Francesco da Trevi OP ■ fl. 1291-1332 ■ De miraculo in fratre Iacobutio de Spoleto (Arezzo 1326) | |||
■ Trevi nel ducato e diocesi di Spoleto, oggi in provincia di Perugia (Umbria). San Domenico d’Arezzo 1326. Racconto e legenda, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 64 (1994) 75-100. Emilio Panella OP San Domenico di Fiesole, agosto 2018 | |||
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Capitolo provinciale Spoleto 1291: «Ponimius studium nove logice:... Item Spoleti ubi leget fr. Felicianus Spoletanus, cui assignamus studentes fratres Forestum Aretinum, Franciscum de Trebio, ... » ("Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum Historica" XX, 101/12.17-18).
Logica nuova: corso avanzato di logica sui libri aristotelici Topici, Elenchi sofistici, Analitici primi e secondi.
Capitolo provinciale Siena 1295: «Ponimus studium in naturis in conventu Pistoriensi, ubi assignamus studentes fratres... Franciscum de Trebio...» (MOPH XX, 121/31-32, 122/2).
Capitolo provinciale Todi 1301: «Assignamus studio Parisiensi fratres Iohannem de Tornaquincis Florentinum, Franciscum de Trebio, Angelum Tiburtinum, et simul vadant et simul redeant de studio memorato» (MOPH XX, 141/16-18).
Capitolo provinciale Rieti 1305: «Assignamus lectores:... in conventu Tudertino fr. Franciscum de Trebio» (MOPH XX, 154/16, 29).
Capitolo provinciale Siena 1306: «Facimus visitatores: fr. Franciscum de Trebio qui visitabit conventus Florentinum, Pratensum, Pistorinum, Lucanum, Pisanum et locum de Serazana» (MOPH XX, 162/18-20).
■ Sarzana (in provincia della Spezia, Liguria) non ancora convento formale, lo sarà nel 1310. Nel 1504-05 viene trasferita dalla provincia domenicana Romana a quella della Lombardia superiore, detta anche di San Pietro Martire. Arch. Segreto Vaticano, Arm. XXXIX.22, f. 48r-v (Roma 16.IV.1504): «Dil(ecto) fil(io) gen(erali) et magistro OP. Cum… in conventu Sancti Dominici Sarzanen(si) esse religiosos ipsi reipublice non suspectos ac propterea dilecti filii Sancti Georgii Genuen(sis) nobis humiliter supplicarunt ut dictum conventus de provincia Tuscie ad provinciam Lombardiae superioris, non tamen sub regulari observantia, transferri vellemus».
Capitolo provinciale Orvieto 1310: «Ponimus lectores:... in conventu Fulginate <ubi leget> fr. Franciscus de Trebio» (MOPH XX, 177/31, 178/3-4).
Modena, Biblioteca Estense, Campori App. 59 (g O.3.25). Codice membranaceo, 295 x 215, ff. 201, databile metà Trecento; preferibilmente dopo, anziché prima, come stimano altri. In ff. 154va-156va:
fra Francesco da Trevi
De miraculo facto in conventu fratrum Predicatorum in Aretio in fratre Iacobutio de Spoleto
Testo originale latino lo leggi in ..\convento\arezzo13.htm
Qui di seguito la mia traduzione italiana:
«Miracolo fatto a fra Iacopuccio da Spoleto nel convento dei frati Predicatori di Arezzo.
Radice feconda di virtù, non cessa di germogliare fiori e frutti, e tesoro ricolmo di perle che offre quotidianamente cose preziose ai bisognosi, così il glorioso padre san Domenico, fecondissima radice di virtù nonché infinito tesoro di meriti, dopo antichi e molteplici miracoli, non ha cessato di operarne di nuovi, a prova che a lui dobbiamo riferire le parole del Salmo «Il giusto germoglierà come giglio e fiorirà per sempre davanti al Signore», e parimenti quanto nel vangelo di Matteo 13,52 «Ogni scriba dòtto del regno dei cieli è simile al padrone di casa che estrae dal proprio tesoro cose nuove e cose antiche». Costui è l'albero piantato e radicato lungo le acque della grazia, del quale è detto in Geremia 17,8: Perché non smetta di produrre i suoi frutti.
Premessa opportuna per intendere il miracolo che or non è molto, nell’anno del Signore mille trecento venti sei, |155ra| il glorioso padre san Domenico ha operato nel convento dei frati Predicatori d’Arezzo.
