Che
cosa dice la teologia della liberazione? «Vita sociale» 41 (1984) 336-56. |
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1 | Pratiche pastorali e modelli di chiesa | 8 | Caratteristiche della chiesa in una società classista |
2 | Pratiche teologiche e incidenze pastorali | 9 | La comunità ecclesiale di base: il minimo del minimo |
3 | La chiesa e la lotta per la giustizia e per il diritto dei poveri | 10 | Le ecclesiologie soggíacenti alle comunità di base |
4 | La questione della vìolazione dei diritti umani nella chiesa | 11 | Si giustifica la distinzione tra chiesa docente e chiesa discente? |
5 | Il potere e l’istituzione nella chiesa possono convertirsi? | 12 | Una visione alternativa: la chiesa sacramento dello Spirito Santo |
6 | Il cattolicesimo romano: struttura, salute, patologie | 13 | Una strutturazione alternativa: il carisma come principio di organizzazione |
7 | In favore del sincretismo: la produzione della cattolicità del cattolicesímo | ||
Boff nato in Brasile nel 1938, frate francescano dal 1959, secolarizzato nel 1992. (2017) http://www.korazym.org/27483/teologo-maledetto-ritratto-di-leonardo-boff/ |
Non tutta la teologia della liberazione né tutto Boff. Soltanto Chiesa: carisma e potere, Roma (Borla) 1983, pp. 277; originale Leonardo Boff, Igreja: carisma e poder, Petrópolis (Brasile) 1981.
Sottotitolo: «Saggio di ecclesiologia militante». Nella nostra memoria lessicale, milita oggi più dí frequente il soldato il politico il sindacalista; militava di più anni addietro il brigatista rosso. Ma a suo tempo ha militato moltissimo anche la chiesa (ecclesia militans), sebbene rimettesse all’aldilà i propri trionfi (ecclesia triumphans). Da quando la chiesa latinamericana ha sposato la causa degli umili, dei poveri, degli oppressi, sta reimparando il gusto della militanza; ma osa anche sperare d’anticipare nell’aldiqua non certo i trionfi ma almeno le primizie della «libertà con cui Cristo ci ha liberati» (Gal. 4,31). Le primizie della libertà portano i tratti della lotta: la liberazione.
Chiesa: carisma e potere è il libro più recente del francescano brasiliano Leonardo Boff convocato il 7 settembre 1984 dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a un colloquio chiarificatore su «alcuni problemi sorti dalla lettura del libro». In data 15 maggio 1984 il card. Ratzinger a nome della Congregazione inviava all’autore una lettera e gli sottoponeva specifici punti controversi sui quali l’invitava a dar chiarimenti: 1) struttura della chiesa, 2) concezione del dogma e della rivelazione, 3) esercizio del potere sacro. La lettera premetteva tre osservazioni generali circa il metodo del teologo brasiliano: a) nella ricerca di raggiungere i problemi dell’America latina e in particolare del Brasile, l’autore non presta sufficiente attenzione alla dottrina della chiesa e del magistero preferendo far ricorso a correnti teologiche discutibili; b) il linguaggio manca a volte della necessaria serenità e moderazione; c) l’uso del dato storico filosofico politico e sociologico, sebbene legittimo in teologia, dev’essere illuminato e guidato dalla luce della fede (testo in «Il Regno» 17, 1984, 537-39). Il colloquio romano del 7 settembre si è svolto sulla falsariga della dettagliata risposta scritta di Boff alle questioni sollevate dalla Congregazione, ora integralmente accessibile al lettore italiano («Il Regno» 17, 1984, 540-57).
