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Verso l’altra parte del mare

Come al solito partiamo all'arrembaggio, senza una meta ben precisa e senza prenotare alberghi o altro, perché in caso ci annoiamo o non ci soddisfa il posto possiamo sempre cambiare.

Anche quest'anno abbiamo deciso all'ultimo momento e, non trovando posti in aereo, siamo state costrette ad avventurarci in traghetto. Un’ avventura! Per non dire rottura! Ma alla fine ci siamo divertite tantissimo nonostante il viaggio estenuante. Ben due giorni a viaggiare. Il vero casino è stato al Pireo, perché il traghetto per Mykonos previsto in mattinata è partito a mezzanotte. Ben dodici ore di ritardo sotto il sole caldissimo e afoso, con le valige enormi.

Ma la voglia di vacanza e divertirsi è tanta, quindi nessuno se la prende più di tanto. Iniziamo a fare amicizia con tutti, siamo per la maggior parte ragazzi e, come al solito parecchi italiani.

Io e le mie amiche avvistiamo subito dei ragazzi splendidi, i più carini. Iniziamo a fare delle scommesse sul luogo di provenienza ma alla fine siamo tutte d'accordo: indubbiamente sono italiani. E come sbagliare, sono splendidi, allegri e sorridenti. Si avvicinano e iniziamo a chiacchierare.

Simpaticissimi e abbronzatissimi, divertentissimi, sono pugliesi, di Lecce esattamente.

Iniziamo subito a ridere e scherzare insieme, come se ci conoscessimo non so da quanto tempo. Le loro battute in dialetto sono un qualcosa di esilarante e comico.

Sono un gruppo di dodici ragazzi, tutti splendidi, educatissimi e, per fortuna fra una chiacchiera e l'altra ci è passato il tempo. Finalmente arriva la mezzanotte, ma del traghetto neanche l'ombra, la gente inizia ad innervosirsi e a prendersela con i marinai che sono sulla banchina del porto.

Passano un paio d'ore e siamo sulla nave che inizia a muoversi, tutti giovanissimi, più ragazzi che ragazze. Ad un certo punto, qualcosa di inimmaginabile, iniziamo a vedere questi ragazzi avvinghiati che si baciano. No, che peccato sono quasi tutti gay.

"Quanta carne sprecata!" Esclama delusa Benny. Ciò che ci sconvolge è che sembra ci siano solo gay.

"Ragazze, che ne dite di cambiare destinazione, fermiamoci in un'altra isola".

"Non penso ci saranno solo ed esclusivamente gay, e poi qual è il problema?" "Giusto".

Intanto ci prepariamo per festeggiare il compleanno di Cristian, uno del gruppo pugliese. Mentre chiacchieriamo tutti insieme, io e le mie amiche ci lanciamo una serie di occhiate e ci rendiamo conto che anche loro sono probabilmente gay.

"Sì, è proprio come pensate" con tono effeminato per prenderci in giro. "Siamo gay, ma non siamo finocchi effeminati", e lì abbiamo rotto il ghiaccio. Le sette ore per raggiungere l'isola sono volate tanto ci siamo divertiti.

Arriviamo all'alba, fa freddo e c’è un vento pazzesco. Il paese si vede arroccato su una piccola collinetta, lontano dal porto dove siamo noi.

Che paese disorganizzato, non passava un taxi, un autobus, nulla. Cristian e gli altri hanno il pullman del campeggio che li sta aspettando, sul vetro posteriore c'è un cartello con su scritto 'Paradise beach', il nome del campeggio nel quale avrebbero alloggiato, dove c'è tra l'altro una delle due spiagge più belle dell'isola. Sono le spiagge dei giovani e del divertimento, della musica e degli spettacoli.

"In bocca al lupo ragazze, anche se la vediamo dura, molto dura!"

"Spiritosi, ci si vede stasera o nel pomeriggio se riusciamo ad accamparci da qualche parte".

"Ok, ma se avete bisogno di qualcosa, o nel caso non riusciste a trovare nulla sapete che da noi c'è sempre posto".

"Grazie di tutto ragazzi, ci vediamo".

Eravamo rimaste noi, le solite sventurate disorganizzate e altri ragazzi poco distanti da noi. Decidiamo di incamminarci tutti insieme verso il paese.

Che impresa con quei bagagli enormi, si sentono solo le rotelle delle valige rimbombare tutt'intorno.

Finalmente arriviamo in un bar, vicino al quale c'è una pensione, ma nulla, tutto pieno.

