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Ricerche su Riccoldo da Monte di Croce, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 58 (1988) 5-85. |
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Dati biografici: 1268-1299 1300-1314 1315- 1316 † 31.X.1320 NB |
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Un altro manoscritto del
Contra legem Sarracenorum |
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Riccoldo, Guglielmo da Tripoli (1271-73)
e Raimondo Martí († 1284-85) |
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La testimonianza di Giordano da Pisa (1306) - Burcardo da Monte Sion | Fidenzio da Padova | domenicani in oriente | Niccolò da Pistoia |
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Giovanni da San Gimignano prende le distanze da Riccoldo? - omonimi | Giovanni di messer Coppo | traduzioni coraniche a confronto |
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Il Riccoldo del «Dittamondo» (1350-60) di Fazio degli Uberti |
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I volgarizzamenti del «Liber peregrinationis» | lingua d'oil | toscano | rapporti | riepilogo |
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Pietro da Penne ricopia
Riccoldo |
Contra alcoranum
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Pietruccio vesc. 1395 |
Pietro
di Cristoforo 1402 | Pietro
baccelliere 1474-75 |
Pietro
Martire 1591 | |
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º Riccoldo? Come chiamarlo esattamente? | e Monte di Croce? » º conosceva Dante il Contra legem di Riccoldo? | Image of the Prophet » |
Fineschi 303-40; Necr. I, 308-19; Mérigoux, L'ouvrage..., MD 17 (1986) 1-144; E. Panella, Presentazione, ib. V-XL.
Utilizza retroversione latina dal greco G. Rizzardi, Il «Contra legem Saracenorum» di Ricoldo di Montecroce. Dipendenza ed originalità nei confronti di san Tommaso, «Teologia» 9 (1984) 59-68; Id., La controversia con l’Islam di Iohannes Guallensis O.F.M., «Studi francescani» 82 (1985) 245-69, che non sospetta dell'attribuzione a Giovanni il Gallese: vedi SOPMÆ IV, 245-46 n° 3399. Id., Le vie di approccio all'Islâm dei teologi domenicani dei secc. XIII-XIV, in Le religioni come tema della cultura e della teologia, Casa del Giovane. Pavia 1987 (quest'ultimo titolo, non consultato).
Ricoldo da MonteCroce, I Saraceni, a c. di G. Rizzardi, Firenze (Nardini Ed.) 1992.
Raccogliamo e riordiniamo in sommi capi dalle fonti dirette i dati biografici, d’antica e recente acquisizione, sul frate fiorentino.
Morto in Firenze il 31 ottobre 1320 dopo aver trascorso nell’ordine domenicano «annis quinquaginta tribus, mensibus v», Riccoldo era entrato in religione nel 1267/68; in giugno 1268, se vogliamo contare mesi e anni alla loro maniera (Cr SMN n° 222: «fr. Riculdus de Monte Crucis»: testo della notizia biografica della Cronica fratrum ricontrollato in MD 17 (1986) 14). Niente permette di congetturare attendibilmente l’anno di nascita. Prima di vestire l’abito domenicano, Riccoldo aveva studiato arti liberali, fuori e verosimilmente lontano da Firenze: «cogitavi, inquam, non esse tutum quod ego longo tempore sederem et otiosus essem, et ut probarem aliquid de labore pauperis et longe peregrinationis, maxime cum in mente mea revolverem quam longas et laboriosas peregrinationes adsumpseram adhuc[3] secularis existens ut addiscerem illas seculares scientias quas liberales appellant» (LP f. 1rb).
La Cronica di Santa Maria Novella lo dice originario «de Monte Crucis» del contado fiorentino: Monte di Croce, castello e signorìa fondiaria a monte di Pontassieve, sui confini delle dioc. Firenze/Fiesole, dal 1227 proprietà del vescovo fiorentino; da dove provengono anche altri frati figli del medesimo convento:
«Fr. Clarus de Monte Crucis» (Cr SMN n° 33, † metà '200), «fr. Accursus conversus de Monte Crucis» (n° 217, † 1319), «fr. Iacobus... de Monte Crucis» (n° 468, † 1369-70).
