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 5. Giovanni da San Gimignano prende le distanze da Riccoldo?San Gimignano (prov. Siena)

Del tutto diverso il clima emotivo e teologico in cui fr. Giovanni di messer Coppo da San Gimignano OP parla dell’islâm.

Il prenome Giovanni, insieme a Iacopo, è uno dei più diffusi, e può generare non pochi problemi identitificativi. Distinguiamo dunque gli omonimi frati domenicani sangimignanesi:

1) il nostro fr. Giovanni di messer Coppo da San Gimignano, fl. 1290-1333; Coppo, Acoppo, ipocoristici di Iacop(p)o, ricorrenti nell'antroponimia volgare dell'area (E. Fiumi, Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze 1961, 283b, 304b). Figlio del convento senese, prima della fondazione 1331 di quello sangimignanese.

(2001) http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-da-san-gimignano_(Dizionario-Biografico)/

2) Giovanni di donna Castora da San Gimignano, studente e poi lettore tra 1338 e 1344 (MOPH XX, 299/8-9, 312/19-20, 323/16, 358/6). Raro il matronimico ("figlio di donna Castora"), ma si dà, e lo si ritrova anche in altre geografie conventuali. Interpretazione: o questo Giovanni era ancora piccolissimo quando il padre era deceduto, e lo si denominava convenzionalmente in riferimento alla madre vedova; oppure era figlio di padre ignoto (alternativa più probabile).

3) Giovanni di Gorino [non "Gerino"] da San Gimignano: tra i frati capitolari di Siena nel 1352 (ASS, Spoglio de' Contratti dell'Arch. di S. Domenico B 56, f. 157v); SOPMÆ II, 544; IV, 171; ultimi decenni del ’300.

Carlo Longo OP [† 10.V.2017] mi comunica (9.V.'10) note di ricerca su questo Giovanni (estremi cronologici attestati 1338-1391), in corso di stampa. 6.III.2012, ne ricevo esemplare: C. Longo, Sull'autore della "Legenda" del beato Pietro Crisci, «Bollettino storico della Città di Foligno» 31-34 (2007-2011) 345-69: nella cartella "Longo". Grazie! «Dominican history newsletter» 18-19 (2009-2010) p. 184 n° 1117. DHN 20 (2011) p. 228 n° 1381.

4) Giovanni da San Gimignano, maestro in teologia. AGOP IV.9, f. 73r (10.XI.1487): «Magistro Ioanni de Sancto Geminiano mandatur, in virtute Spiritus sancti etc., ut quam primum poterit vadat Perusium ad predicandum in conventu pro quadragesima, sicut promisit priori. Non obstantibuss. Florentie, X novembris».

5a) Giovanni da San Gimignano, OP 1493, † Orvieto 19.IV.1517, «vixit in ordine annis 24, mensibus septem»: Cr Ov ed. 132-33 (nota 2 di p. 132, a proposito di questo  Giovanni, rinvia a Masetti, Monumenta I, 132n = MOPH XX, 154/33-34, anno 1305; testimonianza che non può che concernere Giovanni di messer Coppo!);

5b) =? Giovanni di Cante da Picchena da San Gimignano: MD 23 (1992) 658-59 (Giovanni "di Conte" suddiacono, San Gimignano 10.VI.1498), 686 (Siena 3.VIII.1499). Picchena (Picchiena) in dioc. Volterra.

"fra Giovanni di Domenico" il vecchio, MD 23 (1992) XL, è lapsus d'inversione (l'autore mi conferma, dic. '02) in luogo di fra Domenico di Giovanni da San Gimignano (fl. 1484-1521), ib. pp. 70 n. 158, 283-84, 804a.

6) Giovanni di Pier Paolo da San Gimignano, o da Camporbiano (dioc. Volterra) luogo d'origine: MD 23 (1992) 632, 809b (anni 1516-1529).