Assegnato infatti al convento aretino, c'era un giovane studente in logica di nome fra Iacopuccio da Spoleto. Verso la fine di luglio lo colse un febbrone ostinato e rovente, che non dava segni di remissione alle cure mediche; al contrario montava sempre di più. Tra i molti e gravi i disturbi, la febbre lo privò del sonno al decimo giorno, che cadeva il primo d'agosto. Nessuna medicina riuscì a recargli rimedio e ridagli almeno un'oretta di sonno! Le sue forze frattanto a poco a poco venivano meno.
Al quattordicesimo giorno |155rb| - di solito per moltissimi malati termine di possibile guarigione -, il medico stimò che non sarebbe guarito ma deceduto: le forze naturali, su cui sperare una ripresa, erano pressoché consumate dalla veglia, da mancata alimentazione e dall'aggressività del morbo.
Il giorno dopo, il malato pareva quasi semimorto. Era la vigilia <4 agosto 1326> della festa del nostro padre san Domenico. Il medico, al vederlo vivo, restò sorpreso; ma poiché in nessum modo migliorato, bensì aggravato, lo ritenne sul punto di morire. Si consumava infatti, secondo il corso della natura, il termine delle forze naturali aggredite da detta infermità.
|155va| A lui, quasi semivivo, si avvicinò l'assistente e socio, e gli disse: «Fratello mio, fra Iacopuccio, sii forte, sta' sereno, rafforza la tua fede. A parere del medico, Dio ti vuol chiamare a sé. Affidati al nostro padre san Domenico: oggi è la sua vigilia, domani la sua festa. Chiedigli che faccia per te quanto è meglio per la tua anima». Udito ciò, fra Iacopuccio indirizzò mente e cuore al beato Domenico, e cominciò ad invocarlo devotamente: «Padre mio, beato Domenico, aiutami!». La ripeteva spesso, questa preghiera; e aggiungeva: «Fa' pure quel che ritieni meglio per me».
Al primo sonno della notte, continuò senza sosta ad invocare san Domenico e a vegliare. Non riusciva più ad articolare parole |155vb| ma le proferiva col cuore. Ecco, allora una grande luce risplendette nella cella dove giaceva, di tanto splendore e bagliore da oscurare del tutto la lucerna che vi ardeva. Ad occhi aperti fra Iacopuccio fissò tale sorgente luminosa, benché sorpreso e impaurito. A rimirarla, tuttavia, si sentì confortato.
La luce precedeva il padre dei lumi, ovvero san Domenico, il quale fu padre della luce di vera dottrina, padre della luce di vita santa, della luce di luminoso ordine religioso, straordinario riflesso della luce superna. E lo stesso san Domenico, in forma di grande frate Predicatore, dal volto candidissimo, apparve a fra Iacopuccio, agitato allo spendore della luce. Si accostò al letto e gli disse |156ra|: «Fra Iacopuccio, ecco sono io, colui che tante volte hai invocato». E aggiunse: «Non temere, figlio mio!». A queste parole fra Iacopuccio si sentì confortato, e disse con tutto il suo cuore: «Padre mio san Domenico, aiutami!».
Di nuovo lo confortò dicendogli «Non temere, figlio mio». Poi il beato Domenico estrasse dal proprio seno una patena di calice d'oro splendente, poi una pisside, e dalla pisside un'ostia; tenendo l'ostia con la mano destra e la pisside con la sinistra, gli disse: «Figlio, ricevi questa sacra comunione, e Cristo ti guarirà». Accostò l'ostia alla bocca di fra Iacopuccio sveglio. Costui aprì la bocca, ricevette l'ostia, la masticò fisicamente e la deglutì.
Tutti i fatti si svolsero |156rb| alla luce suddetta, e durante la piena funzionalità sensoriale del malato sveglio.
Appena fra Iacopuccio ebbe deglutito l'ostia sacra, il glorioso e pio padre san Domenico scomparve insieme con la luce. Subito fra Iacopuccio s'addormentò, lui che per i cinque giorni precedenti non era riuscito a dormire, come ricordato sopra.
