Ordiniamo in sommi capi i risultati raggiunti da Riccardo Barsotti, e passati senza giunte né contestazioni di rilievo ai lettori di Cr Ps.
a) Tre mani scrivono il codice di Cr Ps: la prima (= mano A) da f. 1r a f. 37r; la seconda (B) da f. 37v a f. 38v; la terza (C) da f. 39r a fine f. 40v (Barsotti, I manoscritti 212). Anche la grafia di ff. 26r-27r (a ridosso della notizia biografica su Bartolomeo da San Concordio † luglio 1347/6, Cr Ps n° 180 f. 25v), sebbene diversa a prima vista, è di fatto la medesima delle carte precedenti; se sembra passar più leggera, lo è più probabilmente per «effetto della maggiore attenzione di Fr. Domenico da Peccioli, che proprio di qui comincia ex integro, senza falsarighe altrui, la sua cronaca» (ib. 216-17).
■ Da confermare unicità grafica di ff. 26r-27r. Aggiungo che l'effetto di sorpresa visiva di queste carte deve molto al marcato contrasto di chiaroscuro tra parte pelo di f. 26r e parte carne di 26v e 27r, e verosimilmente alla diseguale reazione della membrana alla pressione scrittoria.
b) Mano A, ff. 1r-35r. «Che il Codice sia autografo di Fr. Domenico, che si dà nel Prologo per autore della Cronaca, sia pure sulla scorta di Fr. Bartolommeo <da San Concordio> e di Fr. Ugolino <di ser Nuovo>, è fuori dubbio, nonostante qualche specioso argomento che potrebbe addursi in contrario. Ciò è dimostrato anche dai non pochi pentimenti dello scrivente, correzioni e sostituzioni di parole, che male si spiegherebbero in un copista» (217). «Notevole è poi che col foglio 26r sia ancor più corrente l'identità della scrittura con quella delle prime pagine della Cronaca, cosicché si può senz'altro dire che la prima mano, la quale stando al Prologo e ai caratteri interni si riconosce di Fr. Domenico da Peccioli, procede fino al f. 35r» (289).
c) Due argomenti speciosi contro l'autografia di Bartolomeo: 1°) nel prologo (f. 2r4: intendi, qui e in seguito, numero di foglio e di rigo), il nome Dominicus de Peccioli, humilis sacre theologie magister è «scritto un po' fuori del rigo, con inchiostro un po' sbiadito, e, probabilmente, di mano un po' più recente»; 2°) il cronista successivo Simone da Cascina non ricorda il lavoro di Domenico a Cr Ps nella notizia a lui dedicata (217).
Risposta a 1°): «se Fr. Domenico fu incerto ed omise di notare il suo nome, lo aggiunse non molto dopo un lettore che aveva viva la tradizione della paternità dello scritto»; a 2°): Simone non aveva bisogno di ricordare quanto a tutti noto e presente; argomento a silentio e non probativo (217).
d) ff. 35r-37v, sezione di transizione e d'interferenza tra mani A e B. «Prima di arrivare alla seconda mano si notano elementi estranei che ricalcano, quà e là, parole su quelle originali, evidentemente sparite. Al f. 35r, anzi, la biografia di Fr. Proynus de Vico, cominciata dalla solita calligrafia, vien continuata dalla mano che seguiterà la Cronaca al f. 37v» (289).
■ Luogo da individuare in Cr Ps n° 252 Proynus de Vico † 1385, f. 35r14 «et exinde in brevi…», dagli evidenti tratti di minuscola documentaria (confronta d, b ecc.).
e) Mano B, ff. 37v-38v, da n° 262 Thomas de Nodica a n° 267 Iacobus de Sardinea. In totale «sei biografie di frati, morti quasi tutti durante la peste del 1398. Probabilmente esse sono state non scritte, ma dettate dallo stesso Fr. Domenico da Peccioli»; vecchio e stanco, anziché mostrare i segni della senescenza sul libro a lui carissimo, «preferì che una mano più ferma scrivesse in vece sua quelle ultime tre pagine» (290).
■ A voler restare entro il testo di Cr Ps (punto di vista del Barsotti): a) la data del decesso non è formalmente annotata; b) il testo non dà garanzie della successione cronologica delle registrazioni. Solo in n° 263 Bartholomeus Venture si dice «Infirmatus est Luce de peste anno Domini 398 et rediit Pisas infirmus…».
f) Mano C, terza e ultima, ff. 39r-40v, di Simone da Cascina. Da f. 39r, «Hic incepit cronicam prosequi magister Symon…», e susseguente n° 268 Thomas de Vico † 1400 (290-91, f. 30r lapsus in luogo di f. 39r); fino all'interruzione nel corso di n° 275 Andreas de Boncontibus. Quanti fogli manchino al codice mutilo, non sappiamo. Continuazione pervenutaci solo parzialmente. L'annalista del 1550 ha conosciuto tanto testo quanto ne leggiamo noi oggi (291-93).