A primo scorcio sembrerebbe che Chiesa: carisma e potere abbia poco a che fare con i temi più espliciti della teologia della liberazione. Vi si colloca invece nell’incastro più delicato, là dove la pastorale della chiesa latinamericana, rimossa la collateralità con l’apparato del potere politico, si ritrae per dotarsi di nuovi ministeri, di nuovo assetto, di nuovi carismi. Il compagno inconsueto (l’oppresso) e il rivale potente (l’egemonia economico-militare) impongono alla chiesa un nuovo ordine interno perché possa sostenere una diversa prassi pastorale. I dieci anni che separano la Teologia della liberazione del peruviano Gustavo Gutiérrez (1971, ed. ital. Brescia 1972) da Chiesa: carisma e potere di Leonardo Boff denunciano tuttaltro che un ripiegamento verso cose intraecclesiastíche. Gutiérrez mirava alla legittimazione della «teologia» della liberazione nel consesso teologico, e vi gettava il peso dell’organicità e la forza dell’assetto argomentativo [70enne Gutiérrez si fa frate domenicano a inizio 2000]; Boff, acquisito e assorbito il discorso della nuova teologia, è implicato con la trasformazione delle strutture di chiesa che la nuova prassi pastorale ha in parte indotto nelle strutture ecclesiastiche preesistenti e in parte sollecita. Cosicché Chiesa: carisma e potere dibatte questioni prevalentemente ecclesiologiche (ecclesíologia è la disciplina teologica che studia la chiesa, sua natura e sue strutture) al servizio della chiesa latinamericana; di questa - delle sue speranze e dei suoi travagli - porta evidentissime tracce. Il libro non è un’opera sistematica ma raccoglie 13 saggi composti negli ultimi 12 anni, diretti a destinatari più disparati (dalle comunità di base a incontri presbiterali a simposi teologici), pensati e scritti in occasioni e linguaggi differenti, che vanno dal confidenziale all’accademico, dal profetico all’analitico. La varietà del dettato e del contesto tradisce l’immediata consonanza con la prassi pastorale, cui del resto la teologia della liberazione attribuisce indiscussa precedenza.
I modelli di chiesa sono di fatto elaborati a partire da pratiche pastorali; l’analisi di quest’ultime permette di comprendere e la predicazione della chiesa e le elaborazioni teoriche su di essa (ecclesiologie). Ma occorre fissare le polarità che entrano in gioco nella comprensione chiesa.
Il Regno di Dio: utopia realizzata nel mondo (escatologia); lieto fine della totalità della creazione finalmente liberata in Dio da ogni imperfezione, realtà prima e ultima che ingloba in sé tutte le altre. Il mondo: luogo della realizzazione storica del Regno, decaduto e segnato dal peccato; il Regno di Dio si costruisce contro le forze dell’anti-regno, impone un processo faticoso di liberazione. La chiesa: quella parte del mondo che, nella forza dello Spirito, ha accolto il Regno in forma esplicita nella persona di Gesù Cristo; realizzazione anticipatrice e sacramentale del Regno.
L’indebita articolazione di queste polarità genera patologie nella chiesa: quando la chiesa presume d’identificarsi col Regno, o quando s’identifica col mondo, o quando - tutta contrata su se stessa - non si commisura né col Regno né col mondo (pp. 7-9).
L’America latina ha ereditato tre modelli corrispondenti a tre ecclesiologie latenti o esplicite:
a) Chiesa come «civitas Dei» [città di Dio]: la chiesa si ritiene dotata di tutti i doni salvifici, unica portatrice della salvezza eterna. Essa attiva pertanto un’íntensa pratica sacramentaria dispensatrice di salvezza; realizza una forte coesione gerarchica interna; il mondo non ha una propria consistenza teologica. L’ecclesiologia latente è quella della chiesa come «società perfetta», parallela all’altra società perfetta che è lo stato. Il potere religioso non vi è inteso come forma di lettura dell’intera realtà ma come regione delimitata del reale la cui competenza spetta alla gerarchia. Nessuna articolazione si dà col Regno e il mondo. Modello di chiesa superato teologicamente dopo il Vaticano II ma dalla tenace resistenza; confrontato dall’egemonia guadagnata da prassi ecclesiali d’altro segno, questo modello si fa «apertamente reazionario e non solo tradizionalista» (11).
