piacere di offrirle qualcosa?"
"No, grazie, sto andando in spiaggia, mi dispiace ho poco tempo".
"Il tempo di un caffè, non le ruberò più di cinque minuti".
"No, le ripeto che ho fretta". E scappo via senza dargli il tempo di rispondermi.
Che pizza che diavolo vuole da me, sono sicura che è una scusa quella dell'amico; come minimo si è piazzato qua per aspettare che passassi. Nel frattempo incontro Nicu: "ho visto il mio capo aggirarsi da queste parti sia ora che stamattina".
"Lo so, l'ho appena incontrato".
"La cosa mi puzza, sono sicura che ha in mente qualcosa".
Dopo un’oretta di sole, riprendo tutta contenta la strada di casa.
"No, anche sotto il portone".
Ovunque vada mi ritrovo quest'uomo alle calcagna.
"Signorina, scusi".
"Mi vuol dire cosa vuole da me, lei sta diventando una persecuzione".
"Mi scusi, voglio solo avere il piacere di conoscerla un po’ meglio, sa mi ha colpito molto e non sapevo come rincontrarla. Solo un caffè, per favore".
"E va bene ma una cosa veloce che ho fretta, e poi non vedo perché si lamenta che non voglio ascoltarla, visto il modo in cui ha trattato Nicu e scommetto che farà così con tutti. Per lei sono tutti dei burattini da manovrare e offendere, è senza cuore e senza dignità e chissà, io sono la sua prossima vittima".
"Mi perdoni, se le dò questa impressione, non è affatto così e troverò prima o poi il modo per farglielo capire".
"Ok, ma ora non mi dia del lei, sono appena una bambina e lei mi fa sembrare vecchia".
"Signor Blasetti io devo tornare a casa, la mia amica si preoccuperà se non mi vede rientrare".
"Va bene, però siete mie ospiti stasera, tu e la tua amica".
"Ma scherza, no, non si preoccupi, non posso, devo studiare dopo mangiato".
"Non c'è problema, vi accompagnerò a casa presto".
Nel frattempo passa Patrizia e si ferma con noi, lei accetta volentieri la proposta della cena fuori. Impazzisce per il pesce e figuriamoci se ci avrebbe rinunciato per mangiare l’insipida verdura che avevo preparato con tanto affetto.
"Io accetto solo se viene anche Nicu con noi".
"Ma certo, qual è il problema, camuffando la malavoglia".
Abbiamo dovuto faticare un po’ per convincere Nicu.
La sua auto è comodissima e fornita di ogni comfort.
"Vi piace il mio nuovo gioiello, e questo non è niente, è una delle tante che ho, sapete una per ogni occasione. Allora dove desiderate andare, esprimete un desiderio e ve lo realizzerò, per me niente è impossibile".
Non ho mai conosciuto una persona così insolente e arrogante, ma qualcosa mi dice che il suo è solo un modo di fare, per imporsi o forse perché è stato abituato a comportarsi così, in realtà mi sembra tanto indeciso e, al contrario vuol nascondersi sotto la corazza che si costruisce. Chissà, probabilmente pensa di essere irresistibile con questo suo burbero e presuntuoso modo di fare e non si accorge che è il contrario.
Il ristorante è uno dei più lussuosi. Nonostante il nostro parere contrario lui insiste.
“Ma i nostri abiti non si addicono ad un posto del genere”
“figuratevi state benissimo”.
Durante la cena non si è fatto altro che parlare di soldi, o meglio, lui solo ha parlato della sua agiatezza. Noi ci guardavamo alzando gli occhi al cielo perché non avevamo nulla da rispondergli, scocciate dal suo comportamento.
"Quest'aragosta non è nulla di speciale, non come quella che mangio in genere nel mio ristorante preferito di Parigi. Ricordavo che anche il servizio era superiore".
"Va benissimo così, anzi, fin troppo lusso per i nostri gusti".
Patrizia mi guarda e, la conosco bene, sta esplodendo, muore dalla voglia di ridere a crepapelle per la situazione particolare nella quale ci ritroviamo.
Anche con Nicu è stranamente gentile il Signor Blasetti.
