Ordini e
capitoli Arch. di Stato di Firenze, |
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Compagnia delle Laudi, detta anche compagnia di San Piero Martire. Inizi da far rimontare, verosimilmente, agli anni della permanenza fiorentina (1244-45) di fra Pietro da Verona poi Martire. 10.III.1446/7: «Ordini e capitoli della compagnia delle Laudi della Vergine Maria della chiesa di SMN, volgarmente detta la compagnia di San Piero Martire» (ASF, Corpor. relig. soppr. 102 n° 324), a seguito d'interventi di papa Eugenio IV. Soppressi precedenti statuti, si dispone nel primo capitolo che la compagnia sia retta da quattro capitani, due frati di SMN e due laici cittadini fiorentini, eletti dal capitolo conventuale. Talune carte, o sezioni di carte, sono erose o sbiadite, e pertanto d'incerta lettura. Autorità di base per la filologia dei testi in volgare fiorentino: A. Schiaffini, Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, Firenze 1954 ristampa. A. CASTELLANI, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze 1952. E. Panella, 3/12/2008 |
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Ordini e capitoli della Compagnia delle Laudi |
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Della electione de' capitani |
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Specchio, capitolo secondo |
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Della entrata dei capitani |
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Della electione del notaio |
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Del proveditore |
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Della electione del sindacho o vero fattore |
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Della electione del chamarlingho |
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Delle laude |
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Della celebratione della festa del glorioso messer sancto Piero Martyre |
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Della electione del frate |
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Del modo delgli ufici et piatançe s'anno a fare |
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º Compagnie laiche in SMN » |
º » |
Ordini e capitoli
della Compagnia delle Laudi della vergine Maria
della chiesa Santa Maria Novella di Firenze
volgarmente detta la compagnia di Santo Piero Martire
(1447)
ASF, Corpor. relig. soppr. 102 n° 324, ff. 5-10,
propria numerazione ff. 1-4
|5r/1r| Nel nome sia dello omnipotente Iddio et della sua gloriosissima madre
vergine Maria et di santo Giovanni Baptista et di messer santo Domenico et del
beato et glorioso santo Piero Martire, inventore et principiatore di questa
venerabile et devota compagnia delle Laudi della vergine Maria della chiesa di Santa Maria Novella
di Firençe, volgarmente detta la compagnia di Santo Piero
Martire in Santa Maria Novella, protectore et intercessore di quella. Al quale
piotissimamente ricorriamo che impetri per noi che mediante i suoi gloriosissimi
meriti, a gloria di Dio et della sua gloriosa madre madonna santa Maria, sotto
il cui nome et a cui reverentia il sopradecto messer santo Piero Martire
principiò la detta compagnia, et di tucta la celestiale corte, noi possiamo
compilare e ordinare utili et perpetui capitoli et ordini a confermatione della
detta compagnia et consolatione delli animi degli huomini di quella. Esistenti capitani di detta compagnia e venerabili religiosi:
maestro Domenico di Bartholomeo[1], maestro in sacra theologia del'ordine de' frati
Predicatori, frate Chimento di Vanni[2] del detto ordine;
et e nobili et prudenti huomini et cittadini:
ser Balduino di Domenico Balduini
Matteo < . . . >
Prohemio a' detti ordini et capitoli della compagnia.
Volendo e prefati venerabili religiosi e prudenti cittadini, et al presente capitani della detta compagnia, quella dirigere [dirigare scr.] et ordinare insieme col venerabile religioso frate Guido[3], al presente priore della chiesa et convento di Santa Maria Novella, col quale convengono, et convenire in ciascheduna cosa debbono, che per essa compagnia s'abia a tractare o disporre per vigore d'una bolla apostolica, la quale ordina che sempre e capitani che pel tempo si truovano in nel detto uficio ciascheduna cosa disponghino et determinino con quello al tempo si truova priore d'esso convento actualmente, considerarono essa compagnia avere più ordini et constitutioni e quali non erano conformi né corrispondenti, ancho più tosto contrarii alle dichiarationi constitutioni et lectere appostoliche, le quali in principio di questo libro si contengono. E pertanto volendo la decta compagnia si ghovernasse secondo debito di ragione in nelle executioni di testamenti et ultime volontà et in ogni altra chosa che a essa compagnia et a' ghovervatori et rectori di quella s'apartenesse fare et <pi>enamente a executioni mandare secondo Idio e debito delle loro conscientie, avendo avuto più |5v/1v| volte sopra detta materia pratica insieme et coloquio, presono ultima deliberatione d'acordo com partito facto per vigore et auctorità data loro per una bolla appostolica di sopra nominata, in nella quale si contine che e capitali che sono per tempo possino secondo el bisogno della compagnia comporre nuove constitutioni et capitoli et agiungnere alle antiche o diminuire correggere annullarre et secondo bisogno disporre, deliberorono compuosono et fermorono gl'infrascripti ordini et capitoli in nello infrascritto modo et ordine, annullando cassando et removendo ogni altra constitutione capitolo o vero ordini fussono o trovassonsi insino ad presente dì per alcuni capitani a qualunche altra persona fussono stati facti o vero ordinati.
