Ricordanza, San Domenico di Fiesole 28.VII.2017. Stamani mi sveglio, mi alzo e mi metto la maglietta. Gli occhi si soffermano sul numero 69, cucito all'interno della fascetta superiore. E mi tornano in mente antichissimi ricordi: il numero 69, in autunno 1950 me lo assegnarono per tutti i miei vestiti le suore che nel nostro collegio d'Arezzo curavano vestiario e cucina. E tale numero è ancora attivo!
AA. VV., Vocabulaire des écoles et des méthodes d'enseignement au moyen âge (Actes du colloque Rome oct. 1989), Turnhout 1992.
S. Tugwell, AFP 66 (1996) 61-62, 183; MOPH 26 (1997) 218.
L.E. Boyle, “The ways of prayer of St Dominic”. Notes on ms Rossi 3 in the Vatican Library, AFP 64 (1994) 5-17.
Firenze, Bibl. Riccardiana 2105 (anno 1470): cart., 218 x 145, ff. 249, a una sola colonna, e tutto d'una sola mano. Codice controllato di persona, luglio 1995. «Iste liber est sororum ordinis beati Dominici monasterii Sancte Lucie de Florentia, via Sancti Galli» (f. 1r); altra mano aggiunge: «fu compiuto di scrivere ne' 1470, scrisello suora Lisabetta de' Masini e suora Ismeralda degli Avigni [de gliavigni cod.]. lasciorolo a uso di suora Antonia dell'Opere» (f. 1r). In ff. 130v-134v volgarizzamento toscano (1470 ca.) del De modo orandi corporaliter almi confessoris sancti Dominici. Incipit: «El primo modo d'orare di san Domenico era humiliandosi inançi all'altare come se a Cristo significato per∙ll'altare...» (f. 130v).
«<Terzo modo
d'orare>. E per questa chagione, levandosi di terra si disciplinava con una
chatena di ferro dicendo: "La disciplina tua, Signore, m'à corretto insino al
fine". Per∙lla qualcosa tutto l'ordine statuì che tutti e frati in memoria dello
esemplo di san Domenico orassino e dicessino el Miserere overo el De profundis,
e ricevessino ogni dì che ssi fa di feria dopo compienta [sic] con vergha
di legno sopra le spalle ingnude la disciplina overo pe∙lle sue propie colpe
overo pe∙lle colpe d'altri, delle cui demost<?? ? ?>ore. Onde nessuno, quantuque
igiuste santo e inocente, disiderebbe ritrarre da questo santo e buono exemplo»
(f. 131v).
Originale latino in
S. Tugwell,
The nine ways of prayer of st. Dominic, «Mediaeval studies» 47 (1985) p. 84.
Circa il curriculum degli studi delle arti (qui a proposito di fr. Francesco da Trevi, fl. 1291-1332; SOPMÆ IV, 87), aggiorna:
Alfonso Maierù [† 12.IX.2011], La dialettica, AA. VV., Lo spazio letterario del medioevo, 1. Il medioevo latino, I, La produzione del testo, Roma (Salerno Ed.) 1992, 273-94;
(pp. 290-91) «La tradizione inglese successiva resta sostanzialmente ancorata al terminismo, adottato sia da sostenitori d'una ontologia particolaristica come Ockham, per cui nella realtà si danno solo individui mentre l'universalità appartiene solo al termine mentale, al concetto, che è segno delle cose, e subordinatamente al termine vocale e scritto; sia da filosofi realisti, che ammettono in vario modo l'esistenza dell'universale fuori della mente, come Walter Burley, contemporaneo di Ockham, o piú tardi Wyclif.
A Parigi, invece, fra XIII e XIV secolo si afferma la grammatica speculativa nella forma del modismo, detto cosí perché i suoi teorici usano la categoria del modus sígnifìcandi per dar conto di tutti i fenomeni grammaticali. I logici influenzati dal modismo si differenziano dai terministi per una diversa dottrina semantica: mentre i terministi adottano la teoria della supposizione, sicché il termine conserva sempre la stessa significazione mentre varia, secondo il contesto, la referenza di esso, i modisti accentuano l'importanza del momento dell'impositio, quando il termine è costituito e ne è fissato il significato formale, che definisce la natura di esso e ne garantisce l'uso; l'accento è posto sul senso piú che sulla referenza (i cenni alla teoria della supposizione sono scarsi): il significato formale fissa il significato materiale, la referenza, che non è quindi propriamente, o principalmente, dipendente dal contesto, il quale resta sostanzialmente esterno ad esso. La semantica dei modisti ha avuto vigorosi oppositori in Bacone e Ockham, ma ha trovato seguaci a Bologna e a Erfurt nella prima metà del XIV secolo».
