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I.3  I trattati del codice C 4.940

Abbiamo parlato di “composizione dei codici”, ovvero loro confezione e trascrizione. Questione ben distinta dalla datazione o tempo di composizione delle singole opere. La successione topica dei trattati in cod. C, la nota negli explicit «frater Remigius magister in theologia», i rimandi interni al codice da trattato a trattato possono risultare utili alla cronologia dei trattati remigiani?

Per non intralciare il discorso, uso qui «trattato» in senso generico, mentre si dovrà ben distinguere generi letterari quali determinatio, questio ecc. Un accurato incipitario ed explicitario di cod. C: CAPITANI, L'incompiuto 129‑34, dove si annotano anche gli errori in GRABMANN, Frà Remigio (trasmessi a GLORIEUX, Répertoire e La littérature) e in ORLANDI, Necrologio.

Sarà opportuno partire con in mano tutti i dati della questione. Nella seguente tavola si ha la lista delle opere di cod. C con indicazione del foglio d'inizio; segue segno « - » o « + » che sta per «assenza» o «presenza» della nota magister in theologia nell'explicit del rispettivo trattato; foglio del rimando; luogo cui si rimanda preceduto da . Con « = » si segnala «pericope comune con». All'estrema sinistra il numero seriale dei trattati: esso è scritto nel codice (da mano coeva, mi sembra) all'estremo margine alto d'ogni retto di carta e ripetuto per tutto il corso del trattato.

BNF, C 4.940

n° 1 f. 1r Divisio scientie  
2 7r De uno esse in Christo  
3 11v De mixtione elementorum in mixto  
4 17v De modis rerum  
5 71r Quolibet I  
6 81v Quolibet II «apud Perusium in curia»; f. 81vb Quol. I
7 91r De subíecto theologie a Parigi durante il baccellierato sentenziario
8 97r De bono comuni Ç ff. 99vb‑100ra = De bono pacis f. 107rb‑va;
101ra  →  De modis rerum
105va  → Contra falsos c. 76
9 106v De bono pacis Ç cita «Quod olim» (12.V.1304)
10 109r De peccato usure Ç 122vb  →  «specialem tractatum»
sul peccato: De malo peccati?
11 124v De contrarietate peccati Ç 128rb   De peccato usure
[12] 130v Utrum sit licitum vendere
mercationes ad terminum temporis
131ra (fine)  De peccato usure
13 131v De mutabilitate et immutabilitate Ç  
14 135v Speculum Ç 146ra: suppone conflitto Bianchi-Neri di Firenze
15 154v Contra falsos ecclesie professores Ç 154vb    De divisione scientie
16 197v De misericordia 204ra    De bono comuni
206rb
 →  
De cruce
206r De iustitia (abest explicit)   suppone De misericordia
17 207r De via paradisi Ç  
  352v fine codice    

Primo criterio di discrimine cronologico: titolo magister in theologia.

Ricordiamo che contro la testimonianza di Bernardo di Guido da Limoges († 1331; MOPH XXII, 131; vedi Append. II‑a) il conferimento del magistero a Remigio va rimesso non a Bonifacio VIII ma a Benedetto XI. Militano a favore di quest'ultimo due documenti che rivendicano precedenza su Bernardo di Guido: la Cronica fratrum di SMN e la testimonianza dello stesso Remigio nel ritmo Ad Urbem.

I trattati entro i primi 74 fogli (nn. 1‑5) non recano mai magister nell'explicit; e si potrebbe supporre che il copista X non facesse caso al titolo magistrale di Remigio. Ma nei trattati nn. 6‑17 di mano A, la nota magister si alterna. Il conferimento del magistero (entro gli estremi del pontificato di papa Benedetto: 22.X.1303  7.VII.1304) non potrebbe servire quale discrimine per un primo ordinamento cronologico dei trattati: termini ante e post quem? Il copista, in conclusione, trascriverebbe opere composte in tempi diversi registrando fedelmente presenza, o no, del titolo magister (così CAPITANI, Il De pecc. us. 552‑53).

Si può considerare assodata, perlomeno probabile, la conclusione che la tavola precedente a prima vista invita a trarre?

Prima annotazione. La conclusione suppone che l'esemplare da cui è tratto il nostro apografo marcasse presenza o assenza di magister. Ora se l'esemplare fosse a sua volta opera di copista diverso da Remigio, la verifica del significato della nota magister sarebbe respinta all'indietro e per di più senza controparte documentaria su cui portare la verifica. Se, al contrario, l'esemplare fosse stato autografo di Remigio, dovremmo costatare la regolarità di costui nel marcare o no magister sul discrimine cronologico del conseguimento del titolo magistrale.

