... Quolibet I,1 |
Questione quodlibetale I,1 |
originale latino |
volgarizzamento (2008) di EP |
⌂ Sed alii sentiunt contrarium, quibus assentio septemplici ratione. |
Altri, e tra costoro anch'io, sono di parere opposto (ossia "Dio non può fare che la materia esista in atto senza la forma"). Sette ragioni o argomenti. |
Quarum prima summitur ex parte materie. Cum enim materia de se sit pura potentia, secundum Philosophum in I Phisicorum et in II De anima et in multis aliis locis, et potentia in quantum |71va| huiusmodi opponatur actui, ut patet per Philosophum in XI Methaphisice, dicere materiam per se actu existere est dicere materiam non esse materiam, et potentiam esse actum, sicut si diceretur quod calor est frigidus; nisi dicatur quod potentia non est ipsa essentia materie sed est quiddam inherens materie. |
Argomento primo, da parte della materia. La materia di suo è pura potenza, secondo Aristotele, Fisica I,9 (192a), Dell'anima II,1 (412a 6-10), e in molti altri luoghi; e la potenza in quanto |71va| tale è opposta all'atto, come risulta da Aristotele, Metafisica XI,9 (1065b 5 ss). Dire pertanto che la materia eiste in atto per se stessa equivale a dire che la materia non è materia, e che la potenza è atto; come se uno dicesse che il caldo è fraddo. A meno che non si sostenga che la potenza non è l'essenza stessa della materia, bensì una qualche qualità inerente alla materia. |
Sed hoc esse non potest quia istud inherens aut est substantia
aut accidens. Si autem est substantia, aut est ipsa materia - quod iam negatum
est - aut est forma. Et sic cum quelibet forma substantialis det esse
naturaliter, materia naturaliter poterit esse sine forma, quod nullus dicit. Et
iterum sequetur quod in simplici elemento erit duplex forma substantialis.
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Cosa, questa, impossibile, perché
tale qualità inerente o è una sostanza o un accidente. Se
sostanza, o è la materia stessa - cosa già negata - o è forma. E in tal caso,
visto che la forma sostanziale dà l'essere per natura, la materia esisterebbe
senza la forma; cosa che nessuno osa asserire. Ne seguirebbe inoltre che negli
elementi semplici, ossia in realtà incomposte, vi sarebbe doppia forma
sostanziale. |
Secunda ratio summitur ex parte forme. Cum enim forma sit actus materie, dicere materiam esse actu sine forma est dicere materiam esse actu sine actu. Quicquid enim sit illud quod facit materiam esse actu, illud oportet appellare formam eius. |
Argomento secondo, da parte della forma. Poiché la forma è atto della materia, dire che la materia eiste in atto senza la forma equivale a dire che la materia esiste in atto senza l'atto. Qualunque sia la cosa che rende eistente la materia, va denominata sua forma. |
Tertia ratio summitur ex parte potentie. Alterius enim potentie alius est actus. Non enim audire potest esse actus potentie visive, nec videre potest esse actus potentie auditive. Non enim quis potest audire per oculum vel videre per aurem. Cum ergo materia de se sit quedam potentia cuius actus pro<p>rius est forma, que quidem est actus primus, et in forma, licet sit quidam actus, sit etiam potentia respectu ulterioris actus, scilicet esse, dicere materiam esse actu sine forma est dicere unam potentiam posse habere actum alterius potentie. |
Argomento terzo, da parte della potenza. A ciascuna potenza o facoltà corrisponde un proprio atto. Udire non può essere atto della facoltà visiva, né vedere può essere atto della facoltà uditiva; nessuno infatti può udire con l'occhio o vedere con l'orecchio. Ora la materia di suo è una determinata potenza il cui atto proprio è la forma, atto primo; e nella forma, che pure è un determinato atto, sussiste anche la potenzialità ad un atto ulteriore, ossia l'essere. Asserire pertanto che la materia esiste in atto senza la forma equivale a dire che una determinata potenza può avere l'atto di un'altra potenza. |