Diciamo subito che nessuna impronta di Riccoldo è riscontrabile nel capitolo della Summa de exemplis dedicato ad ebrei e musulmani. Al contrario, le dissonanze potrebbero denunciare una tacita presa di distanze, in mancanza d’indizi che reclamino contatti; perché è fortemente improbabile che Giovanni  -  della medesima provincia religiosa  -  non fosse al corrente dell’esperienza orientale di Riccoldo e delle sue competenze in fatto d’islâm. Giovanni di messer Coppo: nel 1299 nominato lettore ad Arezzo, nel 1302 dispensato dall’insegnamento, nel 1305 lettore alla Minerva di Roma (MOPH XX, 131/23, 145/13-14, 154/33-34); priore di Siena risulta nel 1308 e 1310, ancora in Siena in ottobre 1312 e giugno 1318:

Siena 6.II.1308: «fr. Giovanni da S. Gimignano priore» (ASS, Spoglio de’ Contratti dell’Arch. di S. Domenico di Siena B 55 [1702], pp. 1-2: 6.II.1307; diploma originale irreperibile). MOPH XX, 179/31-32, dov’è anche nominato socio del definitore al CG 1311.

Siena 16.X.1312, tra i lasciti testamentari di Mita vedova di Lapo di Aldello: «Item fr. Iohanni de Sancto Giminiano dicti ordinis tres libras denariorum» (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 16.X.1312).
Siena, San Domenico in Camporegio, 1.VI.1318: «Ego ser Iacobus filius olim Acoppi de Sancto Geminiano canonicus plebis dicti castri (...) dono et trado et do tibi fr. Iohanni domini Iacoppi de ordine fratrum Predicatorum conventus civitatis Senarum, presenti et recipienti et stipulanti pro fratribus (...) conventus civitatis Senarum, (...) quandam domum meam (...) positam in castro Sancti Geminiani predicto in populo sive contrata Sancti Mathei (...) ut deinceps dictam domum predicti conventus et fratres habeant teneant et possideant ad receptionem et hospitium et commodum et usum omnium et singulorum fratrum Predicatorum de dicto conventu» (ASF, Dipl. Domenicani di S. Gimignano 1.VI.1318).

Conventuale lucchese almeno nel biennio 1314-15 (MD 21 (1990) 374-75: 2.XII.1314 n° 10); in settembre 1325 un suo procuratore acquista casa con orti in San Gimignano, in Siena settembre 1330; in maggio 1333 (ultimo dato conosciuto) riceve in donazione, a nome del monastero domenicano senese, terreni e possedimenti siti nel comune San Gimignano.

San Gimignano 6.IX.1325: «Pateat quod Iacobus et Conte fratres et filii olim magistri Acursi de Sancto Geminiano, affirmantes se maiores quactuordecim annis, minores tamen viginti quinque, iure proprio et in perpetuum vendiderunt (...) Iohanni olim Ciaggi de dicta terra, ementi et recipienti vice et nomine virtuosi viri fr. Iohannis olim domini Coppi de Sancto Geminiano de ordine fratrum Predicatorum, unam domum cum quodam chiostro et duobus ortis, quorum unus est ex parte ante et alter ex parte post dicte domus posite in Sancto Geminiano in contrata platee loco dicto Monte Stassoli; quibus domui chiostro et ortis hii sunt confines: a j° platea Montis Stassoli, a ij° Tinucci Berti et heredum Mucçi Grassi, a iij° via et iiij° dictorum fratrum Predicatorum (...), pro pretio et nomine pretii octuaginta librarum bonorum denariorum florinorum parvorum» (ASF, Dipl. Domenicani di S Gimignano 6.IX.1325).

Siena 1.IX.1330, testamento di «dominus Cione miles olim Aldelli civis senensis». «Actum Senis apud locum fratrum Predicatorum in Camporegio coram fr. Iohanne de Sancto Geminiano, fr. Petro de Sancto Miniate de ordine fratrum Predicatorum et fr. Tavena Tenghi de Selvolensibus de dicto ordine...»; e sempre nella stessa pergamena, codicillo del 7.IX.1330: «Actum Senis apud locum fratrum Predicatorum in Camporegio coram fr. Iohanne de Sancto Geminiano et fr. Tavena Tenghi de Selvolensibus de Senis de ordine fratrum Predicatorum...» (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 1.IX.1330).

