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ASMN  I.C.102 A 77r Sanctificamini (resp. in vig. Nativ. Dni) Primo della serie d'articoli ne «Il Rosario» (Firenze SMN), e primo testo pubblicato in assoluto. Ero ragazzotto ventenne!
Genere della devotio marialis illustrata tramite racconti esemplari (exempla); dietro sollecitazione dell'allora direttore Guglielmo (Domenico) Di Agresti OP (1930-2001), a suo tempo sottomaestro di noviziato in Pistoia (1955-56). Notizie su di lui in
MD 32 (2001) 1-62.

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 (1) Dalla Madonna ottengo ciò che voglio,
 «Il Rosario» febbr. 1959, pp. 29-30.

 

Nella stanza dove Aldo Marcozzí passò gli ultimi anni e dove spirò si conserva un quadro della Madonna; sotto di esso, ai lati, sulla tappezzeria, si scorgono due macchie: le impronte lasciate dalle mani di Aldo nel continuo appoggiarsi al muro per baciare la Madonna.

Abbiamo, qui, il tratto principale dell'anima del santo giovanetto milanese; se vi aggiungiamo l'Eucarestia, la sua figura è completa: Gesù e Maria; gli artefici principali della nostra santità.

Aldo Marcozzi nacque di sabato, il 25 luglio del 1914.

Dalla profonda pietà materna e, ancora di più, dall'esempio della cara santa «nonnina», imparò ad amare Gesù e Maria. Sentì in modo speciale il fascino della Madonna e ne fu tenerissimo amante per tutto il corso della sua breve vita. Piccolissimo, imparò a dire il Rosario; lo recitava con la mamma. Più grandicello, lo recitava con la nonna che era più libera: si ritiravano tutti e due in un canto della casa e pregavano. La mamma più volte sorprese i due «complici», la nonna e il nipotino, inginocchiatí spalla a spalla nella camera di Aldo, con la corona in mano.

La nonna morì; ma Aldo conservò sempre il rícordo delle sue mani tremanti che sgranavano incessantemente la corona: la terza parte del Rosario la recitava sempre per la «nonnina».

L'anima di Aldo è indirizzata a Maria. Sull'immaginetta-ricordo della sua Cresima si legge: «O Marie, je vous offre le Iys de mon coeur: soyez-en Ia gardienne!». Sempre la mamma, una volta, lo sorprese in camicia da notte, che saliva e scendeva dal letto facendo l'inclinazione ora davanti al quadro del S. Cuore ora a quello della Madonna. Col tempo questi germi crebbero, e la devozione divenne vita.

Nel 1923 viene messo presso l'Istituto Conzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane: Aldo è l'esempio vivente di ogni virtù. I professori ne sono stupiti. I compagni, quando vengono ripresi, esclamano: «Non sono míca un Aldo Marcozzi, io!».

La devozione alla Madonna lo indirizzava a Gesù Eucaristico; e di Lui si cibava ogni mattina facendo il sacrificio di alzarsi prima per poter giungere a tempo a scuola. Quindici anni! Eppure, quanta maturità di formazione e conoscenza del dovere di santificarsi! Maria lo guidava. Lui Le era confidentissimo: La pregava come si prega una mamma: per questo la Madonna non poteva resistere alle sue richiestel Nel suo diario troviamo scrítto il proposito di recitare tutti i giorni il Rosario intero. Le sue difficoltà erano quelle di tutti i ragazzi, e non si vergognava di presentarle alla Mamma celeste: quando aveva un compito in classe decisivo scriveva un biglietto. «Esame di Latino scritto» e lo metteva dinanzi al quadro di Maria. Era fiduciosissimo del Suo aiuto: «Dalla Madonna» confessava ingenuamente: «io ottengo tutto ciò che voglio!».

Preferiva i misteri gloriosi perché lo rendevano più gioioso...

I genitori d'estate lo portavano in vacanza a Roma, Napoli, Pompei, e Aldo di una gita faceva un pellegrinaggio; fiutava le chiese della Madonna, poi... « Aldo, Aldo, dove sei?... », e lui era già ginocchioni davanti all'immagine della Vergine.

Il 25 ottobre del 1928 fu costretto a mettersi a letto: infezíone intestinale. Il male fu così violente [sic] che una contrazione nervosa gli serrò i denti; poteva a stento e parzialmente aprire la bocca; la mamma lo capiva dagli occhi. Doveva subire da dodici a quattordici iniezioni al giorno; per consolare la mamma, diceva: «Ne offro una alla Madonna, una alla nonnina, un'altra a S. Teresina, un'altra a Pier Giorgio Frassati...»