Ora negl'incipit dei trattati di cod. C, mai compare magister; il che fa difficoltà alla tesi proposta sia che gl'incipit siano di mano B (e alcuni lo sono) che di mano A. Nell'indice di cod. G, f. 409r, posteriore al titolo magistrale, B tralascia magister.

Seconda annotazione. La regolarità dell'uso, e dunque del significato, della nota magister non si riscontra neppure in A. L'explicit del sermonario de tempore (cod. G, f. 242rb‑va, mano A) ha magister; il successivo incipit dei Sermones de diversis materiis (cod. G, f. 243r) scritto per intero da B e da A, non porta magister. L'explicit dei Sermones de sanctis per totum annum (cod. D, f. 372rb, mano A) porta magister; il successivo incipit dei Sermones de sanctis non solempnibus (cod. D, f. 373ra; mano A?) non porta magister.

Il significato della presenza e assenza di magister ai fini di datazione non appare chiaro. E bisogna rammaricarsene, perche gli estremi temporali del conferimento del magistero potevano costituire un formidabile ausilio a una prima cronologia dei trattati remigiani.

Si dirà che il caso di trattati è diverso da quello di sermonari, blocchi contenenti centinaia di sermoni. Restiamo allora all'interno del cod. C e introduciamo il secondo criterio, i rimandi interni al codice stesso.

La determinatio sulla vendita a termine (n° 12) ha il seguente explicit:

«Explicit brevis determinatio secundum fratrem Remigium Florentinum ordinis Predicatorum. Super quo diffusiorem tractatum require ab eodem De peccato usure» (cod. C, f. 131r; mano A).

Manca magister, che è presente invece nell'explicit del De peccato usure (n° 10; e su questo elemento il CAPITANI, De pecc. us. 555, propone la data di composizione del De peccato usure dopo il titolo magistrale, tra 1305‑1306 e 1315‑1317). Ma noi stessi abbiamo messo in guardia da uso precipitoso dei rimandi a scopo cronologico; specie dei rimandi a fine trattato, facilmente inseribili al tempo del riordinamento e trascrizione dei codici, "rimandi di consultazione".

Rimandi d'utilizzazione contenutistica

Ma taluni rimandi implicanti utilizzazione contenutistica, scritti nel corpo del trattato, inseriti nel discorso che sviluppa specifico tema, regolarmente trascritti da mano A entro la continuità della littera textualis, mi sembrano di valore qualitativamente diverso. Non semplici rimandi=rinvii (tipo «de hoc vide in...»), ma utilizzazione contenutistica di opera anteriore. Tali cioè da ben sostenere rapporti di successione temporale tra le due opere. Esaminiamone alcuni.

Quolibet II, a. 1: Utrum Deus possit facere quod materia actu existat sine forma.

[Dopo aver introdotto otto argomenti contrari alla questio:] Contra. Deus non potest facere contradictoria esse simul; sed existere materiam sine forma actu implicat contradictionem, quia forma est actus et sicut erit actu<s>.

Responsio. Dicendum ad questionem et ad tria argumenta sicut in precedenti quolibet dictum est.

Ad quartum dicendum... (cod. C, f. 81vb; mano A).

Si dirà che «in precedenti quolibet» implica solo precedenza topica nel codice? che tutto il materiale originale della responsio e dei primi tre argomenti «può» essere stato soppresso, solo perché «i rinvii interni... possono essere stati introdotti al momento della raccolta dei vari trattati» (CAPITANI, Il De pecc. us. 555)? Ma un rinvio a opera “precedente” per esimersi da ripetizioni, in coerenza redazionale e in omogeneità di scrittura A, è il modo più lineare d'assicurare la semantica del testo. La spiegazione ha comunque precedenza ermeneutica finché non sorga evidenza, o fondato sospetto, che la «possibilità» dell'intervento al tempo della trascrizione sia di fatto occorsa.

Ma vediamo la concatenazione della serie seguente.

De iustitia inizia così:

Cum De misericordia tractatum fecerimus, rationale satis videtur ut offerente se oportunitate loquendi etiam de iustitia aliquid quantum Sol iustitie concesserit disseramus (cod. C, f. 206rb; mano A).

De misericordia c. 19 (sulla misericordia per il Comune o Città‑stato):

... Unde ordinatus civis in misericordia exponit se morti pro defensione sui comunis. Exemplum de Codro rege Atheniensium in Valerio, l(ibro), c(apitulo), require in tractatu De bono comuni. Sicut manus… (cod. C, f. 204ra).