San Gimignano 6.V.1333: «Gostança filia olim Cursi Dominichelli de Sancto Geminiano (...) inter vivos donavit et titulo donationis dedit (...) religioso et honesto viro fr. Iohanni condam domini Coppi de Sancto Geminiano ordinis fratrum Predicatorum, recipienti vice et nomine monasterii beate Katerine predicte de Senis ordinis fratrum Predicatorum (...) infrascriptas terras et possessiones positas in curia Sancti Geminiani in confinibus ville Casalis (...), salvo et reservato sibi Gostantie et sibi constituto et concesso usufructu dictarum domus et turris et predictarum terrarum toto tempore vite sue. (...) Actum in Sancto Geminiano in sacristia dictorum fratrum Predicatorum coram honestis et religiosis viris fr. Iohanne Fridiani de Pisis priore dictorum fratrum, fr. Ranerio olim Nerocci de Useppis de Sancto Geminiano et fr. Ylario olim Fini de Signa dicti ordinis Predicatorum, ser Ugolino rectore ecclesie Sancti Mathei et ser Bartholo rectore ecclesie Sancti Donati de Sancto Geminiano testibus» (ASF, Dipl. Domenicani di S. Gimignano 6.V.1333).

Non esiste errata teoria che non contenga un briciolo di verità! (adagio attribuito a s. Agostino o a Beda; cf. Tomm. d'Aq. II-II,172,6)Nella Summa de exemplis et rerum similitudinibus, composta entro il primo ventennio del del '300 e dall’enorme diffusione, il capitolo 92 della prima parte è dedicato ad ebrei e musulmani e loro differenze dai cristiani (ed. Lugduni 1587, f. 56r-v). Di fatto l’intero capitolo è riservato ai musulmani e ai testi coranici. Come tra i pianeti  -  spiega Giovanni di messer Coppo -  taluni son buoni, altri cattivi, altri mediocri (da intendere a metà strada tra i primi e i secondi), parimenti in fatto di religione i cristiani son buoni, gli ebrei cattivi, i musulmani mediocri. Quest’ultimi usano misericordia non soltanto ai loro ma anche ai cristiani, sebbene di frequente li attacchino; ma in definitiva son migliori degli ebrei perché portano riverenza a Cristo, che riconoscono nato da Maria Vergine. Lo so per esperienza personale  -  confessa Giovanni  -  perchè sono stato tra loro e ne ho raccolto testimonianza da musulmani autorevoli:

«Hoc est certum, et ego qui inter eos fui frequenter, hoc audivi ab eis et a suis sachariis [= fachariis? da faqîh, faqîr?], qui religiosi sunt dicti apud eos, et muschetis idest qui eorum ecclesias officiant» (Summa f. 56rb). Ma queste parole sono assenti nell’autorevole testimone ms BNF, Conv. soppr. A 4.517 (xiv s.), f. 78va; tutto il capitolo, ff. 78va-79ra.

