⌂ BNF, Conv. soppr. C 8.1173, ff. 185r-218r |
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Contra legem sarracenorum |
Confutazione della legge islamica |
originale latino |
volgarizzamento (2010) di EP |
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(... c. 8/3: La legge islamica è irragionevole) |
(172) Sed quia ipsi saraceni non recipiunt auctoritatem sacre scriptura nec etiam philosophorum propter rationes supradictas in primo capitulo, recurrendum est ad rationem, quam ipsi - licet irrationales - totaliter negare non possunt[1]. Fiat igitur ratio auctoritas, sine qua non ualet auctoritas. Et ostendendum quod neque in actu gole neque in actu luxurie erít felicitas hominís[2], nec ista etiam erunt ibi. |
I musulmani non riconoscono l'autorità della sacra scrittura, né quella dei filosofi, per le ragioni dette in capitolo 1; dobbiamo pertanto far ricorso ad argomenti razionali, argomenti che essi - benché irrazionali - non possono del tutto ignorare. La ragione, dunque, prenda il posto dell'argomentazione d'autorità, ché questa non avrebbe effetto senza quella. E dobbiamo mostrare che la felicità non risiede né nella voracità né nella lussuria; queste anzi neppure esisteranno nello stato di felicità eterna. |
(179) Constat enim quod cibos ad hoc assumimus ut
corruptio que posset accidere ex consumptione naturalis humidi euitetur, et
etiam ad augmentum. Sed ista duo non erunt ibi; nam omnes in debita quantitate
resurgent, nec amplius poterunt mori nec aliquo modo deficere[3]. Nam, sicut
dicit Mahometus in sua Doctrina, postquam omnia mortua fuerint, Deus occidet mortem,
et postea resurgent immortaliter et integri[4]. Ergo cibi sumptio non erit necessaria aliquo modo;
et eodem modo nec usus uenereorum,
quia nec nunc est necessarius nisi ut conseruetur in specie quod non
potest conseruari in indiuiduo. |
È
risaputo che noi assumiamo cibo per contrastare quel deperimento
generato dalla consunzione della materia
umida, e in
secondo luogo per crescere. Ma deperimento e crescita non vi saranno più
nell'aldilà; tutti infatti risorgeranno in debita proporzione, e non potranno né
morire né in alcun modo deperire. Come dice infatti
Muhammad nella sua
Dottrina, dopo la morte di tutte le creature, Dio ucciderà la morte, e tutti
risorgeranno a vita immortale, e integri. L'assunzione di cibo, dunque, non sarà
in nessun modo necessaria; e parimenti non sarà necessaria la pratica sessuale,
visto che neppure ora essa è necessaria se non per preservare nella specie
quanto è impreservabile nel solo individuo. |
(190) Ad hoc respondet Mahometus in libro de sua Doctrina dicens quod non erit ibi egestio sordium sed purgatio per sudorem. Et ponit exemplum de puero in utero matris, qui, ut dicit, nutritur et non egerit[6]. Sed exemplum et ratio eius nichil soluít, sicut patet inspicienti. Nam quedam sunt de perfectione imperfecti que in re perfecta essent imperfectiones magne. |
Muhammad risponde e dice nella sua Dottrina che là non vi sarà evacuazione di feci ma depurazione per essudazione. E fa l'esempio del bambino nell'utero della madre: si nutre ma non va di corpo. Ma l'esempio portato, e la relativa argomentazione, non rispondono all'obiezione, com appare chiaro a chiunque. Vi sono aspetti di perfezione in soggetti imperfetti che risultano enormi difetti in un soggetto perfetto. |
(196) Amplius. «Si usus uenereorum erit ibi, nisi sit frustra, sequeretur quod tunc erit etiam hominum generatio sicut et nunc. Multi igitur homines erunt post resurrectionem qui ante resurrectionem non fuerunt. Frustra igitur tantum differtur resurrectio mortuorum ut omnes simul |198v| uitam accipiant qui eandem habent naturam»[7]. |
Inoltre. Se nell'aldilà vi sarà attività sessuale, ne seguirà che anche là vi sarà generazione di esseri umani così come ora da noi. Esisteranno pertanto dopo la risurrezione molti uomini che non esistettero prima della risurrezione. Di conseguenza risulterà incosistente una finale risurrezione dei morti che |198v| ridà vita a tutti gli uomini della medesima natura. |