A. Maierù [† 12.IX.2011], Les cours: "lectio" et "lectio cursoria" (d'après les status de Paris et d'Oford), AA.VV., L’enseignement des disciplines à la Faculté des arts, Turnout 1997, 373-91. Importante e sistematico contributo, sebbene in sintesi. Artcolazione: 1, La leçon; 2, Le canon des livres de cours; 3, Types de leçon; 4, Leçon ordinaire et leçon extraordinaire; 5, Leçon ordinaire et leçon cursoria; personnele inseignant, lieu. horaire, livres, modalités de lecture, legere cursorie; 6, De la théorie à la pratique.
A. Maierù, University Training in Medieval Europe, Leiden (Brill) 1994, translated ad edited by D. N. Pryds, pp. XVI-188.
TRANSLATOR'S PREFACE, p. VII: «The chapters in this volume are separate studies on the institutional structure and methods of teaching, which, with one exception, avere published as articles in Italian and French between 1976 and 1992. The selection was made by Alfonso Maierù in consultation with William Courtenay. These pieces have been revised by the author and appear now for the first time in English. Chapter One originally appeared as "Tecniche di insegnamento," in Le scuole degli Ordini Mendicanti (secoli XIII-XIV); Chapter Two, "Gli Atti Scholastici nelle Università italiane," in Luoghi e metodi di insegnamento nell'Italia medioevale (secoli XII-XIV); Chapter Three, "La terminologie de l'université de Bologne de médecine et des arts: facultas, verificare, in Vocabulaire des écoles et des méthodes d'enseignement au moyen áge; Chapter Four, "L'insegnamento della logica a Bologna nel secolo XIV e il Manoscritto Antoniano 391," in Rapporti tra le Università di Padova e Bologna: Ricerche di Filosofia Medicina e Scienza; and Chapter Five, was originally presented at the Intemational Medieval Congress at Kalamazoo, Michigan (May, 1988) in a session entitled, "Medieval Education in the Language Arts," organized by J. J. Murphey. This paper was translated from Italian by Ms. Felicity Lutz. I have taken the liberty to revise portions of it. The Appendix to Chapter Four has not been previously published, nor has the Appendix to Chapter Five, which greve out of a paper entitled, "The Sophism Omnis propositio est vera vel falsa by Henry Hopton (Pseudo-Heytesbury's De veritate et falsitate propositionis)," presented at the Ninth European Symposium for Medieval Logic and Semantics».
Idem, Figure di docenti nelle scuole domenicane della penisola iberica tra XIII e XIV secolo, AA. VV., Le vocabulaire des écoles Mendiants au moyen âge (Actes du colloque Porto, 11-12 oct. 1996), Turnhout (Brepols) 1999, 45-88.
Pg. 46-47: «Disponiamo dunque complessivamente dell'edizione di trentanove documenti (alcuni dei quali sono incompleti) per oltre un secolo e mezzo di presenza dei Domenicani nella penisola iberica. I documenti delle due province, di Spagna e d'Aragona, possono essere studiati insieme, in ragione della continuità dei problemi affrontati (organizzazione di scuole di grammatica e di scuole di arabo e di ebraico) e della terminologia adottata (impiego del termine doctor in luogo del più diffuso lector). Dato il suo carattere frammentario e discontinuo, la documentazione disponibile ha bisogno, per essere compresa, d'essere letta alla luce delle direttive impartite dal governo dell'ordine (capitolo generale e maestro generale), e anche d'essere messa a confronto con le applicazioni che le altre province hanno fatto delle direttive comuni.
Divido questo intervento in quattro parti: la prima tratta delle scuole preparatorie allo studio della teologia; la seconda è riservata all'insegnamento dell'arabo e dell'ebraico; la terza propone alcune precisazioni sull'uso del termine doctor sulle scuole di teologia; la quarta è dedicata alle varie figure dei docenti di teologia (in particolare a quella del cursor Sententiarum), nonché alle modalità di lettura della Bibbia e delle Sentenze».
