Nel 1351 il benedettino Jean le Long da Ypres († 1383) traduceva in lingua d'oil il Liber peregrinationis di Riccoldo, traduzione pubblicata nel 1877 da Louis De Backer (L’Extrème Orient au moyen âge, Paris 1877, 256-334; cf. SOPMÆ III, 309 n° 3483) dal codice parigino Bibl. Nat. fr. 2810, ff. 268-299. Il volgarizzamento conosce la nota aggiunta a fine Liber, «Alia scilicet de Maccometto et vita et morte et doctrina et processu ipsius, requires in alio opere nostro» (LP f. 23va), ma non i due capitoli additivi De mostris e De sabbeis che seguono la nota stessa (LP ff. 23vb-24rb).
Nel 1793 Vincenzo Fineschi dava alle stampe un volgarizzamento toscano trecentesco dal codice fiorentino BL Plut. 89 n. 104 sup. 4, ff. 120-127; lo stesso volgarizzamento (le varianti sono strettamente dell’ordine d’innovazioni di copia) è contenuto nel parigino Bibl. Nat. ital. 99 (7714), ff. 90-96, testo pubblicato nel 1864 da F.L. Polidori e collaboratori.
V. Fineschi, Itinerario ai
paesi orientali di fra Riccoldo da Monte di Croce domenicano, Firenze 1793.
F.L. Polidori, F. Grottanelli, L. Banchi,
Viaggio in Terra santa di fra Riccoldo da Monte di Croce. Volgarizzamento del
secolo XIV, Siena 1864.
Per comodità segnalo, dopo le carte del LP latino
secondo il codice berlinese, pagina e paragrafo dell’edizione
J.C.M. Laurent, Peregrinatores
medii aevi quatuor, Lipsiae 1873, 105-41, che riproduce Wolfenbüttel,
Weissenb. 40, ff. 73-94.
Ambedue i testimoni terminano concordemente sulle medesime parole che chiudono il racconto del viaggio in Turchia e prima dell'esposizione sui tartari: «... et funibus peccatorum suorum unusquisque constringitur» (LP f. 6va; ed. Laurent 114, 11); praticamente soltanto la sezione del Liber peregrinationis concernente i luoghi santi della Palestina. Gli editori del codice parigino si chiedevano, lasciando aperta la risposta, se il testo toscano fosse «una versione della versione francese, o sivvero dell’originale latino»; dubbio tutt’altro che futile nel campo dei volgarizzamenti italiani del tempo (Polidori ecc., pp. viii-ix). Francesco Poggi (Viaggio al monte Sinai di Simone Sigoli [1380], Firenze 1829, xxxiii-xxxviii; xxxvi) dava notizia del codice Magliabechiano, ora BNF, Magl. II.IV.53, contenente il volgarizzamento toscano, ma dal testo più esteso di quello antecedentemente pubblicato dal Fineschi; rispetto al quale il Poggi avanzava l’ipotesi che il Magliabechiano tramandasse una diversa traduzione. U. Monneret de Villard (La vita, le opere e i viaggi di frate Ricoldo da Montecroce O.P., «Orientalia Christiana Periodica» 10 (1944) 232; ID., Il libro della peregrinazione..., Roma 1948, 16-17) e Necr. I, 317, raccoglievano le notizie bibliografiche sui volgarizzamenti del Liber peregrinationis ed elencavano indistintamente i tre codici del testo toscano sotto la rubrica «traduzione italiana».