Non abbiamo nessuna attestazione d’un viaggio di Giovanni in oriente; ma l’affermazione (se non è una chiosa passata a testo) non esige l’oriente, e potrebbe giustificarsi anche con una permanenza di Giovanni in Spagna; cosa, in linea di principio, non inverosimile, visto che i capitoli provinciali assegnano studenti ad altre province, specie in sedi dove vige uno studio generale (CP Barcellona 1299, ad esempio, assegna studenti nello studio del convento fiorentino: R. Hernández, Pergaminos de Actas de los Capitulos Provinciales del siglo XIII de la Provincia Dominicana de España, «Archivo dominicano» 4 (1983) 46, 65, 66). Resta semmai un dubbio: data la natura compilatoria della Summa, il nostro capitolo è elaborazione personale di Giovanni o è prestito prelevato dalle sue fonti? (A. Dondaine, La vie et les oeuvres de Jean de San Gimignano, AFP 9 (1939) 131; tutto l’art. pp. 128-83). Ma ai fini del nostro discorso il testo conserva tutto il suo valore anche se fosse materia compilatoria. Perché infatti tra l’abbondante materiale scritto e orale che circolava nell’Europa latina sulla lex sarracenorum, Giovanni scarta il più rozzo, il più leggendario, il più tendenzioso, e ne utilizza uno ispirato alla discrezione, perfino alla simpatia? Perché il resto del nostro capitolo non è che una cernita di quei testi coranici che riflettono in positivo taluni dati della fede cristiana. In verità le prime due autorità, esplicitamente rimesse al Corano, provengono dalla Doctrina Machumet, scritto fabuloso d’ispirazione escatologica del genere di dialogo didattico, che l’équipe arabista coordinata da Pietro da Cluny (1142 circa) aveva tradotto insieme col Corano ed altri testi arabi che formano la Collezione toledana.

«Unde in libro qui dicitur Alcoran, idest lex quam condidit Machomet, proponitur questio una sic: Quae foemina de masculo tantum, et quis masculus de foemina tantum? Et respondet: Eva ex Adam, Christus ex Maria Virgine. Item quaerit: Quae sunt tria quae sine seminis commixtione edita fuerunt? Respondet: Adam, aries Abrahae et Christus» (Summa f. 56rb-va). Da Doctina Machumet, traduz. arabo-latina di Ermanno di Carinzia, in Bibliander, Machumetis.... Basilea 1543, I, 194/25-28. Anche l’altro capoverso di Giovanni, «Item confitentur Christum esse verbum et virtutem Dei... » (f. 56va) è della Doctrina Machumet (p. 199/43-44).

Errore che un Riccoldo non commette; costui conosce e cita la Doctrina Machumet, le attribuisce sì grande autorità quasi al pari del Corano, ma mai la confonde col libro sacro.

Le successive citazioni (Cor. 3, 42-49; 2, 253) sono a conferma che la Vergine Maria fu commendata dagli angeli, che le fu preannunciata la nascita del Cristo, e che costui fu sommo profeta presso Dio:

Et in eodem libro [scil. alcorano] primo sic dicitur: [3,42] Angeli Mariam alloquentes inquiunt: O Maria, omnibus viris et mulieribus splendidior, mundior atque laetior, [3,43] soli Deo perseveranter studens, ipsum cum humilibus gentibus Deo flectentibus adorans, [3,44] et nequaquam in terrenas sordes proficientibus et curam agentibus, quis Mariae custos efficeretur? Haec arcana secretissìma committo [3,45] angelis dicentibus: O Maria, cui summi nuncii gaudium cum verbo Dei, cuius nomen est Iesus Christus filius Mariae, qui est facies omnium gentium in hoc saeculo et futuro, [3,46] senes et infantulos cunabula servantes conveniens, praeses sapiens, vir optimus ab universitatis creaturae, mittitur. [3,47] Respondet illa: O Deus, cum virum non tetigerim, quomodo concipiam? Respondent angeli: Deo nihil occurrit impossibile, omnia prout vult operanti; cuius mandatum omne suum placere perficit. [3,48] Ipseque filium suum cum divina virtute venientem, librum legiferum omnisque magisterii peritiam et testimonium ac evangelium, [3,49] mandatumque filiis Israel edocebit. Ille namque formis volatilium luteis ac compositis insufflans volare faciet; caecos et mutos curabit, mor[p]heaticos et leprosos mundabit, mortuos creatore cooperante vivificabit: quicquid coniecturis quidve disputatione deputatum sit, propalabit, similiter cuncta quae in Deum credentibus mirabila censentur.

