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Libellus ad nationes orientales (1300)

BNF, Conv. soppr. C 8.1173, ff. 219r-244r

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

|219rIncipit libellus fratris Ricculdi ad nationes orientales

|219rBreviario di fra Riccoldo (per i frati inviati) ai popoli d'oriente.

Prohemium

Messis quidem multa, operarii vero pauci. Rogate dominum messis, ut mittat operarios in messem suam. Ite etc. Luc. 10[,2].

Proemio

La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi. Luca 10,2-3.

Dominus noster Iesus Christus, «qui vult omnes homines salvos fieri et ad agnitionem veritatis venire», I Tym. 2[,4], pie compatiens de tanta perditione generis humani, familiariter et efficaciter contulit cum suis discipulis in evangelio ut salubriter et celeriter mundo succurrerent, dicens Messis etc. Ubi ad hoc prosequendum tria ostendit, scilicet causam materialem sive materiam valde indigentem et affluentem, unde Messis multa; causam efficientem ystrumentalem valde deficientem, nam operari<i> pauci; causam vero principalem agentem maxime volentem et desiderantem, unde rogate ergo dominum etc.

Il signore nostro Gesù Cristo, «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità», I Timoteo 2,4, sentì compassione della perdizione del genere umano; e con amorevole efficacia provvide con i suoi discepoli nel vangelo a soccorrere celermente per la salvezza del mondo, laddove dice La messe è molta eccetera. In ordine al proposito, elenca tre elementi: la causa materiale ossia l'oggetto, abbondante e bisognoso: La messe è molta; la causa efficiente ovvero strumentale, molto insufficiente: ma gli operai sono pochi; la causa principale ovvero operativa, che fortemente vuole la cosa: Pregate il padrone della messe eccetera.

Et quidem causa materialis et indigens, quia messis et quia multa; nam totus mundus in maligno positus est et multum deficit a cognitione divina, maxime vero partes orientales. Causa vero efficiens ystrumentalis multum deficit a procuratione sollicita et fideli, dum omnes videntur querere que sua sunt; unde operarii vero pauci. Causa vero perficiens et divina est valde parata, immo promptissima; unde ait rogate dominum etc. Ubi rogat mandat et promittit: rogat deprecationem, rogate; mandat predicationem, Ite; promittit plenam procurationem, unde Nihil tuleritis in via[1], sed omnia paratus est procurare suis expensis etc.

Causa materiale da grandi necessità, perché messe e perché molta. Il mondo intero infatti è esposto al male, ed è molto lontano dalla conoscenza di Dio, specialmente le regioni orientali. La causa efficiente strumentale è molto aldiquà di un servizio sollecito e rigoroso, visto che tutti sembrano rincorrere i propri interesse; cosicché gli operai sono pochi. La causa principale e divina è pronta, prontissima; si dice pertanto Pregate il padrone eccetera. Chiede, ordina e promette. Chiede supplica, Pregate; ordina predicazione, Andate; promette assistenza, Non portate nulla per strada [Luc. 9,3], pronto a provvedere con propre risorse, eccetera.

Ad hoc igitur efficatius prosequendum, tria principaliter movere debent predicatores, scilicet status mundi periculosus, actus peccatorum infructuosus, respectus divinus affectuosus et |219v|[2] viscerosus. Ps. [118,155-156] «Longe a peccatoribus salus», ecce primum; «Iustificationes tuas non exquisierunt», ecce secundum; «Miseracordie tue multe, Domine», ecce tertium.

Per adempiere efficacemente questo compito, tre cose prima di tutto devono sollecitare i predicatori: lo stato periglioso del mondo, l'atto infruttuoso dei peccatori, lo sguardo visceralmente affettuoso |219v| di Dio. Salmo 118,155-156: «Lontana dagli empi è la salvezza», ecco la prima; «Non cercarono il tuo volere», ecco la seconda;  «Grande è la tua misericordia, Signore», ecco la terza.

Sed quomodo longe est a peccatoribus salus, cum ipse velit omnes homines salvos fieri etc.? At ibi est ypparage[3] id est locutio conversiva, unde "longe a peccatoribus salus" id est ipsi sunt longe a salute. Ipse autem, quantum in se, «prope est omnibus invocantibus eum» [Ps. 144,18]; unde "longe a <peccatoribus> salus". Nec dicit quantum longe sed indeterminate longe, vel quia in infinitum distant ut non possint redire nisi Dei benivolentia reducantur vel quia non est eadem distantia omnium, sed quidam longe, quidam magis longe, alii vero maxime longe. Nam quasi omnes habitantes orientale<m> plagam aut sunt cristiani sed heretici[4], scilicet iacobini vel nestorini, aut sunt iudei, aut sunt sarraceni, aut sunt tartari sive pagani.

Ma come può  la salvezza esser lontana dagli empi, se Dio vuole la salvezza di tutti? È detto per ipallage, ossia in espressione retorica oppositiva: "lontana dagli empi è la salvezza", ovvero "gli empi son lontani dalla salvezza". Lui, per quanto a se stesso, «è vicino a quanti lo invocano» (Salmo 145,18); e dunque "lontana dagli empi è la salvezza". Non dice quanto siano lontani gli empi, ma indeterminatamente lontani; oppure così infinitamente remoti da non poter tornare se non ricondotti dalla benevolenza di Dio; oppure perché non medesima è la distanza di tutti, ma alcuni sono lontano, altri più lontano, altri lontanissimo. Quasi tutti infatti gli abitanti della zona orientale o sono cristiani ma eretici, come i giacobiti o nestoriani, oppure sono ebrei, o sono saraceni (= musulmani), o sono mongoli ossia pagani.