Idem, Formazione culturale e tecniche d’insegnamento nelle scuole degli Ordini mendicanti, AA.VV., Studio e studia: le scuole degli Ordini mendicanti tra XIII e XIV secolo, Spoleto 2002, pp. 3-31.
«Per quanto mi riguarda, vorrei innanzitutto (1) proporre alcune considerazioni riguardanti il contesto culturale in cui nascono le scuole dei mendicanti, con riferimento anche ai camgiamenti che in quel torno di tempo intervengono nella concezione stessa dell'uomo; vorrei poi (2) provarmi a riconsiderare il rapporto tra i frati, le scuole dei frati, e le università; passerei quindi (3) a richiamare i programmi delle scuole dei frati e le tecniche d'insegnamento; e concluderei (4) con alcuni esempi sul modo di insegnare e di lavorare dei frati» (p. 6).
«La formazione culturale dei mendicanti si colloca in un contesto preciso, con il quale i frati interagiscono creando un sistema di scuole e dandosi una ratio studiorum, di cui si possono tracciare le grandi linee comuni, come abbiamo fatto, ma anche indicare le differenze tra i vari ordini, come si farà certamente nelle relazioni previste. Inoltre, i frati hanno contribuito, insieme con le scuole universitarie, ad elaborare una prassi d'insegnamento (modalità di letture e di dispute) che ha avuto una grande fortuna. Lo studio dei documenti ufficiali degli ordini permette di conoscere gli strumenti scelti dai mendicanti per raggiungere i loro fini, ma non è sufficiente a fornire un quadro articolato della pratica scolastica, la quale va studiata piuttosto esplorando la letteratura prodotta dai maestri in funzione dell'aula, o quella ad essi riconducibile e raccolta dagli studenti nelle aule, come nel caso delle reportationes, o ancora quella prodotta dagli studenti, come le note da essi prese nel corso degli atti scolastici. Questa letteratura può essere modesta se considerata dal punto di vista dottrinale, ma è preziosa per le indicazioni che può fornire sulla concreta attività d'insegnamento in un dato periodo e in una data scuola. È da augurarsi che ci si orienti più decisamente verso ricerche condotte su questa produzione letteraria, al fine di verificare per tal via ciò che costituzioni e atti capitolari dei frati e disposizioni di provenienza universitaria delineano in modo generale e talora approssimativo» (p. 31).
Idem, Dante di fronte alla Fisica.
Idem, Philosophy and Theology in the Studia of the Religious Orders and at the Papal Court (2008).
AA. VV., Itinerari del sacro in Umbria, a c. di M. Sensi, Firenze-Perugia 1998, pp. 416.
Cosimo di Stagio di ser Paolo da Arezzo OP, fl. 1470 - 1490 ca.
J. CANNON, Religious Poverty, Visual Riches. Art in the Dominican Churches of Central Italy in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, Yale University Press, 2013, pp. 431.
Pp. 278-78: «The church of S. Domenico in Arezzo was constructed during the second half of the thirteenth century (fig. 243); the majority of work was probably completed in the third quarter of the century, the choir embellished in 1290 through the benevolence of Ranieri Ubertini, bishop of Volterra (d. 1292-7), and the nave possibly extended towards the west in later decades. |278b| The nave walls are divided into registers by two simple bands of horizontal decoration: a black and white wave pattern, framed with lines of red earth, running at the level of the sills of the lancet windows; and above this, halfway up the lancets, a black and white chevron pattern, also framed in red (see figs 225, 228, 243). Together with the black and white bands that pick out the ashlar embrasure of each lancet (and the entrance arches, ribs and lancets of the cappella maggiore and its two flanking chapels), this painted framing gives some articulation to the bare walls (in the colours of the Dominican habit) and marks out areas for figurai decoration.