Della electione de' capitani, capitolo primo.
In prima deliberorono che co(m)me al presente si truova in decta compagnia uno uficio di quatro capitani, de' quali due sono religiosi et frati di detta casa et convento di Santa Maria Novella et due cittadini fiorentini, così per lo tempo futuro si eleghino quatro capitani in questo modo: che uno mese almeno innançi la fine dello uficio di capitani vecchi, e frati di detto convento, ragunati in capitolo a suono di campanella chome è consueto, eleghino e decti quatro capitani, de' quali due siano frati di decta chasa et due cittadini e quali siano del popolo o vero siano di sepultura di detta chiesa o almeno siano del quartieri, con ordini et prohibitione di sotto poste; et l'uficio loro duri mesi sei et non più, et cominci questo tale uficio a dì primo di março, et a dì primo di settembre successivamente di tempo in tempo cioè di sei mesi in sei mesi. Et questa tale electione si faccia et far debba con uno notaio et testimoni che d'essa sia rogato et essi testimoni, come è stato consueto poi fu fatto detta dichiaratione per lo sommo pontetice. Con questo che ciascheduno che è stato o che sarà di fetto uficio, abbia divieto uno anno dal dì del diposto uficio proximo, et e suoi consorti et congiunti per linea masculina abbiano divieto mesi sei dal dì del diposto uficio. Et che in nel numero de' frati che si eleggono a tale uficio sia sempre uno maesto in theologia, o almeno sia anticho et stato priore in detto convento, e l'altro pure sia frate anticho di decto convento.
Anchora abbi divieto da detto uficio de' capitani: scrivano di decta compagnia, o vero provedito<re>, camarlingho, notaio d'essa et el frate deputato al servigio dei quella durante l'uficio di quella, e di poi mesi sei proximi futuri da dì del diposto uficio. Simile mente non possa esser di detto uficio de' capitani nissuno de età meno d'anni trenta forniti. Oltra questo, abbia divieto qualunche fosse in tal modo impedito che infra due mesi non potesse exercitar l'uficio secondo il bisogno di detta compagnia. E se essendo in detto uficio, fosse tracto ad alchuna cosa che impedisse, come è andare fuora di Firençe in uficio donde non potesse essere allo uficio infra spatio di due mesi, o vero fosse eletto priore in detto convento o altrove, o vero manchassse per morte; in quello chaso si debba eleggere uno altro, el quale abbia a fornire l'uficio di quello tale.
|6r/2r| Specchio, capitolo secondo.
Item ordinarono che in luogho di specchio[4] si servasse lo infra scritto modo. Che qualunche persona si truova in debito con detta compagnia si intenda esser inhabile et non possa esser electo in capitano, et essendo electo non valglia tale electione d'esso facta. Simile legge si intenda per ciascheduno uficiale o ministro di detta compagnia al tempo della raferma sua, el quale fosse debitore d'essa compagnia. Et pui ciascheduno uficiale o ministro di decta compagnia si intenda esser casso sança altro partito ogni volta che avesse tenuto denari o altri beni della compagnia apresso di sé, sença saputa et consentimento della magior parte de' capitani, oltra di quindici, et questo per partito fatto.
Della entrata dei capitani, capitolo terço.
