E il caso b) evoca visivamente l'aspetto grafologico della questione delle scritture, comparse qui a confronto: un medesimo testo scritto da B e da A, sul medesimo foglio, presumibilmente entro un esiguo intervallo di tempo, quando cioè l'attività delle mani è ancora sincrona.
Le peculiarità della scrittura gotica libraria, a forme tondeggianti, di cod. G sono state descritte dal Federici; che menziona anche forme inconsuete del sistema d'abbreviazione che presenterebbero difficoltà di lettura (SALVADORI‑FEDERICI 20‑23). Lo stesso vale per gli altri codici remigiani di mano A. Chi volesse, del resto, confrontare un medesimo passo trascritto da più autori - anche illustri - sarebbe colpito dalle frequenti e non insignificanti varianti di lettura.
Il nostro lavoro al riguardo ha mirato a un'esigenza empirica: stabilire la valenza delle abbreviazioni cui più varie sono le soluzioni di lettura date dagli editori di Remigio. Liste sistematiche di caratteristiche abbreviative e tachigrafiche permettono di fissare le valenze a partire da casi indubbi (per concorrenze grammaticali e sintattiche, comparizione in scritture alternative, citazioni bibliche... ); e confermano un sistema abbreviativo costante. Ne risultano le caratteristiche tachigrafiche peculiari, ed usuali, all'area della produzione filosofico-scolastica. Qualche anomalia o caso incerto permane, e quasi sempre nei brani che copiano citazioni. Esempi si troveranno nell'apparato critico al Contra falsos. Annotiamo soltanto:
- il numero dei libri biblici è prevalentemente indicato con punto o punti esponenti sul titolo del libro;
- il testo biblico, dopo le prime parole, è comunemente abbreviato per sigla della lettera iniziale delle singole parole (i casi cui fa riferimento SALVADORI‑FEDERICI 22 con «non riesciamo facilmente a classificare nella teoria dell'uso più comune... », riguardano proprio il sistema a sigla usato per le citazioni bibliche);
- negli esiti plurali dei verbi, coperta dalla contrazione è la vocale dell'indicativo, espressa quella del congiuntivo;
- a.t. = alia translatio (mentre ve.t. = vetus testamentum); d barrato orizzontalmrnte, e.c., e.t. = distinctio, eodem canone o capitulo, eodem titulo (nelle citazioni dal Corpus Iuris); v(erbum) p(ropositum) rinvia al testo scelto come thema; u(bi) s(upra) = «luogo or ora citato»...
BNF, D 1.937, f. 278v |
|
mano B |
mano A |
Il confronto tra mano A e mano B conferma sì che entrambe facevano fondamentalmente uso d'uno stesso sistema abbreviativo, comune alla produzione scolastica; ma B porta contro A caratteristiche distintive proprie sia in fatto di morfologia delle lettere che di peculiarità tachigrafiche. Caratteristiche proprie di B che era doveroso segnalare, perché la tesi "B persona diversa da A" non tacesse un argomento quale quello grafologico.
Ed ecco alcune caratteristiche morfologiche proprie di mano B contro mano A. Sono riscontrate nelle glosse di B nei soliti tre codici C, D, G; in più, in quelle dei codici BNF, E 7.938 (De modis rerum), BL 516 (Postille super Cantica Canticorum e Distinctiones). Il controllo può esser condotto sugli esemplari qui riprodotti nelle Tavole fuori testo.
Evidenti e costanti, tra le due mani, le difformità nelle maiuscole quali D, T, Q... ;
u iniziale con funzione di maiuscola ha base tondeggiante a due lobi in mano B, ha base a punta - tipo V - in mano A;
x composta con due tratti curvilinei e addossati in B, con due tratti rettilinei e incrociati in A;
2 (= r dopo o e lettere comportanti a destra curva di o) si prolunga in sottolinea con tratto semiperpendicolare in A, non si prolunga in B;
la nota tironiana per la congiunzione et è composta a due tratti (orizzontale-verticale) in A, a tre tratti (verticale-orizzontale-verticale) in B.
Si confronti altresì la morfologia dei numeri, specie di quelli arabi.
Differenza prevalente tra le due mani si costata nei segni d'abbreviazione per -ur (tilde con dosso tondeggiante verso l'alto, in mano B; tratto rettilineo orizzontale chiuso ad uncino verso l'alto, in mano A) e per -er (esempio: prevalentemente sp=super con segno d'abbreviazione perpendicolare in B, con tratto orizzontale in A).