Un silenzio ininterrotto suona universale consenso. Ma è tutto così incontroverso? Mano B scrive ff. 37v-38v sotto dettatura? I riscontri d'un testo dettato avventurano su regioni ardimentose della critica del testo.
■ Classico il caso di A. Dondaine, Secrétaires de saint Thomas, Romae 1956, 100 ss, su BAV, Vat. lat. 781, ff. 51ra-140vb: De veritate (1256-59) qq. 2-22, originale da dettatura con correzioni e rielaborazioni d'autore. Id., Praefatio a Thomae de Aquino Opera omnia t. XXII/I fasc. 1, Quaestiones disputatae de veritate, Romae 1975, 44 ss. Casistica su varianti d'autore nel periodo moderno: D. Isella, Le carte mescolate. Esperienze di filologia d'autore, Padova 1987.
E sarebbe sproporzionato prelevare l'ipotesi di pagine «probabilmente non scritte ma dettate dallo stesso Fr. Domenico da Peccioli» per saggiare l'impalcatura d'insieme; tanto più che la dettatura appare subintrodotta come obbligato ripiego per assicurare l'autenticità della sezione, vista l'indubitata autografia riservata a mano A. Ma curiosamente, proprio la breve sezione ff. 37v-38v, oltreché ignorare errori inequivoci da ecografia, ovvero dettattura, esibisce incidenti scrittorii da copia e interventi sul testo che chiamano in causa attività compositiva, quella abitualmente spettante all'autore. Il caso, in sé minuscolo, apre una breccia a più sostanziali revisioni. Recensiamo gl'incidenti di queste carte.
1°) Sic fr. Thomas fuit radix et principium Tuscie circa tot bona. Tandem rediens Serçanam, multum pro reparatione illius conventus substinuit; et alia estate revoluta di(vin)e h [divine h barrato] enodavit laqueos huius vite et sic itinere libero transivit ad celum (Cr Ps n° 262 f. 37v, fine biografia). 2°) Frater Michael, filius Ludovici Michaelis de Tosis,… nullius bone indolis adolescens, lusor, matri et p [et p barrato] non reverens, suis maioribus non obbediens, magnus et pulcer in corpore sed parvus in virtute et vitiorum dedecore turpis (n° 266 f. 38v). 3°) conteritus digitum Dei conversit [conversit eraso] convertit ad sue corversionis effectum (ib. f. 38v). 4°) Tandem in p(re)ste predicta cum esset Cortonii missus ut [ut barrato] cum quibusdam fratribus caritate omnes infirmos visitans et supportans et servitiis ylariter consolans universos et singulos, aduch novitius in perhemnem vitam presentem feliciori commertio commutaret (ib. f. 38v, fine della biografia); da restituire alle intenzioni dell'autore: Tandem in peste predicta cum esset Cortonii missus, cum quibusdam fratribus caritate omnes infirmos visitans et supportans et servitiis ylariter consolans universos et singulos, aduch novitius in perhemnem vitam presentem feliciori commertio commutavit.
NB. La scrittura geminata obbediens in 2°) la si trova in n° 161 (mano A), n° 266 (mano B), n° 271 (mano C).
Formule del decesso: et sic vitam temporalem in eternam felici commertio commutavit, Cr Ps n° 95; diem laboris in eternam beatitudinem commutavit n° 242; divina clarius intuetur n° 46; capellum electionis divine meruit obtinere n° 58; non cessat divina fruitione repleri n° 141; eius animam super ethera misericordia divina transvexit n° 177; ad ventura premia gratia divina perduxit n° 263.
Nessuno di questi casi esige scrittura sotto dettatura come unica possibile spiegazione della genesi dell'incidente; sebbene, provata altronde la dettatura, talune correzioni potrebbero darsi anche in fase di dettatura d'autore (difficile in verità intravvederne la verosimiglianza nei casi n° 3 e 4). Almeno due invece portano tracce di autocorrezione redazionale nel corso della scrittura, assenti elementi testuali che suggeriscano errori di copia. Altri trovano economica spiegazione tra i disturbi dell'atto di copia da antigrafo. In particolare in 1° divine h<ereditatis?> appella fuori testo e rincorre in alternativa un lessema tra le variate circonlocuzioni della morte; alternativa avviata e subito abbandonata sul campo sotto tratti di penna. In 2° et p<atri> doveva risultare semanticamente pletorico quando si fosse optato per il comprensivo suis maioribus. Ma potrebb'essere un anticipo di et p<ulcer>, squisito errore di mano che anticipa quanto l'occhio ha letto poco oltre. Il 3° sembra positivamente escludere residui da ecografia a favore di dittografia, con verosimile interferenza d'anticipo della s di corversionis; se non addirittura raccogliere un'esitazione grammaticale d'autore sulla radice conversit/convertit. In n° 4 preste anziché peste anticipa per attrazione predicta; ma ut dopo missus, cui risponde il finale commutaret, tradisce una primitiva subordinata al congiuntivo, in cerca d'una principale su cui poggiare; promossa poi essa stessa a principale con semplice depennamento di ut e incompiuta ripulitura nel verbo finale. Correzioni redazionali di autore pentito, con palesi intenti di migliorare lo svolgimento del periodo: alleggerire un'ipotassi digià ingombra di dipendenze participiali (visitans supportans consolans) e sfoltire la goffa concorrenza cum esset… ut cum. Tutto si svolge sulla carta di Cr Ps, sotto un'unica penna e sotto i nostri occhi. O il copista abbandona l'antigrafo e passa a comporre, o l'autore muta redazione e perfeziona la stesura nell'atto stesso di scrivere.