(201) Preterea, si beatitudo est in luxuriando et in habendo multas uxores, illi qui post resurrectionem generabuntur non poterunt esse beati nisi accipiant multas uxores. Non poterunt autem accipere nec miseras nec felices, ergo oportebit quod expectent quousque nascantur alie plures. Et sic oportebit quod nascantur multe femine et pauci uiri, et sic in breui tempore erit regnum feminarum. |
Inoltre. Se la beatitudine consiste nell'attività sessuale e nell'avere molte mogli, coloro che saranno generati dopo la risurrezione non potranno esser beati se non prendendo molte mogli. Non potranno prendere né le dannate né le beate, cosicché dovranno attendere la nascita di molte altre donne. Ne seguirà che nasceranno molte femmine e pochi maschi, e in breve tempo si instaurerà il regno delle donne. |
(207) Preterea. «Si post resurrectionem erit hominum generatio, aut igitur illi qui generabuntur iterum corrumpentur aut incorruptibiles erunt et immortales. Si autem non erunt corruptibiles, sequentur inconuenientia»[8], tum quia erit multiplicatio in infinitum, tum quia quorum erit similis generatio non erit similis generationis terminus; homines enim per generationem que est ex semine, nunc quidem consecuntur corruptibilem uitam, tunc autem immortalem[9]. |
Inoltre. Se dopo la risurrezione vi sarà generazione di uomini, quelli che verranno generati o subiranno corruzione oppure saranno incorruttibili e immortali. Se non saranno soggetti a corruzione, ne seguiranno delle incongruenze: perché avrà luogo una moltiplicazione all'infinito, oppure perché quanti avranno avuto un tipo di generazione non avranno una fine analoga; gli uomini infatti nati per generazione seminale, sono soggetti ora a una vita corruttibile, allora invece saranno soggetti a una vita immortale. |
(213) Et preterea, omne generabile <est> corruptibile, cum generatio et corruptio sint contraria et circa idem[10]. Si autem homines qui tunc nascentur, corruptibiles erunt et morientur, si iterato non resurgunt sequitur quod eorum anime perpetuo remanebunt a corporibus separate; quod est inconueniens, cum sint eiusdem speciei cum animabus hominum resurgentium. Si autem et ipsi resurgent, debuit et eorum resurrectio ab aliis expectari, ut simul omnibus qui naturam participant, beneficium conferatur resurrectionis. |
E inoltre, ogni essere generabile è esposto a corruzione, poiché generazione e corruzione sono polarmente opposte e riguardano un medesimo soggetto. Ma se gli uomini che allora nasceranno saranno deteriorabili e moriranno, qualora non risorgono più volte ne segue che le loro anime resteranno separate in perpetuo dai corpi; cosa incongrua, visto che esse appartengono alla medesima specie delle anime dei risorti. Se invece risorgeranno anch'essi, gli altri dovrebbero attendere la loro risurrezione, affinché il dono della risurrezione sia simultaneamente concesso a quanti condividono una medesima natura. |
(221) Preterea ipse Mahometus unam tantum ponit diem resurrectionis et unam resurrectionem, scilicet in fine mundi in die iudicii[11]. De resurrectione uero illorum, uel de generatione, nullam omnino mentionem facit. Preterea, non uidetur esse aliqua ratio quare aliqui expectent ad simul resurgendum si non omnes expectentur. |
Inoltre, lo stesso Muhammad pone un unico giorno di risurrezione e un'unica risurrezione, ovvero alla fine del mondo nel giorno del giudizio. Ma della risurrezione o della generazione di quelli (= uomini corruttibili che non risorgono più volte, e dalle anime separate in perpetuo dai corpi) non fa menzione alcuna. E non vi è nessun motivo che taluni attendano una comune risurrezione quando non è attesa la risurrezione di tutti. |
(226) «Si quis autem dicat quod in resurgentibus erit usus ciborum et uenereorum, non propter conseruationem uel augmentum corporis nec propter conseruationem speciei uel multiplicationem hominum, sed solum propter delectationem que in eis actibus existit, ne aliqua delectatio hominibus in ultima remuneratione desit»[12] - (sicut expresse dicit Mahometus in libro de sua Doctrina)[13] -, patet quidem multipliciter hoc inconuenienter dici. |
Molte ragioni poi rendono insostenibile la seguente posizione: i risorti mangeranno e avranno rapporti sessuali non per preservare o alimentare il corpo, né per la conservazione o riproduzione della specie o moltiplicazione degli esseri umani, bensì per il solo piacere connesso con quegli atti, perché nessun piacere faccia difetto nel premio eterno - come dice espressamente Muhammad nel libro della sua Dottrina. |