L'esatto toponimo è «Monte di Croce» (Montedicroce), ben attestato dalle fonti fiorentine, che talvolta tradiscono il calco volgare anche quando scrivono latino: «a Tingo Manetti de Monte Crucis» (ASF, NA 4111 (già C 102), f. 136r: 6.XII.1293), e subito dopo: «Tingho Manetti de Monte di Croce» (ib. f. 136v: 7.XII.1293); «populi Sancte Bride [= Brigide] de Monte di Croce» (ASF, NA 2440 (già B 1426), f. 28r: 10.XII.1300); «fr. Ricchuldi de Monte de Cruce», nel doc. alla data 15.VI.1312.
«Negli anni di Cristo MCXLVI, avendo i Fiorentini guerra co' conti Guidi, imperciò che colle loro castella erano troppo presso a la città, e Montedicroce si tenea per loro e facea guerra; per la qual cosa, per arte, de' Fiorentini v'andarono ad oste co·lloro soldati, e per troppa sicurtade non faccendo buona guardia furono sconfitti dal conte Guido vecchio e da·lloro amistà Aretini e altri, del mese di giugno. Ma poi gli anni di Cristo MCLIIII i Fiorentini tornaro a oste a Montedicroce, e per tradimento l'ebbono, e disfecello infino alle fondamenta; e poi le ragioni che v'aveano i conti Guidi venderono al vescovado di Firenze, non possendole gioire né averne frutto. E d'allora innanzi non furono i conti Guidi amici del Comune di Firenze, e simile gli Aretini che gli aveano favorati» (Villani V, 37). «I fiorentini cavalcharono a Monte di Croce, e disfecerlo tutto» (Chronichetta anonima, ed. P. Santini, Quesiti e ricerche di storia fiorentina, rist. Roma 1972, 97). Il toponimo non compare nelle Rationes decimarum di Toscana (1274 ss)
Ruderi del castello
di
Monte
di Croce ancora visibili presso Fornello (allora nel piviere
Sant'Andrea a Doccia, dioc. Firenze) sulla sommità di una collina
che tocca quota mt 442. R. Nelli,
Signoria ecclesiastica e proprietà cittadina. Monte di Croce tra XIII e XIV
secolo, Comune di Pontassieve 1985 (non riuscito a consultare né a
procurarmelo).
C.C. Calzolai,
Firenze e la sua diocesi, AA. VV.,
La Chiesa Fiorentina, Firenze (Curia Arciv.) 1970, 219 § 112, 235
§ 133, 378 § 341.
Viceversa Cr SMN indica il solo toponimo cittadino, popolo San Pier Maggiore di Firenze, per i due fratelli fr. Bencivenni e fr. Sinibaldo; mentre per quest’ultimo il notaio scrive «fratre Sinibaldo de Monte Crucis» (ASF, SMN 11.XI.1304). Nessuna contraddizione e nessun errore. Pennino, padre di Riccoldo, s’era a suo tempo già trasferito in città con la famiglia e aveva preso dimora nel popolo (parrocchia) di San Pier Maggiore, come bisogna dedurre da quanto detto dalla Cronica a proposito dei fratelli di Riccoldo, a lui premorti d’un buon quindicennio (vedi sotto alle date 15.IV.1303 e 1305-09).
Trasformato nella letteratura riccoldiana il genitivo patronimico «Pennini» (= figlio di Pennino) in cognome-casato «Riccoldo Pennini», l’esca alla caccia d’antenati illustri era bell’e pronta, «anche se l’albero, ad un ramo del quale io sono fiorito, non fosse quello su cui è sbocciato e maturato lui»: F. Pennini, Un missionario in Oriente del 200. P. Ricoldo Pennini, «Calabria letteraria» 25, nn. 4-6 (1979) 48-49.
Difficile considerare «fr. Dominicus [† 1285] dictus Pennini de porta Sancti Petri» (Cr SMN n° 136) terzo fratello di Riccoldo (Cf. P. Mandonnet, Fra Ricoldo de Monte-Croce, in «Revue biblique» 2 [1893] 47 n. 4; J.-M. Mérigoux, L'ouvrage..., MD 17 [1986] 14 n. 36): perché dictus Pennini è più consono a un soprannome personale che al patronimico; e sia perché Porta San Piero è indicativa del sesto non del popolo San Pier Maggiore, compreso nel sesto.
Per altro verso, le fonti fiorentine documentano la consuetudine d’indicare il toponimo comitadino d’origine anche per chi ora («qui nunc habitat, moratur... ») risulti insediato in città.