Item ordinarono che all'entrata di detti capitani, cioè alla prima ragunata, u(n) notaio di decta compagnia sia tenuto innançi a ogni altra chosa dare il giuramento a detti nuovi capitani d'osservare e presenti capitoli et ordini, et la executione di qualunche testamento et ultima volontà o d'altro contracto al loro uficio commesso, et di fare il loro uficio bene con diligentia et lealmente et con buona conscientia. Et così a ciascheduno de' ministri d'essa compagnia, quando fossono electi si dia el giuramento. Et che dato il giuramento a detti capitani, si dichi una messa nella residentia di detta compagnia, la quale i decti capitani et lor ministri stieno a udire con divotione, acciò che facendo in detto uficio buono principio, seguiti migliore meço et optimo fine. Aggiu<gne>ndo(?) che in nessuno modo e lluogho dove è la loro residentia, cioè la compagnia di santo Piero Martire, per alcuna chagione si debba o possa alienare o vero in altro exercitio ocupare che in biosogno di decta compagnia, dove sempre per bisogni d'essa si possino et debbano ragunare, e non altrove sença grande necessità.
Della electione del notaio, capitolo quarto.
Anchora ordinorono et volsono che come è usato al servigio dello uficio di detti capitani della compagnia sia sempre uno notaio, il quale possino et debbano eleggere e capitani d'essa, per quel tempo et termine uficio salario che a loro parrà; con questo che il ssalario non possa esser più di fiorini dieci per anno, et che <detto n>otaio così eletto debba esser rogato di tucti e partiti che facessono detti capitani, et <te>nerne in uno libro di detta compagnia diligentemente scrittura. Et simile delle allogagioni, malleverie et sodamenti facti in favore di decta compagnia, et ogni altro acto et deliberatione che facessono decti capitani. Et che detto notaio debba esser rafermo una volta l'anno cioè del mese di gennaio o del mese di febraio, essendo posto a partito tra e detti capitani; se vince el partito per le quatro fave nere si intenda esser |6v/2v| rafermo per uno anno, altrimenti no.
Del proveditore, capitolo quinto.
Anchora che detti capitani, che pe۰lli tempi saranno, possino et debbono eleggere uno scrivano o vero proveditore per qullo tempo et termine et con quello uficio et salario che a detti chapitani parrà; non però con magiore salario di fiorini otto essendo frate perché fa per la chasa sua. Et questo scrivano debba tenere diligente scrittura et conto de le ragioni concorrenti di decta compagnia o di qualunche avesse alcuno interesse et facenda di detta compagnia, cioè debitori, pigionali, fittavoli, et col comune di Firençe et qualunche altro comune, persona et luogho, et le ragioni di piatançe, ministri et laudesi et chamarlingho di detta compagnia. Et notare tucti e partiti et stantiamenti, e saldare conto co۰lo chamarlingho et con debitori d'essa almeno due volte l'anno, cioè del mese di dicembre et del mese di giungno, et d'ogni altra cosa pertinente a detta compagnia. Et levare e debitori et sollecitare el sindacho che riscuota. Et provedere et fare quelle cose siano utili et di bisogno a essa, o vero gli fu<sso>no imposte da detti chapitani. Et sia tenuto il detto scrivano, almeno una volta infra el primo mese dal dì della entrata de' detti chapitani et un'altra volta per tucto el quarto mese del loro uficio, leggere innançi allo uficio d'essi chapitani sotto brevità tucti e debitori di decta compagnia, et per che cagione et con che gratia et termini, et chi sono loro mallevadori, sì che e chapitani mediante detta informatione possino far seguire et terminare utilemente et bene e facti d'essta compagnia.
Et perché detta compagnia àe molte carte et scritture di importança, che il decto scrivano debba notare et fare inventario di tutte le dette carte libri et scritture di qualunche ragioni, et tenerle separatamente et ordinate, acciò che si truovino acortamente a bisogna di detta compagnia. Le quale carte si debbono tenere in un cassone a ciò deputato, serrato sotto due chiave, che l'una stia apresso del detto scrivano e l'altra apresso il notaio di detta compagnia. Et che detto scrivano debba esser rafermo un volta l'anno, cioè del mese di gennaio o di febraio, et se vince el partito per quatro fave nere si intenda rafermo, altrimenti no. Et perché lo suo uficio è quello quasi che guida et debbe diriççare tucta la compagnia, quando paresse ae chapitani non oservasse et facesse el suo debito, lo possono et debbono cassare secondo la loro conscientia, et così ogni altro loro ministro allo uficio d'essa deputato.