"Ragà, fra due giorni è ferragosto che credevate?"

Io, la solita sfaticata e Debby ci sediamo comodamente per rifocillarci a fare colazione con un sano cornetto e un tazzone di caffèlatte. Siamo tranquille a chiacchierare ed è ormai passato un bel po' di tempo, quando sentiamo gridare i nostri nomi.

"Eccoci”, col nostro sorrisetto ingenuo.

"Ma dove eravate finite? Abbiamo trovato due piccoli appartamenti vicini. Salite in macchina e andiamo".

Un greco di nome Markus fa quattro viaggi con una specie di carioletta per portarci nel suo residence.

Però ancora non possiamo entrare, perché gli appartamenti saranno liberati verso mezzogiorno, e poi dovranno essere opportunamente puliti.

"Oh, no, iniziamo bene, questa vacanza è una continua attesa".

"Che carini. Ragazzi ne è valsa la pena, questi appartamenti sono delle bomboniere".

Il residence è arroccato su un leggero strapiombo, le finestrelle azzurre si affacciano sul mare di un blu splendido, mai visto.

I paesaggi greci sono spettacolari, le casette tutte uguali: bianche con le finestre e le porticine azzurre. Sono delle scatole quadrate, solo le chiese hanno una cupola.

I due appartamenti sono separati da un altro dove ci sono dei ragazzi di Brescia fuori che ci invitano a prendere un caffè italiano".

"Ecco cosa abbiamo dimenticato, il caffè e la moka. Come faremo senza il mitico caffè", farnetica Debby la ‘caffeinomane’.

Intanto facciamo amicizia coi nostri vicini di casa, nonché coi calabresi che molto gentilmente si sono offerti di unirci tutti insieme per cercare casa e ci hanno aiutate a trascinare i macigni che ci portavamo dietro.

Sei ragazzi calabresi di una simpatia unica. Anche con loro subito 'pappa e ciccia'.

Nel tardo pomeriggio, dopo aver riposato un po’, andiamo tutti ad affittare gli scooter per muoverci comodamente anche perché gli isolotti greci sono pieni di salite, inoltre le spiagge sono lontane dal paese.

La sera usciamo tutti insieme ed incontriamo gli altri amici pugliesi, diventiamo subito molto affiatati, siamo un gruppo enorme. Fortunatamente si aggiungono altre due ragazze milanesi, anche se c'è ancora sproporzione con ben diciassette ragazzi. Siamo super coccolate. Sembra che abbiamo dei fratelli maggiori alle calcagna, non ci lasciano in pace neanche un attimo. Sempre tutti dolcissimi e premurosi, addirittura ci cucinano. È nata, nessuno escluso, una grande amicizia.

Parliamo di tutto.

Cristian e Luca sono i gay ai quali ci siamo affezionate di più, fanno coppia fissa. È bello poter parlare con loro di ogni cosa, farsi chiarire dei dubbi sull'omosessualità, sulle loro idee e i loro rapporti.

Abbiamo trascorso una nottata intera a parlare della loro storia, di come si sono conosciuti, del rapporto con gli altri, coi genitori.

I genitori di entrambi sono all'oscuro dell'omosessualità dei figli, a maggior ragione perché in un piccolo paese del sud- Italia è sicuramente più difficile instaurare un certo tipo di rapporto coi genitori, e fargli comprendere certe cose considerate tabù. In molti paesi si teme troppo ciò che la gente può pensare: "ma che diranno gli altri?" "Saremo lo zimbello dell'intero paese", queste sono frasi inconfutabili.

Tutto questo è dettato dall'ignoranza di fondo di molte persone. Purtroppo la colpa non è da attribuire a loro, perché sono scarsamente informati,  e poi ultimamente gli omosessuali sono sfruttati dall'intera società.

Diventano spesso portavoce di ideologie errate o distorte. Siamo tartassati da falsi idoli, da trans e personaggi particolarmente eccentrici che in altre situazioni si comporterebbero in maniera del tutto naturale, mostrando ciò che sono veramente e i loro sentimenti reali, ma non potendo farlo cercano un modo eccessivamente stravagante per far parlare di loro con ragione, tanto lo fanno comunque.

Questi ragazzi sono le persone più oneste, più care che abbia mai conosciuto.

Riesco a parlare con loro senza quelle inibizioni che probabilmente proverei perfino con le mie amiche. Sono molto curiosa e mi interessa sapere cosa pensano, cosa provano.