(233) «Primo quidem quia uita resurgentium ordinatior erit quam uita presens. In hac autem |199r| uita inordinatum et uiciosum est si quis cibis et uenereis utítur propter solam delectationem et non propter necessítatem substendandi [sic] corporis uel prolis procreande. Et hoc rationabiliter. Nam delectationes que sunt in premissis actioníbus non sunt fines actionum sed magis e conuerso. Natura enim ad hoc ordinauit delectationes in istis actibus ne animalia propter laborem ab istis actibus necessariis nature desisterent; quod contingeret nisi delectatione prouocarentur. Est igitur ordo preposterus et indecens si iste operationes propter solas delectationes exerceantur. Nullo igitur modo hoc in resurgentibus erit, quorum uita ordinatissima ponitur»[14]. Non erit ergo in futura felicitate usus talium actionum. Multo igitur minus in talibus erit futura felicitas; alias tamen quid prohiberet animalia bruta esse felicia que in predictis actibus nobiscum comunicant?[15] |
Prima ragione. La vita dei risorti sarà più ordinata della nostra. Ora, in questa vita |199r| è disordinato ed immorale l'uso del cibo e del sesso per il solo piacere e non per il sostentamento corporale o per la generazione della prole. E a ragione. Il piacere infatti annesso a tali atti non è il fine proprio di quegli atti, ma piuttosto il contrario. La natura infatti ha predisposto il piacere in tali atti affinché gli esseri animati non se ne astenessero a motivo dello sforzo; ché così accadrebbe, se non fossero stimolati dal piacere. Sarebbe un ordine capovolto e disdicevole se tali atti fossero compiuti per il solo piacere. Tale comportamento pertanto in nessun modo si darà nei risorti, a motivo del perfetto ordine della loro vita. Nella beatitudine futura dunque non esisteranno tali atti (cf. Luca 20,34-36). Né tantomeno in essi consisterà la felicità futura. Che cosa precluderebbe infatti la medesima beatitudine agli animali irrazionali, che pure condividono con noi i predetti atti? |
(247) Preterea, si in istis actibus erit ultima hominis felicitas, ut Mahometus expresse uidetur dicere, quid igitur nunc oportet abstinere ab istis et non magis die ac nocte luxuriari et comedere ut et hic etiam felices simus? Sed apud omnes homines, etiam apud saracenos, reputatur uirtuosius abstinere ab his; et ípsi etiam habent uiros contemplatiuos et continentes quos maxime laudant[16]. |
Inoltre, se la felicità ultima dell'uomo consiste in tali atti - come Muhammad sembra espressamente intendere - perché dovremmo ora astenercene, e non piuttosto abbuffarci e far sesso, di giorno e di notte, ed esser appagati anche qui sulla terra? Al contrario, è unanime convinzione di tutti, musulmani inclusi, che sia più virtuoso astenersene; essi stessi hanno uomini consacrati alla contemplazione e alla continenza, e ne hanno massima ammirazione. |
(253) Sed quia forte stultitia est cum homine qui omnino ratione caret multum rationabiliter loqui, liceat nobis stultiçare cum eis et dicere: Si in istis actibus est ultima felicitas hominis, quid faciet anima separata ante resurrectionem, que nec comedere nec luxuriari potest? Nec etiam angeli unquam poterunt esse felices quia istis omnino carent. |
Ma forse è sciocco ragionare con chi è privo di senno. Meglio allora sragionare con loro, e dire: Se l'estrema felicità consiste in tali piaceri, che cosa farà l'anima separata (dal corpo) prima della risurrezione?, impotente com'è a mangiare e a far sesso. Neppure gli angeli potranno esser felici, incapaci come sono di compiere tali atti. |
(257) Preterea, si in habendo multas uxores et infinitas concubinas et adolescentulas est ultima uirorum felicitas, mulieres quomodo unquam poterunt esse felices nisi habent multos uiros? Sed rursus, quomodo uir poterit esse beatus cuius uxor habet multos alios uiros? Erit igitur aut mulier felix et uiri infelices, aut uir felix et mulieres et adulescentule ipsius misere. Sed quomodo poterit esse beatus cuius tota familia misera et infelix? Rationabilius igitur est dicendum quod omnes, tam uiri quam mulieres eorum, infelices erunt et miseri. |