"Oh, no, la mia giacca di Versace si è rovinata con schizzi di sugo, questa era la mia preferita, beh vorrà dire che colgo l'occasione per tornare alla boutique di Rodeo Drive nella quale l'ho acquistata”.
Non ce la faccio più a sentirlo parlare e sbadiglio senza pudore per fargli capire che è ora. Finalmente riusciamo a convincerlo a tornare a casa.
“Ottima cena, anche se per noi andava bene mangiare una bella pizza”.
Per un attimo è stato zitto, probabilmente ci sarà rimasto male, ma ci ha messo un attimo a riprendersi e ha colto subito la palla al balzo, come sempre: “una pizza, volentieri, sarà per la prossima volta allora”.
Aspetta e spera penso mentre sono felice di essere fuori casa.
"Ok, grazie di tutto e buonanotte, siamo esauste e vogliamo andare a dormire", affermiamo io e Patty dopo avere già accompagnato Nicu, per evitare che ci proponga altri locali.
"Va bene, buonanotte ma quando posso avere il piacere di rincontrarti?" Rivolto a me.
"No guardi sono sempre così impegnata e poi non è il caso, grazie" e scendo in tutta fretta dall'auto trascinandomi Patrizia. "Va bene, ma almeno non darmi più del lei, chiamami Stefano."
"Ok, notte Stefano".
Che serata, "Manu ma dove l'hai trovato un tipo del genere? Che poi sarebbe anche interessante e carino se non avesse quell'aria da mylord da strapazzo".
"Patty, non ti lamentare, è colpa tua se ci siamo trovate in questa situazione, sei tu ad aver accettato l'offerta".
"Dài, non è niente male, è simpatico e brillante, un po’ spavaldo, ma si vede che non è cattivo, lo fa solo per mettersi in mostra”.
L'indomani me lo ritrovo in facoltà. È diventato un'ossessione per me.
"Manu".
"Ora si concede anche di chiamarmi Manu, come mi chiamano i miei amici, che impertinente".
Faccio finta di non vederlo e allungo il passo, "Manu, scusami ma devo chiederti un favore".
Già sentirlo pronunciare questa parola mi suona un tantino strano.
“E ora dirai anche che mi hai incontrata per caso?”
“No, sono qui perché ho un’importante proposta da farti. La prossima settimana devo recarmi a Ginevra per affari e avrei bisogno di un'interprete e chi meglio di te?"
"No, non ci penso proprio" gli rispondo senza nemmeno pensarci su.
"Mi faresti un grande piacere oltre al fatto che sarebbe un onore averti al mio fianco per una trattativa così importante.
"No, ti ringrazio del pensiero ma ho da fare".
"Ok, allora mettiamola così: o vieni, o licenzio Nicu".
"Ah, mi ricatti, bello stronzo che sei".
"No, non è un ricatto, ti chiedo solo un favore, anche perché sarebbe una esperienza fondamentale per te".
"Posso almeno sapere a fare cosa?"
"Sono in trattative con degli Arabi per costruire una diga da loro, devo incontrarli e ho bisogno di una traduttrice e ho pensato subito a te".
"No, mi spiace ma non posso accettare.”
“Almeno pensaci su, non puoi rifiutare negandomi la tua collaborazione”.
“E va bene, ti do la risposta definitiva domani".
Ci ho pensato tutta la notte, sono molto combattuta, mi piacerebbe ma non con lui. Sarebbe uno stress l'intero viaggio, è una persona così pesante, non ce la faccio più a sentirlo parlare dei suoi soldi. A cosa serve averne tanti se poi uno nella vita non ci sa fare?
"Pà, che dici vado o no?"
"Ma che devi anche pensarci, non ti capisco, approfittane per scioglierti un po’ con la lingua e poi al di là di tutto sarà una bella esperienza”.
Decido di accettare. In fondo sapevo che sarebbe finita così, seguo sempre i consigli di papà.
Arriva il giorno della partenza e Stefano viene a prendermi, staremo fuori tre giorni.
Sono felice perché al di là di tutto volerò di nuovo che è una delle cose che amo di più e vedrò una città dove non sono mani stata.