Quando s'accorse della fine, disse: «Mamma, il quinto mistero glorioso; l’Incoronazione della Madonna e la gloria degli angeli e dei santi... ». Era la perfetta identificazione della sua vita con i misteri del Rosario. Fece chiamare il babbo e la mamma vicino al suo letto e promise che avrebbe pregato per loro. «Sia fatta la volontà di Dio», riuscì ancora a pronunziare; e guardò fisso gli occhi dei genitori finché non vi scorse la perfetta sottomissione al volere divino.

Il 22 novembre, mentre il sacerdote gli amministrava l'Olio Santo, qualcuno nella camera intonò l'Ave Maria; Aldo si scosse e, fra dolori atroci, rispose: «Sancta Maria Mater Dei, ora pro nobis…». Poi si fece portare sul letto il quadro della Madonna.

L'agonia fu lunga e dolorosa. Di tratto in tratto ripeteva, a sillabe tronche, le sue giaculatorie preferite. Gli fu fatto cenno di non agitarsi. Un momento di riposo. Poi un ultimo supremo sforzo:

«Gesù mio, misericordia. Sacro Cuore di Gesù, io confido in Voi! Virgo potens...»

Virgo potens era il titolo con cui preferiva chiamare la Madonna; furono le ultime parole di Aldo Marcozzi...

Da piccolo, la prima parola che aveva imparato a balbettare era stato il nome della Madonna: Maria!

Emilio Panella OP


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Il piccolo martire di Maria,
«Il Rosario» marzo 1959, pp. 44-45, 48.

Il 23 gennaio del 1919 a via Sirignano (Napoli) venne alla luce un bimbo. Il parto si era presentato particolarmente difficile; il chirurgo si sentì costretto all'estraziorie col forcipe.

Nessun pianto.

La madre ebbe una stretta al cuore.

«O Vergine Immacolata, se questo figlio non dovesse essere un buon cristiano, Te l'offro fin da questa momento!».

Un gemito, un grido, e risuonò il primo pianto del neonato. Era salvo.

Fu battezzato col nome di Aldo. I genitori erano Paolo Blundo e Maria Persico.

La Madonna gli diede la vita, ma volle che fin dal suo nascere, fosse segnato dalla croce del dolore.

La mamma gli ínfuse, col latte, l'amore a Gesù e a Maria. Una mattina (Aldo aveva tre anni) la signora Maria lo sollevò dal letto e incominciò le solite preghiere; lui si schermì e sillabò: «Mamma, solo, solo... », e per la prima volta recitò da solo l'Ave Maria; quand'ebbe finito, sgambettò e battè le manine, felice di poter pregagare da solo.

A sei mesi fu notato dai genitori uno stranissimo fenomeno: il bimbo non riusciva ad alzarsi dalla posizione orizzontale. A undici mesi il morbillo e una pluripolmonite lo ridusse agli estremi. L'intervento dei dottori e le cure del padre lo fecero rifiorire. A cinque anni ebbe il «crup», poi la pleurite, la bronchite e la broncopolmonite; non poteva espellere i muchi accumulatisi nella laringe che gli procuravano una tosse stizzosa, come dice il medico curante, e che notte e giorno, senza tregua, squassava il torace di Aldo. Latente, avanzava una malattia ancora più terribile: la paralisi. I primi sintomi apparvero nell'impossibilità di fare alcuni movimenti; poi furono colpite le masse muscolari del bacino-cosce e del tronco. I medici diagnosticarono inesorabilmente: paralisi pseudo ipertrofica o míopatia degenerativa progressiva. Il fanciullo all'età di otto anni, era condannato all'immobilità. Una caduta e la rottura del femore resero più tragica la situazione: la sua vita è legata al letto e alla carrozzella; può muovere solo leggermente la testa e le mani.

Comincia il silenzioso calvario del dolore e, attraverso di esso, l'ascesi alla perfezione cristiana.

Al dolore della malattia e al martirio dell'immobilità si aggiungono le inevitabili sofferenze inflitte dalla terapia. Il padre mette in giuoco il suo patrimonio per la guarigione dell'unico figlio: fisioterapia, elettroterapia, opoterapia, cure ricostituenti, cure specifiche nel dubbio di un eredolue, e tutto quanto offriva una speranza di guarigione. Ma Aldo ormai non sperava più:

«Babbo, perchè sprecare tanto danaro? Solo la Madonna mi può guarire!».

Ma il babbo non se la dava per intesa; raddoppiava i tentativi, le cure, a cui s'aggiunsero apparecchi ortopedici. Questi specialmente facevano soffrire enormemente Aldo. E lui, in mezzo a tanto strazio, sempre col volto sereno, sempre col sorriso sulle labbra...

«Aldo, come stai?».

«Sto bene... Io sto bene, i miei dolori sono nulla; fossero tutte queste le sofferenze!».