Inoltre, se molte mogli e infinite concubine e fanciulle fanno la felicità dei maschi, potranno mai le donne esser felici senza molti maschi? E al contrario, potrà mai esser felice un marito se sua moglie frequenta molti altri uomini? O la moglie sarà felice e i mariti infelici, oppure sarà felice il marito e saranno sventurate le sue mogli e le sue fanciulle. Ma potrà mai un uomo esser felice se l'intera sua famiglia è sventurata e infelice? Più ragionevole è sostenere che tutti, sia uomini che le loro donne, saranno infelici e sventurati. |
(266) Hec quasi per digressionem hic dicta sufficiant ad ostendendunn quod lex ista est irrationabilis ex parte finis et premii quod promittit. |
Quanto qui detto quasi per digressione, è sufficiente a mostrare che la legge islamica è irragionevole in fatto del fine e del premio promesso. |
(268) Est etiam irrationabilis ex parte multorum aliorum que in illa continentur, sicut ibi |199v| frequenter inducitur quod Deus iurat «per urbem fidelem» et quod Deus iurat «per ficetum et oliuetum», sicut expresse patet in capitulo Eltym, quod interpretatur "ficus". Homines enim per maiorem sui iurant, ut per Deum uel per sanctos. Deus autem, quia non habet maiorem per quem possit iurare, consueuit iurare per semetipsum, sicut ipse dixit ad Abraham, ut habetur in Gen. Quod autem iuret «per ficetum et oliuetum», friuolum uidetur omnino et irrationabile[17]. |
È inoltre irragionevole a motivo di molte altre cose in essa contenute. |199v| Spesso, ad esempio, s'introduce Dio che giura «sulla città fedele» (Cor. 90,1; 95,3), oppure giura «sul ficheto e sull'oliveto» (Cor. 95,1), come risulta espressamente dal capitolo Eltym (= al-altîn), che significa "fico". Un uomo giura su qualcuno a lui superiore, ad esempio su Dio o sui santi. Dio poi, che non ha altri a lui superiore per il quale giurare, era solito «giurare per se stesso», come disse egli stesso ad Abramo in Genesi 22,16; che invece giuri «sul ficheto e sull'oliveto» (Cor. 95,1) è del tutto futile e insensato. |
(276) Item ipse prohibet uniuersaliter uinum propter ebríetatem uitandam, ut dicít in pluribus locis. Set cum uinum non sit de se simpliciter malum, sufficiebat uitare solam ebrietatem. Set et in hoc uidetur habere suspectos omnes sarracenos quod nullus eorum posset uel uellet uti uino temperate uel sobrie. Vnde sua prohibitio necessario cogit dicere uel quod uinum est uniuersaliter malum uel quod sarraceni sunt generaliter intemperati. |
Egli inoltre proibisce indistintamente l'uso del vino per scansare l'ubriachezza, come dice in molti brani (cf. Cor. 2,219; 5,90-91; 16,67). Ma il vino di suo non è nocivo, ed sarebbe stato sufficiente proibire soltanto l'ubriachezza. Muhammad sembra dunque diffidare da tutti i musulmani, quasi che nessuno di loro sia capace o voglia far uso moderato e sobrio del vino. La sua proibizione pertanto spinge a concludere: o il vino è un male assoluto, o i musulmani sono in assoluto degli intemperanti. |
[1] S. THOMAS, Contra Gentiles I, 2: «Quia quidam eorum (gentilium), ut Mahumetistae et pagani, non conveniunt nobiscum in auctoritate alicuius Scripturae, per quam possint convinci, sicut contra Iudaeos disputare possumus per Vetus Testamentum, contra haereticos per Novum. Hi vero neutrum recipiunt. Unde necesse est ad naturalem rationem recurrere, cui omnes assentire coguntur. Quae tamen in rebus divinis deficiens est» (EL 13, p. 6, b 14-22). [2] Cf. S. THOMAS, Contra Gentiles III, 27: «Quod felicitas humana non consistit in delectationibus carnalibus» (EL 14, pp. 82-83). [3] In parte prestito letterale da: S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15, p. 262, a7-b6). [4] Doctrina Machumet, ed. Th. Bibliander, Machumetis saracenorum principis eiusque successorum vitae ac doctrina..., Basilea 1543, I, p. 199, 6-10: «Post haec vocabit angelum mortis, dicens: O Andreiel, estne quid superstes ex omni creatura mea? Dicet: Nihil, domine mi, preter me servum tuum imbecillem. Tunc dicet ei: Quoniam omnem creaturam meam occidisti, abi hinc inter paradisum et infernum, et occide postremo teipsum, ac morere». Cf. GARDET, L'Islam, religion..., p. 97 (l'anéantissement de toute créature, «fanâ»); Dieu et la destinée de l'Homme, p. 263.