b) Chiesa come «mater et magistra». Evangelizzata secondo il modello di «chiesa del Padronato», l’America latina salda un lungo patto tra chiesa e stato. Caduto il regime del padronato e affermatisi gli stati repubblicani, la chiesa stabilisce nuovi rapporti preferenziali con la nuova classe dirigente; cura e crea istituzioni a beneficio delle classi agiate perché queste, imbevute di spirito cristiano, liberino gli oppressi. Una chiesa per i poveri, ma non con i poveri e dei poveri (12). L’edificio della fede è presentato compatto e perfetto; il linguaggio «sacerdotale» e sicuro su ogni questione; scrupolosamente osservate le competenze gerarchiche. C’è una funzionalità dell’articolazione Regno-mondo-chiesa; la preferenza è data ai poteri costituiti e non ai movimenti storici emergenti. Assetto dal lungo respiro; beneficia dell’appoggio dei poteri statali e interpreta la consonanza sussidiaria alla politica centralista romana. Il modello entra in crisi quando gli stati si fanno autoritari e reprimono il popolo «oltre i limiti eticamente tollerabili» (13). La lotta per i diritti umani non la si fa pubblicamente ma in prese di contatto segrete con capi militari e vertici gerarchici. Pubbliche prese di posizione sarebbero «indebite intromissíoni nella politica». Tale modello di chiesa «si trova troppo compromesso con i poteri secolari per poter assumere, normalmente, un atteggiamento critico di fronte alle oppressioni che amareggiano la vita del popolo» (13).
c) Chiesa come «sacramentum salutis» [sacramento di salvezza]: i paesi latinamericani hanno conosciuto in questi ultimi decenni l’affermarsi di una borgbesia industriale dinamica, nazionalista e modernizzatrice. La chiesa, illuminata criticamente sul valore del profano e delle realtà terrestri, ha partecipato intensamente a questo tentativo di riforma sociale collocato entro il capitalismo avanzato e tecnologico, e ha collaborato a ogni riforma progressista (del tipo «sviluppismo socialdemocratico» ma non alternativo). La chiesa è manifestazione e strumento di salvezza nel mondo; ma per mondo s’intende prevalentemente il prodotto dell’impresa scientifico-tecnica. La chiesa si è guadagnata la simpatia del mondo imprenditoriale più dinamico e degli intellettuali d’estrazione laica; confida molto in centri di potere decisionali impegnati ecclesialmente e sensibili al nuovo spirito conciliare: Cursillos de Cristiandad, Movimento Famíliar Cristão, Movimento Carismatico e altri del genere, che «hanno come primo riferimento d’interesse i gruppi sociali benestanti e non il popolo proletario e povero» (16).
Con gli anni '60 ha avuto inizio in quasi tutti i paesi sudamericani una crescente presa di coscienza dei meccanismi sociali che producono sottosviluppo a vantaggio dello sviluppo dei paesi centrali (Atlantico del nord), complici i rapporti profondamente dissimetrici con i paesi tecnologicamente più arretrati ma più ricchi di materie prime. Tale sottosviluppo «viene così ad apparire l’altra faccia dello sviluppo» (16). Il popolo oppresso diventa il soggetto storico d’una liberazione atta a garantire uno sviluppo autosufficiente. Dopo gli anni della repressione più dura (1968-74) la chiesa partecipa sempre più a tale progetto con l’enorme peso sociale che gode in Sudamerica. Il movimento parte dalla base ecclesiale. Tutto iniziò con i circoli biblici che si svilupparono in piccole comunità di base dall’intento principalmente catechetico; maturarono successivamente forme di solidarietà nei problemi di vita quotidiana; vi si innestò poi la coscienza e della solidarietà di classe e della natura strutturale dell’accumulazione privata da una parte e dell’indigenza di massa dall’altra. «Emerge allora la questione politica, e il tema della liberazione assume contenuti concreti e storici. Non si tratta soltanto di una liberazione dal peccato (dal quale sempre dobbiamo liberarci) ma anche di una liberazione che ha dimensioni storiche (economiche, politiche e culturali). La fede cristiana mira direttamente alla liberazione ultima e alla libertà dei figli di Dio nel Regno. Ma include anche le liberazioni storiche, come forma di anticipazione e concretizzazione della liberazione ultima, solo possibile nel compimento della storia in Dio» (18).