Il cod. fiorentino Magl. II.IV.53, cartaceo, cm. 30 x 22,5, composito, riunisce due libri manoscritti d'origine distinta: ff. 1-51 d'una stessa mano del XIV secolo, acquistato dalla Biblioteca Magliabechiana nel 1806 (f. 34v, marg. inf.); ff. i-ci, volgarizzamento della Cerusia di Guglielmo da Saliceto trascritto nel 1476, già tra gli ex-libris d'Antonio Magliabechi 1714. Il volgarizzamento del Liber peregrinationis riccoldiano è a ff. 1r-26r. La prima carta è mutila, e superstiti alle estremità delle pagine sono soltanto le ultime parole delle righe. Il testo riprende regolarmente a inizio f. 2r con le parole «in monte Tabor, lo quale per verità è in Galilea», corrispondenti a LP f. 3vb (ed. 109, 53). Tra le attuali carte 5 e 6 è stato certamente lasciato cadere un fascicolo; f. 5v termina in tronco con Et quinde (= LP f. 5va: Et exeuntes... ) e f. 6r inizia ex abrupto per cotale modo, cioè che abitando elli... (= LP f. 9rb); è andato perduto un notevole blocco di scrittura che va dalla visita al santo sepolcro ad un buon terzo della trattazione sui tartari (= LP ff. 5va-9ra; ed. 113,15 - 119, c. 11,1). Poi il testo procede fino a f. 24v, dove tra carta 24 e 25 si è verificata la caduta d’un altro fascicolo, con troncamento e riattacco del testo dalle medesime caratteristiche del caso precedente: manca LP ff. 19vb-23rb (ed. 136-41, cc. 32-36), i capitoli di confutazione dell'islâm relativi a lex oculta, mendacissima, irrationabilis, violenta, contradictoria e inizio di miracula saracenorum. Il brano finale è a f. 25r-v con clausola di fine opera, cui fanno subito seguito i due capitoli additivi su mostri e sabei (ff. 25v-26r), assenti sia nel codice latino edito dal Laurent che nel volgarizzamento in lingua d'oil. La sezione riccoldiana del codice, tutta d'una stessa mano del XIV secolo, termina col volgarizzamento (ff. 26r-33v) di Epistola I e annuncio del titolo di Epistola II.
Quali i rapporti tra i volgarizzamenti, e di questi con l'originale latino?
L = testo latino del Liber peregrinationis dal codice trascritto sotto la sorveglianza di Riccoldo, il quale corregge e integra di proprio pugno: Berlin, Staatsbibliothek lat. 4°.466, ff. 1r-24r.
Y = volgarizzamento in lingua d'oil di Jean d'Ypres nell'edizione De Backer con indicazione di pagina.
T = volgarizzamento toscano nell'ed. Polidori 1864 con indicazione di pagina (Tf = varianti di ed. Fineschi, escluse le ortografiche o adiafore).
F = volgarizzamento toscano di BNF, Magl. II.IV.53, ff. lr-26r.
Notiamo anzitutto che Y opera una vistosa trasposizione: Y 270-72 (= L 3rb-vb) dovrebbe far seguito a Y 265 penultimo rigo. Il volgarizzatore francese inoltre interviene spesso di suo, qua e là per esplicitare referenze bibliche, altrove con integrazioni, aggiornamenti, rimaneggiamenti o commenti di ampie proporzioni. T e F seguono fedelmente L nell’ordine e nel testo. F, a differenza di T, interviene di tanto in tanto con brevi integrazioni o esplicitazioni dei riferimenti biblici che illustrano luoghi o personaggi menzionati in L.
Causa movens, 1m capitulum di L 1ra susseguente all’incipit, ignoto a Y 256‑57 (e a ed. 105), è conosciuto da T: «e la ragione la quale mi trasse a scrivere è in questo capitolo primo. Amen» (T 1).
(L) Ibi extra casale invenimus puteum unde ministri auxerunt aquam implentes ydrias. Ibi invenimus locum nuptiarum et loca et formulas ydriarum» (L 1rb; ed. 105, 4‑5).
(Y) Assés près de ce lieu trouvasmes le puis ouquel lez menistres emplirent les v caves d’eaue que nostre seigneur converti, comme dit est. Là veismes le lieu ouquel il fut faite la feste des nosces sus dites, et veismes la fourme des caves (Y 259).
(T) E qui, fuori al castello del Casale, sì trovammo il pozzo del quale i servidori de le nozze attinsono di quella acqua ed empierono l’idre [cioè vasi add. Tf 28]; ine trovamo anche el luogo nel quale se feciono quelle nozze, e’ luogo e la forma dell’idre (T 3).
Y ignora, contro LT, casale, e dà il numero delle giare, assente in LT.
(L) Ibi in descensu montis supra mare, cantavimus evangelium de illis duobus demoniacis quos Christus curavit ibi a legione demonum, quos Christus concessit intrare in porcos (L 1va; ed. 106, 9).
(Y) Ou pendant de la montaigne chantasmes l’euvangile du miraele que Dieux fist sur ce mont de ii enragiés des quieulx il chassa ung légion de deables, et les fist entrer ès pourceux. Une légion contient vim vic lxvi (Y 259).
(T) E ine, a la sciesa del monte sopra il mare, cantamo il vangelio di quegli due indemoniati, i quali Giesù [Cristo add. Tf 29] curò da quella generazione de demoni a’ quali conciedette ch’entrassono ne’ porci (T 4).
Y ignora supra mare di LT; T traduce generazione la legio di LY, e quest’ultimo inserisce la glossa di legione.
