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1300. Composizione del Libellus ad nationes orientales. Il testo è trascritto da un copista che sappiamo lavorare in Firenze anche per gli scritti di fr. Remigio dei Girolami († 1319). Con richiamo alla parola heretici, con cui il Libellus qualifica i cristiani giacobiti e nestoriani, Riccoldo scrive di proprio pugno nel margine inferiore:

«Nota quod hic vel ubìcumque appello eos hereticos, dico opinative et non certitudinaliter. Nondum enim diffinitum est per papam utrum sint heretici illi iacobini et nestorinì orientales set sunt argumenta pro et contra, et expecto determinationem papalem vel etiam magistralem» (ADNO f. 219v).

La presenza di Riccoldo in Firenze già in marzo 1301, la nota heretici e la ripetuta affermazione nel Libellus ad nationes orientales che dall’avvento di Cristo sono trascorsi 1300 anni (ADNO ff. 229r, 229v-230r, 231v, 233r) si confortano a vicenda. Se quando scrive la nota heretici sulle carte del Libellus Riccoldo è ancora in attesa d’una decisione papale o magistrale circa l’eterodossia dei cristiani orientali, non doveva esser trascorso molto tempo dal suo rientro in Italia, visto che la ragione del rientro era proprio la consultazione della sede apostolica, come testimonia la Cronica di SMN. Il Libellus espone per l’appunto e dettagliatamente le dottrine dei giacobiti e nestoriani, sulla cui posizione teologica Riccoldo sollecita un pronunciamento autorevole. I «molti anni» della permanenza orientale potrebbero protrarsi proprio sino alla fine del secolo. E in Firenze, appena rientrato dall’oriente, Riccoldo redige i suoi scritti, ad eccezione forse delle Epistole ad ecclesiam triumphantem. Lo insinuano i dati codicologici or ora ricordati, e lo insinua il prologo del Liber peregrinationis (opera composta prima del Contra legem Sarracenorum e del Libellus ad nationes orientales e trascritta dal medesimo copista del Libellus): «Continentur autem in hoc libro sub brevitate regna gentes provintie leges ritus secte et hereses et mostra que inveni in partibus orientis» (LP f. 1ra); que inveni in partibus orientis: così scriverebbe chi è ancora sul campo? La «determinazione papale» attesa da Riccoldo non può che riguardare il pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303).

Per il periodo orientale e cronologia delle opere di Riccoldo vedi più ampiamente Scritti di Riccoldo, «Memorie domenicane» 17 (1986) XXV-XL. Il documento fiorentino ASF, SMN 14.IV.1289, di cui Fineschi 300-01 e Necr. I, 309-10, non contiene alcuna menzione di Riccoldo.

Riccoldo in SMN a febbraio 1300?

Firenze 7.II.1300. «Actum Florentie in capitulo fratrum ecclesie Sancte Marie Novelle, presentibus testibus fr. Symone Salterelli priore, fr. Riccholdo Beliocti, fr. Paulo de Pilastris, fr. Dominico, fr. Gratia Florentino dicti conventus, domino Beliocto Berlingherii iudice, Philippo Peruççi...». Taluni Peruzzi cedono al monastero San Iacopo a Ripoli terreni in Santa Lucia d'Ognissanti in permuta con terreno del monastero sito nel popolo San Marcellino, località detta Ripoli (ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 1 n° 60 (7.II.1299, indict. 13a). Cf. Priori..., MD 17 (1986) 276.

Sono stato a lungo perplesso su questo sconosciuto e indocumentabile fr. Riccholdo Beliocti. Oggi sarei propenso a vedervi un lapsus di redazione notarile; rari, ma non impossibili. Il patronimino Beliocti in luogo di Pennini; oppure interferenza d’anticipo col successivo Beliocto Berlingherii. Per non parlare di fra Biliotto di Simone di messer Biliotto dei Donati (OP 1297, † 1324; Cr SMN n° 232; il cui nome segue immediatamente Riccoldo nel successivo doc. 10.X.1301). Anche i notai possono sbagliare!, specie quando devono gestire lunghe serie di antroponimi, e assicurarne l'identità tramite patronimici o altri elementi onomastici a funzione distintitiva. Se così fosse potremmo anticipare al 7.II.1300 la prima testimonianza di termine ante quem del rientro dall’oriente.