Segno convenzionale proprio di mano B compare per marcare inizio di paragrafo o nuovo membro di divisione (vedi Tavola I rigo 7; Tavola III più volte nella giunta marginale).
Un'ultima nota. Per sostenere l'autografia di tutto il cod. G (identità di persona sotto due varianti di scrittura A e B), il Federici - oltre all'argomento della senescenza - spiega l'inaccuratezza della scrittura B rispetto a quella A, argomentando dal fatto che la prima è solitamente nei margini del codice; qui il lavoro calligrafico (regolarità d'incolonnamento e del ductus delle lettere) contrasta con l'esiguità degli spazi disponibili e la discontinuità temporale degli interventi additivi (SALVADORI-FEDERICI 21).
Nel Laurenziano 516, contenente in ff. 221r-266v le Postille super Cantica Canticorum di fra Remigio, si ha un interessante caso di scrittura B nel testo base. Si tratta esattamente di f. 223r-v. Mano B subentra al copista Y all'ottava riga di f. 223rb e scrive tutto il resto (righe 31) di colonna b; poi passa a f. 223v ma inizia a scrivere a rigo intero; dopo la settima riga, ritorna a incolonnare la scrittura e scrive tre righe in colonna a. Qui cessa il lavoro di B. Subentra il copista Y delle Postille; questi porta a termine colonna a per poi comporre colonna b sotto le prime sette righe intere.
Ora le caratteristiche della scrittura B nel testo base, sono esattamente le stesse delle glosse marginali dei codici remigiani; anzi delle glosse del medesimo Laurenziano 516; perché a f. 223v, con richiamo alla quarta riga intera del testo, mano B si glossa con una aggiunta al margine sinistro. Dall'altra parte, questo specimen di B al lavoro nella littera textualis conferma i tratti propri di mano B sia contro il copista Y di BL 516 (Postille) sia contro la scrittura A dei codd. C, D, G.
Mano B (fra Remigio) non è un calligrafo di professione; conserva i tratti personali del ductus e tradisce la non professionalità non soltanto nelle glosse avventizie dei margini ma anche nel tentativo di scrivere il testo base in colonna (vedi Tavola I).
Il caso di cod. G è sufficientemente assodato grazie ai sermoni d'occasione databili (vedi sopra). Una sola precisazione. Il lavoro di trascrizione, opera di A, suppone almeno fine novembre 1314 (sermone in morte di Filippo il Bello) e ha per termine ante quem agosto 1315, quando appunto B comincia a introdurre in margine, nella sezione rispondente alle diversis materiis, nuovi sermoni. Ma al sermone in morte di Filippo il Bello, A aveva già scritto 387 carte sulle 408 del codice che gli appartengono.
Qualcosa di simile si può stabilire anche a proposito di cod. D, ancora quasi inesplorato ma che si rivela ricco d'informazioni utili a mettere ordine alla carriera e alle opere di Remigio.
Membranacco; cm. 22,4x31,1; ff. 406 (407). Scrittura a due colonne di mano A; moltissime glosse e integrazioni di mano B. Provenienza SMN.
Contiene il sermonario De sanctis diviso in due sezioni: la prima, secondo l'ordine liturgico dell'ordinarium domenicano, include il santorale dal grado simplex in su e festività (ff. 1r-372v); la seconda registra per ordine alfabetico il santorale di trium lectionum in giù (De sanctis non solempnibus) e santi di celebrazione locale fiorentina (ff. 373r-405r). Vi si trovano sermoni su san Pietro Martire, canonizzato nel 1252; sant'Antonio da Padova, ufficio introdotto nell'ordinarium domenicano nel 1260-62 (MOPH III, 104/14-18, 107-08, 113/32-35); san Luigi IX, canonizzazione 1297, ufficio introdotto nel 1298-1301 (MOPH III, 289/4-6, 296/32-34, 302/14-15; IV, 21-23); sant'Alessio, introdotto nel 1305-1307 (MOPH IV, 11/7-8, 24/3-5, 28-31). Assenti invece sermoni su san Tommaso d'Aquino (canonizzazione 1323), che vale perentorio termine ante quem.
