(Il messaggio del concilio a tutti gli uomini)
Doc.  III
III

Documento I

Progetto di dichiarazione iniziale

l. Sarebbe opportuno che il concilio, fin dalle prime sessioni di lavoro, facesse una dichiarazione nella quale - riprendendo i numerosi testi di S.S. Giovanni XXIII - proclami scopo, prospettive e ispirazione che daranno fisionomia propria al concilio stesso nell’attuale congiuntura. Una sorta di dichiarazione d’intenti in forma di «messaggio» (vedi messaggi natalizi di Pio XII e Giovanni XXIII) anziché in forma d’enunciato teorico.

2. Tale messaggio sarebbe indirizzato non ai soli cattolici o ai soli cristiani ma a tutti gli uomini della terra. Non v’è dubbio che l’annuncio del concilio ha provocato sintomatica curiosità e simpatia anche tra i non credenti, tra i popoli non evangelizzati al di là dell’Occidente. Bisognerà dunque accogliere e confermare tale attesa per realizzare il mandato evangelico «Andate e insegnate a tutte le genti».

3. La chiesa[3] riunita si rivolge dunque a tutti i popoli affinché la sua radicale universalità incontri effettivamente l’universalità terrestre, che la diffusione della civilizzazione scientifica e l’organizzazione[4] dei popoli stanno costruendo. Cattolicità che impone alla chiesa di rivolgersi in particolare «a quanti sono lontani», di uscire in qualche modo dal proprio territorio. Occasione mirabile: la chiesa non puo esser cattolica se non facendosi «missionaria».

4. In questa congiuntura d’un mondo in profondo mutamento, attese e speranze degli uomini sembrano comportare, sotto la spinta d’insuccessi e d’errori, un’aspirazione alla luce del vangelo. Occasione non certo da sfruttare a scopo apologetico, ma «potenza obbedienziale», come usano dire i teologi. La civilizzazione e i valori terrestri delle civilizzazioni, antiche e nuove, sono ambigui; ma portano in sé, in natura e nella storia, delle «potenzialità» che li rendono aperti al vangelo. Così, in altri tempi, la civilizzazione greco-romana.

5. La chiesa riunita in concilio affermi l’unità fraterna degli uomini al di sopra delle frontiere, delle razze, dei regimi economici e politici, delle civilizzazioni[5]. Proclami, nel rifiuto delle soluzioni violente, il suo amore alla pace, segno della presenza di Dio nella storia.

6. Il concilio dovrebbe dichiarare inoltre che tutto il popolo cristiano condivide vivamente la sofferenza degli uomini, e s’associa attivamente agli urgenti sforzi che si coalizzano contro la fame, contro la miseria, contro l’incultura, specie in particolari regioni del mondo dove la situazione diviene sempre più drammatica. Il popolo cristiano fa propria l’aspirazione del progresso economico, sociale, culturale. Vedi Mater et Magistra[6].

7. Il concilio dovrebbe inoltre dichiarare che la chiesa, fedele all’insegnamento e all’esempio di Cristo, si compiace in modo particolare nell’amore per i poveri, ai cui bisogni intende far fronte non soltanto con la beneficenza ma facendo propria la speranza di dignità dell’uomo nella vera libertà. Il regno di Dio infatti inizia sulla terra, nella comunità degli uomini‑fratelli (contro la calunnia marxista dell’alienazione)[7].

8. Così nel concilio la chiesa del Cristo «s’interroga su se stessa e cerca mezzi per essere a misura dei problemi degli uomini del suo tempo» (card. Liénart, 5 sett. 1962)[8]. Essa desidera con tutte le forze che il popolo cristiano dia testimonianza di pace e di gioia a tutti gli uomini, nell’attesa della felicità promessa da Dio agli uomini di buona volontà. «Perché il Signore gioirà di nuovo per te facendoti felice» (Deuter. 30,9)[9]. E la chiesa cattolica è felice di trovarsi d’accordo in ciò con le comunità cristiane ancora separate, nella fiducia che l’unità dei cristiani è simbolo efficace dell’unità degli uomini.