Ci fermiamo davanti una villa enorme, si apre un cancello ed entriamo in un garage.
"Scusami, ma dove siamo".
"Ah è vero, non te l'ho ancora detto. Andiamo col mio aereo privato. Solo un secondo, saluto i miei e approfitto per presentarteli".
Non credo alle mie orecchie, queste cose succedono solo nei film o nei sogni.
La parola casa è un dispregiativo per una simile reggia; non ho mai visto nulla di simile, neanche il Palazzo Reale di Juan Carlos regge al suo confronto, è troppo per i miei occhi.
Un portico in mattoncini e una lunga scalinata colorata da fiori di ogni specie ci lasciano accedere al portone principale la cui porta viene aperta dal maggiordomo.
Vi è mai capitato di trovarvi in un posto come per incanto, un posto cui non avreste mai pensato, totalmente fuori dal comune? I miei occhi restano affascinati da tanto splendore. Il pavimento è un cristallo, le venature appena rosa del granito si riflettono delicatamente sulle pareti, il tutto è dominato da una luce chiarissima lasciata entrare dalle finestre che circondano la stanza le cui tende non riescono a domare tale esuberanza di colori. È un salone grandissimo, al centro del quale c’è una scalinata a chiocciola che porta ai piani superiori. A destra e a sinistra due rampe di scale lasciano accedere ad altre ale del fabbricato.
Rimango per un attimo imbambolata ad ammirare lo straordinario gioco di colori e luci che genera sul pavimento il riflesso dello swarosky dei lampadari colpito dai raggi solari. Solo chiudendo gli occhi si percepisce di essere in un posto fantastico. Tutt’intorno è luce e si rimane inebriati dal profumo che emanano le mille varietà di fiori raggruppati in mazzetti nei preziosi vasi sparsi in ogni angolo, moltiplicati grazie al riflesso di questi sui vari specchi.
Di ogni soprammobile ne è perfettamente studiata la posizione, nulla è lasciato al caso.
Sul lato sinistro c’è un camino ad angolo e, sulla parete che passa sopra la canna fumaria vi è appesa un’ ottima imitazione di uno dei capolavori dell’arte moderna The Sun Flowers, i cui colori caldi mi avvolgono in una piacevole sensazione di agio e benessere. Mi viene in mente la mia migliore amica alla quale ho regalato la carta da lettera ‘dei girasoli’ tornando dal mio primo viaggio a Londra. Quel giorno nel primo piano della National Gallery fra i tanti souvenir ho scelto quello. Lei è sempre così allegra e solare, proprio come i fiori del sole. Ne avrebbe fatto buon uso perché adora scrivere lettere. Conoscevamo tanta di quella gente alle nostre gite scolastiche e non, e lei si divertiva a collezionare lettere. Le piaceva corrispondere con tutti. Aveva pen- friends da ogni parte del mondo. Anch’io, spinta da lei ci ho provato, ma non ho portato avanti neanche una di quelle vecchie amicizie di adolescenti. Avrei voluto però.
Non ho mai avuto passione per queste cose. Non ho mai avuto un diario. O meglio, ci ho provato, ma ci vuole costanza e pazienza per queste cose.
Ora lei non vive più qui, spero che ogni volta scrivendo sui girasoli pensi a me. M’illudo che ancora li abbia, forse non ci scrive più sopra.
Nonostante il lusso sfrenato, completamente fuori da ciò cui sono abituata, mi sento bene, rilassata. C’è un qualcosa che rende il tutto semplice pur nella sua sontuosità.
Dalla parete più lontana si vede chiaramente un grande quadro e mi sembra di riconoscere i tratti del pennello di Mirò.
In ogni angolo c’è un qualche oggetto particolare, sicuramente souvenir acquistati negli svariati posti che hanno visitato.
Ci accomodiamo su un comodissimo divano in pelle rosa antico, il tutto è piacevole alla vista, al tatto, all’olfatto, mi metto comoda, sono rilassata.
Dalle finestre alle mie spalle, appena socchiuse mi sembra di ascoltare il respiro periodico del mare.
Mi volto, ma le tende, sebbene chiare impediscono di ammirare ciò che c’è al di là.