Si possono restringere di più i termini di composizione del sermonario di cod. D? Vediamo.
Sermo IV de beato Çenobio: Ego flos. Cant. 2.
Istud verbum congruit vere beato Çenobio ratione sexemplici. Et primo ratione humanitatis in quantum convenit omni viro, iuxta illud Iob 13: «Homo natus etc. qui quasi flos egreditur etc.». Vide in sermonibus defunctorum de papa Clemente V: Omnis potentatus brevis vita [cod. G, ff. 379v-381v; mano A]. Secundo, ratione sanctitatis in quantum... (cod. D, f. 404va; in colonna, mano A).
La composizione di cod. D suppone dunque almeno il 14.IV.1314, data di morte di papa Clemente V; suppone anzi maggio del medesimo anno, poiché il sermone Ego flos ha il termine massimo a quo nel 25.V.1314 (festa di san Zanobi in data 25 maggio e ricordata nel corso del sermone, a f. 404vb).
Decollazione di san Giovanni Battista, sermone VI: [L]itera occidit, spiritus autem vivificat. II Cor. 3[,6].
Quoniam festum istud venit hoc anno in dominica, ideo volui proponere verbum de epistola dominicali, quod quidem satis videtur convenire beato Iohanni Baptiste et cius martirio...
Hec [litera obligationis] facta est de beato Iohanne a patre suo, Luc. 1: «Et postulans pugillarem scripsit dicens: Iohannes est nomen eius». Quod est nomen gratiosum. Est enim nomen istius pape, propter quod bene de eo sperare debemus, tum ratione vocabuli tum etiam ratione numeri, quia XXII, qui scilicet recedit a XXI in quo scilicet significatur omnis imperfectio. Vide supra in sermone de beato Thoma martire: Letabitur iustus in Domino... (cod. D, f. 278r marg. destro, e f. 278v marg. sin.; tutto il sermone di mano B; ed. in Append. II-f).
L'epistola II Cor. 3, 4-5, nel calendario domenicano seguito da Remigio, è di domenica XII dopo la Trinità, corrispondente a domenica XIII dopo Pentecoste nel calendario romano (cf. Ordinarium iuxta ritum ord. fratrum Praedicatorum [1259‑1262], ed. F.M. Guerrini, Roma 1921). La ricorrenza di domenica XII con la festa della Decollazione di san Giovanni Battista (29.VIII) suppone nel sermone l'elezione (recente) di papa Giovanni XXII (7.VIII.1316); ed esclude la successiva ricorrenza del 1322, posteriore alla morte di Remigio. Dunque il sermone Litera occidit, inserito da mano B in cod. D, è del 29.VIII.1316. Della serie "In Decollatione beati Iohannis Baptiste" il Litera occidit non è in verità il primo sermone inserito da mano B; esso è preceduto da "In Decollatione b. Iohannis Baptiste, V": Filia Herodiadis petivit, scritto anch'esso tutto da mano B nei margini di f. 277v e f. 278r fino a metà circa del margine destro, là dove appunto inizia il Litera occidit. Ciò fa ragionevolmente supporre che il Filia Herodiadis - senz'altro trascritto prima del Litera occidit - risalga alla festa della Decollazione dell'anno precedente; il che rimetterebbe all'agosto 1315 l'inizio dell'attività di mano B. Ma bisognerebbe poter positivamente escludere che il Filia Herodiadis sia stato composto e trascritto nel 1316, per anticipare d'un anno - senza residui di dubbio - la fine del lavoro del copista A. Riteniamo dunque il 29.VIII.1316 quale data certa che documenta per la prima volta la comparizione di mano B in sostituzione di mano A.
■ Ma nulla vieta che lo spoglio sistematico del sermonario di cod. D documenti date che raccorcino ancora gli estremi temporali dell'attività di A, cioè di composizione del codice.
In apr. 1984 annotai qui a mano, nella mia copia personale: Dalla lettura sistematica e completa di cod. D, non risultano altre dati utili a restringere la composizione del codice.
I termini massimi post e ante quem del lavoro di A alla scrittura di cod. D risultano maggio 1314 e agosto 1316. Ma si noti: Ego flos (ff. 404va‑405rb), che suppone maggio 1314, è l'ultimo sermone scritto da A nel voluminoso sermonario di cod. D.