Firenze 21 marzo 1301. «In ecclesia Sancte Marie Novelle..., presentibus testibus religiosis viris fr. Ugone de Ubertinis, fr. Riccoldo, fr. Ardingo de ordine fratrum Predicatorum, Caro de Erris, Ghaddo domini Bernardini de Caponsacchis, domino Meglo de Tosinghis, Pinuccio Vannis de Tosinghis, ser Amadore Gerardini notario, Ardingo Bonagiunte de Medicis»; atto di pace tra il notaio ser Gino di ser Lotto da una parte e Dardo del fu Neri di Berlinghieri dei Caponsacchi, Guiduccio, Geri, Giovanni e Forese fratelli figli di Dardo, Neri del fu Guido di Neri di Berlinghieri dall’altra (ASF, Notar. antecos. 13364 (già M 293, II), f. 22r: 21.III.1300).

Firenze 10 ottobre 1301. Codicillo di fr. Riccardo OP, detto Carduccio, figlio del fu Alberto del popolo Santo Stefano a Ponte. «Acta fuerunt hec omnia Florentie apud SMN, presentibus vocatis et a dicto codicillatore rogatis testibus fratribus Riccoldo, Beliotto, Romeo, Maçetto, Stefano, Filippo et Iohanne de ordine Predicatorum» (ASF, SMN 10.X.1301).

Firenze, chiostro di Santo Stefano a Ponte, 21 luglio 1302. Testamento di «Carduccius qui vocatur fr. Riccardus condam Alberti populi Sancti Stefani ad Pontem». Tra i legati: «Item Manetto domini Ottavantis [de Rigalettis] filioccio dicti testatoris libras 10 florinorum parvorum. Item Iohanni filio Banchi de Rigalettis libras 10 florinorum parvorum. Item fr. Riccoldo de ordine Predicatorum civitatis Florentie libras 10 florinorum parvorum. Item Bertine servitiali olim Zochi Marchi et dicti testatoris libras 3 florinorum parvorum» (ASF, SMN 21.VII.1302).

15 aprile 1303. Morte di fr. Bencivenni, religioso dal 1272, fratello di fr. Riccoldo: «fr. Bencivenni conversus, germanus fratris Ricculdi, de populo Sancti Petri Maioris, vite laudabilis et bone religionis, orationi assiduus et ad comunes questas utilis et fructuosus. Vixit in ordine annis XXXII, obiit anno Domini MCCCIII, XVII kalendas maii» (Cr SMN n° 185).

Un frate converso (oggi lo si denomina "cooperatore") è religioso domenicano a pari diritto del religioso chierico, perché emette medesima professione. Non segue il percorso formativo delle lettere o arti liberali, e dunque non eserciterà uffici sacramentali e ruoli direttivi riservati ai chierici. Coltiva abilità manuali e arti meccaniche, di ogni genere, dall'agricoltura al vestiario. I grandi costruttori o architetti (magistri lapidum o hedificii - dicevano) di SMN sono per lo più frati conversi.

Ottobre 1305 - maggio 1309. Tra questi estremi muore fr. Sinibaldo, già prete secolare poi domenìcano, fratello di fr. Riccoldo; qui apprendiamo il nome del padre dei tre fratelli germani, Pennino: «fr. Sinibaldus Pennini, germanus fratris Ricculdi, de populo Sancti Petri Maioris, sacerdos et predicator; fuit plebanus in seculo, post quod ordini se subiciens, completis XXIIII annis in ordine, de hac luce migravit ad Christum» (Cr SMN n° 192) = "fra Sinibaldo, figlio di Pennino, fratello germano di fra Riccoldo, del popolo/parrocchia di San Pier Maggiore, presbitero e predicatore. Era stato pievano nel secolo, poi si era fatto religioso. Compiuti 24 anni nel (nostro) ordine, passò da questo mondo al Cristo".

Di fr. Sinibaldo la Cronica non dà l’anno di morte; la sua notizia cade tra i decessi del 5.X.1305 e 4.V.1309 (Cr SMN nn. 191, 193); le parole «completis XXIIII annis in ordine... ad Christum» (n° 192) sono d’altra mano ma coeva. Sinibaldo era ancora in vita in novembre 1304: «presentibus ad hec testibus (...) fratribus Pace Florentino et Sinibaldo de Monte Crucis ordinis Predicatorum» (ASF, SMN 11.XI.1304); tra i frati capitolari del 20.XI.1304 nel medesimo documento: «fr. Sinibaldus», che può essere solo fr. Sinibaldo di Pennino perché l’omonimo fr. Sinibaldo converso era deceduto il 12.XI.1304 (Cr SMN n° 188). Nella lista capitolare del 23.XI.1304 si scrive «fr. Bonfantini Pennini» (ASF, NA 3141 (già B 2127), ff. 3v-4r): verosimile commistione di due antroponimi, per omissione di copia, da cedola notarile «fr. Bonfantini Florentini [Cr SMN n° 280], fr. Sinibaldi Pennini», ambedue presenti nella lista del 20.XI.1304.