Quarta ratio summitur ex parte ipsius esse. Per esse enim nos nichil aliud intelligimus quam actualitatem. Dicere igitur materiam per se esse, est dicere potentialitatem actualitatem habere. |
Argomento quarto, da parte dell'essere. Per essere noi intendiamo nient'altro che l'attualità dell'esistere. Asserire pertanto che la materia esiste per se stessa equivale a dire che una realtà potenziale ha attuale esistenza. |
Quinta ratio summitur a simili in formis substantialibus specialibus. Sicut enim se habet forma substantialis specialis ad dandum esse speciale simpliciter, ita se habet forma substantialis in comuni ad dandum esse simpliciter in comuni. Unde sicut corpus non potest esse |71vb| vivum sine anima, nec animatum sensitivum sine anima sensitiva, nec animal potest esse homo sine anima rationali, sic nec materia potest esse sine forma. |
Argomento quinto, per analogia di proporzione nelle forme sostanziali della specie. Come la forma sostanziale d'una specie concorre a dare essere speciale in senso assoluto, così parimenti la forma sostanziale comune concorre a dare in senso assoluto l'essere in comune. Di consequenza come il corpo non può essere |71vb| vivente senza l'anima sensitiva, né l'animale può essere uomo senza l'anima razionale, allo stesso modo neppure la materia può esistere senza la forma. |
Sexta ratio summitur a simili in formis accidentalibus. Sicut enim se habet forma substantialis ad dandum esse simpliciter, ita se habet forma accidentalis ad dandum esse secundum quid, sicut patet per Philosophum in I De generatione. Tantum est ergo dicere quod materia possit esse simpliciter sine forma substantiali quantum est dicere quod corpus possit esse album sine albedine vel quantum sine quantitate. |
Argomento sesto, per analogia di proporzione nelle forme accidentali. Come la forma sostanziale concorre a dare l'essere in senso assoluto, così parimenti la forma accidentale concorre a dare l'essere in senso relativo, come appare in Aristotele, Generazione e corruzione I,4 (319b - 320a). Dire dunque che la materia può esistere senza forma sostanziale sarebbe come dire che un corpo è bianco senza bianchezza oppure è pesante senza peso. |
Septima ratio summitur ex consequentia reprehensibili, scilicet de esse essentie procedere ad esse existentie, sicut procedunt adversarii in secundo membro sue prime distinctionis; vel de esse secundum quid procedere ad esse simpliciter, sicut videntur procedere quasi in omnibus membris suis. |
Argomento settimo, tratto da conclusione eccepibile o criticabile(?): ossia procedere dall'essere dell'essenza all'essere dell'esistenza, così come procedono gli avversari nel secondo membro della loro prima distinzione; oppure procedere dall'essere in senso relativo a quello in senso assoluto, come sembrano fare in quasi tutti i membri delle loro distinzioni. |
Esse enim simpliciter est esse actu in rerum natura, sed esse secundum quid est esse quocumque alio modo, sive secundum ydeam, quod videtur pertinere ad primum membrum sue prime distinctionis, sive secundum potentiam, quod videtur pertinere ad secundum - ipsa enim essentia materie potentia est, ut dictum est -, sive secundum esse primum quod dicunt esse incompletum, quod pertinet ad primum membrum sue distinctionis. Quamquam et in materia nullum actum quantumcumque incompletum possimus asserere, cum materia, secundum heatum Augustinum libro XII Confessionum, sit facta «prope nichil». Unde inter ipsam et nichil nullus actus medius esse potest. |