[5] Cf. GUILLAUME D'AUVERGNE [† 1231], Opera omnia, Venire 1591, «De legibus», 19, p. 50 bG, à propos des délices du paradis promis par Mahomet: «Quaerimus etiam ab eis, utrum sint ibi digestiones, et egestiones ciborum et potum? quos utique ubi esse necesse est, cum enim cibi et potus multas partes habeant, quae non conveniant ad nutrimentum humanorum corporum, eas igitur per digestionem necesse est separari ab eis, quae conveniunt huiusmodi nutrimento, et in secessum mittit, et eadem egerit? Quare cum huiusmodi digestiones et egestiones finem non habeant, non sufficit Paradisus illa etiam sola stercora egestionum capere, cum omnis regio corporalis finita sit magnitudine. Pulchre autem irrisit quidam Christianus quendam saraceni ex hoc dicens ei: Maledicta Paradisus in qua tantum cacatur». Cf. Sap. 5,16.[6] Doctrina Machumet, ed. Bibliander, Machumetis saracenorum..., p. 197, 3-8: «Ait: Dic ergo, cum quicquid influit, et effluere necesse habet: nonne ut comedent, sic et iam egerere oportebit? Respondit: Non sequitur. Nam et infans in utero dum vivit, vescitur, nec tamen egerit. Et quam cito egerere incipit, mortalitatis legem subit. Quae et íllos, si egererent, necessitas consequeretur. Si quid tamen superfluit, id per sudorem exit, odorem mussi fragrantem».[7] Tutto il § è prestito letterale da S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15, p. 263, b, 1-8; n° 4176).[8] Prestito letterale da S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15, p. 263, b, 9-13; n° 4177a).[9] Idem, b, 46-47 (n° 4178). Cf. GUILLAUME D'AUVERGNE, op. cit., p. 50 bH - 51 aA: «Quocunque autem modo sit, quia mors ibi locum non / habent, crescit populus in infinitum. Finita autem est regio paradisi illius, et omnis regio corporalis, sicut in naturalibus didicisti, quare brevi tempore necesse habebit exire pars magna populi illius de Paradiso, et parati necesse erit eis regionem aliam ad habitationem eorum, et non unam solam, sed etiam infinitas. Omnino impossibile est quomodocunque regiones finitas, quantumcunque sint, homines capere infinitos».[10] Cf. ARIST., De generatione et corruptione I, 4 (320a 2-4); da cui gli adagi scolastici: Florilège 4,9 ( J. Hamesse, Les auctoritates Aristotelis. Un florilège médiéval..., Louvain-Paris 1974, 168).[11] Cf. Cor. 10, 93; 7, 32, 167, 171; 46.4: 6. 12 etc...; c'est le Jour du jugement (GARDET, L'Islam, Religion..., p. 95). [12] Prestito letterale da S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15 p. 264, a 4-10; n° 4179), et (a 10-11). Cf. RAYMOND MARTIN, Explanatio simboli... [1257], ed. J.M. March, «Anuari de l'Institut d'Estudis Catalans», Barcellona 1908, p. 492, 24-27: «Videmus enim corpora celestia non indigere cibo, nec alio sustentamento. Cum ergo corpus humanum erit impassibile et incorruptibile, non indigebit cibo neque potu; cum ista sint propter indigentiam, quoniam homo in presenti nisi uteretur hiis, deficeret. Sed ibi non erit indigentia, neque defectus. Ergo non erit ibi cibus et potus, que sunt propter indigentiam et defectum». [13] Doctrina Machumet, ed. Bibliander, Machumetis saracenorum..., p. 197, 41: «Ancillarum vero non erit numerus». [14] Prestito letterale (rr. 233-243) da S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15, p. 264, a 12-28; n° 4180). [15] Cf. S. THOMAS, Contra Gentiles IV, 83 (EL 15, p. 264, b 9-11; n° 4183). [16] Cf. Itinerarium XXI, XXII, ed. J.C.M. Laurent, Peregrinatores medii aevi quatuor, Lipsiae 1873, p. 131 = Liber peregrinationis, Berlin, Staatsbibliothek lat. 4°.466, f. 17ra. Parmi les exemples de vie spirituelle qui out pu faire l'admiration de Riccoldo à Bagdad signalons la confrérie d'Abd al-Kâdir al-Djilânî, et le souvenir d'al-Hallâdj, doni la tombe fut restaurée par les Mongols (cf. L. MASSIGNON, La passion de Hallâj, T. 2, Paris 1975, p. 325). [17] irrationabile: Item ipse aggiunge R al marg. destro, che richiama la giunta dell'intero paragrafo successivo (Item ipse prohibet ... generaliter intemperati: rr. 276-182), anch'esso aggiunto da mano R nel margine inferiore. Cf. Planche IV (di ed. a stampa). |