Mi fanno tenerezza, Cristian è l'uomo, Luca la donna. Cristian è il duro della situazione, la personalità più forte; Luca mi fa tenerezza, perché pende dalle labbra del suo ragazzo.

Una sera mentre siamo in un locale iniziano a discutere perché Luca si era ingelosito, è buffo vederli litigare e farsi dispetti a vicenda.

È divertentissimo quando usciamo, tutte le ragazze si voltano a guardarli perché fisicamente non passano certo inosservati e loro ci provano gusto a prenderle in giro. A loro dire le donne sono una massa di………perché ci provano sempre spudoratamente con loro.

Ciò che mi sono sempre chiesta è come facciano a scegliere la persona a cui fare le avance per non avere sempre buca, mi hanno invece spiegato che si capiscono subito tra loro. Mi hanno anche raccontato, facendomi restare sconcertata, che nel loro paese ne sono tantissimi, soprattutto i non dichiarati o quelli che hanno una vita normalissima, moglie, figli e poi cercano altri tipi di piacere. Ecco, questo non lo ammetto, mi fa schifo, e molto spesso sono persone importanti e inimmaginabili ad avere una doppia vita.

Luca e Cri hanno avuto la possibilità di studiare fuori. Vivono soli, lontano dall'ambiente chiuso e bigotto nel quale sarebbero continuamente sottoposti a critiche e giudizi, perché checché se ne dica resta l'ignoranza di fondo di tante persone e l'ostinazione. Soprattutto per egoismo non si accetta, non si vuol capire, perché ogni genitore vorrebbe per il figlio una vita tranquilla, normale, una famiglia, dei figli, casomai facendo passare in secondo piano la vera felicità. È andare contro le regole, sconvolgere la stasi mentale che crea scompiglio. Poche persone accettano di buon grado, anche perché non molti hanno il coraggio di dirlo. Dico coraggio, proprio perché la mentalità e l'opinione pubblica del nostro paese è ancora profondamente moralista e tradizionalista al contrario di altri paesi europei.

Eppure queste persone sono squisite, di una dolcezza e di una sensibilità fuori dalla norma.

Ci scherzano sopra e ironizzano prendendosi anche in giro. Vederli insieme è tenerissimo, ogni volta che li guardo mi fanno sciogliere. Sono innamoratissimi, ormai c'è una tale confidenza fra noi che si parla di tutto.

Mi sento profondamente legata a loro, soprattutto a Cristian. È una persona splendida e lo stimo molto anche se ha dei momenti di pura follia, essendo molto nervoso e impulsivo. Basta una sciocchezza per fargli scattare i nervetti, ma gli voglio un gran bene.

Quando ho qualche problema o sono un po’ stressata lo chiamo e mi tira su di morale, tira sempre fuori degli aneddoti specifici per quell'occasione. Ciò che mi colpisce è il fatto che sia così intelligente e nello stesso tempo divertente e spiritoso.

Con lui sto benissimo, mi sento libera di esprimere i miei sentimenti compresi quelli più nascosti. Mi fa sentire compresa, stuzzica la mia intelligenza la mia personalità; ma la cosa che mi piace di più è che mi fa tanto ridere e questo è fondamentale, mi mette di buon umore, se sto un po' giù lui riesce sempre a trovare il modo per farmi sorridere e per farmi dimenticare le cose negative.

Siamo giunte velocemente a metà della nostra splendida vacanza, ed è arrivato anche il giorno che, da una parte avrei voluto non arrivasse mai, dall’altra avrei desiderato che fosse già passato e tutto finito.

È il giorno della fine di tutto e dell’inizio soprattutto.

Ed è per questo in particolare, che ho deciso di andare in vacanza, per scappare da tutto. Per essere lontana.

Non appena ho ricevuto la comunicazione e ho letto quella data, la mia serenità in parte riacquistata, si è trasformata in agitazione e ansia.

Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata questa comunicazione, ma come succede per certe cose, fai finta di non pensarci, e, anche se sai bene che è meglio che tutto finisca subito, almeno ci si toglie il pensiero, speri in cuor tuo che quel giorno non arrivi mai, o ti ‘aggrappi’ a qualche dimenticanza.

E invece no.

Poi si sa, proprio quando meno te lo aspetti, casomai un giorno che ti senti felice ed euforica e non sai neanche tu il perché, ecco la notizia, a guastarti la giornata, a condizionare le tue scelte, i tuoi programmi.