(L) Inde regirantes iuxta mare Galilee venimus ‑ ij miliaria ‑ ad locum Tabula, que est inter Cafarnaum et Betsaydam, in loco ubi Dominus apparuit discipulis post resurrectionem stans in litore et vocavit eos de mari et invitavit eos ad prandendum (L 1vb; ed. 106, 23‑24).
(Y) De ce lieu retournasmes nous vers la mer de Galilée et venismes au lieu u N. S. après sa resurreceion apparut à ses disciples sur la rive de la mer, et lez appella à mengier et menga avec eulx du pain et du poisson, et monstra que il estoit vrayement resuscités. Cilx lieulx est entre Capharnaum et Bethsaida et Genesar (Y 259‑60).
(T) E andando lungo al mare di Galilea, venimo [om. Tf 32] a’ luogo che si chiama Talula [Galula Tf 32], là dove Cristo apparì a’ disciepoli [apostoli Tf 32] a la riva del mare e chiamogli del mare e invitogli a mangiare (T 5).
Y ignora Tabula contro LT (qui corrotta), pospone que est inter Cafarnaum et Bethsaydam, precisazione topografica ignota a T.
(L) Omnia ista loca Galilee, de primo usque ad ultimum, invenimus in possessione sarracenorum pacifica et quieta. De Naçaret venimus ‑ xij miliaria - in castrum Çafferanum (L 2rb‑va; ed. 107, c. 2, 7‑8).
(Y) Toutz ces leulx de Galilée dont nous avons fait mémoire trouvasmes nous ès mains et tenances des Sarrazins qui lez possessoient paisiblement. De Nazareth à x milles venismes au chastel de Zaphetanum (Y 262).
(T) E tutti questi luoghi di Galilea, da Carimo [dal primo corr. ed.] infino a l’ultimo di Galilea, sì trovamo ch’erano in pacifica e quieta possessione de’ pessimi Saraini di Zarette [Nazarette Tf 37]. E venimo al castello di Zaffenino [Zefferino Tf 37] (T 7‑8).
T pasticcia sarracenorum della frase precedente con De Naçaret inizio della susseguente, elementi tenuti sintatticamente distanti da Y, contro il quale però T conserva de primo usque ad ultimum, sebbene in parte degradato nella tradizione.
(L) Et ibi etiam locus ubi erant discipuli congregati quando factus est repente de celo sonus. Et in eodern loco, suptus, est mansio ubi sero erant discipuli congregati propter metum iudeorum, et locus ubi stetit in medio eorum et dixit «Pax vobis». Ibi est altare ubi celebravimus et predicavimus gementes et flentes, et vehementer timentes occidi a saracenis. Ibi prope, iuxta ecclesiam est columpna flagellationis Christi adhuc vestigio sanguinis Christi cruentata (L 2vb; ed. 108, 11‑15).
(Y) En celle esglise est le lieu là où les disciples furent assemblés quant le saint Esprit descendi sur eulx le jour de Pentecouste et là est le lieu ou N. S. entra à ses disciples les huis clos après la résurrection. Là est ung autel sur lequel nous chantasmes messe et preschames à très grant paour, car nous doubtions bien que les Sarrasins ne nous tuassent. D’en costé ceste esglise est la coulombe en laquelle Jhésucrist fu liés et batus et encore appert toute ensanglantée (Y 264).
(T) E qui ancora si è il luogo nel quale erano i disciepoli adunati quando venne il subito suono e ricievettono lo Spirito Santo. Anche in quel luogo, de la parte di sotto, si è la casa ne la quale erano in disciepoli la sera adunati per la paura de’ Giudeci; e’ luogo dove Cristo stette nel mezzo di loro, e disse: Pacie sia con voi. E indi appresso, allato a la chiesa, si è la colonna a la quale fu flagiellato Cristo Giesù; e ancora si parea la imagine insanguinata del sangue di Cristo. E qui si è l’altare nel quale noi cielebramo e predicamo molto turbati, e piagniendo, e temendo fortemente d’essere morti da’ Saraini (T 9‑10; Tf 41‑42 accusa due omissioni).
T opera una trasposizione contro LY, ma conserva contro Y sia suptus che et locus ubi... dixit Pax vobis.