In tali comunità si stabilisce uno spontaneo transito dalla fede al politico sul soggetto stesso che, mentre proclama la fede liberatrice, si riconosce termine di secolare oppressione. A sua volta la comunità di base opera una distribuzione nuova del potere religioso interno alla Parola, ai sacramenti e ai ministeri esercitati dai laici. La chiesa «nasce dalla fede del popolo» (18). «È in atto una vera ecclesiogenesi [= nascita della chiesa], una chiesa che nasce dalla fede dei poveri» (19). L’opzione per i poveri (chiesa dei poveri non solo per i poveri) non equivale esclusione di chicchessia; ma è a partire dai poveri che la chiesa definisce la sua relazione con gli altri strati sociali (20).
Il Regno, benché sia l’utopia cristiana del destino finale del mondo, entra fin d’ora nella storia dell’uomo, là dove si opera giustizia e fraternità, dove i poveri sono rispettati e fatti protagonisti della loro storia. Il mondo prende i suoi contorni storici: è il mondo dei poveri, il sottomondo che dev’essere trasformato a convivenza umana e fraterna. La chiesa si propone di assumere il sottomondo e i non-uomini per aiutarli nel processo di liberazione integrale col suo apporto specifico: il riferimento religioso e la lettura in chiave di Regno di Dio in atto fin d’ora (20-22).
Si analizzano brevemente le principali tendenze teologiche e il loro relativo impatto sulla pastorale di chiesa: teologia come esplicitazione del «depositum fidei» [deposito della fede], come iniziazione all’esperienza cristiana, come riflessione sul «mysterium salutis» [mistero della salvezza], come antropologia trascendentale, teologia dei segni dei tempi (del politico, della secolarizzazione, della speranza) (23-34). Una sesta corrente teologica è chiamata «teologia della cattività e della liberazione» (34-36). Se le precedenti teologie-pastorali rispondono a particolari situazioni culturali dei paesi occidentali (secolarizzazione, ateismo, morte di Dio ecc.), la chiesa d’Asia Africa America latina si è trovata davanti a una realtà dalle enormi dimensioni: grandi masse di poveri che prendono coscienza d’essere emarginati dai frutti del processo produttivo. «La questione è dunque: come essere cristiani in un mondo d’impoveriti e di miserabili? Il tempo delle riforme nel sistema e ormai passato; ciò che occorre è un processo di liberazione, in cui i poveri ricuperino la propria dignità vilipesa e collaborino alla gestazione di una società non necessariamente ricca, ma giusta e fraterna» (34). La chiesa e la teologia, secondo le competenze proprie, dovranno rispondere alla sfida in più istanze: a) testimoniare l’esperienza religiosa del Servo sofferente Gesù Cristo negli afflitti di oggi; b) indagare vie e meccanismi per i quali si produce «da un lato una miseria urlante e dall’altro una ricchezza scandalosa»; c) scorgere nella realta della miseria i sentieri della grazia e le insidie del peccato; d) stabilire piste di azione pastorale con le quali la chiesa e i cristiani siano di aiuto nel processo di liberazione integrale. «La fede cristiana porta il proprio contributo specifico nel processo globale della liberazione dei poveri, in quanto privilegia i mezzi non violenti, la forza dell’amore, la capacità inesauribile del dialogo e della persuasione e cerca anche di capire - alla luce dei criteri etici fissati nella tradizione - la violenza, a volta inevitabile, perché imposta da coloro che non vogliono nessun cambiamento» (35). La tentazione di questa teologia è di schivare la conversione personale e la ricerca della perfezione della vita cristiana. La fede ha innegabilmente una dimensione politica e la situazione la impone con urgenza: «ma essa [la dimensione politica] non esaurisce tutta la salvezza della fede, che deve trovare anche altre espressioni all’interno del processo di liberazione integrale, quali l’espressione mistica, liturgica, personale» (36).
La situazione della chiesa brasiliana urge per quest’ultima teologia, quella della cattività e della liberazione; «è una delle creazioni originali dei nostri cristiani e un contributo che noi diamo alle altre chiese» (36).