Se la sezione di mano B, ff. 37v-38v, non reca tracce inequivoche d'ecografia bensì d'attività redattiva d'autore, insieme con sbavature di copia da antigrafo, come attribuirla ancora all'autore Domenico da Peccioli? - era la dettatura che estendeva, stando all'ipotesi, la paternità di Domenico anche a ff. 37v-38v. Nulla di più normale, in tali cronache continue, che un cronista succeda al precedente; spesso anonimamente e senza preavvisi. E i successori ereditano talvolta convenzioni compositive; anche quella di produrre ricordi personali. Rasenta circolarità viziosa invocare «tale testimonium idem fr. Iohannes michi narravit quod…» (n° 266 f. 38v) per comprovare la paternità di Domenico da Peccioli.
Rarefattasi la riverenza, torna a mente il pronunciamento d'avvio: «Che il Codice sia autografo di Fr. Domenico, che si dà nel Prologo per autore della Cronaca,… è fuori dubbio». E perché assumere per indubbio che l'autore dichiaratosi nel prologo sia anche il copista? Quasi per antica incontestabile convenzione. Dal remoto editore all'odierno lettore.
■ Bonaini, Chronica 429 n. 50: giunta marginale de quo fecit mentionem fr. Synibaldus… a Cr Ps n° 45, scritta «dalla medesima mano, io mi penso, di Fra Domenico». Tanto più significativo in chi né pone né discute il problema. F. Bonaini, Prefazione, «Archivio storico italiano» I ser., 6/II (1845) (volume di cronache pisane, pp. XXIV-814): «Ed in vero, di questa Cronaca <di Santa Caterina> abbiam tuttora l'autografo; talché può intieramente su questo acquietarsi il giudizio» (p. xiii), quando autografo poteva sonare anche "originale".
Licenziamoci dal Barsotti. Non senza rendergli omaggio. Perché - anticipando in paradosso - l'impianto Barsotti tiene ancora, se solo lo capovolgiamo: che un anonimo copista abbia trascritto Cr Ps dall'inizio fino a f. 37r (sorvolo la fascia di transizione), e l'autore Domenico da Peccioli abbia vergato di proprio pugno ff. 37v-38v, ultime carte a lui dovute come cronista; che autografa di Domenico sia mano B, non A.
Ma occorreva raccogliere un'insinuazione per sospendere l'indiscussa identità cronista-copista. E disporre d'un appoggio esterno per capovolgere l'impianto.
Arch. di Stato di Perugia, Corporaz. relig. soppr., S. Domenico, Miscell. 66: Liber privilegiorum provincie Romane OP (xiv-xv). Membr., 228 x 163, ff. 105, foliazione settecentesca a penna. Coperta membranacea. La varietà dei fascicoli (undici, da ternioni a sesterni, preceduti da un bifolio di protezione), non pregiudica l'unità fisica del codice alla sua originaria confezione, secondo quarto del Trecento. Incrementi e interventi posteriori. Fino al primissimo '500 nelle liste repertoriali. Alla silloge dei privilegia pontifici relativi all'ordine domenicano (ff. 13r-104v) sono state premesse liste varie (province, conventi, monasteri, maestri dell'ordine ecc.) ad ausilio dei provinciali romani dei frati Predicatori. Per costoro infatti il libro è stato progettato e confezionato. C'interessa qui la sola rubrica Libri quorum proprietas spectat ad Romanam provinciam con relative sottoscrizioni (nell'ordine ff. 6r, 4v, 5v); preceduta da Monasteria sororum de Romana provincia (f. 5r), seguita da Cronicha magistrorum ordinis (ff. 6v-8r). Incastri topico-cronologici e rilevanza documentaria consigliano di presentarla integralmente, oltre le strette misure della testimonianza di Domenico da Peccioli. Seguo il filo della stratificazione paleografica.
Lista Isti sunt libri... ...per la
fazione d'obbedienza romana
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il testo tra questi
due estremi (= pp. 227-33 dell'originale edizione a stampa), lo
leggi nella rielaborazione fatta in
Un vademecum dei
provinciali romani (secoli xiv-xv), MD 28 (1997) 392-404:
→
§ 4 Il fondo libri di
provincia
Due sottoscrizioni autografe di Domenico da Peccioli (Liber privilegiorum ff. 5v e 4v), risalenti agli anni del suo provincialato (gennaio 1378 - ottobre 1380). Vi sono, nella Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis, pagine vergate dal cronista Domenico? La grafia delle sottoscrizioni è criterio risolutivo di discernimento.