Et quidem cristiani illi non videntur multum longinqui pro eo quod legem plenam habent et integram, scilicet vetus testamentum et novum, et incarnationem Christi verbis simplicibus confitentur. Sed tamen quantum ad modum incarnationis quem ponunt, multum distant a vero, ut infra patebit.
Iudei vero magis videntur distare quia nec novum testamentum recipiunt nec intellectum perfectum veteris testamenti sed in sola legis litera dampnabiliter detinentur, quamvis in se lex ipsa sit sancta.

Tali cristiani non sembrano molto distanti, visto che posseggono la piena ed integra legge, ovvero antico e nuovo testamento, e professano in termini essenziali l'incarnazione del Cristo. Quanto però alla modalità dell'incarnazione, si allontanano molto dalla verità, come si mostrerà più oltre.
Gli ebrei sono più lontani perché non recepiscono il nuovo testamento, e perché non hanno perfetta comprensione dell'antico testamento ma restaono chiusi nella sola letteralità della legge, sebbene in se stessa tale legge sia santa.

Magis tamen ac magis longe videntur esse sarraceni, qui nec legem habent nec intellectum; legem quidem habent dyabolicam et mortiferam, licet in ea multa contineantur utilia.
Maxime vero distare videntur tartari et pagani, qui nec intellectum habent nec legem, nisi legem nature, nec templum nec ieiunium, nec aliquod adminiculum quod eos vite spirituali coniungat.

Più lontani ancora sono i musulmani, i quali non posseggono né legge né discernimento, ma hanno una legge di peccato e di morte.
Massimamente lontani sembrano essere i tartari, ovvero mongoli, e pagani, i quali non hanno né discernimento né legge, se non la legge di natura; e non hanno né tempio né digiuno, né sostegno alcuno che li ricongiunga alla vita dello spirito.

Et ita sunt aliqui magis ac magis longe quantum ad statum. Sed tamen quantum ad effectum apropinquationis et conversionis est totum contrarium in predictis; nam experientia teste tartari facilius convertuntur quam sarraceni, et sarraceni quam iudei, et iudei |220r| quam cristiani.

Si è dunque più o meno lontani quanto alla collocazione. In rapporto tuttavia ai frutti d'un avvicinamento e d'una conversione, le cose procedono all'inverso. Esperienza dice che i mongoli si convertono più facilmente dei musulmani, i musulmani più facilmente degli ebrei, gli ebrei |220r| più dei cristiani.

Ut autem fratres qui volunt ire ad nationes orientales facilius possint reducere ad viam veritatis errantes, dicendum est de unoquoque predictorum. Et primo de cristianis, secundo de iudeis, tertio de sarracenis, quarto de tartaris. Et de quolibet istorum duo principaliter et generaliter scire oportet, scilicet motivum eorum in quo errant et qualiter facilius valent reduci.

Affinché i frati destinati ai popoli d'oriente possano ricondurre alla retta via gli erranti, diremo in particolare di ciascuno di essi: primo dei cristiani, secondo degli ebrei, terzo dei musulmani, quarto dei mongoli. E d'ognuno di essi, bisogna prima di tutto sapere due punti fondamentali: esatto aspetto della materia in cui sbagliano, e modo di ricondurli facilmente (alla verità).

De cristianis autem primo dicendum est de nestorinis, secundo de iacobinis.

Circa i cristiani, diremo prima dei nestoriani, poi dei giacobiti.

   


[1] Nihil tuleritis in via: non sono in realtà parole del tema preannunciato, Luc. 10,2 ss («Nolite portare sacculum...», dice Luc. 10,4), ma corrispondono letteramente a Luc. 9,3. L'autore è andato a orecchio?

[2] Riproduzione fotografica di f. 219v: MD 17 (1986) 56bis, Planche III)

[3] ypparage: grave degradazione grafica di hypallage (ypallage scriverebbe un medievale), su cui il revisore Riccoldo non interviene. Figura retorica che si dà "quotiescumque per contrarium verba intelliguntur" (Isidoro, Etymologiae I, 36,22; Graecismus I,39). Uguccione da Pisa, Derivationes [fine '200] II, 620: «Ypallage est conversio casuum vel constructionis et quandoque totius sententie».
Ipallage, nei dizionari moderni: «
Figura sintattica per cui si scambia il normale rapporto fra due parole: per es. Il divino del pian silenzio verde (Carducci) invece di ‘il divino silenzio del verde piano’». «Figura retorica che consiste nell'invertire la relazione normale fra due termini, attribuendo in forma scambiata le relative determinazioni; per es.: dare i venti alle vele, anziché “dare le vele ai venti”».

[4] heretici con segno di richiamo .a. sovrascritto; mano R (= l'autore Riccoldo) aggiungge nel marg. inferiore (riproduzione fotografica di f. 219v: MD 17 (1986) 56bis, Planche III):
«.a. Nota quod hic vel ubicumque appello eos hereticos, dico opinative et non certitudinaliter. Nondum enim diffinitum est per papam utrum sint heretici illi iacobini et nestorini orientales set sunt argumenta pro et contra, et expecto determinationem papalem vel etiam magistralem»
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Nota: quando qui o altrove mi capita di chiamare "eretici" i cristiani d'Oriente, lo dico in senso opinabile non assertivo. A tutt'oggi nessuna determinazione papale definisce se i giacobiti e nestoriani orientali siano eretici, ma  vi sono ragioni pro e contro; attendo in materia un pronunciamento del papa, o anche semplicemente di maestri (in teologia).


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