È sufficiente. I due volgarizzamenti sono indipendenti tra loro, e ciascuno dei due esige, contro l’altro, il testo latino. Y trasmette contro T talune delle annotazioni di distanza in miglia che Riccoldo ha aggiunto in L di proprio pugno in soprarrigo e sciolte da raccordi grammaticali. Nell’esemplare latino servito al volgarizzamento francese il nome dell’autore doveva esser già irriconoscibile se lo si rende con «frère Bieul», che Jean d’Ypres nell’explicit migliora in Riculd (DE BACKER, L’Extrème Orient…, pp. 256, 333, 334). Al contrario T scrive due volte «frate Riccoldo» (T 1; Tf 23, 24); dettaglio meritevole d’attenzione, perchè L non dà mai per intero il nome dell’autore ma la sola iniziale: «Incipit liber peregrinationis fratris R. ordinis Predicatorum» (LP 1ra). L’area geografica del volgarizzamento toscano ha garantito a T la trasmissione esatta del nome di Riccoldo?
Anche il volgarizzamento di F è indipendente da Y, ed entrambi esigono l’originale latino. Per non allungare oltremodo la sinossi, segnalo un brano sufficientemente significativo, che tocca inoltre la tradizione del testo latino.
(L) Tunc vero tartari fecerunt tres turmas. Una turma cum grandi chane occupavit Cataiam, provintiam latissimam usque ad ultimam Indiam, et occiderunt il preste Iohannem et occupaverunt eius imperium, et filius magni chan accepit filiam preste 1ohannes in uxorem, que fuit Tachuscatun. Et destruxerunt et exterminaverunt in partibus illis circa duodecim magna regna.
Secunda turma transivit portas ferreas et giraverunt mare magnum et depopulaverunt totam Gaçariam et blaccos et russos et albanenses et rutenos, et destruxerunt Ungariam et Poloniam, et occupaverunt et destruxerunt a mari magno usque ad Cumaniam circa duodecim magna regna.
Tertia turma transivit Gion sive Fison, fluvium paradisi, et destruxit Coraçanum, medos et persas, Baldaccum sedem saracenorum et occiderunt califfam, et occupaverunt Turchyam et occiderunt corosmyas omnes, et occupaverunt et exterminaverunt Suriam usque Gaçam, ct ceperunt Iherusalern et dederunt eam christianis, et occupaverunt a mari Indie usque ad mare magnum, et a mari magno usque ad mare mediterraneum usque Gaççam. Ibi prohibuit eos arena ne possent transire in Egiptum.
Omnes istas provintias depopulaverunt homines quasi inhermes cum baculis et pelliceis... » (L 10ra‑b).
(Ed) Tunc Tartari fecerunt tres turmas. Una turma cum magno chan occupavit Cathaiam, provinciam latissimam usque ad ultimam Indiam, et occiderunt ibi prester Iohannem, et occupaverunt eius imperium, et filius magni chan accepit filiam prester Iohannis in uxorem, et ivit Thancarum, et destruxerunt et exterminaverunt in partibus illis circa duodecim magna regna.
Alia turma transivit Gyon sive Phison, fluvium paradisi, et destruxit Corazmium, Medos et Persas et Baldaccum, sedem Sarracenorum, et occiderunt Califam, et occupaverunt Thurchiam et occiderunt Corazmianos omnes, et occupaverunt et exterminaverunt Syriam usque Gazam, et ceperunt Iherusalern et dederunt eam christianis, et occupaverunt a mari Indie usque ad mare mediterraneum usque Gazam. Ibi prohibuit eis arena ne possent transire in Egiptum.
Omnes istas provincias depopulabantur homines inermes cum baculis et pelliceis (ed. 120, 11‑15).
(Y) Dont se ordenèrent Tartre en troiz bataillez. Li une ala avec le grant Kaan et occupèrent le très grant royaume de Cathay, usquez à la fin de Nubie et tuèrent le prestre Jehan et occupèrent son royaume et le fil au grant Kaan prist à femme la fille du prestre Jehan, et procéda ceste bataille jusques à ung pays qui a nom Chasthustatum et destruirent en ces parties là environ douze grans royaumes.
La seconde bataille passa le fleuve de Phison, ung des quatre fleuves de paradis terrestre et destruirent les royaumez du roy de Corasme, de Turquesten, de Persie et de Médie, de Caldée qui avoient esté lez plus fors et lez plus redoubtés de touz lez royaumes de Orient. Ilz pristrent la noble cité de Baldach qui fut la souverayne et le siège et le maistre cité de touz lez sarrasins du monde, si tuèrent le calif et puis occupèrent toute la Turquie à la cité de Gasain, et pristrent Jhérusalem et la rendirent aux crestiens qui aux Tartars s'estoient aliez par la procuration du roy d'Armenie. Maiz en Egypte n'alèrent il poin pour le grant desert sablonneulx là où leur ost ne se eust peu soustenir pars deffaulte de vivres, et pour le très grant chault.