Esempi: «Bonaiutus quondam Mainetti Serafini de Montecapalli commorans nunc Florentie in populo Sancti Iacobi ultra Arnum» (ASF, SMN 5.VIII.1272). «Ciaurellus filius quondam Maghinardi barberius qui fuit de populo Sancti Iusti ad Montalbinum de Lucardo et nunc moratur Florentie in populo Sancti Appollenaris» (ASF, NA 4111, f. 148r: 25.VII.1294).
In maggio 1286 una provvisione, che sancisce consuetudini anteriori in fatto di prassi amministrativa tra comitadini e cittadini di Firenze, definisce lo statuto legale del cittadino. È cittadino fiorentino, o lo diviene: a) chi è nato da genitori cittadini; b) chi, o i suoi genitori o nonni, ha versato per dieci anni l’imposta in città; c) chi, emigrato in città con tutta la famiglia, vi ha dimorato ininterrottamente per cinque anni, senza allontanarsene più di due mesi l’anno (J. Plesner, L’emigrazione dalla campagna alla città libera di Firenze nel XIII secolo, Firenze 1979, 164).
Riccoldo e i suoi fratelli, del sesto cittadino di Porta San Piero, sono fiorentini a tutti gli effetti e in senso stretto. «Civitatis Florentie» e «Florentinus», lo dicono ì notai (v. più oltre alle date 21.VII.1302; 15.VI.1311; 21.VI.1311), sotto la cui penna la formula può significare soltanto toponimo d’origine, non predicazione fiorentina, circoscrizione cioè del convento di SMN. Ma la memoria dell’origine comitadina deve aver accompagnato a lungo il ceppo familiare se nel 1304 fr. Sinìbaldo è detto «de Monte Crucis» e nel 1312 lo stesso Riccoldo è qualificato «de Monte de Cruce» in protocolli notarili (v. sotto la data 15.VI.1312). Memoria evanita invece nel caso di fr. Simone di Guido dei Salterelli († 1342), detto «del popoto di Santo Stefano a Ponte» (Cr SMN n° 320), ma anch’egli di famiglia immigrata da Monte di Croce, come si ricava dalla testimonianza, anteriore al 1290, relativa a suo fratello: «Ego Lapus Guidonis Salterelli de Monte Crucis» (ASF, Arte dei giudici e notai 5, f. 22r).
CP (= capitolo provinciale) Firenze 1272: «Studium generale theologie quantum ad locum et personas et numerum studentium committimus plenarie fr. Thome de Aquino. Studium artium ponimus in conventu Pisano, ubi leget fr. Ricculdus Florentinus, cuius studio deputamus etc.» (MOPH XX, 39/28-30). = "Lo studium generale di teologia quanto a luogo, persone e numero di studenti, lo rimettiamo a piena discrezione di fra Tommaso d'Aquino. Lo studium delle arti (= lettere e filosofia!) lo poniamo nel convento di Pisa, dove lettore sarà fra Riccoldo da Firenze; e vi assegnamo gli studenti..." (seguivano i nomi dei frati studenti, omessi nella tradizione manoscritta degli atti capitolari).
■ Si dava che giovani lettori delle arti, non necessariamente già ordinati presbiteri, seguissero contemporaneamente in qualità di studenti i corsi di teologia.
■ fra Riccoldo, qui giovanissimo, compare insieme a fra Tommaso d'Aquino; da grande farà grande uso di testi e tesi tomasiane nei suoi scritti apologetici! - specie nel Contra legem sarracenorum (1300).
[1275-85 circa: Scripta super II Peryhermenias]
CP Roma 1287: «Curam conventus Pratensis committimus fr. Riculdo lectori» (MOPH XX, 77/33). Si tratta della cura interinale del convento finché non venga eletto il nuovo priore; il priore del convento di Prato era stato assolto dalla carica dal medesimo capitolo provinciale (MOPH XX, 77/26).
CP Lucca 1288: «Ad conventum Florentinum ibunt fratres Ricaldus Florentinus cui hoc anno parcimus a lectione, Gratia Florentinus...» (MOPH XX, 88/15). Lettore in Prato viene nominato «fr. Rubertus Lucanus» (ib. 83/15-16). Il capitolo provinciale di Lucca 1288 fu tenuto a ridosso di quello generale, celebrato quell’anno nella medesima città nel mese di maggio.