Testo irriconoscibile nell'edizione: «Exemplum de Codro rege Atheniensium. In valio loci citati, require...» (ed. SAMARITANI 200). Il rimando è a De bono comuni, cod. C, f. 98va. In De via paradisi capita di vedere mano B aggiungere, sempre da Valerio Massimo (Dictorum factorumque ... ), l'exemplum d'Alessandro e città di Lapsaco con completa corretta citazione: «ut narrat Valerius, lib. VI, c. 3» (cod. C, f. 223v; marg. infer., mano B).

De bono comuni (obiezione III, sezione «quantum ad obiectum»):

Tertio sic. Vita bona solitaria prefertur vite civili, sicut multipliciter ostendimus in tractatu Contra falsos ecclesie professores; sed vita solitaria refertur ad amorem sui, civilis autem ad amorem comunis; ergo etc.

Et dicendum quod... (cod. C, f. 105va; mano A). Il rimando è a Contra falsos c. 76.

Ed. DE MATTEIS 47 stampa un nonsenso: «sed vita solitaria refertur ad amorem sui civilis aut ad amorem communis ergo, etc.».

Contra falsos ecclesie prolessores c. 1. L'ultimo paragrafo dà prima la divisione generale del trattato per ordine di arti e scienze, poi dà la suddivisione speciale delle arti liberali; tra la prima e la seconda si legge:

Si quis autem ordinem artificialem magis scientiarum requirit, videat in tractatu nostro De divisione scientie (Contra falsos 1, 30‑31: Append. I-a).

La qualità di questi rimandi persuade, a mio avviso, un rapporto cronologico di composizione dei trattati stessi. La lista dei trattati riscritta secondo priorità temporale darebbe la serie come in tabella.

De divisione scientie
Contra falsos Ç
De bono comuni Ç
De misericordia
De iustitia  (abest explicit)  

Il criterio della nota magister negli explicit e il criterio interno dei rimandi‑utilizzazione risultano dunque palesemente irriducibili. Il De misericordia sarebbe anteriore al conferimento del magistero (ott. 1303 - luglio 1304) per il primo criterio; sarebbe posteriore al Contra falsos e al De bono comuni per l'altro criterio.

Per i motivi e i dati suesposti, bisogna concludere che la preferenza non può che cadere sui risultati offerti dai criteri interni. Il rimando-utilizzazione fa argomento cronologico, così come la citazione d'un documento esterno datato (lo si vedrà subito per il De bono pacis), quando sia immune dal sospetto d'interpolazione al tempo della trascrizione dei codici.

■→ Ripresa e sviluppo della questione in Un'introduzione alla filosofia (1981), §2: Cronologia delle opere di cod. C 4.940

I.4  Il Contra falsos ecclesie professores nel codice C 4.940

E veniamo al Contra falsos. Annotiamo anzitutto qualche rimando dai sermonari.

De beato Nicholao, V: Laudate eum omnes populi. Ps. [116,1].

... ut vere possit dicere illud Ps.: «Laus mea in ecclesia magna», idest in ecclesia catholica; que quomodo sit magna vide in tractatu Contra falsos ecclesie professores. Unde parvi cantant in scolis in Francia: «Ergo laus Nicholao concinet hec contio». Et ecclesia cantat de eo: «O per omnia laudabilem virum etc.» (cod. D, f. 13v; marg. inf ., mano A).

Dom. II post oct. Epiph., I: Nolite esse prudentes apud vosmetipsos. Rom. 12.

Circa quod nota quod prudentia etc. Vide in tractatu Contra falsos ecclesie professores (cod. G, f. 30va, mano A; segue subito sermo II).

Appunto di sermone che rinvia al Contra falsos (cc. 47.54.88) come fonte utile per un sermone sulla prudenza

Dom. XXI, sermo II: Accipite armaturam Dei. Eph. 6. «Divide sicut in precedenti dominica, et nota quod est triplex genus armorum Dei, scilicet virtutes, verba divina et orationes. Et de hiis vide in tractatu Contra falsos ecclesie professores, et in tractatu De virtute Cbristi» (cod. G, f. 227vb; mano A).

Rinvia a Contra falsos cc. 50‑57. Per il De virtute Cbristi vedi Un'introduzione, §4: Ci sono tutte pervenute le opere di Remigio?, →lista aggiornata dei trattati non pervenuti.