9. Questa dichiarazione sarà redatta in un vocabolario evangelico (con inclusione di qualche testo dei profeti dell’Antico Testamento). La redazione sarà fatta non soltanto nel testo ufficiale latino ma anche nelle principali lingue del mondo.

Documento II

In forma di «messaggio», ispirato al messaggio di S.S. Giovanni XXIII (11 sett. 1962)

1. Convenuti dalle estremità della terra, nell’unanimità del collegio apostolico, consacrata dalla presenza del supremo pontefice che presiede la nostra assemblea, noi ci rivolgiamo a tutti gli uomini, a tutti i popoli, per manifestar loro - insieme al nostro affetto - scopi e ispirazione di questo concilio ecumenico; e facciamo nostri i propositi di S.S. Giovanni XXIII espressi in molteplici allocuzioni, specialmente nel messaggio dell’11 settembre scorso.

2. Ci siamo compiaciuti nella simpatia con cui voi tutti, cristiani e non, avete accolto l’annuncio di questo concilio; e intendiamo rispondere alla vostra attesa, memori del mandato del Cristo ai suoi discepoli «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Mc. 16,15). In verità viviamo un momento storico in cui lo sviluppo della civilizzazione e l’organizzazione dei popoli fanno progredire l’universalismo della comunità umana; la chiesa ne gioisce perché la cattolicità è una sua radicale proprietà e un segno manifesto. Desideriamo mandare ad effetto la consegna del Signore il quale inviò gli apostoli a «quanti sono lontani» (Act. 2,39), e non soltanto alle pecore del proprio gregge. Occasione mirabile: la chiesa non può esser cattolica se non facendosi missionaria.

3. In un mondo in profondo mutamento, attese e speranze degli uomini sembrano comportare, sotto la spinta d’insuccessi e d’errori, una aspirazione alla luce del vangelo; e noi intravvediamo nelle diverse civilizzazioni, antiche e nuove, un terreno umano disponibile alla grazia, come lo fu un tempo la civilizzazione greco-romana. Cosicché la chiesa qui raccolta s’interroga su se stessa e cerca mezzi per essere a misura dei problemi di questo mondo nuovo.

4. Noi affermiamo in primo luogo l’unità fraterna degli uomini al di sopra delle frontiere, delle razze, dei regimi economici e politici, e delle civilizzazioni stesse. Discepoli di colui che «ha distrutto in se stesso l’inimicizia» (Eph. 2,16)[10], proclamiamo, contro soluzioni di violenza, il nostro amore alla pace, segno della presenza di Dio sulla terra.

5. Dichiariamo che tutto il popolo cristiano qui rappresentato condivide vivamente la sofferenza degli uomini, e s’associa attivamente a tutte le iniziative coalizzate contro la fame, contro l’ignoranza, contro la miseria che grida vendetta al cielo, specie nelle regioni sottosviluppate.

6. Denunciamo le violazioni dell’ordine provvidenziale della creazione, e - riprendendo l’insegnamento dell’enciclica Mater et Magistra - ricordiamo il dovere d’ogni uomo di contribuire a un utilizzo e distribuzione delle risorse della terra subordinati al bene comune di tutti, secondo il senso comunitario immanente nel cristianesimo. La chiesa rende così testimonianza, in consonanza con l’annuncio dei profeti e con la promessa del Cristo, che «il regno di Dio è in mezzo a voi», porta già i frutti nell’organizzazione fraterna d’una società umana resa dal progresso tecnico più atta alla giustizia sociale.

7. Fedele all’esempio e alla dottrina del Cristo, la chiesa si compiace in modo particolare nell’amore per i poveri, ai cui bisogni intende far fronte non soltanto con la beneficenza ma rivendicandone la dignità umana nella vera libertà.

8. Nutriamo pertanto la ferma speranza che, grazie a questo concilio, l’intero popolo cristiano saprà dare una testimonianza di pace e di gioia a tutti gli uomini, nell’attesa della felicità promessa da Dio agli uomini di buona volontà; «perché il Signore gioirà di nuovo per te facendoti felice» (Deuter. 30,9).