Prima vivi con l’ansia perché non sai quando sarà, quand’è che finirà questa sofferenza, almeno se già si sapesse la data esatta saresti più tranquilla, ed ecco che, quando l’ hai saputa hai la frenesia perché non vedi l’ora che quel giorno passi.

Allora è peggio, perché sai, e non puoi far altro che aspettare.

Forse era meglio prima che non si sapeva nulla, vivevi sì con l’ansia, ma di qualcosa ipotetico, che chissà quando sarebbe stato.

Comunque, alla fine di Agosto.

Ecco perché sono in vacanza, e cerco di godermela al meglio, pur avendo continuamente questo chiodo fisso.

È arrivato l’atteso giorno. Il sole è alto, il mare brilla sotto di lui.

Siamo tutti in spiaggia, spiaccicati al sol leone ma io ho freddo.

Tutti distesi l’uno accanto all’altra, chi dormicchia, chi canta.

Io penso.

Penso a cosa starà succedendo. Sono le 10,00 del mattino, in Italia le 11,00. Chissà se è già tutto finito, o se ancora nulla è cominciato.

Ogni minuto sembra lunghissimo. Guardo l’orologio ripetutamente sperando che le lancette, oggi, solo oggi siano più veloci, ma sembrano essere ancora più lente del solito, o almeno di quando vorresti che il tempo passasse in un baleno.

Benny è sdraiata vicino a me, quasi ci tocchiamo. È tutta sudata, le goccioline di sudore le brillano sul viso, sembra truccata a festa, il volto le risplende alla luce.

Le gocce le scendono pian piano dall’attaccatura delle tempie con la fronte, partono dai radi capelli che separano la folta chioma dal volto, non ce la fanno ad arrivare giù, il loro percorso viene interrotto all’altezza degli zigomi e deviato verso le orecchie.

Sulla guancia sembra depositarsi una polvere magica, tanto scintilla baciata dal sole. Di tanto in tanto una goccia porta con se un granello alla volta ed entrambi scivolano giù.

La parte superiore del labbro, unendosi al naso lascia una strettoia concava, dove s’insinuano altre goccioline che pian piano scendono delineando il contorno labiale.

Lei brilla al sole, riverberano i cristalli variopinti sulle gote, sulla fronte, sulle labbra.

Ad ogni suo, pur impercettibile movimento, le preziose gemme cambiano colore di riflesso.

È sudatissima, come lei anche gli altri, ma sembrano godere di quel calore, loro e solo loro sono baciati dal sole. Io ho freddo. È possibile una cosa del genere, che mentre loro si sciolgono e si lamentano per questo caldo atroce io non senta assolutamente nulla? Addirittura ho dei brividi di freddo.

Ma sto zitta, in silenzio continuo a pensare a cosa stia succedendo ad Avezzano e cosa stia accadendo a me.

Tremo, mi scosto dagli altri, temo che possano accorgersi che qualcosa non va.

Non ho la febbre, non sono malata, perché fisicamente mi sento bene, è qualcosa dentro di me che non funziona.

Ho freddo, tanto freddo ma continuo ad andare verso il mare, la mia anima, la mia mente vogliono l’acqua, ne hanno bisogno.

Nell’acqua nuoto, nuoto all’impazzata, do bracciate a destra e a manca, schiaffeggio l’acqua, come fosse una mia nemica.

Con tutta la forza che ho nelle braccia e nelle gambe nuoto.

Vado giù, poi risalgo, mi rituffo quasi volessi tramortire e sconfiggere l’acqua.

Uscendo prendo a calci le onde con tutta la potenza delle gambe.

Mi sdraio, ho la pelle d’oca, il sole che scalda gli altri non mi sfiora nemmeno. Mi rimbalza.

Mi asciugo frettolosamente sfregandomi l’asciugamano sulla pelle per scaldarmi.

Mi stendo di nuovo.

Il freddo mi penetra nelle ossa sempre di più mentre gli altri ancora sudano. Voglio liberarmi dei brutti pensieri, dei ricordi orrendi. Desidero immergere nell’acqua la sofferenza fino a farla soffocare, fino a che non ci sia più traccia di lei, perché sarà sconfitta per sempre.

“Manu, ma cos’ hai oggi? Non hai un attimo di tregua. E poi mi è sembrato di sentirti tremare, avrai mica preso l’influenza?”

“No, Benny, ho un po’ di freddo perché l’acqua è ghiacciata, ma ora il sole mi scalderà (e come no!)”.