The lower band may have framed some images from the outset. Facing each other across the nave, set immediately below the wave framing and just to the west of the third nave windows from the east, are two scenes with Dominican significance: on the north nave wall Dominic (now obliterated) kneels to receive the staff and book of his apostolic mission from Sts Peter and Paul (fig. 245); on the south nave wall Ambrogio Sansedoni (once identified by an inscription, now lost) stands in an elaborate pulpit, preaching to a crowd of devout and animated laymen gathered outside the church (fig. 246). These paintings are severely damaged, and their colours are now (and perhaps always were) limited to white, black and red, but enough survives to attribute both works to the same hand, tentatively identified as that of Montano d'Arezzo, who was probably called to work in Angevin Naples in the last decade of the thirteenth century. As Donal Cooper has pointed out, the images were probably once physically linked by the intermediary screen, which can plausibly be located in this part of the nave. Thus Sansedoni (d. 1287) would have been commemorated withm view of the pulpit, and the Dominicans who delivered sermons from the screen would have been seen in relation to the image of their famous predecessor. To the west of the mural of Sts Peter and Paul with Dominic is an area of painting that indicates that the scene was once accompanied by at least one other episode. Cycles of the life of St Dominic are, as we have seen, a rarity. The Arezzo painting is the sole |280a| thirteenth-century mural of a scene from the saint's life to survive from centrai Italy. We can only guess at whether the two scenes formed part of a longer cycle and, if so, whether further scenes would have extended towards the east into the ecclesia fratrum, or across the front of the intermediary screen to link up with the Sansedoni fresco. As discusseti in chapter 4, the screen was an appropriate location from which to present images of Dominican saints to the laity. These thirteenth-century fragments, together with the framing bands, suggest the involvement of the friars of Arezzo in planning the first mural paintings in the nave».
Pp. 253-54: «A rare survival, the Dragomanni (or Dragondelli) chapel on the south wall of the lower nave of S. Domenico in Arezzo (see fig. 225), shows us what a particularly fine and elaborate "altar with chapel" might have looked like. The work is signed by Giovanni di Francesco da Firenze, identified by Gert Kreytenberg as the Fiorentine sculptor Giovanni Fetti, attive in Arezzo, Kreytenberg argues, between 1362 and 1377. The stone ensemble, raised on a step, comprises an altar with aumbry niche, enclosed within two short pierced slabs embellished with the family arms, which project from the nave wall to form a truncated parapet; the parapet supports piers that carry a twin-gabled canopy, also bearing the family arms, and full-length figures of the Angel Gabriel, the Annunciate Virgin and a blessing Christ. The barrel vaults of the canopy are painted with images of the four evangelists. The baldachin frames a pre-existing fresco of Christ Teaching in the Temple (attributed to Gregorio and Donato of Arezzo), which acts as an altarpiece but originally formed part of a more extensive decoration showing also Mary and Joseph looking for the boy Jesus, and the return of the Holy Family to Nazareth (the figures of Mary and Joseph are still visible to the left and right).
The evidente of four other frescoes from the fourteenth and early fifteenth centuries suggests that the walls of the lower nave of S. Domenico once supported other architecturally framed altar-chapels (figs 227, 228 and see fig. 243). The subject matter and symmetrical compositions of these frescoes are analogous with altarpieces, and each is set above a fictive marble or textile decoration of the appropriate design and height to form the backdrop to an altar. The curved tops of the frescoes indicate the arched shapes of the baldachins that once enclosed them; damage at the upper left and right corners corresponds to the springing of arches, presumably indicating where the three-dimensional canopies vere previously attached. The architettural frames may have been made from less durable materials than those used for the Dragomanni altar-chapel or may even have been partially |254| fictive structures painted onto the wall: to the left of the Crucifixion fresco (attributed to Parri Spinelli, 1387-1453) immediately to the south of the western portal is a fictive polygonal pier, rising from the pavement to reach almost to the height of the springing of the arch of the baldachin (now removed), echoing, in simplex form, the piers supporting the Dragomanni canopy (see figs 225, 227)».
M. Ascheri, 2015: «... un dominus Filippo di Orvieto pievano di Creti che poco dopo la fondazione (del monastero a Monte Oliveto) fa un consilium a favore cui aderisce Bartolomeo da San Concordio (con autografia?) cui presta il sigillo Iacopo allora priore dei domenicani di Arezzo».
Bartolomeo da San Concordio OP nel 1305 è nominato lettore nel convento di Arezzo...
Petra Pertici, Arezzo e l'opposizione a Firenze fra Quattrocento e Cinquecento, in "Arezzo nel Medioevo", a cura di G. Cherubini, G. Firpo et alii, Roma (Giorgio Bretschneider) 2012, pp. 235-239. Me ne invia copia l'A., giugno '15; tra le mie carte alla voce "Pertici".
■ https://www.youtube.com/watch?v=D7WofX-AOOY
■ (marzo 2022) https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/foscainnocenti/ep-4-una-dignitosa-sepoltura:
molte scene di questo quarto episodio della fiction sono riprese nella chiesa San Domenico di Arezzo, sebbene non se ne faccia mai menzione.