L'essere in senso assoluto è essere in atto nella realtà della cose, mentre l'essere in senso relativo è essere secondo ogni altra accezione: o essere come termine di pensiero, che sembra ricondursi al primo membro della loro prima distinzione; o essere come potenzialità, che sembra ricondursi al secondo membro - l'essenza stessa della materia è potenzialità, come riferito sopra -; o primo essere, che ritengono incompleto, e che fa parte del primo membro della loro distinzione. Sebbene non potremmo asserire nemmeno nella materia alcun tipo di atto, sia pure incompleto, visto che la materia è «quasi niente», al dire di sant'Agostino, Le confessioni XII,6. Cosicché tra materia e nulla non vi è spazio per nessun atto intermedio. |
Et Proclus[7] dicit in libro De subsistentia mali quod materia est simplex et informis et apoyos idest sine qualitate. Item dicit quod materia «neque est honum simpliciter neque malum simpliciter sed necessarium solum et divinitus factum». Item dicit: «Ultimum enim omnium materia. Omnia enim alia facere aut pati nata sunt; hec autem neutrum, virtute amborum privata». |
Proclo Diadoco Licio († 485) dice nel trattato Dell'esistenza del male che di suo la materia è incomplessa, informe e apoiós ovvero inqualificata (§ 30). Dice inoltre che la materia «in sé non è né un bene né un male, ma solo una cosa necessaria e d'origine divina» (§ 37). Ancora: «Ultimo di tutti gli enti è la materia. Tutti gli altri infatti sono nati per agire o parire, mentre essa è priva di entrambe le possibilità» (§ 30). |
l. A<d> primum igitur in contrarium dicendum quod materia magis dependet a forma quantum ad actum existendi quam accidens a subiecto, cum materia de se sit pura potentia, accidens autem |72ra| de se est quidam actus, cum sit forma accidentalis, quamvis "accidentis esse sit inesse", secundum modum naturalem loquendo, quia et sic potest dici quod materie esse est subesse. |
Risposta a obiezione 1. La materia dipende dalla forma riguardo all'atto esistenziale più di quanto l'accidente dal soggetto, visto che la materia di suo è pura potenza; l'accidente invece |72ra| è in qualche modo un atto, essendo una forma accidentale, sebbene "l'essere dell'accidente è di sussistere nel soggetto", parlando di realtà naturali, e in tal senso anche della materia si può dire che il suo essere è di sottostare al soggetto. |
2. Ad secundum dicendum quod ens in comuni non solum generali divisione dividitur in substantiam et accidens sed etiam dividitur in potentiam et actum, ut patet in XI Methaphsice. Quantum autem ad gradum entis, magis preminet actus potentie quam substantia preminet accidenti, cum ipsa substantia ex hoc summam nobilitatem entitatis habeat quod est actus purus, sicut apparet in Deo. Unde ex hoc per oppositum sequitur quod illud ens minimum de entitate habeat quod est potentia pura. Tale autem est prima materia; et ideo dixit Proclus ut preallegatum est «Ultimum enim omnium materia». |
Risposta a obiezione 2. L'ente in comune si divide in termini generali non soltanto in sostanza ed accidente ma anche in potenza ed atto, come risulta chiaro in Aristotele, Metafisica XI,9 (1065b 5 ss). Quanto al grado dell'ente, l'atto prevale sulla potenza più di quanto la sostanza sull'accidente. La sostanza infatti consegue la suprema nobiltà dell'essere quando è atto pure, come accade in Dio. Per contrasto, minima entità spetta a ciò che è pura potenza. E tale è la materia prima; di qui il surriportato detto di Proclo: «Ultimo di tutti gli enti è la materia» (Dell'esistenza del male § 30). |
Et Commentator[8] dicit super I Phisicorum quod materia est medium inter ens et non ens; et Augustinus dicit in libro XII Confessionum quod materia est prope nichil. Et preterea non sequitur quod, licet substantia sit nobilior in entitate quam accidens secundum genus suum, quod propter hoc omnis substantia sit superior omni accidente; quia invenitur aliquis asinus melior aliquo equo, et aliquis pannus florentinus pretiosior aliquo panno gallico[9], et sic in multis aliis. Et sic potest contingere in proposito. |
