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1964

<Pistoia> 19 Gennaio <1964>

Il criterio ultimo di moralità non va desunto dall'oggetto come è in sé (il che sarebbe un discorso metafisico, non morale) ma dall'oggetto come è appreso. Per cui un oggetto che in sé è cattivo ma è appreso come buono (stato di coscienza retta) dà pieno diritto di libertà umana; il quale diritto è vero e autentico perché promana dalla natura razionale dell'uomo che si pone in un rapporto morale con l'oggetto |38| (anche se oggetto realmente cattivo).

Per colui che era in buona fede perciò non si deve parlare di diritto usurpato o creduto o putativo, ma di vero diritto proveniente dalla natura libera dell'uomo e dal rapporto di buona coscienza con l'oggetto: non quindi pura tolleranza, nell'ambito della convivenza sociale.

Vedere l'articolo del Card. Bea: Libertà religiosa e trasformazioni della società, in Aggiornamenti Sociali, a. XV, genn. 1964. ZALBA, Gregorianum 1964, XLV,1.

<Pistoia> 21 Gennaio <1964>

Si avvicina a gran passi il Sacerdozio. Mi sento a mani vuote.

L'unica cosa che posso portare |39| all'altare è la mia "povertà di spirito": i miei difetti, le mie manchevolezze, le mie impuntate, il mio vuoto di virtù.

L'unica fiducia è nel Signore, che ama e sa comprendere anche l'offerta e il riconoscimento di una simile povertà.

<Pistoia> 24 gennaio <1964>

La prima cosa che si usa dire del Sacerdozio è la sua sublimità, la sua grandezza, la sua soprannaturalità.

E questo è vero.

Ma penso che prima di tutto il  Sacerdozio è un servizio.

Il Sacerdote "praeest in serviendo". Una cosa che si dice poco e non si pratica per niente.

L'atto sacerdototale di X. nella Cena è preceduto dal lavaggio dei piedi; è "così dovete fare a vicenda".

|40| Il canone della Messa non parla del Sacerdozio se non come servitus:

"Hang [= Hanc] igitur oblationem servitutis nostrae" (= dei sacerdoti).

"Unde et memores... nos servi tui et plebs tua sancta".

Tenere presente: Luc. 22,26; ....

<Pistoia> 25 gennaio '64

Si può avere la verità senza essere nella verità se l'abbiamo ricevuta cone qualcosa d'esterno e non siamo in un rapporto di veracità con essa.

(Vedi un'applicazione al g. 10 febbr. '64).

<Pistoia> 26 gennaio '64

|41| "Sopra chi mi riposerò, se non chi è mansueto, umile, sereno e teme le mie parole" (Is.).

Dovrebb'essere Isaia 66,2; ma da quale traduzione o riadattamento? dalla Vulgata? La Sacra Bibbia (della CEI) ha: "Su chi volgerò lo sguardo? Sull`umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola".

<Pistoia> 2 febbraio '64

La reintegrazione di X. al suo stato glorioso dopo la parentesi della kenosi (Filipp. 2,6 ss) non appare pienamente ancora agli occhi degli uomini; difatti la Chiesa, il corpo di X., è ancora in uno stadio di dolorosa purificazione nella storia. Nella Chiesa si continua la kenosi di X.  Quando la Chiesa raggiungerà il suo stadio perfetto allora anche X. (parusia) "verrà tra le nubi del cielo", alla destra del P., con tutto il suo splendore e riflesso della sua divinità.

<Pistoia> 10 febbraio '64

|42| La verità non fonda nessun diritto di sopprimere, o impedire il libero pensare di chi è nell'errore in buona fede. Né la verità fonda, in chi la possiede, il diritto d'imporla. Essa di sua natura è illuminazione, è svelamento, manifestazione. Le conviene quindi d'esser proposta non imposta.

Nel tomismo si portrebbe illustrare questa posizione col fatto che la verità è oggetto dell'intelletto il quale, se quanto all'esercizio può esser mosso dalla volontà, quanto alla specificazione e all'accettazione d'una verità è mosso (non ad modum causae efficientis, ma ad modum obiecti) solo dalla verità che mostra e rivela se stessa.

Se di sua natura la verità |43| rifiuta d'imporsi (imporsi sarebbe la sua distruzione perché negherebbe il suo rapporto con l'intelletto e lo stabilirebbe con le potenze appetitive), come può uno credere fondato il diritto d'imporre verità agli altri?