Firenze, monastero domenicano San Iacopo a Ripoli (in Via della Scala da inizio Trecento), 28 febbraio 1311. Dia, moglie di Giovanni del fu Lapo di Barduccio da Campi e figlia di Avogado degli Avogadi, si dona insieme con le figlie Bartolomea e Giovanna al monastero col consenso del marito Giovanni. «Presentibus ad hec testibus fr. Iohanne Falchi priore florentini conventus fratrum Predicatorum ecclesie SMN, fr. Ricculdo de eodem conventu» (ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 89a: 28.II.1310).

Lista capitolare delle monache, e anche liste capitolari del convento SMN dove compare Riccoldo, in Quel che la cronaca conventuale non dice, MD 18 (1987) 294-95, 308. Per i priorati fiorentini (1304-05, 1310-11) di fr. Giovanni di Falco d’Oltrarno cf. Priori di SMN..., MD 17 (1986) 277-78. 279-81.

Firenze 1311, maggio-luglio. Atti processuali della lite tra clero secolare di Firenze e convento di SMN su diritti di stola e lasciti testamentari di Betto dei Brunelleschi, Manetto degli Scali, Geri di Cardinale e Nina vedova di Dolce.

12 maggio 1311, «in pallatio filiorum Pieri Guadangni in quo moratur presentialiter infrascriptus dominus episcopus florentinus, in camera ipsius domini episcopi coram venerabili patre domino Antonio Dei gratia episcopo florentino». Sindaci e procuratori del convento domenicano sono: «dominus Ugolinus Cardinalis de Tornaquincis iudex de Florentia, fr. Ricoldus et fr. Iacobus Gheççus de Senis lector de ordine Predicatorum florentini conventus» (ASF, SMN 10.VI.1311 a quaderno, ff. 1v-3r; si tratta di due fascicoli membranacei rilegati, totale di 16 carte, tutto d’una stessa mano; a f. 1r inizia: «In Dei nomine amen. Hic est liber processuum, actorum et scripturarum factorum et factarum sub examine venerabilium virorum dominorum abbatis monasterii Sancti Salvatoris de Septimo cisterciensis ordinis et Ranuccii plebani plebis de Castro Florentino diocesis florentine arbitrorum... electorum comuniter et concorditer»; do notizia soltanto degli atti in cui compare fr. Riccoldo).

Betto dei Brunelleschi non morì «nel 1309» (NecrI, 311 n. 15) ma l’8.III.1311 (Arch. Opera del Duomo di Firenze, Necrologio del cimitero della canonica s.v. «viii idus martii 1310» = 8.III.1310/1); ucciso dai Donati «all’uscita di febbraio» 1310/1, racconta a qualche distanza il Villani X, 12, 7-9. Che fosse ancora in vita il 5.III.1311 lo testimonia la moglie Mea: «asseruit et confessa fuit quod die veneris, quinto die intrantis mensis martii, domino Betto predicto tunc ad mortem graviter egrotante, ipse dominus Bettus, verisimiliter dubitans tunc se meriti vicinum, commisit domino Phylippo da Chavalcantibus congnato suo...» (ASF, SMN 15.III.1310/1; la prima data annuale è del documento, la seconda del computo moderno); e di altri testimoni: «iuraverunt ad sancta Dei evangelia corporaliter tacta quod ipsi, die quinta huius mensis martii, intrantes in camera ubi iacebat infirmus nobilis miles dominus Bettus de Brunelleschis...» (ASF, SMN 22.III.1310/1; si corregga l’anno del doc. in Fineschi 334 «MCCCXII» = 1310/1, e conseguentemente in Necr. I, 311 n. 15).
Betto o Brunetto indifferentemente (confermando l’identità del personaggio, come intravisto in MD 1985, 91 n. 161) in ASF, SMN 10.VI.1311 a quaderno: corpo «domini Becti de Bruneleschis sepulto apud dictam ecclesiam» (f. 1v; cf. f. 8r). «Item quod d. Burnectus de Brunelleschis in morte sua voluit et commisit domine Mee uxori sue quod indumenta de scarleto que portari debebant tempore funeris dicti d. Burnecti, donare deberet pure et libere conventui fratrum Predicatorum de Florentia» (f. 7r). In ASF, SMN 23.VI.1311 a quaderno, I, f. 4v: «dictus d. Burnettus sive d. Bettus»; ib. II, f. 4v: «de voluntate d. Ottaviani filii dicti d. Becti», e in ASF, CRS, S. Iacopo a Ripoli 3 n° 127 (23.III.1324/5): «d. Ottavianus filius condam Burnetti de Brunelleschis».