Mi rimetto giù.

Cinque minuti e corro verso il mare, corro velocemente ed entro in acqua come una frezza, assalendola quasi. L’attrito mi impedisce i movimenti che diventano più lenti ma non per questo meno decisi e potenti.

Con i piedi trafiggo l’acqua e dopo la calpesto senza pietà come stessi colpendo uno strisciante serpente sotto di me. E, non ancora soddisfatta, benché sia morto, continuo ad infierire su di lui senza pietà.

Sono in piedi, mi guardo intorno, mi tuffo a pesce, mi rialzo e mi rituffo.

Sono completamente rossa per i colpi inflittimi dall’acqua. Tremo, ho freddo ma non mi importa, continuo a prendere a schiaffi e a pugni l’acqua.

Mi spingo fin giù al fondo, trattenendo il respiro fino alla fine. Nuoto laggiù, risalendo in cima senza più fiato nei polmoni, sfidando l’acqua, sfidando il pericolo.

Mi spingo fin oltre gli scogli nuotando all’impazzata. Sono affannata, ma continuo contro la corrente del mare aperto, contro le onde. Nuoto con le braccia, con le mani, coi denti.

Le gambe non ce la fanno più ma vado. Sono tutta indolenzita, ma non mi importa nulla. Perché sto bene, bene come non lo ero da molto tempo.

Ora nuoto a dorso, almeno respiro senza l’acqua che m’intralcia il cammino e anche con le spalle colpisco l’acqua.

Faccio delle piroette, capriole sott’acqua, giro su me stessa senza fermarmi colpendo l’acqua col palmo delle mani. Mi servirebbero delle altre mani per colpire ancora, con maggiore potenza.

Sono esausta.

Esco dall’acqua e mi dirigo verso l’asciugamano, gli altri mi guardano stupiti, chiedendomi se sono impazzita, se mi ha fatto male il sole o il caldo, se voglio tornare bambina. Magari, penso in cuor mio.

Mi getto sull’asciugamano, respiro affannosamente perché sono stanca. Guardo l’orologio e sono le 11,30, chissà cosa sta succedendo in quell’aula di tribunale.

Persone sconosciute, che non sanno assolutamente nulla di me stanno decidendo del mio destino, la loro parola segnerà tutta la mia vita. Mi stanno giudicando.

L’idea mi fa impazzire, pensare ad un aula buia, a persone che si battono per me, per un mese in più e uno in meno mi distrugge.

All’ improvviso mi alzo, corro e mi tuffo. Una corsa lunghissima, in cui tutta la mia vita mi passa davanti. Tutto sommato una bella vita, chissà se rovinata per sempre.

Nuoto, nuoto, verso l’altra parte del mare, dove il confine fra acqua e cielo, fra mare e terra è indistinguibile. Vorrei arrivare fin là, dove nessuno mai è arrivato, dove non c’è più alcun confine. Dove ci sono solo io.

E nuoto ancora. Trascinata dalla corrente vorrei ritrovarmi in una terra sconosciuta, magari in un’isola, l’isola felice di Tommaso, l’isola che esiste sì, nei sogni.

Come su un comodo materasso morbido mi sdraio in acqua supina, senza muovermi, trascinata un po’ qua, un po’ là. Faccio dei lunghi respiri per recuperare fiato.

La brezza del vento mi sfiora, l’acqua mi bagna ma subito dopo viene asciugata dal sole, e poi mi ribagna di nuovo. Si sente il mare che ondeggia, che si muove piano, dolcemente e, nella stessa maniera mi trascina con se, mi culla, coccolandomi nelle sue immense braccia.

Esco, ho voglia di riposarmi. Voglio dare al vento le mie angosce, quello che è stato fin’ora il mio tormento, la mia ansia affinché viaggiando a mille chilometri orari possa portar via tutto da me per sempre.

“Manu, dicci la verità, stai bene?”

“Sì, mi sono semplicemente liberata”.

E, in questo momento ho invidiato i pesci.

Respiro profondamente, prendendo tutta l’aria intorno a me.

Mi sento bene, sono felice.

Sento un inestinguibile senso di leggerezza e di pace.

Guardo l’orologio e sono le 12,30, in Italia le 13,30 e tutto è finito, lo sento, è stato tutto deciso. Ancora un sospiro, inizio anch’io a sentire il caldo tepore provenire dalla sabbia sotto di me.

Corro a bagnarmi, ora lo sento il caldo africano.

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