Mi vien da pensare alle lotte sanguinose del primo '500. Enrico VIII uccide in Inghilterra i cattolici, Francesco I ed Enrico II (cattolici) uccidono i Protestanti (calvinisti) in Francia; e questo per difendere la pretesa verità, quando questa ha tutt'altri sistemi di manifestarsi e di difendersi (II C. 10,3-4).

Veramente doloroso: i cristiani uccidono altri cristiani perché non rigettano le loro tesi eterodosse, quando i pagani uccidevano i cristiani perché rifiutavano di adorare gli idoli!

I cristiani fanno <a>gli altri quello che gli altri hanno fatto a loro. È giustificabile  per il fatto che i cristiani possiedono la verità?

<Bibbiena> 14-21 febbr. 1964

|44| Esercizi spirituali a Santa Maria del Sasso (Bibbiena, Arezzo).

 bibbiena

<Bibbiena> 15 febbr.

Il Sacerdozio è puro dono di Dio. Lui mi ha voluto, lui mi ha chiamato, lui mi ha fatto perseverare.

Messun dono di Dio è un contraccambio di una cosa nostra. Semmai è il contrario: ogni nostro atto di valore spirituale è sempre una risposta o un effetto di un dono o chiamata di Dio.

«Chi mai prima ha dato a Lui per avere il contraccambio?» (Rom. 11,35).

«Da Lui, e per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose» (Ibid. 11,36).

<Bibbiena> 16 febbr. 64

|45| Di giorno in giorno scopro sempre di più a occhi aperti la mia nullità, la mia insufficienza, la mia povertà di spirito nell'accostarmi al Sacerdozio. Mi sento umiliato e triste per non poter portare all'altare di Gesù che la mia vergogna, la mia improntitudine, la mia vuotezza.

Gesù, accetta tutto questo e riempimi di te.

Che io possa essere perfettamente Sacerdote, cioè pura mediazione, pura strumentalità. Tutto ciò che sono e che ho si nasconde e si riduce a servizio e a strumentalità sacerdotale senza avere nessuna consistenza a sé. Ciò significa che tutto quello che sono deve diventare "Sacerdote", cioè mediazione, strumentalità di X.

|46| Lo strumento conserva la sua realtà e la sua azione ma li mette a completa disposizione della causalità strumentale e ne usa solo in dipendenza di questa. Applicare al Sacerdozio.

*  *  *

Sacerdozio: chiamata e dono di Dio.

Ora "i doni  e la chiamata d'Iddio non sono soggetti a pentimento" (Rom. 11,29).

"Sacerdotem... oportet... praeesse". Credo si tratti del "praeesse" evangelico: chi vuol comandare serva gli altri...

È un "praeesse" che si esplica |47| nel servizio e nella completa disponibilità di se stessi a Cristo nel prossimo.

Ritorna il concetto fondamentale del Sacerdozio: pura strumentalità, e quindi assoluta disponibilità e donazione.

*  *  *

Il Sacerdote è il costruttore e l'edificatore della Chiesa di Dio:

"... praedicatione, atque exemplo aedificetis domum, i.e., familiam Dei" (Ex rit. Ordinat. Prestyt).

*  *  *

"Imitamini quod tractatis" (Ai presbiteri; ibid.) "quatenus mortis Dominicae mysterium celebrantes, mortificare membra vestra a vittiis ex concupiscentiis omnibus procuretis ".

È il tratto principale della |48| spiritualità e santità sacerdotale perché promana direttamente dalla realtà dommatica del Sacerdote: colui che offre una vittima a Dio in espiazione dei peccati degli uomini.

Nella santità sacerdotale, il prete realizza su di sé quello che sull'altare fa sul corpo di X.

*  *  *

Oggi I Dom. di Quaresima. Tentazioni di Gesù.

Mi sento molto vicino a Gesù nel deserto che prega e digiuna. Mi sento anche tentato dalla mia debolezza e dalla mia miseria.

Restano però le parole ce dànno il senso ultimo alla nostra vita:

"Adorerai il Signore Dio tuo |49| e Lui solo servirai".

Che possa servire sempre il Signore nel Sacerdozio di X.

*  *  *

I Tim. 1,12-17:

bellissimo passo di coscienza sarerdolale.