Protrasse il sonno fino al mattino. Al mattino si svegliò, e si sentì sano e forte. Da solo indossò abiti e calzature, si alzò dal letto e andò in chiesa per render grazie all'altare di san Domenico. I frati gli andarono incontro, insieme col medico qui venuto per visitare altri malati; volevano fermarlo e ricondurlo a letto, ritenendolo in stato confusionale. Ma egli disse loro: «Non fatelo, |156va| vi state sbagliando, san Domenico m'ha guarito!». E raccontò loro punto per punto quanto san Domenico aveva operato a suo favore. Il medico gli tastò il polso, e disse: «Frate, sei perfettamente guarito. Ringrazia san Domenico per la vita che ti ha ridato, perché secondo le leggi di natura eri sul punto di morire».
Questo miracolo l'ho messo per iscritto io, fra Francesco da Trevi dell'ordine sopraddetto, così come me l'ha raccontato fra Iacopuccio, a onore e lode del glorioso padre san Domenico. Della sua gloria ci renda partecipi colui che ce l'ha dato per padre e guida, e che è benedetto nei secoli, Gesù Cristo nostro signore».
■ Francesco da Trevi compone il racconto del miracolo aretino non molto tempo dopo l’evento, avvenuto tra i giorni 4 e 5 agosto (vigilia e festa liturgica di san Domenico) 1326 : «or non è molto (noviter) nell’anno del Signore 1326 nel convento d’Arezzo…»; vivente il protagonista Iacopuccio, come tradisce l’incastro tra il verbo passato «viveva in Arezzo» e il presente «si chiama»: «Erat enim in dicto conventu quidam iuvenis studens in loyca qui vocatur frater Iacobutius de Spoleto» (§ 4).
Cf. San Domenico d’Arezzo 1326. Racconto e legenda, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 64 (1994) 75-100. Th. Kaeppeli († 1984) - E. Panella, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, vol. IV, Roma 1993, p. 87.
Capitolo provinciale Orvieto 1331: «Assignamus lectores:... in conventu Fulginate fr. Franciscum de Trevio» (MOPH XX, 259/3, 14-15).
Capitolo provinciale Roma 1332: «Assignamus predicatores cum gratiis lectorum actu legentium:... in conventu Fulginate fr. Franciscum de Trebio» (MOPH XX, 275/23, 27).
Quarantun anni di vita religiosa, dal 1291 al 1332. Ma bisogna dargliene ancora degli altri. Se infatti nel 1291 Francesco viene assegnato studente di logica nuova, è perché era già passato per il corso elementare di logica antica (Isagoge di Porfirio, Divisioni e Topici di Boezio, Categorie e Interpretazione di Aristotele, Trattati ovvero Summule logicales di Pietro Ispano); lo impone il curriculum degli studi ricavabile dagli stessi atti capitolari del 1291 e degli anni successivi.
Corso - quello di logica nuova 1291 - verosimilmente biennale se il capitolo del 1292, fatti taluni aggiornamenti di luoghi e nomine lettorali, conferma in blocco l’assetto degli studi di arti (= lettere e filosofia) disposto l’anno precedente (MOPH XX, 107/10-23, con finale «Reliqua studia quantum ad lectores artium et studentes remaneant sicut prius»). Non siamo certi se il vigore dell’ordinazione del medesimo capitolo 1292, triennio di formazione religiosa di base da premettere ai corsi di logica (MOPH XX, 105/28-30), possa esser retrodatato al caso di Francesco. Ma almeno un anno di tale fase formativa ha a suo favore una prassi diffusa.
AGOP XIV A 4 (xiv in), f. 9r (Opusculum de agendis in ordine, § De studio bene ordinando): «Item expedit quod post professionem, antequam mittantur ad studium arcium, quod sint per annum in officio ecclesie et in observanciis ordinis se exercitantes». Cf. C. Douais, Acta capitulorum provincialium ordinis fratrum Praedicatorum (1239-1302), Toulouse 1894, 674; R. Creytens, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 26 (1956) 115.
E a capo di tutto, l’anno di noviziato, «annus probationis» nel lessico del tempo. Cosicché nel 1332 Francesco doveva contare non meno di 43/44 anni di vita religiosa. E a voler considerare la vita media del tempo, il calcolo delle probabilità non depone a favore d’una lunga sopravvivenza di Francesco oltre l’anno 1332, ultimo dato conosciuto.
Indices generales, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 51 (1981), p. 403a, voce "Trevi, conv. OP", unico rinvio a 38 (1968) p. 122 n. 24: «Fondazione del convento di Trevi (sec. XVII)».