10 giugno 1311, sagrestia di San Lorenzo, «presentibus domino Geronimo et domino Bonamico monacis monasterii Sancti Salvatoris de Septimo, fr. Ricoldo ordinis Predicatorum et aliis». Nomina dell’attuario e presentazione dei procuratori di parte; «fr. Ricoldus ordinis Predicatorum» sindaco e procuratore del convento domenicano; l’atto di procura a Riccoldo era stato rogato dal notaio Uguccione di messer Ranieri di Bondone (ib. f. 1r).

14 giugno 1311, chiesa San Lorenzo. Petizione introdotta agli arbitri della lite «per fratres Ricoldum et Iacobum sindicos et procuratores» (ib. ff. 3v-4r).

Stessi giorno e luogo. Esibizione degli atti di procura. Per il convento domenicano: «fr. Riccoldo ordinis Predicatorum sindico et procuratore» (f. 4r); «et dominus Ugolinus Cardinalis de Tornaquincis iudex de Florentia, fr. Ricoldus et fr. Iacobus Gheççus de Senis, lector de ordine Predicatorum florentini conventus, sindici et procuratores» (f. 5v).

15 giugno 1311. «Fr. Ricoldus Florentinus et fr. Iacobus de Senís» sottopongono agli arbitri «capitula infrascripta, super quibus petunt prestito iuramento interrogari partem adversam» (ff. 6v-7r). «Porrecte et exhibite fuerunt dicte petitiones... per fr. Ricoldum... die martis xv mensis iunii 1311» in San Lorenzo (f. 7r).

19 giugno 1311, San Lorenzo. «Constitutis coram arbitris..., fr. Ricoldo et fr. Iacobo de Senis lectore de ordine Predicatorum florentini conventus» (f. 7r-v). I due frati procuratori presentano agli arbitri la lettera del 15.VI.1311 di fr. Ruggeri da Casole OP vescovo di Siena (f. 7v) e l’atto di procura del 10.V.1311 con cui priore e capitolo del convento fiorentino «fecerunt sindicos, procuratores et nuntios speciales fratres religiosos viros fr. Iacobum Geççum de Senis lectorem et fr. Ricoldum eiusdem ordinis et conventus et sapientem virum dominum Ugolinum filium Cardinalis de Tornaquincis de Florentia iudicem... ad compromictendum et commictendum in venerabiles viros dominum Gratiam abbatem monasterii Sancti Salvatoris de Septimo cisterciensis ordinis et dominum Ranuccium plebanum plebis de Castro Florentino»; termine della delega per il compromesso: «usque ad kalendas mensis iulii proxime venturi» (ff. 7v-9r).

19 giugno 1311. «Fr. Ricoldus et fr. Iacobus de Senis» davanti agli arbitri, nella casa di proprietà del monastero di Settimo sita nel borgo San Paolo di Firenze, «petierunt quod procedatur per ipsos arbitros super petitionibus eorum» (f. 10r).

21 giugno 1311. I procuratori delle parti giurano di dir la verità sui fatti. Gli arbitri ingiungono ai procuratori del clero di comparire davanti a loro ai vespri del giorno dopo per rispondere sulle posizioni esibite «per fr. Ricoldum Florentinum et fr. Iacobum de Senis» (f. 10r).

23 giugno 1311. «Vanni Rinuccii populi Sancti Laurentii, Dinus Bonaguide populi Sancti Fridiani, Lapus Dati populi Sancti Iacobi inter Foveas: testes producti per dictum fr. Ricoldum super secundo capitulo» (f. 13r).

25 giugno 1311. Il nunzio degli arbitri dichiara che a petizione di «fr. Ricoldi» ha convocato «Verium condam domini Ugonis de la Scala et Francischum condam Branche de la Scala de Florentia et Guidonem condam domini Ubaldini vocatum Coraççam ut hodie in tertia compareant coram eis» (f. 13r).

30 giugno 1311. «Actum in pallatio filiorum Perocti Guadangni de Florentia ubi habitat dominus epìscopus florentinus infrascriptus, coram venerabili patre domino Antonio... episcopo florentino». I procuratori del clero chiedono che il termine fissato al 1° luglio per la sentenza sia prorogato «hinc ad decem dies proxime venturos inclusive et completos (...). Cui propositioni dictus fr. Ricoldus... non consensit, dicens se nolle ipsi prorogationi consentire nisi prius videat commissionem factam seu faciendam per iudicem apostolice sedis super procuratoribus... apostolice sedis predicte in civitate et diocesi florentina et fesulana in ipsos arbitros super excomunicatione domini Ranerii plebani de Monte Ficalli» (f. 13v).