I definitori erano stati convocati
a Lucca per la domenica tra l’ottava dell’Ascensione, 8.V.1288 (MOPH
III, 242/5), e per tradizione il capitolo generale veniva celebrato la settimana
dopo Pentecoste, che nel 1288 cadeva il 16 maggio.
Datata maggio 1288, dal capitolo generale di Lucca, è una lettera di
Munio da Zamora maestro dell’ordine
OP:
concede ai membri
della Società della BVM e S. Domenico di Viterbo la partecipazione ai beni
spirituali e suffragi come a membri dell’ordine (APR, Dipl. maggio 1288).
Priore di Prato in agosto 1288 risulta esser fr. Iacopo da Sarzana: «fr. Iacobum de Sareçana eiusdem ordinis nunc priorem conventus Predicatorum fratrum de Prato» (ASL, Dipl. S. Romano 27.VIII.1288).
Acri [sul finire del 1288]. «Veni igitur in Accon... » (LP f. lrb). Qui Riccoldo conosce Nicola da Hanapis OP, patriarca di Gerusalemme, col quale s’intrattiene a conversazione (Ep. I, f. 252r; ed. 269-70) e di cui rievocherà con commozione la morte incontrata nella presa di Acri 18.V.1291 (Ep. I e IV). Il papa aveva dato licenza alla destinazione orientale di Riccoldo dietro intervento del maestro dell’ordine dei Predicatori; la formula potrebbe non comportare altro che questo, sebbene non escluda qualcosa di più: «Quamobrem assumpta voluntate commissa michi a tuo vicario obediencia veni ad profundas partes istas orìentis» (Ep. I, f. 251r, che ha «assumptam voluntatem commissam... obedienciam»; ed. 268; il volgarizzamento trecentesco rende: «et però ricevendo l’ubidensia del tuo vicario papa nostro, venni a queste parti e contrade dell’oriente»: F 29v). «Suscepta igitur obedientia domini pape mediante magistro ordinis, incipiens peregrinationem transivi mare» (LP f. 1rb). Il papa è Niccolò IV (febbr. 1288 - apr. 1292). Maestro dell’ordine fr. Munio da Zamora (1285-91), che in maggio del medesimo anno era stato a Lucca per il capitolo generale.
Valle del Giordano 6 gennaio [1289]. «Inde - j miliarium - venimus ad Iordanem ad locum ubi Iohannes baptiçavit Christum. Ibi in festo epifanie invenimus congregatos christianos ad baptismum et ad festum ultra decem milia ex omni populo et natione, ubi edificavimus altare iuxta fluvium, ubi celebravimus et predicavimus et baptiçavimus gaudentes et flentes» (LP f. 3rb).
Sivas, nel cuore della Turchia, [1° maggio] 1289. «Certe credo quod nosti quod presens eram in Sebaste, civitate Turchie, quando postquam receperunt [scil. sarraceni] nova de dolorosa captione tripolitana, ligaverunt crucem cum ymagine crucifixi ad caudam equi et traxerunt per totam civitatem per cenum, incipientes a loco fratrum et christianorum; et hoc in die dominica ad maiorem contumeliam christianorum et Christi» (Ep. II, f. 254r; ed. 273).
Testimonianza di Fidenzio Da Padova Ofm, Liber recuperationis Terre sancte [1291] c. 15: «Ipsi etiam Sarraceni multum abhorrent ymagines, et picturas destruunt, et sibi substernunt, et in loca immunda proiciunt. Intellexi ergo quod nuper post captionem civitatis Tripolitane Sarraceni trahebant crucem Christi ad caudam asini, et omnia vituperia que poterant ymaginibus inferebant» (ed. G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra santa e dell’Oriente francescano II, Quaracchi 1913, 21).