Item confitetur eadem lex sarracenorum Christum fuisse summum omnium prophetarum apud Deum. Unde in codem libro Mahumet introducit Deum loquentem et dicentem: [2,253] Omnium prophetarum alio super alium per me sublimato et eorum quibusdam cum Deo locutis, Christo Mariae filio, animam nostram proprie conferentes, vim atque virtutem prae caeteris praebuimus (Summa f. 56va).

Cristo inoltre è ritenuto «verbum et virtus Dei», la legge del vangelo e i suoi precetti in più luoghi lodati, l’usura severamente proibita (ib. f. 56va-b). Si conclude: «Haec omnia magnifica de Christo, evangelio et Virgine scripta sunt in Alcorano in lege sarracenorum, quam eis Machometh dedit. Quae, licet multa falsa contineat et immunda, tamen etiam multa testimonia perhibet nostrae fidei veritati, ut supra patuit. Quae omnia introduxi ad exaggerandum infidelitatem iudaeorum, Christum blasphemantium, cum tamen scripturae eorum testimonia perhibuerunt Christo, sicut dixit eis Io. 5 “Scrutamini scripturas quia illae testimonium perhibent de me”, et tamen caeci negant quem sarraceni, ignorantes scripturas, venerantur et adorant» (f. 56vb).

La traduzione usata è quella di Roberto da Ketton (1143) della Collezione toledana, e quest’ultima sembra fonte unica di Giovanni.

Gli stessi testi coranici sono tradotti, indipendentemente e con miglior esito, da Guglielmo da Tripoli, da Raimondo Martí e dallo stesso Riccoldo.

Traduzioni

Cor. 3, 42-43 E quando gli angeli dissero a Maria: «O Maria! In verità Dio t’ha prescelta e t’ha purificata e t’ha eletta su tutte le donne del creato. O Maria, sii devota al tuo Signore, prostrati e adora con chi adora!».
Roberto 23, 4-7 Angeli rursus Mariam alloquentes inquiunt: O Maria, omnibus viris et mulieribus et mundior atque lotior, soli Deo perseveranter studens, ipsum cum humilibus genuaque Deo flectentibus adora.
Marco da Toledo [3,42] O Maria, Deus elegit te et mundavit et pretulit super omnes gentium mulieres (in Mérigoux, L'ouvrage 129 n. 32).
Guglielmo c. 30, p. 342 Item in alio loco dicit quod fuit per angelos erudita, et dicit sic: «Dixerunt ad Mariam: O Maria, Deus elegit te et purificavit te et preelegit te super omnes mulieres mundanas. Cole igitur Deum, adora eum, genua ei curva cum illis qui Deo inclinant».
Raimondo, Contra Machometum f. 204v Item quod dicit in alchorano in tractatu Abraam [3, 42] quod Deus preelegit et sanctifìcavit et preelegit beatam Mariam super mulieres seculorum etc.; Pugio fidei 749: In alcorano in libro legis eorum, in tertia sora in quarto denario eius, taliter scriptum est: [3,42] «Et cum dixerunt angeli: O Maria, utique Deus elegit te et purificavit et elegit te claram super mulieres seculorum».
Riccoldo, CLS 15, 103-04 Dìcitur enim in capitulo Amram: [3,42] «Dicunt angeli beate Marie: O Maria, Deus pretulit te et purificauit te super omnes mulieres».
Cor. 3, 45-46 E quando gli angeli dissero a Maria: «O Maria, Iddio t’annunzia la buona novella d’una Parola che viene da Lui, e il cui nome sarà il Cristo, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell’altro e uno dei più vicini a Dio. Ed egli parlerà agli uomini dalla culla come un adulto, e sarà dei Buoni».
Roberto 23, 9-3 Angelis dicentibus: O Maria, tibi summi nuncii gaudium cum verbo Dei, cuius nomen est Christus Iesus filius Mariae, qui est facies omnium gentium hoc saeculoque futuro, senes et infantulos cunabulas servantes conveniens, praesens, sapiens, vir optimus ab universitatis creatore mittitur.
Marco da Toledo [3,45] O Maria, Deus annuntiat tibi de verbo suo cuius nomen est Christus filius Marie, Iesus magnus in hoc seculo (Mérigoux, L'ouvrage 129 n. 33).
Alpholica c. 10, f. 255v Unde dicitur in capitulo Elamran: [3,45] «O Maria, Deus annuntians est tibi de verbo a se ipso cui nomen Christus».
Guglielmo c. 31, p. 344 Dixerunt [scil. angelì] ad Mariam: O Maria, scias quod Deus evangelizabit tibi ex se verbum; nomen eius Iesus Christus Marie filius; primas erit preclarus in hoc seculo et in futuro; et erit de illis qui ad Deum appropinquant, et loquetur infantulus de cunabulis et erit vir et erit de sanctis et iustis.
Raimondo, Pugio fidei 749 Item in tertia sora in quinto denario: «Cum dixerunt ei angeli: O Maria, utique annunciat tibi Deus verbum ex ipso, nomen cius Iisse, idest Iesus, filius Mariae, honorabilis in hoc seculo atque in alio, et de propinquioribus; alloquentur homines in cunabulis et in aetate virili».
Riccoldo, CLS 15, 104-06 Et post: [3,45] «Dixerunt angeli: O Maria, Deus euangelizabit tibi uel enunciat tibi de uerbo suo et nomen eius Christus Iesus filius Marie».