1° luglio 1311, stesso luogo. «Fr. Ricoldus» acconsente a prorogare la sentenza di altri dieci giorni (ff. 13v-14r).

6 luglio 1311. Alla presenza dei procuratori delle parti («fr. Ricoldus» per parte dei frati), ser Cello di Peruzzo notaio presenta atto di procura del 3.VII.1311 con cui priore e capitolo di SMN lo nominano procuratore davanti al vescovo fiorentino, arbitri della causa, podestà e capitano del popolo di Firenze, nella lite col clero fiorentino (ff. 14v-15v).

Sulla medesima lite ASF, SMN 23.VI.1311 a quaderno, due fascicoli membranacei di 5 carte ciascuno. «Infrascripti sunt testes, et corum adtestationes depositiones et dicta, producti per fr. Riccoldum Florentinum et fr. Iacobum de Senis, sindicos et procuratores prioris et conventus fratrum Predicatorum de Florentia contra clerum et capitulum florentinum (...) anno Domini 1311, indictione IX, diebus et mensibus inferius denotatis» (ASF, SMN 23.VI.1311 a quaderno, I, f. 1r).

9 luglio 1311, chiesa San Lorenzo. «Aperte et publicate fuerunt attestationes et depositiones testium... presente domino Iohanne thesaurario ecclesie florentine [= Giovanni di Angiolino di Boninsegna dei Machiavelli] sindico et procuratore capituli ecclesie florentine et domino Cante priore ecclesie Sancte Marie Maioris Florentie sindico et procuratore cleri florentini... ex una parte, et fr. Ricoldo ordinis Predicatorum et ser Cello Peruççi notario sindicis et procuratoribus prioris et conventus fratrum Predicatorum » (ib. I, f. 5r-v). Le deposizioni dei testi a favore del clero sono nel secondo fascicolo, anch’esse «aperte et publicate» il 9.VII.1311 (ib. II, f. 5r).

31 luglio 1311. Fr. Remigio dei Girolami predica il sermone che testimonia l’avvenuta ricomposizione della lite: De pace IX: ed. Dal bene comune al bene del comune, MD 16 (1985) 195-98.

Firenze 15 giugno 1312. Testamento di Riccuccio del fu Puccio del popolo SMN. Provvede tra l’altro che col reddito d’un terreno siano acquistati annualmente due orci d’olio (1 orcio = lt 33,429) «ex quo olio unus urceus sit pro tenenda continue illuminata lampada cruxifixi [sic] entis in eadem ecclesia SMN, picti per egregium pictorem nomine Giottum Bondonis qui est de dicto populo SMN». Tra i legati: «conventui fratrum Predicatorum de Prato solidos 20 florinorum parvorum solvendos prope tempus sepulture corporis ipsius testatoris ut expendantur in Deo pro illuminanda pulcra tabula ente in ecclesia ipsius conventus, quam ipse Ricchuccius fecit pingi per egregium pictorem nomine Giottum Bondonis de Florentia». Siano vendute masserizie e libri, «salvo quod si ex hiis libris erit aliquis liber qui placeat alicui ex dictis executoribus, quod liceat tali executori talem librum sine ullo pretio sibi accipere et habere». «Item voluit disposuit et ordinavit quod si qua in presenti testamento foret oscuritas vel dubietas appareret, quod non adeatur alios iudices nisi ad presentiam fr. Ricchuldi de Monte de Cruce de dicto conventu fratrum Predicatorum dicte ecclesie SMN dum vixerit, ac prioris et lectoris dicti conventus fratrum Predicatorum ecclesie SMN, et quicquid dictum factum et declaratum extiterit per ipsos fratrem Ricchuldum et priorem et lectorem una cum maiori parte infrascriptorum suorum fideicommissariorum et huius testamenti executores valeat et teneat et plenum effectum habeat et vigorem». Nomina esecutori testamentari e fidecommissari i capitani della Società delle Laudi di SMN, «quam namque societatem tenerrime adamavit et quam suorum bonorum spiritualium initium fuisse asseruit, et ipsius Ricchuccii testatoris spiritualem patrem fr. Ricchuldum prefatum et Lippum Bonegratie de dicto populo SMN et Dellum Albiççi et Albiççonem Lippi de populo Sancti Iacobi ultra Arnum, Pierum Nardi, Vitalem Dietaiuti et Nuccium Boni de dicto populo SMN, Bonaccursum Soldani de populo Sancti Remisii et Pilastrum Cionis de Pilastris de populo Sancti Miniatis inter Turres» (ASF, SMN 15.VI.1312).