Tripoli cadde in mano ai mamlûk il 27 aprile 1289. Se la domenica di cui parla Riccoldo è quella immediatamente successiva al fatto (la direttrice Ayas-Sivas era abitualmente battuta da carovanieri e mercanti), essa cade il 1° maggio. L’anno non può esser che il 1289. Acri, caduta in maggio 1291, era ancora in mano ai cristiani quando Riccoldo vi approdava e vi faceva capo nei due itinerari in Galilea e in Giudea: «Veni igitur in Accon... » (LP f. 1rb); «inde reversi - x miliaria - fuimus in Accon, civitatem christianorum» (LP f. 2va). Anche Athlît, caduta in luglio 1291, era ancora in mano ai Templari quando Riccoldo la visitava: «Inde - x miliaria - ivimus ad Castrum Peregrini, quod est nobile castrum Templariorum iuxta mare» (LP f. 2va). E a conclusione del pellegrinaggio palestinese: «Inde - iiij miliaria - venimus in Castrum Peregrini et inde in Accon » (LP f. 6ra). Se il 6 gennaio 1289 Riccoldo visitava il fiume Giordano nel secondo itinerario, quando precedentemente aveva già visitato la Galilea, è lecito pensare che la partenza dall’Italia avvenisse negli ultimi mesi del 1288 e che Riccoldo raggiungesse il porto di Acri in dicembre dello stesso anno.
Dopo gl’itinerari palestinesi, sempre da Acri risale via mare la costa mediterranea, sostando a Tripoli e toccando Tortosa (cadrà in agosto 1291) fino al porto di Ayas (LP f. 6ra). Attraverso Cilicia e Armenia s’inoltra in Turchia risalendo fino ad Arzerum e poi piega verso la Persia (primavera-estate 1289) (LP ff. 6ra-va, 11rb-va).
Sei mesi a Tabriz. «Inde venimus in Tauritium que est metropolis Persarum (...). Ibi substitimus per medium annum, et predicabamus eis per turchimannum in lingua arabica» (LP f. 11va-b).
Attraversata poi la regione dei curdi, scende nella valle del Tigri (LP ff. 11vb-12ra), dove sembra abbia trascorso la maggior parte della permanenza in oriente.
Baghdàd dopo 18 maggio 1291. «Quantus fuerit mihi dolor et tristitia cordis in captione Accon [18.V.1291] quilibet vestrum ex semetipso de facili cognoscere potest; experti estis similia. Nam usque ad profundas partes orientis, usque Baldaccum, tunc eram, cum non solum nova sed etiam spolia christianorum venerunt» (Ep. IV, f. 263r; ed. 289). «Vnde cum transissem maria et deserta, et peruenissem ad famosissimam ciuitatem saracenorum Baldaccum, ubi generale ipsorum solemne habetur studium, ibi pariter linguam et litteram arabicam didici» (CLS prol. 56-58).
Permanenza in oriente [1288-1299 ca.]. «Et relictus sum solus in Baldacco a sociis in profundis partibus orientis, et de occidente a pluribus annis aliqua nova non habeo de fratribus meis sive de ordine. Magistro eciam, qui me misit, nescio quid accidit, quia de multis et lacrimosis litteris quas ei pro succursu transmisi nec cedulam aliquam responsionis accepi» (Ep. I, f. 252v; ed. 270). «In pluribus annis quibus conversatus sum cum eis [scil. sarracenis] in Perside et in Baldacco, non recolo me audisse nec semel cantum vanitatis sed semper cantum de laude Dei et de commendatione sue legis et sui prophete» (LP f. 18rb). «Hec igitur que de nationibus orientalibus rudi et simplici stilo descripsi, conversando cum eis pluribus annis per experientiam ita esse cognovi» (ADNO f. 243r). «Ibique plurimo tempore degens (...). Demum pro quibusdam dubiis articulìs per sedem apostolicam declarandis, ad Ytalie partes remeans cum proposito redeundi, propter quod et barbam plurimo tempore nutriebat, infirmitatibus prepeditus celle quieti, devotioni ac predicationi se totum conferens... » (Cr SMN n° 222; parole che escludono virtualmente un secondo viaggio in oriente di Riccoldo congetturato in Orlandi, Necr. I, 310-11).
[3] Così sciolgo adhc, che si ritrova a ff. 20vb20 (quest’ultimo, numero del rigo); adhuc a ff. 2vb8, 2vb40 ultimo, 3ra6, 23va19; «adhuc secularis existens» nell’ed. J.C.M. Laurent, Peregrinatores medii aevi quatuor, Lipsiae 18732, 105. Anche i concittadini fr. Remigio dei Girolami (Cr SMN n° 220) e fr. Ranuccio di Bartolo dei Bardi (Cr SMN n° 405) avevano studiato arti prima di prender l’abito domenicano.