La tierce bataille s'en ala vers septentrion et occupèrent et destruirent le grant royaume de Comanie, le royaume de Russie, de Gazarie, Bulgerie, jusquez en Honguerie. Quant vers Honguerie ne pourrent passer le fleuve, il s'en retournèrent vers Almaigne et destruirent jusquez au fleuve de la Dunoe, qui est le commencement de Almaigne. Si ne peurrent passer, car li dus de Ostriche avec ses autres voisins leur dénéa le pas (...). Ainsi conquirent Tartre, destruirent et tuèrent tout le pays de Orient de la mer d'Inde, vers Orient, jusques à la mer de Judée qui est la mer de emmy terre jusques au bras de Saint‑George ... [Grèce, Mysie, Honguerie, et jusques à la Dunoe] ... et jusques en Egypte vers mydi.
Trestouz ce pays destruirent et essillièrent ces Tartres qui de leur pays isserent à tout leurs bastons et en leur pellices... (Y 292‑94).
(F) Fecero di loro tre turme. Et l'una turma col grande cane loro singnore occuppoe la larghissima provincia del Cattaio, che tiene fine a l'utima Yndia, et ucise quello singnore lo quale si chiamava lo preste Iohanni, et occupoe lo suo inperio, e 'l filgliuolo di questo gran cane prese per molgle la filgliuola di questo preste Ianni, et occupoe in quelle contrade bene xij reami.
La sigonda turma passoe quelle contrade le quale si chiamava porte di ferro, et gironno lo mare maggiore e(t) distrusse tutta la Ghazzaria e lla Blancia e lla Rossia e li albonesi e(t) i bateni et dis[trusse] Ungaria e(t) Polonia; et così guastaro tutte le contrade del mare maggiore in fine ay chumani, ch'erano bene xij rengni.
La tersa turma passoe quello fiume che si chiama Gion overo Fison, lo quale è uno de’ quatro fiumi che procedeno [dal fiume la sequ. del.] dal paradiso <dil>isiano, e(t) distrussero Coruzzuno e i medi e i persi e Baldac, ch’era la sedia de’ saracini, et ucisero lo loro calipso cioè lo loro maggiore sacerdote, e(t) occuponno la Turchia e(t) uciseno tutti li confini et occhuparo e(t) guastaro la Siria in fine ad Ghazza e(t) preseno Ierusalem et diènola a’ cristiani. Et occhuparo dal mare d’India fine al mare maggiore e dal mare maggiore fine al mare midritaneo e in fine a Gazza, come ditto è. Et quine la molta rena l’inpeditte che non potero passare in Egitto.
Et così per iusto iudicio di Dio li ditti tartari homini sansa arme e vestiti di pelle pure co∙ bastoni guastonno tutte le preditte province (F 7r‑v).
Il ms di Wolfenbiittel servito all’edizione Laurent testimonia una grave omissione propiziata da omeoarchia sulla lista delle torme. Annunciata la seconda torma, si salta a trascrivere il contenuto della terza. Y traduce da un testimone affetto dal medesimo guasto. Erano state tuttavia preannunciate tre torme, cosicché Jean d’Ypres ripara al vuoto testuale e costruisce di sana pianta il contenuto della sua terza torma; né gli facevano difetto le conoscenze, perché Jean traduce, oltre a quella di Riccoldo, anche altre relazioni di viaggi orientali. Nella prima torma la donna que fuit Tachuscatun (L), divenuta et ivit Thancarum (ed), genera un paese di conquista (Y), F tace.
Nel caso seguente, Y epitoma oltremodo e sopprime ogni tecnicità linguistica:
(L) De misterio sancte Trinitatis dicunt tam iacobini quam nestorini quod Pater et Filius et Spiritus sanctus sunt tres persone idest tres qualitates; unde ipsi arabice dicunt thelathe saffat, quod interpretatur tres qualitates (L 13vb; ed. 126, 45‑46).
(Y) Et en l’article de la sainte ternité errent ilz aussi moult péreilleusement. Et est en ce point leur erreur telle que tiennent li nestorien (Y 310).
(F) Er[r]ano ancho in del misterio della santa Ternità dicendo che Padre e Filgliuiolo e(t) Spirito santo sono tre qualitadi; unde in lingua arabica la chiamano thelace safat, che viene a ddire tre qualitadi (F 14r; quanto in corsivo è integrato al margine dalla stessa mano con segno di richiamo; verosimilmente omissione in prima scrittura per omeoteleuto su tre qualitadi).