Nell’esecuzione testamentaria di aprile 1313 i capitani della Società delle Laudi chiedono licenza al vicario del vescovo fiorentino di modificare la forma di distribuzione di 450 lire in soluzioni «que capitaneis dicte sotietatis cum consilio quod ad hoc habere voluerint ac executoribus dicti testamenti videbuntur et placuerint faciende»; nessuna menzione esplicita di Riccoldo (ASF, SMN 2.IV.1313).

Cf. S. Orlandi, MD 1955, 208-12. AA. VV., Giotto. La Croce di Santa Maria Novella, a c. di M. Ciatti e M. Seidel, Firenze 2001, 174-76, 179-81 (trascriz. integrale del doc. ASF, SMN 15.VI.1312), 227-38, dove si noti come l’antroponimo Riccuccio scambia con Arriguccio). J. CANNON, Religious Poverty, Visual Riches. Art in the Dominican Churches of Central Italy in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, Yale University Press, 2013, pp. 67-69.

CP Arezzo 1315: «Facimus predicatores generales: fratres Tramum Urbevetanum priorem Florentinum..., Riccoldum Florentinum» (MOPH XX, 198/13-15). Capitolo convocato per la festa di san Domenico, allora celebrata il 5 agosto (ib. 193/3-5).

Nelle sue prediche, Riccoldo ha talvolta raccontato fatti della sua esperienza missionaria. E qualcuno ne ha fatto la reportatio, pervenutaci in un codice d'Assisi: Mérigoux, L'ouvrage..., MD 17 (1986) 17-18.

Firenze, capitolo di SMN 16 luglio 1316. Il priore fr. Tramo dei Monaldeschi da Orvieto, «licentia et consensu fratrum ipsius capituli, videlicet fr. Riccoldi, fr. Uberti de Querciuola...» (segue lista dei frati capitolari), nomina procuratore fr. Giovanni del fu Adimari di Rota dei Becchenugi per riscuotere ed esigere quanto allo stesso fr. Giovanni spetta a titolo di eredità (ASF, NA 3142 (già B 2128), ff. 23v-24v). Dei sei frati rimossi da Firenze dal CP Perugia 1316 (MOPH XX, 200-01), quattro sono presenti nella lista capitolare fiorentina 16.VII.1316: ffrr. Riccoldo, Gabriele da Firenze, Giovanni d’Oltrarno e Biliotto dei Donati (Quel che la cronaca conventuale non dice, MD 18 (1987) 295, rispettivamente n° 2, 12, 16, 23). Il che fa pensare che il CP  Perugia (esponente seguente) fosse stato celebrato dopo il 16 luglio. Dalle indicazioni degli stessi atti capitolari si ricava che il CP era di regola tenuto in settembre, talvolta in agosto.

Perugia, capitolo provinciale, (settembre) 1316:

CP Perugia 1316:

(mia traduzione italiana)

«Cum relatione fide digna nobis insinuatum fuerit quod fratres Iohannes de Ultra Arnum et Richuldus Florentini gratias aliquas rationabiles factas in monasteriis de Ripulis et Sancti Dominici per fratrem Recuperum, prioris provincialis generalem vicarium et cui nominatim et plenarie monasteria nostra per priorem provincialem in nostra provincia sunt comissa, ausu temerario et etiam cum verbis nimis irreverentibus et presumptuosis, cum hoc minime possent, attentaverint revocare et ex hoc in dictis monasteriis magna turbatio et admiratio sit exorta, eos de conventu Florentino removemus in penam et fr. Richuldum conventui Urbevetano, fratrem autem Iohannem predictum Viterbiensi conventui assignamus, et insuper eos preterquam in accusatione sui per unum annum omni voce privamus» (MOPH XX, 200/9-20).

Tramite attendibile resoconto è stato a noi denunciato che i frati Giovanni d’Oltrarno e Riccoldo, entrambi fiorentini, con sfrontatezza e con parole oltremodo irrispettose e presuntuose hanno tentato di revocare - senza averne alcuna legale competenza - talune ragionevoli concessioni fatte ai monasteri (fiorentini) San Iacopo a Ripoli e San Domenico a Cafaggio da fra Ricovero, vicario generale del priore provinciale, personalmente e pienamente competente nella nostra provincia dei nostri monasteri. Il fatto ha generato grande turbamento e sorpresa nei detti monasteri. Noi pertanto, in punizione li rimuoviamo dal convento fiorentino, assegnamo fra Riccoldo al convento di Orvieto e il predetto fra Giovanni al convento di Viterbo; li priviamo inoltre per la durata d'un anno d'ogni diritto di partecipazione alle decisioni conventuali.