Cor. 3, 47-50

Roberto 23, 13-24

Guglielmo c. 32, pp. 344-46

Raimondo, Pugio fidei 749-50

«O Mio Signore!, rispose Maria, come avrò mai un figlio se non m’ha toccata alcun uomo?». Rispose l’angelo: «Eppure Dio crea ciò ch’Ei vuole: allorché ha deciso una cosa non ha che dire: “Sii!” ed essa è». Ed Egli gli insegnerà il Libro e la Saggezza e la Tôrâh e il Vangelo, e lo manderà come Suo Messaggero ai figli d’Israele, ai quali egli dirà: «Io vi porto un Segno del vostro Signore. Ecco che io vi creerò con dell’argilla una figura d’uccello e poi vi soffierò sopra e diventerà un uccello vivo col permesso di Dio; e guarirò anche, col permesso di Dio, il cieco nato e il lebbroso e risusciterò i morti e vi dirò anche quel che mangiate e quel che conservate nelle vostre case. In tutto questo vi sarà un Segno per voi, se siete credenti. E son venuto a confermare quella Tôrâh che fu rivelata prima di me, per dichiararvi lecite alcune cose che v’erano state proibite, e v’ho portato un segno da Dio; pertanto temete Dio e obbeditemi. Respondet illa: O Deus, cum virum non tetigi, filium quomodo concipiam? Inquiunt angeli: Dei nihil occurrit impossibile, omnia prout vult operanti, cuius mandatum omne suum placere perficit. Ipseque filium tuum cum divina virtute venientem, librum legiferum omnisque magisterii peritiam et testamentum ac evangelium, mandatumque filiis Israel edocebit. Ille namque formis volatilium luteis a se compositis insufflans volatile faciet, caecos et mutos curabit, morpheaticos atque leprosos emundabit, mortuos creatore cooperante vivificabit, quidque commestui quidve dispositioni deputatum sit, propalabit. Quae cuncta in Deum a credentibus miracula censentur. Vetus testamentum confirmabit, quaedam tamen prìus prohibita licitis annumerabit; seque cum divina virtute potentiaque venisse patefaciens inquiet: Timentes Deum me sequamini. Et sic dicit: dixit Maria: O Deus, eritne michi filius, cum non sim tacta ab homine? Et dixit Deus:  sic creabit Deus quod vult, et cum decreverit quid fieri, et dixerit “fiat!” statim fit. Et docebimus eum librum et sapientiam et legem et evangelium nostrum, nuntium ad filios Israel, et dicit: Veni ad vos a Deo signum, quoniam ego creabo vobis de luto similitudines volucrum et sufflabo in eis et fient animalia auctoritate Dei; et sanabo mutos et leprosos et vivificabo mortuos auctoritate Dei et docebo vos quid edere debeatis et quid thesaurizare, quoniam hoc erit vobis signum, si extiteritis fideles, quoniam ego verax sum in hiis que de lege sunt, et in hiis que licentiabo vobis de illicitis et vetitis; et veni ad vos in signum a Deo vestro. Credite ergo Deo et obedite ei. Iterum in denario quinto sorae tertiae: [3,47-49a] «Dixit ipsa: Deus meus, quomodo erit mihi filius et non tetigit me homo? Dixit sic: Deus creat quod vult; cum decreverit aliquid, dicitur utique ei “esto” et erit. Docebit autem eums cripturam et sapientiam et legem et evangelium, et nuntium ad filios Israel: Utique ego veni ad vos in signis [insignis ed.] a domino Deo meo: ego quidem ut crearem vobis de luto quasi formam avis et insufflabo in eam et erit avis per nutum Dei; et curo caecum natum et leprosum et resuscito mortuos per nutum Dei».