Ma anche F, in tono col genere dei volgarizzamenti, contrae e riassume in sezioni più tecniche relative alle dottrine dei giacobiti e nestoriani e in taluni brani sulla lex sarracenorum. E aggiungiamo che F non traduce dal codice d’autore L ma da un testimone intermedio già portatore d’interpolazioni o di tentativi d’emendare errori occorsi in L e non riparati da Riccoldo. «Est autem Baldaccum amenissima civitas, quia per medium eius currit magnus fluvius Tygris. In hac itaque civitate...» (L 14rb). «E lla ditta cità è molto abondante e(t) dilettevole per ciò che per llo mezzo vi corre lo ditto fiume di Tigris. E(t) credesi che questa fosse quella antica cità, cioè Susis, in della quale rengnò lo re Ansuero, come si narra in della bibbia in de∙ libro di Hester. In questa cità... » (F 15r). Non tutta la giunta è materia del volgarizzatore toscano perché ista creditur esse Susis civitas antiqua va rimesso a un disinformato (localizza Susa nella valle mesopotamica) glossatore del testo latino, visto che la glossa, ormai passata nel testo, la si ritrova nel ms a base dell’edizione Laurent 127, c. 19, 5. «E rispuose lo chaliffo con grande furore e(t) dicendo: Chi sono quelli che diceno che Dio moritte?» (F 16r) è restituzione per congettura, affine a quella di ed. Laurent 128, 29, su omissione di copia occorsa nell’intrecciato dialogo di L 15ra.
T e F sono due distinti volgarizzamenti toscani. La fedeltà di entrambi al modello latino non può ingannare, specie se la si controlla col contributo dei due testimoni di T, le cui minute varianti restano nell’ambito delle innovazioni e corruttele di trasmissione. Sia T che F contengono, l’uno contro l’altro, elementi testuali che esigono il Liber peregrinationis latino.
(L) Descendentes autem de monte Oliveti venimus ad locum ubi videns Iesus civitatem flevit super illam. Et ibi accepimus ramos olivarum, benedicentes et dantes omnibus. Et descendimus per viam per quam descendit Christus cum processione in die Olivarum et venimus ad portam auream, per quam intravit Dominus cum processione; que porta est ad pedes templi. Deinde adscendentes in civitatem ut iremus ‑ vj miliaria ‑ in Betlehem, exivimus extra civitatem iuxta montem Syon et invenimus iuxta civitatem fontem Rogel, ubi fuit ortus regius, ubi Adonyas filius Agit [cf. III Reg. 1,5] fecit convivium cum vellet regnare. Inde procedentes per viam per quam iverunt magi versus Belleem ‑ j miliarium ‑ invenimus locum ubi stella reapparuit eis; et ibi est ecclesia in memoriam stelle. Inde venimus ad Quattuor milia martires, ubi transportavit eos leo, et est ibi monasterium pulcrum ubi habitant monaci saracenorum (L 3vb-4ra; ed. 109‑10, 54‑64).
(T) E desciendendo del monte Oliveto, venimo a’ luogo del quale vedendo Cristo la città di Gierusalem, pianse sopra di lei. E inde togliemo i rami degli ulivi e benedicemogli e démone ad ogni giente. E poi disciendemo per la via per la quale disciese Cristo colla prociessione nel dì dello olivo, e venimo a la porta Aurea, a la quale sì entrò Cristo colla prociessione; la qual porta è a piè del tempio. Da quello luogo salendo a la città per volere andare in Bettelem, uscimo fuori della città al lato al monte di Sion, e trovamo al lato a la città la fonte Rogiel, laddove fu l’orto Reale, nel quale Adomas [Adonas Tf 50], figliuolo di Ghi [Haggit Tf 50], fecie il convito quando volle regniare. E inde procedendo per la via per la quale andarono i Magi verso Bettelem, sì trovamo i’ luogo nel quale la stella s’era cielata, e rapparì a loro. E ine sì è fatta la chiesa i’ memoria di quella stella. E inde sì venimo a’ quattro miglia [a add. Tf 50] Marteri, laddove il lione trapportò loro. E qui si è un bellissimo monasterio [munistero Tf 51], nel quale stanno monaci di Saraini (T 14‑15).