Testimonianza di notevole importanza per cogliere taluni tratti comportamentali o del temperamento di Riccoldo. Qualche riscontro lo si trova nella rigidezza teologica dei suoi trattati e nell'animosità controversistica protratta ben oltre l'intento espositivo di fede. Oggi si direbbe "fondamentalista"? Più esattamente: poco attento, Riccoldo, a distinguere tra "proposizione di fede" e "interpretazione umano-filosofica" della proposizione di fede, ossia tra fede e teologia; e incline, di conseguenza, a dare a quest'ultima medesima autorevolezza della prima.

fr. Recuperum =  fra Ricovero di Iacopino da Guardavalle (Siena), SOPMÆ IV, 257-58.

Dai ricchi fondi diplomatici dei monasteri domenicani San Iacopo a Ripoli e San Domenico a Cafaggio (ASF, S. Domenico del Maglio; S. Iacopo a Ripoli; CRS, S. Iacopo a Ripoli voll. 1 e 3) nessuna testimonianza porta luce all’intervento punitivo del capitolo. Fr. Giovanni di Falco d’Oltrarno compare spesso nelle transazioni dei due monasteri, una volta con lo stesso fr. Riccoldo (v. data 28.II.1311). Monache in San Domenico a Cafaggio erano due nipoti di fr. Giovanni: Tana (o Guatana) e Latina, figlie di Cambio di Falco (ASF, NA 3141, ff. 6v-7r: 12.I.1304/5; f. 7r: 19.I.1304/5).

Riccoldo fu priore del convento fiorentino, secondo formale attestazione di Cr SMN n° 222, ma ignoriamo il tempo del priorato (Priori..., MD 17 (1986) 284).

Firenze 31 ottobre 1320: morte di Riccoldo. Al suo decesso, ne redige l'articolo biografico il cronista del convento fiorentino, Cr SMN n° 222 = ASMN I.A.1, Cronica fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia, ff. 20v-21r:

Riccoldo da Monte di Croce: BNF, CS, C 8.1173, f. 185rFrater Riculdus de Monte Crucis, sacerdos et bene litteratus. Lector fuit in pluribus et magnis conventibus; predicator etiam sollempnis et fervens, et in populo ubique gratiam habuit singularem. Religiosus bonus ac observantie regularis tam circa se quam circa alios precipuus emulator. Fidei autem çelo ac dilatationis nominis christiani amore miro modo succensus, mare transiens et ad partes se conferens orientis ac ad interiora gentium penetrans in Caldeam pervenit ac civitatem Baldach. Ibique plurimo tempore degens ac labores graves et incommoda ac pericula multa pro nostri sustinens nomine Salvatoris, conversioni infidelium verbo pariter et exemplo dans operam opportunam, in lingua arabica sic profecit quod in ipsa proponebat populis verbum Dei. Demum pro quibusdam dubiis articulis per sedem apostolicam declarandis ad Ytalie partes remeans cum proposito redeundi, propter quod et barbam plurimo tempore nutriebat. Infirmitatibus prepeditus, celle quieti, devotioni ac predicationi se totum conferens et consolationi pauperum ac miserabilium personarum, quas sepe suis visitationibus ac dulcibus allocutionibus salubribusque exhortationibus recreabat, tandem in Ordine annis quinquaginta |21r| tribus, mensibus v, laudabiliter consumatis, Florentie, ubi prior et supprior fuerat, de presenti miseria ad perhennem gloriam, de labore ad requiem pertransivit M.ccc°.xx°, in vigilia Omnium Sanctorum.

traduzione: Fra Riccoldo da Montedicroce, presbitero, persona cólta. Lettore (= insegnante) in molti e grandi conventi; promosso a pubblica predicazione e appassionato predicatore, trovò dappertutto eccezionale gradimemento. Buon religioso, e precipuo competitore nella regolare osservanza sia per sé che per gli altri. Mosso da mirabile zelo della fede e dall'amore per la diffusione del nome cristiano, solcò i mari e si recò nelle regioni d'oriente; penetrando nei territori di quei popoli, raggiunse la Caldea e la città di Baldacco (= Baghdàd). Lì rimase a lungo, sostenne gravi fatiche, molti disagi e pericoli in nome del nostro Salvatore; s'impegnò alla conversione degli infedeli con la parola e l'esempio, e imparò così bene la lingua araba che in arabo predicava la parola di Dio alla gente. Per chiarire poi presso la sede apostolica talune dubbie formulazioni di fede, rifece rotta per l'Italia ma con l'intento di tornare in oriente, e pertanto coltivò a lungo la barba. Ma impedito da infermità, si diede tutto alla quiete della cella, alla preghiera, alla predicazione, alla consolazione dei poveri e dei miserabili, che spesso ritemprava con le sue visite, con amorevoli discorsi e con benefiche esortazioni. Infine, trascorsi lodevolmente nell'Ordine anni cinquantatré e mesi cinque, in Firenze, dov'era stato priore e sottopriore, passò dalla presente miseria alla gloria eterna, dalle fatiche al riposo, l'anno 1320, la vigilia d'Ognissanti.