Cor. 2, 253

Roberto 19, 9-14

Guglielmo c. 41, pp. 352-54

Di tali Messaggeri Divini alcuni li abbiam resi superiori ad altri; fra essi c’è chi parlò con Dio, ed Egli ne ha elevati alcuni di vari gradi. Così demmo a Gesù figlio di Maria prove chiare e lo confermammo con lo Spirito di Santità; e se Dio avesse voluto, coloro che li seguirono non si sarebbero uccisi l’un l’altro, dopo aver ricevuto prove così evidenti; ma essi furon discordi; ci fu chi credette, ci fu chi negò, ma se Dio avesse voluto non si sarebbero uccisi l’un l’altro. Dio però, fa ciò che vuole. Omnium prophetarum alio super alium per me sublimato, et eorum quibusdam cum Deo locutis, Christo Mariae filio animam nostram proprie conferentes, vim atque virtutem prae caeteris praebuimus. Deo quidem prohibente, seu virtutibus prius agnitis, nulla lis atque controversia inciderent, cum nunc omnes dissentiant. Unus namque sua credit, alius minime, nec omnes bonam legem imitantur. Multi sunt nuntii nostri et pretulimus alterum alteri et ex ipsis sunt quos Deus allocutus est et per gradus quosdam pretulit <ex> eis. Dedimus autem signa manifesta, miracula et prodigia Iesu, Marie filio, et confortavimus eum per spiritum sanctum. Et si Deus voluisset, guerre non extitissent post miracula visa. Sed diversi sunt homines: sunt quidam qui credunt, et alii qui discredunt. Deus auteni facit quod vult.

Proprio in Guglielmo da Tripoli fr. Giovanni di messer Coppo da San Gimignano avrebbe trovato affinità di spirito nell’approccio all’islâm e cernita di testi coranici favorevoli ai misteri cristiani; per di più in una traduzione di notevole qualità. Ma se il De statu sarracenorum di Guglielmo gli poteva esser di difficile accesso, pur ammesso che ne avesse conoscenza, difficile è asserire altrettanto per gli scritti di Riccoldo. Giovanni non può vantare la preparazione dei suoi confratelli arabisti, ricorre alla mediocre traduzione coranica della Collezione toledana, fa commistione di Corano e Doctrina Machumet; ma si apre una strada personale alla valorizzazione del positivo dell’islâm, pregevole per i suoi tempi. Una posizione irenica, la si direbbe oggi. Certamente dissonante sia dalla soteriologia che sottendono gli eruditi Contra Machometum di Raimondo Martí e Contra legem di Riccoldo sia dal temperamento polemico, talvolta finanche virulento, del suo confratello fiorentino.

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