La sua anima, incarcerata nella miseria di quel corpo, si affinava e si modellava a quella di Gesù e di Maria. Invitava la mamma, mentre accudiva alle faccende domestiche a rispondere alle avemarie del Rosario; e quando ella non poteva accompagnarlo nella recita della corona, il piccolo pregava da solo, con gli occhi socchiusi.

I compagni venivano a trovarlo; chiassosi, allegri, scorrazzavano per la stanza, e Iui, dalla poltrona, li fissava e si sforzava a sorridere; poi li invitava a dire il Rosario insieme...

Quando il dolore si faceva insopportabile, si ammutoliva, stringeva i denti, in silenzio, e dagli occhi gli afflioravano due lacrimoni... ; la mamma se ne accorgeva e gli si accostava per consolarlo.

«Mamma, baciami, mi sento male, un tuo bacio mi dà sollievo! Gesù, offro a Te tutto, sia fatta la Tua volontà». In quei momenti non riusciva nemmeno a pregare, ma voleva almeno la corona vicino: «Mamma, mettimi la corona del Rosario sulla coperta, ma non posso pregare perchè smanio troppo; non pregherei con tanto raccoglimento».

Aldo aveva capito la potenza redentrice del dolore e sfruttava tulle le sofferenze che lo martoriavano. Il suo aspetto era florido e non si sarebbero sospettati a prima vista i dolori strazianti che sopportava quel ragazzo; ma non sfuggivano a chi gli viveva vicino.

«Aldo mio, gli disse un giorno la mamma, tu sei un santo che sai soffrire così!».

«Sei tu la santa che ti sacrifichi vicino a me tutti i giorni di tua vita, privandoti della tua libertà». Sentiva più la pena per le angosce dei genitori che per le sue sofferenze: il suo dolore, anzi, era solito raffrontarlo con quello di Gesù, e concludeva che era insignificante. Questo pensiero lo spingeva a desiderare di soffrire ancora di più:

«Mamma, che cosa sono le mie sofferenze? Gesù mio ha sofferto tanto!

Mamma, per piacere, mettimi un poco più scomodo». A queste richieste la buona signora si sentiva un groppo alla gola, ma ubbidiva per non contrariare il suo “angioletto".

«Mamma, non pensi che le sofferenze possono salvare le anime? Offro la mia vita per i peccatori!».

Agosto 1934: Aldo Blundo è portato a Lourdes. Gli ottimi genitori sperano in un miracolo, ne sono certi... Per il treno, a Lourdes, chi lo vide affermò che se c'era uno degno della guarigione era proprio Aldo Blundo; i genitorí erano sicuri...

Aldo fu immerso nella piscina, pregò nella Grotta che sapeva di cielo, rimase affascinato dalla bianca Signora.

I genitori attendevano col batticuore la benedizione del SS. Aldo fu portato all'Esplanade; Gesù si avvicinò, sostò davanti a lui, lo benedisse... Il babbo e la mamma, ai lati della barella, trattennero il respiro... il miracolo non venne! Un sacerdote si accostò ad Aldo:

«Hai chiesto la tua guarigione?».

«No!» rispose Aldo. «A che serve la mia guarigione. Egli, il povero cieco, potrà diventare sacerdote e salvare anime, io no». Aveva chiesto la guarigione di un seminarista cieco!

Tornarono a Napoli, i genitori delusi, Aldo con negli occhi la luminosa visione della Madonna di Massabielle.

Gli restavano pochi mesi di vita; li passò con la mente assorta nel ricordo della Signora di Lourdes:

«Aldo, che cosa pensi?». «Mamma... a Lourdes!».

Il babbo gli aveva comprato un «piccolo organo della Madonna» ed egli non faceva che risentirsi e cantare l'inno di Lourdes. «Al ciel, al ciel…».

Una sera Aldo si aggravò. La notte svegliò i genitori e chiese il sacerdote. Il tempo non bastò... «Madonna, pigliami; Madonna pigliami!». La mamma gli accostò il crocifisso alle labbra e Aldo spirò. Era il quattro dicembre del '34; aveva quindici anni.

Il babbo, stravolto dal dolore, va nell'altra stanza, apre lo scrigno, prende la pistola e se la punta alle tempia... (Il pover’uomo aveva già detto ad Aldo che se fosse morto lo avrebbe seguito nella tomba... Aldo gli aveva risposto: «Babbo, non saremmo insieme in Paradiso!»). Il figlio dal cielo si ricordò del padre. Prima che il colpo partisse, Antonio, il portinaio, entrò nella stanza e disarmò lo sventurato...

Fu il primo frutto della vita del piccolo martire di Maria!

Emilio Panella OP


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