<Bibbiena> 17 febbr. '64

Se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me.

Se voi foste il mondo, il mondo amerebbe ciò che gli appartiene. Ma poiché voi non siete del mondo, il mondo vi odia (Giov. 15,18).

*  *  *

"O tu che se solo tra i solitari

e che sei tutto in tutti!"

(Ps-Crisostomo)

*  *  *

|50| X. mediatore unico e necessario di Dio gli uomini.

Il Sacerdote deve riprodurre et riproporre in se stesso agli uomini la mediazione realizzata da X.

Giov. 17,3; 6,46; ...

Necessità della mediazione sacerdotale di X., necessità della mediazione del sacerdozio partecipato per mezzo del quale X. continua nella storia la sua mediazione.

<Bibbiena> 18 febbr. '64

 Questa notte è morta una monaca paralizzata da un anno e mezzo. Morte placidissima e serenissima.

|51| "Portiamo continuamente nel corpo lo stato di G. morente affinché anche la vita di G. si manifesti nel nostro corpo lo stato di G. morente affinché anche la vita di G. si manifesti nel nostro corpo.

Noi che viviamo inf. siamo di continuo esposti alla morte per amore di G. affinché anche la vita di G. sia mamifestata nella nostra carne mortale" (II C. 4,10-11).

*  *  *

Il ministero sacerdotale:

"Ma noi portiamo questo tesoro in vasi di creta affinché si comprenda che la sublimità di questa potenza viene da Dio e non da noi" (II C. 4,7).

Avrò solo il merito di far risaltare che la santificazione che produrrò negli altri è solo da parte di Dio essendo io un misero e frangibile vaso di creta.

<Bibbiena> 19 febbr. '64

|52| Nella Messa ci vien dato Gesù:

1°: al Vangelo, attraverso la parola.

2°: alla Consacrazione, attraverso le specie del pane e del vino.

*  *  *

Nella Cena Gesù prese il calice nella sue mani.

All'orto del Getsemani Gesù prega che il P. gli allontani il calice.

Il calice è il simbolo dell'ora redentrice di Gesù; cio<è> simbolo della mediazione sacerdotale di X.

Il calice simbolo del Sacerdozio e del Sacerdote perché simbolo del sacrificio che è dell'essenza della |53| mediazione e dell'azione sacerdotale.

<Pistoia> 15 Marzo '64

Alla convinzione giuridica di esser sacerdote subentra, o si affianca, la coscienza psicologica di esser sacerdote a mano a mano che compio azioni sacerdotali.

Il ripetere la messa, le funzioni, mi pare che produca sempre di più la coscienza attuale di sentirmi veramente Sacerdote di X.

Conservami sempre tuo, o Signore, in ogni luogo, in ogni tempo.

Ogni mia azione dev'essere sacerdotale, cioè capace di esprimere un valore che rapporti Dio e gli uomini per mezzo di un sacrificio che soddisfi presso Dio e [= i] peccati degli uomini.

<Pistoia> 3 Aprile '64

|54| A volte ci pare di essere lontani da Dio e di parlare ad altri che a Dio proprio quando invece siamo con Lui e parliamo con Lui  (La Samaritana parla con l'Ortolano-Gesù).

Correggi. Non è la donna samaritana, innominata, (Giov. 4,1-41) che "parla con l'Ortolano-Gesù" ma Maria di Màgdala (Giov. 20,11-18).

<Pistoia-Roma> 19 ottobre 1964

Parto per Roma, assegnato al S. Maria S(opra) Minerva. Farò il licenziato e il lettorato alla Università S. Tommaso.

Immatricolato nella facoltà di teologia ottobre '64, iscritto agli anni accademici '64-65 (teol. IV), '66-67 (teol. V).
Esame di lettorato15.VI.65. Esame orale ad lauream 23.VI.67. Dissertatio ad lauream 31.V.74.

Roma 15 nov. 1964

Visito da una ventina di giorni i monumenti greco-romani di Roma. Sento riaffiorare in me il fondo paganeggiante. Orazio mi accompagna per la vie di Roma. "Ibam forte via |55| sacra, nescio quid meditans nugarum, totus in illis...".

Dal rostro del foro romano tuona Cicerone.

Per gli angiporti di Roma va bighellonando Lesbia: poveri loro, i lombi dei Romani! E Catullo si rode il fegato!


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