Il caso di cod. C, contenente trattati filosofico-teologici tra cui il Contra falsos, è meno fortunato. Non mi sono imbattuto in elementi interni utili a fissare gli estremi di composizione del codice. Ci possono aiutare i rimandi esterni, cioè da codice a codice?
I rimandi, interni ed esterni, sono frequentissimi in G e D, e vi è stata giustamente attirata l'attenzione. Ma se ne può precipitosamente trarre argomento di successione cronologica nella trascrizione dei codici? Un esempio. L'explicit dei Sermones de tempore in cui Remigio annota e si scusa per la redazione imperfetta di taluni sermoni, termina: «Et simile dico de sermonibus de sanctis» (cod. G, f. 242va; mano A). Questi sono contenuti in cod. D. Si può da ciò inferire che cod. D è stato scritto dal copista A prima di cod. G (così CAPITANI, L'incompiuto 104 n. 1)? La nota dell'explicit regge lo stesso, fossero o no i sermoni de sanctis già trascritti in cod. D. Se poi si confrontano gli explicit dei due sermonari, si sarebbe più propensi a ritenere l'explicit dei Sermones de sanctis [solemnibus] di cod. D («sicut dixi de sermonibus de tempore...») posteriore a quello di cod. G («et simile dico de sermonibus de sanctis»).
Così ci si guarderà da trarre inferenze d'ordine cronologico di trascrizione dai numerosissimi rimandi da sermone a sermone, da sermone a opera o viceversa, quando il rimando è di mano B: dal tempo del riordinamento fino alla morte (ultimo discorso databile è di fine 1318 e inizio 1319) Remigio è venuto annotando i suoi codici; niente di più facile che facesse rimandi da luogo a luogo per affinità tematica o per segnalare dove il soggetto fosse trattato ex prolesso o più ampiamente svolto. E così è di fatto. Ma a codici scritti, questo si dà anche scavalcando la successione temporale della trascrizione delle opere. E lo stesso va detto dei rimandi, siano pure di mano A, che appaiono a fine opera o sermone.
Ma ci s'imbatte anche in rimandi, per intenderci, tipo A+B, parte cioè di mano A e parte di mano B (quest'ultima trascritta in corsivo): «Circa primum nota quod per argentum intelligitur natura humana, sicut per aurum natura angelica, ut alibi notatum est, scilicet in sermone Dom. XXIII Ostendite michi nummisma census» (cod. D, f. 279va). Mentre dove occorre una svista del copista ci potrebbe esser prova di successione temporale di trascrizione: «... [ceci] sunt in luce sed non sunt cum luce...; de hoc supra in sermone b. Thome martiris» (cod. G, f. 44va); «supra» è cassato con un tratto di penna trasversale; il sermone per san Tommaso da Canterbury non è scritto «sopra» (cioè in cod. G) ma in cod. D, ff. 57vb ss.
Il «supra» dopo il primo «Vide» è cassato; di fatto il sermone Auferam è trascritto nel medesimo sermonario non «supra» ma «infra», ff. 247ra-250ra; "de sinodo" è giunta di mano B. Cassato anche il «supra» dopo il secondo «Vide»; il rinvio infatti va a Quol. II,10, trascritto non in cod. G4 ma in cod. C. |
Sermone V di feria IV delle Ceneri, Ubi enim est thesaurus
tuus ibi est cor tuum (Mt. 6,21): «Et sic in penitentia per quam homo qui per
peccatum nichil factus erat spiritualiter generatur; primum quod fit in
penitentia est contritio, que scilicet pertinet ad cor, iuxta illud Ps.
[50,19] «Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies». Vide
supra in sermone
de sinodo Auferam cor lapideum
etc. Item cor est prius nobilitate, sicut patet per Philosophum, quod est contra
Galienum. Vide supra in secundo quolibet» (cod. G4, ff.
50vb-51ra).
Ai fini d'inferire successione cronologica, i rimandi vanno vagliati dunque caso per caso, secondo l'incastro redazionale del singolo rimando.
Si prenda il caso eloquente del sermone in morte di Clemente V (20.IV.1314) Omnis potentatus in cod. G, ff. 379vb-381va, tutto di mano A, con tre rimandi anch'essi nella littera textualis di A:
1. «... Vide in sermonibus de defunctis, de episcopo fiorentino Pontifex ex hominibus assumptus» (f . 379vb):
= in cod. G, ff. 384va‑385va; in morte del vescovo Lottieri della Tosa (23.IV.1309).