Della electione del sindacho o vero fattore, capitolo sexto.
Item providono et ordinorono che in decta compagnia sia et tangasi sempre uno factore et sindacho che sia deputato pe۰gli capitani per quello tempo et termine che loro parrà. Il quale sindacho sia tenuto riscuotere et fare gravare personalmente et in beni e debitori di detta compagnia, et allogare paghare et finire precedente mente di meno la constitutione et partito di detti chapitani, et le due parte di loro in quel modo si richiede |7r/3r| di ragione. Similemente spese occorressono per detta compagnia in acconcime di chase o in alro modo non si possino fare sença saputa et deliberatione de' chapitani, et qualunche volta occorresse simile spese si facessono sença tale deliberatione vadino a le spese di chi le facesse; con questo che di simile spese et d'ogni altra, sempre si tengha conto in uno libro disperse [= di spese], el quale stia apresso de lo scrivano. Et sia tenuto detto factore o vero sindacho ragunare detti chapitani, e de' esservi continuamente quando congregati fossino et ricordare quello fosse di bisogno provedere. Et sia tenuto detto sindacho andare a vedere et provedere chase et poderi, et tucti e beni di detta compgania etiamdio in qulunche luogho fuori della città, et raportare e bisogni et manchamenti di quelli. Et che il decto sindacho in ogni allogagione di pigioni o fitti, debba cerchare et ricevere buono et sufficiente mallevadore, il quale sia approvato pe' chapitani di detta compagnia et le due parte di loro. Et di tale allogagione et malleverie et approbatione ne sia rogato el notaio d'essa compagnia.
Et che detto sindacho debba ogni denaio et quantità di pecunia della compagnia che alle sue mano pervenisse, avere rimesso in nelle mano del chamarlingho di detta compagnia infra tre dì; et dove in questo fosse trovato difectuoso, o vero altre chose appartenente alla compagnia ritenesse sença saputa et licentia della magior parte de' chapitani, si intenda in quel caso sença altro partito esser casso et per partito nuovo uno altro rielecto. Et che sotto simile pena non possa ricevere alchumo dono o presente da' debitori d'essa compagnia acciò che arditamente possi fare il suo uficio, et fare paghare a ciascheduno et riscuotere secondo debito di giustitia. Et più detto sindacho debba sodare ogni anno del mese di lulglio per buoni et sufficienti mallevadori, uno o più a dichiaratione de' chapitani, di fare bene et lealmente il suo uficio et rendere buono conto alla detta compagnia tante volte quante parrà(?) et piacerà a' detti chapitani per mano di publico notaio, sì che vaglia di < . . . > sindacho non sodando chome detto, e si intenda et sia casso e rimosso dal decto < . . . > sia proveduto d'uno altro in suo luogho. Et che al decto sindacho et < . . . > più che fiorini due d'ora il mese per suo salario. Questo, salvo che quando detto sindacho <an>dasse per decta compagnia ad alchuno luogho distante dalla città di Firençe miglia quatro o più, abbia quello emolumento oltra el salario suo che parrà alla discretione di detti chapitani.
Et che detto sindacho debba esser electo et rafermo del mese di gennaio o di febraio per partito di detti chapitani, et avendo quatro fave nere si intenda avere vinto el partito, altrimenti no.
→ Della electione del chamarlingho, capitolo septimo.
[1] Domenico di Bartolomeo degli Usimbardi da Firenze OP: magistero in teologia 1441, † 12.IV.1486 78enne. Cr SMN n° 715. Piana, La facoltà 516b.
[2] Clemente di Vanni da Signa OP, † Arezzo ag. 1450. Cr SMN n° 649.
[3] Guido di Michele da Montelupo (Firenze) OP, † 11.XI.1476 80enne. Cr SMN n° 687.
[4] Specchio: «essere a specchio», «libro dello specchio» = registro o libro in cui si registravano i contribuenti morosi e i debitori; esclusi, questi, da uffici pubblici. Cf. Matteo Palmieri, Ricordi fiscali (1427-1474), a c. di E. Conti, Roma 1983, p. 6 r. 10.