Sermo prologalis XIV. Homines divites in virtute

De beata Agnete, I: Veni in ortum meum... Circa tertium nota quod cultor et ortolanus et fons et fructus istius orti est ipse Christus. Vide in tractatu Contra falsos ecclesie professores (cod. D, f. 87r, marg. inf., A). Rinvia a Contra falsos c. 90.

Nessun elemento, purtroppo, per datare i sermoni. Se ne può solo dedurre che quando mano A lavorava ai cod. G e D (1314‑1315) il trattato Contra falsos era già stato composto.

E conosciamo già il passo del De bono comuni che, all'interno di cod. C, rimanda al Contra falsos. La trattazione e l'elogio della vita solitaria è introdotta da Remigio nella sezione del Contra falsos (c. 76, ff. 186rb‑187rb) riservata all'ars mechanica che è l'agricoltura, ed innestata esattamente sulla metafora ecclesia=silva. Schema della trattazione: silva è detta da Silo, da Silen, da solitudo. Quest'ultima è nella chiesa: a) «secundum intentionem», ed è di necessità; b) «secundum conversationem», ed è di perfezione.Il clima del De bono comuni richiamava ai conflitti politici della repubblica fiorentina. L'evocazione della vita solitaria come in Contra falsos è eloquentemente messa in bocca all'obiettante (obiezione III della sezione «quantum ad obiectum»). La risposta di Remigio, benché succinta, è importante: perché testimonia spostamento d'accento, e forse d'evoluzione, nel valutare il rapporto vita solitaria - vita civilis; e perché conferma che quando dibatteva la teoria politica su misura del comune di Firenze nel De bono comuni, il Contra falsos (almeno il c. 76 sulla vita solitaria) era già composto: «sicut multipliciter ostendimus in tractatu Contra falsos...».

«Almeno il c. 76». E certo ciò non implica necessariamente la composizione di tutte le pericopi di tutto il Contra falsos. Ma se si getta uno sguardo allo schema del trattato (Append. I-c), alla sezione dell'agricoltura inserita tra le arti meccaniche, alle arti meccaniche controparti simmetriche delle arti liberali, alla chiarezza delle intenzioni compositive espresse fin da c. 1, ci si convincerà che c. 76 suppone l'intelaiatura fittissima e coerente della costruzione del Contra falsos nel suo insieme.

Il De bono comuni suppone, secondo L. Minio-Paluello (Remigio p. 59) e Ch. T. Davis (An early 668 a), il bando del 1302; così come il De bono pacis, intimamente connesso al precedente, cita e suppone la bolla Quod olim (13.V.1304) di Benedetto XI. Il tempo di composizione del De bono comuni e De bono pacis stabiliscono un altro termine ante quem del Contra falsos.

«The topical references to the upheavals of 1302, the year which brought exile to Dante and disaster to Remigio's family, date this treatise [= De bono communi] within a very short space of time» (MINIO-PALUELLO 59); «soon after the expulsion of the Whites in 1302» (DAVIS, An early 668 a). Per il De bono pacis: «The treatise musi be dated after the bull Quod olim of Benedici XI (13 May 1304), sine this is cited by Remigio» (DAVIS, Remigio 108; An early 670 n. 58). Cf. De bono pacis, ed. DAVIS 132; ed. DE MATTEIS 66. Forse tra maggio e giugno dello stesso anno 1304? (DAVIS, Remigio 109). Consentono CAPITANI, Il De pecc. us. 554 n. 74; DE MATTEIS CXVII-CXVIII.

Il valore cronologico del rimando è sostenuto da Ch. T. Davis, An early 676 n. 105: «The treatise [Contra falsos] was certainly written before 1304 and probably earlier». Minio‑Paluello, Remigio 57 n. 5: «The terminus ad quem of this work [Contra falsos] is determined by the reference in the De bono communi (f. 105v) which must belong to 1302‑1303»; o 1303‑04 per CAPITANI, Il De pecc. us. 555). M. MACCARRONE, Vicarius 150 n. 128, porta al 1298 il terminus ante quem del Contra falsos; ma, come si vedrà, per tutt'altre considerazioni.

Ricordiamo: il considerevole corpus remigiano è ancora intatto nel suo grosso, se si eccettuano i pochi trattati editi e i sermoni d'occasione. Uno spoglio sistematico, soprattutto dei sermonari, potrebbe raccogliere non pochi dati per ordinare il curriculum accademico e produttivo di Remigio.

Restano gli eventuali contributi della critica interna. Ma di essi si farà parola ad analisi compiuta del Contra falsos (Intr. II.4).


finis

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