Averroè nel commento 79 a libro I della Fisica asserisce che la materia è intermedia tra ente e non ente; e Agostino, Le confessioni XII, 6, 14-15 (CCL 27, 219: la materia è "pressoché niente". Pertanto, dal fatto che la sostanza sia realtà superiore all'accidente secondo il genere, non ne segue che ogni sostanza sia superiore a ogni accidente; può esistere un particolare asino migliore di qualche cavallo, un particolare tessuto fiorentino più pregiato d'un tessuto gallico, e così d'altre cose. E lo stesso può accadere nel nostro caso. |
Unde Proclus[10] in libro De subsistentia mali querit quod sit magis malum an illud quod est in corporibus an illud quod est in animabus; et determinat quod illud quod est in animabus, quia «melius est non esse omnino quam semper male esse». Sed obicit contra hoc quia magis malum est quod corrumpit substantiam, quod contingit in corporibus, quam quod corrumpit solum potentiam vel operationem, quod contingit in animabus. Et solvit quod potentia anime est melior quam substantia corporis. |
Proclo nel trattato Dell'esistenza del male si chiede quale sia male maggiore, quello nei corpi o quello nelle anime, e dichiara che è quest'ultimo (§ 39), perché in effetti «è meglio non esistere per niente che vivere eternamente nel male» (§ 17). Poi obietta contro tale posizione: ciò che corrompe la sostanza, cosa che si dà nei corpi, è maggior male rispetto a ciò che corrompe solo la facoltà o l'agire, che occorrono nelle anime. E risolve asserendo che la facoltà dell'anima è superiore alla sostanza del corpo. |
Et preterea non sequitur quod illud quod est melius simpliciter sit melius quoad hoc; homo enim est simpliciter melior et nobilior quam aquila, sed non quantum ad acumen visus; et similiter quam aper, sed non quantum ad acumen auditus; et quilibet Italicus est simpliciter albior quocumque Ethiope, sed |72rb| non totaliter, quia non quantum ad dentes. Et similiter possumus dicere quod contingit de materia respectu accidentis quantum ad actum per se existendi, etiam supposito quod materia omnis esset superioris gradus simpliciter, quia de materia implicat contradictionem, de accidente vero non. |
Inoltre, ciò che è superiore in senso assoluto non necessariamente è superiore anche in singole abilità. L'uomo ad esempio è superiore e più nobile dell'aquila, ma non quanto all'acutezza della vista; stessa cosa per il cinghiale, ma non quanto all'acutezza dell'udito. Ogni italico è di suo più bianco d'un etiope, |72rb| non tuttavia in senso assoluto, perché non così rispetto ai denti! Stessa cosa possiamo dire della materia rispetto all'accidente quanto alla semplice esistenza, perfino supponendo che la materia sia di grado superiore in senso assoluto: rispetto alla materia implica contraddizione, rispetto all'accidente invece no. |
3. Ad tertium dicendum quod secundum Philosophum essentie predicamentorum distincte sunt, quamvis essentie accidentium sint incomplete nec simplicter dicantur essentie et dependeant ab essentiis subiectorum. Et propter hoc subiecta ponuntur in eorum diffinitione, non quasi pertinentia ad essentiam accidentium sed quasi addita essentie eorum. |
Risposta a obiezione 3. Secondo Aristotele, Metafisica V,7-8 (1017a-b), l'esssere delle categorie è diversificato (secondo le diverse categorie), sebbene l'esssere degli accidenti sia incompleto e non è detto esssere in senso assoluto poiché dipende dell'esssere dei rispettivi soggetti. Per questo i soggetti fanno parte della definizione degli accidenti, non perché costituenti dell'esssere degli accidenti ma quasi come additivi al loro esssere. |