2. «Vide in tractatu De via paradisi in primo passu» (f. 380ra):
= in cod. C, ff. 207r ss.
3. «et vide in sermone sanctorum Cosme et Damiani» (f. 380ra):
= in cod. D, ff. 301vb‑306va.
Il rimando non prova che le tre composizioni fossero già trascritte nei rispettivi codici in cui oggi noi le leggiamo. Il sermone Pontifex non era ancora trascritto quando A scriveva il rimando numero 1; lo trascriverà lo stesso A poche carte appresso, a ff. 384v-385v. Parimenti il rimando al De via paradisi - ultimo trattato contenuto in cod. C - non permette d'inferire che nell'aprile 1314 il cod. C fosse già scritto.
Ecco, in ogni caso, una lista di rimandi da cod. G a cod. C come mi è occorso di annotare. Non sarà inutile tenerla presente e rimetterla, eventualmente, a più meditato giudizio. La freccia → sta per «rimanda a»; tra parentesi tonde segnalo che il rimando è di mano B.
cod. G ff. |
rimandi da cod. G a cod. C |
in cod. C ff. |
30va | → Contra falsos | 154v‑196v |
192vb | → De peccato usure | 109r-124r |
201v, mg. inf. (B) | → De via paradisi (in I passu) | 207r-353/2v |
227vb | → Contra falsos | 154v-196v |
252va | → De via paradisi (in I passu) | 207r-353/2v |
280vb (A+B) | → Divisio scientie(?) («in tractatu de divisione gererali scientie») | 1r-7r |
376rb, mg.d. (B) | → De via paradisi (in IV passu) | 207r‑353/2v |
380ra | → De via paradisi | 207r‑353/2v |
409v (B) e 410rb (B) | → De peccato usure | 109r-124r |
Non mi sono imbattuto in rimandi da cod. C a cod. G. Ecco invece un rimando da cod. C a cod. D:
... iuxta illud Io. 3 «Sic Deus dilexit mundum...». In cuius expositione ostenditur intensissimus amor, sicut alibi ostensum est, [B integra al marg.:] scilicet in sermone secunde ferie post Pentecosten Sic Deus dilexit etc. (cod. C, f. 222rb; dal De via paradisi).
Il sermone Sic Deus dilexit si trova appunto in cod. D, ff . 194vb-198rb, nel testo di mano A. Ma la parte dovuta a B nel rimando in questione (rimando tipo A+B) dissuade dal concludere che almeno il De via paradisi, ultimo trattato in cod. C, è posteriore agli anni in cui A trascriveva cod. D.
Che cosa si può concludere allora circa il tempo di composizione del codice C?
Il copista, designato mano A, lavorava tra fine 1314 e agosto 1315 alla scrittura di cod. G; tra maggio 1314 e agosto 1316, alla scrittura di cod. D. Sul fatto che cod. C è scritto dalla medesima mano A (eccetto i primi 74 fogli), si può verosimilmente supporre che uno scrittore fosse nell'arco di quegli anni a disposizione di Remigio per l'opera di riordinamento e trascrizione delle opere. Di tale scrittoio e del lavoro di quegli anni è frutto, con molta probabilità, anche il cod. C.
Questo non esclude che del medesimo scrittoio e tempo siano frutto anche altri codici remigiani (cod. G 3.465, contenente Extractio questionum, è anch'esso scritto da mano A: Append. III §2); ma qui ci si limita ai tre codici di cui è parola. Semmai gli anni 1314-16 (riordinamento delle opere e trascrizione dei codici) possono risultare utili per un altro dato biografico di Remigio. Ormai avanti negli anni - dice la Cronica fratrum di SMN - e non più abile all'insegnamento e alla predicazione, Remigio si dedicò «scriptitationi ac compositioni librorum sacrorum». Quel biennio oscillante sul 1315 potrebbe bene interpretare la fine del lettorato, durato «40 anni e più» (non 42: vedi Append. II‑a). L'inizio del lettorato non lo si ottiene sottraendo durata del lettorato all'anno di morte (cf. ORLANDI, Necrologio I, 277) ma all'anno di cessazione dell'insegnamento, visto che questo non si protrasse fino alla morte.