(F) Et descendendo noi dal monte Uliveto, perveninmo a quello luogo del quale vedendo Cristo la cità di Ierusalem pianse sopr’essa dicendo: Se congnoscessi piangneresti. Et prendendo de’ rami delli ulivi, benidicemoli e démone a tutti, e discendenmo con essi per quella via per la qual Cristo discese quando andò in su l’asina in Gerusalem per rapresentare quella processione e(t) quella festa. Così entranmo in Gerusalem et andanmo a quella porta la quale si chiama aurea, per lla quale Cristo entroe in Gerusalem colla processione su l’asina, la quale porta è ora appiè del tenpio. Et uscendo poi della cità per andare in Bettelem, che v’è di lungi vj milglia, trovanmo presso al monte Syon la fonte Rogel, dove fu l’orto regale. In del quale, come si leggie in de∙ libro de’ Regi, Anselone figliuolo di Davit fece lo convito volendo rengnare per llo padre. Et quinde andando per quella via per lla quale andaro li magi in Bettelem, trovanmo a un miglio quello luogo nel quale la stella apparve da capo a’ magi quando uscitteno di casa di Herode, do’ stavano cercando Cristo. Et quine è ora una chieza in memoria della ditta stella. Quinde veni(n)mo a quello luogo che si chiama quatromilia Martori, dove si dice che llo leone li trasportoe, ed èvi un bello monestero in del quale abitano monaci saracini (F 2r).
(L) Inde invenimus ‑ iij miliaria ‑, in medìa via inter Iherusalem et Betleem, locum Elye. Inde venimus ‑ ij miliaria ‑ ad sepulcrum Rachelis iuxta viam Effrate; quod sepulcrum quam nobile et quam antiquum sit, ipsum opus testatur. Inde venimus ad Campum cicerum, ubi nichil nascitur nec fit nisi lapilli parvuli ad modum cicerum. Dicunt quod dum Christus transiret inde et quereret a laboratore seminante cicera dicens «Quid seminas?», ille ex derisione respondit «Semino lapides»; et Christus dixit «Et lapides recolliges». Ex tunc, ut dicunt, nichil ibi nascitur (L 4ra; ed. 110, 65‑71).
(T) E indi venimo a mezza via fra Gierusalem e Bettelem, ciò ène i∙ luogo d’Elia. E inde sì venimo poi al sipolcro di Racchel, allato alla via d’Eufratem; il quale sipolcro quanto esso sia nobile e antico, ell’opera d’esso cie [ne Tf 51] fa testimonanza. E inde poi venimo al campo de’ cieci, nel quale non nascie alcuna cosa, altro che petrelle piccoline a modo di cieci. E dicono coloro dì quella contrada che passando Cristo per quella contrada, e domandando un lavoratore che seminava cieci, quello ch’egli seminava, egli rispuose per scieda [istidia Tf 51] e disse che seminava pietre. E Cristo rispuose: E tu pietre ricoglierai. E d’ivi inanzi, niuna cosa altro che pietre nacque in esso (T 15).
(F) Et quíne trovanmo a du milglia, in mezzo fra Ierusalem e(t) Bettelem, lo luogo nel quale abitava Helia profeta. Et da inde a du milglia perveninmo al sipolcro di Rachel, molglie che fu di Iacob patriarcha, allato alla via Eufrate, e è molto nobile opra anticha. Quindi veninmo a un luogo che si chiama canpo di ceci, in del quale nulla erba nasce et non v’à se non pietre picciole ad modo di ceci. Et dicesi che questo avenne per cotale miracolo, cioè che passando Cristo e(t) vedendovi un lavoratore che seminava ceci in quello canpo, dimandòlo che seminava; e(t) rispondendoli quelli per beffe e(t) dicendoli che seminava pietre, Cristo li rispuose e(t) disse: Et tu pietre ricoglierai. E d’allora avanti non vi naqquero se non petrusse ad modo di ceci (F 2r‑v).
(L) Inde ‑ iij miliaria ‑ descendimus ad locum pastorum, qui erant in regione eadem in tertio miliario ad Betlehem, ubi est memoria pastorum maxima ruina ecclesiarum que fuerunt ibi edificate. Ibi iuxta est viculus vel casale prophetarum qui occurrerunt [occurrent cod.] Elye et Elyseo et dixerunt «Hodie tolletur dominus tuus a te». Unde adscendentes per viam que ducit in Betlehem, per viam per quam venerunt pastores et per quam adscendit Iosep cum Maria uxore pregnante, et invenimus ‑ j miliarium ‑ prope Betlehem locum ubi Maria et Iosep quieverunt fessi et sitibundi; ubi ostenderunt nobis puteum quem dicebant excrevisse aquam usque ad summum et dedisse potum pregnanti Virgini et suo sponso (L 4rb; ed. 110, 7‑12).