Unde et «diffinitio accidentium dicitur esse per additamentum», sicut dicit Philosophus in VII Methaphisice; et similiter forma licet sit alia essentia a materia tamen propter incompletionem essentie materie ponitur in diffinitione materie, cum res congnoscatur per suam diffinitionem, et materia non possit cognosci nisi per anologiam ad formam, secundum Philosophum in I Phisicorum. Unde quod dicitur quod natura rei est illud quod significat diffinitio, intelligitur de diffinitione simpliciter dicta. |
Di qui l'adagio: «la definizione degli accidenti è desunta dal loro sopravvenire», Aristotele, Metafisica VII,5 (1030b 1 ss; Florilège 1,164). Parimenti l'esssere della forma, benché distinta da quello della materia, entra nella definizione della materia a motivo dell'imcompletezza dell'esssere di questa. Una determinata realtà infatti la si conosce tramite la sua definizione, e la materia è conoscibile soltanto per analogia alla forma, secondo Aristotele, Fisica I,7 (191a 7-12; Florilège 2,29). Quando pertanto si dice che la natura d'una realtà è significata dalla definizione, va inteso della definizione in senso assoluto. |
Et nichilominus inter predicta est differentia, quia ex essentia accidentis et essentia subiecti non fit una essentia composita sed semper pertinet ad diversas naturas etiam predicamentales; sed ex materia et forma fit una essentia composita non solum quantum ad idem genus, quia etiam sine compositione accepte pertinent ad idem genus substantie, sed etiam quantum ad eandem speciem vel etiam quantum ad idem singulare, cum accipitur hec materia et hec forma. Et quia essentia materie est pura potentia, sed essentia accidentis est aliquis actus, ideo essentia accidentis potest existere sine subiecto, sed essentia materie non potest actu existere sine forma. |
Va tuttavia annotata una diffezenza: dall'esssere dell'accidente e dall'esssere del soggetto non nasce un esssere composito, ma fa sempre parte delle nature differenti di ciascun predicamento o categoria. Al contrario, dalla materia e dalla forma si costituisce un'essenza composita non solo per identità di genere - ché anche se incomposite appartengono al medesimo genere di sostanza -, ma anche per identità di specie; e talvolta anche per individuale identità, laddove s'intende "questa" singolare materia e "questa" singolare forma. E poiché l'esssere della materia è pura potenza, mentre l'esssere dell'accidente è un particolare atto, ne seque che l'esssere dell'accidente può esistere senza il soggetto, mentre l'esssere della materia non può esistere in atto senza la forma. |
(... Art. 1 - )
[7]
PROCLO, De malorum subsistentia c. 10 § 30 rr. 4-5: «...
quia secundum se apoios (id est sine qualitate) et informis est... et simplex».
Traduz. lat. di Guglielmo da Moerbeke,
Corinto
1280, in PROCLI DIADOCHI, Tria opuscula,
ed. H. Boese, Berlino 1960, 210; c. 11 § 36 rr. 15-16.22 (p. 220); c. 10 § 30
rr. 22-25 (p. 210).
Proclus,
Trois études sur la Providence. Texte établi
et traduit par D. Isaac, Paris 1977-82, III, p. 68 § 30
rr.
5-7; p. 77 § 37
rr. 2-4; p. 69 § 30
rr. 30-32.
Nella traduzione (2008) rinvio a questa edizione.
[8] AVERROÈ, In I Phys. comm. 79: «est igitur [materia] quasi composita ex esse et non esse» (in ARIST., Opera cum Averrois commentariis, IV, Venetiis 1574, f. 45r C).
[9] Cf. H. HOSHINO, L'arte della lana in Firenze nel basso medioevo, Firenze 1980, c. 2 § 2 (A Firenze panni fiorentini e panni franceschi), pp. 71-76.
[10]
PROCLO, De malorum subsistentia c. 13 § 39 (ed. cit., pp. 224. 226. 228);
«melius est non esse...»: c. 13 § 39 r. 41 dove manca semper
nell'edizione, mentre il medesimo adagio, con semper, si legge ib. c. 4 §
17 rr. 7-8, citato sotto in Quol. II, 15, 58.
Proclus,
Trois études..., III,
pp. 80-22
§ 39; in p. 50 § 17 rr. 10-11, alla lettera l'adagio, con semper.