NB «predicator etiam sollempnis»: lo stesso Riccoldo ci aiuta a tradurre il medievale «solenne». Contra legem sarracenorum (1300), Prol. 57-58: «Unde cum transissem maria et deserta, et pervenissem ad famosissimam civitatem saracenorum Baldaccum, ubi generale ipsorum solemne habetur studium, ibi pariter linguam et litteram arabicam didici»; c. 13, 98-104: «quidam calipha... edificavit in Baldacco Nadamyam et Mestanzeriam scolas solemnissimas, et reformavit studium alchorani, et ordinavit quod de quibuscumque provinciis venirent in Baldaccum ad studium alchorani, studentes haberent cellas et stipendia necessaria de communi; et ordinavit quod saraceni et attendentes ad alchoranum nullo modo studerent in philosophia»; ed. J.-M. Mérigoux, L’ouvrage d’un frère Prêcheur florentin..., MD 17 (1986) 62, 121. Un bel testo. Riccoldo legge in chiave del suo sistema scolastico (lui stesso a lungo lettore nei conventi della provincia Romana!), le pubbliche scuole coraniche (madrasa) in terra d’islàm. I due termini generale / solemne in perfetta sinonimia, dissolti anzi in endiadi; il significato base (di diritto pubblico, universale) riemerge e si estende al sostentamento degli studenti con pubblico erario (de communi).

Cf. Riccoldo di Monte di Croce, Libro della peregrinazione..., a cura di D. Cappi, Genova-Milano 2005, pp. XVI-XVII.

Annotazioni.

1) Riccoldo o Ricoldo nei nostri documenti. Ricorsi principali: fratris Ricculdi in Cr SMN n° 185 e n° 192, ma frater Riculdus in Cr SMN n° 222; e consonante scempia sembra preferita dai protocolli notarili. CLS prol. 1: frater Ricculdus; ADNO f. 219r: fratris Ricculdi; LP f. 24rb (nota del glossatore, 1333): frater Riccholdus; Šibenik, Bibl. Min. Conv. 14.B, f. 8ra (Super II Peryhermenias): fratris Ricculdi; BNF, Conv. soppr. F 4.733, f. 62v (nota autografa di possesso): fratris Ricculdi. Ma in definitiva non è il rapporto quantitativo a decidere a favore di Riccoldo bensì l’interpretazione del fenomeno fonetico che l’oscillazione dei grafemi tradisce. I medesimi documenti scrivono Loth e Loctus (e Lottus), Ptolomeus e Tolomeus (e Bartolomeus), Emanuel e Manovellus per la medesima persona; il primo grafema è un iperetimologismo latinizzante gli antroponimi volgari Lotto, Tolomeo, Manovello. Non dimentichiamolo: scrivevano in latino, ma pensavano e parlavano in volgare! Nel nostro caso l’oscillazione grafica tra consonante doppia e scempia è dei più frequenti fenomeni del volgare fiorentino, e non solo di esso (cf. Schiaffini, Testi fiorentini; A. Castellani, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze 1952): ricco-rico; e Riccoldo è antroponimo augurativo tratto dall'aggettivo ricco (cf. O. Brattö, Studi di antroponimia fiorentina, Göteborg 1953, 187-88; A. Castellani, Capitoli d’un’introduzione alla grammatica storica italiana. II: L’elemento germanico, «Studi linguistici italiani» 11 (1985) 178-79). Gli eruditi toscani editori del volgarizzamento toscano trecentesco dei Liber peregrinationis avevano formalizzato con esattezza prenome e toponimo: Riccoldo da Monte di Croce (v. anche F. Poggi, Viaggio al monte Sinai di Simone Sigoli, Firenze 1829, xxxiii).

2) Non vi sono ragioni per identificare il nostro Riccoldo con l’omonimo in San Domenico di Bologna il 6.VII.1308 tra i testi negli atti inquisitoriali contro la setta di Dolcino: «presentibus fratribus Dondineo, Ricoldo, Ieronimo et Andrea ordinis Predicatorum de Bononia» (Historia fratris Dulcini, a c. di A. Segarizzi, RR. II. SS. IX, parte V, p. 73).

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