9. La chiesa cattolica è felice di trovarsi in ciò in pieno accordo con le comunità cristiane ancora da essa separate, nella consapevolezza che l’unità dei cristiani è simbolo e mezzo efficacissimo dell’unità degli uomini. Vorremmo lavorare, in questo concilio, in maniera da rispondere alla volontà e alla grazia, manifestata da Dio in questi ultimi tempi, di riunire i membri dispersi di tutta la sua famiglia. A tale scopo, riprendendo una preghiera di Benedetto XV, supplichiamo Dio di dissuaderci da quanto potrebbe allontanare da noi i nostri fratelli ancor oggi separati, sotto i cui sguardi noi lavoriamo.

10. Si realizzerà allora, in una primavera della chiesa e del mondo, l’annuncio del Signore rammentato da S.S. Giovanni XXIII: «Guardate tutte le piante; quando già germogliano, capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina. Così pure, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino» [Lc. 21,29-31].

Documento III

Messaggio a tutti gli uomini inviato dai padri, con assenso del sommo pontefice,
in apertura del concilio ecumenico Vaticano II  (20 ottobre 1962)

l. Desideriamo inviare a tutti gli uomini e a tutte le nazioni il messaggio di salvezza di amore e di pace che Cristo Gesù, Figlio di Dio vivo, ha portato al mondo ed ha affidato alla chiesa. Per questo motivo infatti noi, successori degli apostoli, tutti uniti in preghiera con Maria Madre di Gesù, formanti un solo corpo apostolico di cui è capo il successore di Pietro, ci siamo riuniti qui convocati dal beatissimo papa Giovanni XXIII.

Risplenda il volto di Cristo Gesù

2. Durante la nostra riunione, sotto la guida dello Spirito Santo, intendiamo ricercare le vie più efficaci per rinnovare noi stessi ed esser sempre più fedeli al vangelo di Cristo. Ci sforzeremo di proporre agli uomini del nostro tempo integra e pura la verità di Dio perché essi la comprendano e liberamente l’accettino. In quanto pastori desideriamo rispondere all’indigenza di tutti coloro che cercano Dio, «e si sforzano di trovarlo come a tastoni, quantunque non sia lontano da ciascuno di noi» (Act. 17,27).

3. Fedeli perciò al mandato di Cristo, il quale offrì se stesso in olocausto «perché questa chiesa potesse comparirgli davanti gloriosa senza macchia né ruga... ma santa e irreprensibile» (Eph. 5,27), dedicheremo tutte le nostre energie, tutti i nostri pensieri a rinnovare noi stessi e i fedeli a noi affidati affinché il volto amabile di Gesù Cristo, che splende nel nostri cuori «per riflettere lo splendore di Dio» (II Cor. 4,6), appaia a tutti gli uomini.

Dio ha tanto amato il mondo...

4. Crediamo che il Padre ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo per salvarlo; e che ci ha liberati dalla schiavitù del peccato per mezzo dello stesso Figlio suo, «tutto riconciliando in lui e per lui, ristabilendo la pace con il sangue della sua croce» (Col. 1,20) affinché «fossimo chiamati e fossimo realmente suoi figli». Inoltre dal Padre ci è dato lo Spirito affinché, vivendo la vita di Dio, amiamo Dio e i fratelli, coi quali siamo una cosa sola in Cristo. Aderendo a Cristo non soltanto non ci estraniamo dalle preoccupazioni e dalle fatiche terrene, ché anzi la fede la speranza e la carità di Cristo ci spingono a servire i nostri fratelli, seguendo in questo l’esempio del maestro divino, il quale «non è venuto per esser servito ma per servire» (Mt. 20,28). Parimenti la chiesa non è nata per dominare ma per servire. «Egli ha dato la propria vita per noi e noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (I Io. 3,16). Perciò, mentre speriamo che attraverso i lavori del concilio splenda più chiara e vivida la luce della fede, aspettiamo un rinnovamento spirituale dal quale proceda anche un felice impulso che favorisca i beni umani, e cioè le acquisizioni della scienza, i progressi della tecnologia, più vasta diffusione della cultura.