(T) Da quel luogo desciendemo poi a’ luogo de’ pastori, i quali erano in quella contrada a tre miglia in Bettelem; e ine, i’ memoria de’ pastori, sì è grandissima ruina e disfacimento delle chiese che furono ine edificate. Ine presso è un borghetto di Casale de’ Profeti, i quali si fecieno incontro colla chelisione [con la colazione Tf 53; allo Eliseo corr. ed.] e dissono: Oggì sarà tolto il tuo signiore da te. E ìnde salendo per la via la quale feciono i pastori, per la quale salì Gioseppo colla Vergine Maria sua sposa, essendo gravida, e’ trovamo appresso a Bettelem i’ luogo laddove la Vergine Maria e Giuseppo, sendo stanchi e assetati, si riposarono [posarono Tf 54]. E quivi ci mostrarono il pozzo, il [nel Tf 54] quale dicievano che crebbe tanto l’acqua in fino a la somità d’esso. E di quell’acqua bevettero la Vergine Maria, ch’era gravida, e Gioseppo suo sposo (T 16).
(F) Et quinde a tre milglia discendenmo a quello luogo in del quale veghiavano li pastori quando l’angnolo anuntiò loro la natività di Cristo. Et quine trovanmo molte chieze distrutte, le quali vi furo hedificate per memoria e(t) divossione de’ pastori. Et quine presso a tre milglia è quello casale e(t) luogo nel quale si legge ne∙ libro de’ Re che certi profeti si scontraro con Elia et co∙ Eliser, et predissero a Heliser come Elia in quello dì li dovea esser tolto e(t) rapito in paradiso; e(t) così fu. Et quinde partendoci in verso Bettelem per quella via per la quale venero li pastori ad adorare Cristo e(t) per quella andò Iosep con lla Vergine Maria prengna e(t) gravida, trova(n)mo presso a Bettelem un certo luogo dove si dice che lla Vergine Maria e(t) Iosep si riposaro, essendo molto stanchi e(t) asetati; dove ci fu mostrato un posso in el quale diceno che allora salglitte l’aqqua in fine alla boccha per che Iosep e lla Vergine Maria ne potesseno bere (F 2v‑3r).
(L) Ibi ostendunt locum tramortitionis Domine cum sequeretur filium portantem crucem, et ostendunt locum et memoriale ubi corruit. Ibi iuxta viam ostendunt domum Iude et memoriale (L 5ra; ed. 112, 39‑40).
(T) E quivi ancora mostrano i’ luogo laddove tramortì la nostra Donna, quando seguitava il Figliuolo quando andava colla crocie in collo a crocifiggiersi. E mostrano i’ luogo e ’l memoriale dov’ella cadde. E ivi a lato a la via, sì dimostrano la casa e ’l memoriale [in memoria Tf 61] di Giuda (T 20).
(F) Et quine presso ci fu mostrato un luogo nel quale diceno che tramortitte la Donna nostra quando andava dopo il suo filgliuolo essendo menato a crucifiggere. E quine presso si mostra la casa che fu di Iuda (F 4v).
Del Liber peregrinationis fu fatto nel 1351 un volgarizzamento in lingua d'oil molto libero da Jean le Long d’Ypres, di cui sono noti 6 mss.
Indipendenti da quello francese e indipendenti tra loro, sono i due volgarizzamenti toscani trecenteschi che seguono fedelmente il dettato latino. Il primo, trasmesso da due testimoni, Bibl. Medicea Laurenziana Plut. 89 n. 104 sup. 4, e Bibl. Nat. de Paris ital. 99 (7714), volgarizza soltanto la sezione del pellegrinaggio in Palestina, Armenia e inizio Turchia. Il secondo, trasmesso da BNF, Magl. II.IV.53, volgarizza l’intero Liber peregrinationis, inclusi i due capitoli additivi; il volgarizzatore interviene talvolta con brevi glosse esplicative, altrove - nei capitoli di controveristica teologica - opera notevoli contrazioni redazionali; il codice è andato soggetto a una mutilazione all’inizìo e alla perdita di due fascicoli.
Recente traduzione italiana del Liber peregrinationis: Sabino De Sandoli, Itinera Hierosolymitana Crucesignatorum (saec. XII-XIII), vol. IV, Gerusalemme (Studium Biblicum Franciscanum, Collectio maior n° 24) 1984, 255-332), sfortunatamente su testo fortemente degradato di ed. Laurent.
- traduz. francese René Kappler (1997)
- traduz. italiana Davide Cappi (2005)