L’amore di Cristo ci sospinge

5. Qui riuniti da ogni nazione che esiste sotto il cielo, portiamo nei nostri cuori le ansie di tutti i popoli a noi affidati, le angustie fisiche e spirituali, i dolori, i desideri, le speranze. continuamente rivolgiamo il nostro animo a tutte le angosce che affliggono oggi gli uomini. Le nostre premure vanno anzitutto ai più umili, più poveri, più deboli; sull’esempio di Cristo nutriamo commossa condivisione per la moltitudine che soffre fame miseria ignoranza; costantemente rivolti a quanti, sprovvisti d'aiuti necessari, non sono ancora pervenuti ad una vita degna dell’uomo. Per questi motivi, nello svolgimento dei nostri lavori terremo in gran conto tutto quello che compete alla dignità dell’uomo e contribuisce alla fraternità dei popoli. «L’amore di Cristo ci sospinge» (II Cor. 5,14); infatti «se uno vede suo fratello nel bisogno e gli chiude il proprio cuore, come può l’amore di Dio essere in lui?» (I Io. 3,17).

Due problemi più importanti

6. Il sommo pontefice Giovanni XXIII nel messaggio radiofonico dell’11 settembre 1962 ha insistito particolarmente su due punti. In primo luogo il problema della pace. Non v'è uomo che non detesti la guerra e non desideri ardentemente la pace. Ed è proprio quanto massimamente auspica la chiesa, madre di tutti. Tramite la voce dei romani pontefici, essa non ha mai cessato di proclamare e il suo amore per la pace e la sua volontà di pace, sempre pronta a prestare di tutto cuore la sua opera efficace ad ogni sincero proposito. Essa tende inoltre con tutte le proprie forze a riunire i popoli, a promuovere fra loro reciproca stima di sentimenti e di azioni. Questa nostra assemblea conciliare, mirabile per diversità di stirpi nazioni lingue, non è forse testimonianza d’una comunità legata da amore fraterno, del quale splende come segno visibile? Noi proclamiamo che tutti gli uomini sono fratelli, a qualunque stirpe o nazione appartengano.

7. In secondo luogo il sommo pontefice stimola alla giustizia sociale. La dottrina esposta nella lettera enciclica Mater et Magistra mostra chiaramente come oggi la chiesa sia assolutamentc necessaria al mondo per denunciare ingiustizie e indegne disuguaglianze, per restaurare il vero ordine dei beni e delle cose affinché, secondo i princìpi del vangelo, la vita dell’uomo divenga più umana.

La forza dello Spirito Santo

8. Non possediamo né ricchezza né potere; riponiamo la nostra fiducia nella forza dello Spirito di Dio promesso dal Signore Gesù Cristo alla sua chiesa. Pertanto umilmente e ardentemente invitiamo tutti a collaborare con noi per instaurare nel mondo un più ordinato e fraterno vivere civile; invitiamo non solo i nostri fratelli dei quali siamo pastori, ma tutti i fratelli che credono in Cristo, e tutti gli uomini di buona volontà che «Dio vuol far salvi e condurre alla conoscenza della verità» (I Tim. 2,4). È infatti intento divino che nell'amore già risplenda in qualche modo il regno di Dio sulla terra, anticipazione del regno eterno.

9. Splenda dunque sulla nostra terra  -  lontana ancora dalla desiderata pace, minacciata dallo stesso progresso scientifico, meraviglioso certo ma non sempre ossequente alla superiore legge morale  -  splenda la luce della grande speranza in Gesù Cristo unico nostro Salvatore.


[3] Qui, § 3, inizia il testo di ICI = «Informations Catholiques Internationales» n° 577, ag. 1982.

[4] «politica» aggiunge il testo ICI.

[5] «delle civilizzazioni» omesso nel testo ICI.

[6] «Vedi Mater et Magistra» omesso nel testo ICI.   

[7] L’inciso tra parentesi tonde è omesso nel testo ICI.

[8] In luogo di «card. Liénart, 5 sett. 1962» il testo ICI porta «Jean XXIII». In Doc. II § 3 la frase ritorna ma fuori citazione.

[9] Traduzione della Sacra Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana; il testo originale porta traduzione francese della Bible de Jérusalem: «Car de nouveau Dieu prendra plaisir à ton bonheur». Il brano «Essa desidera... facendoti felice» è omesso nel testo ICI

[10] «en sa personne a tué la haine» ha l’originale; «supprimant en sa chair la haine» traduce la Bible de Jérusalem.

 


finis

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